Capitolo 68

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Pov Ryan




Quando raggiunsi la villa Scott, avevo il fiato affannato, i muscoli dolenti e le tempie che pulsavano al ritmo del mio respiro.

Lo avevo cercato ovunque e alla fine, ero arrivato alla conclusione che fosse là dentro, all'ultimo piano di quella casa, tra le braccia del suo migliore amico.

L'unica cosa che avevo in testa erano i suoi occhi, spenti e vuoti, privi di sentimento, quasi prosciugati.

Mai lo avevo visto così e dovevo incontrarlo per sapere cosa provasse, cosa pensasse e come stesse.

Forse mi stavo facendo tanti problemi per nulla, forse non gli importava se avessi o meno qualcuno a fianco.

Ma se c'era una minima possibilità che ciò, gli avesse scaturito qualcosa dentro, avevo bisogno di saperlo.

Robert, nel vedermi sconvolto aveva capito benissimo chi fosse lui e senza esitare, mi aveva consigliato di inseguirlo.

Come se potesse capire ciò che provavo e qualcosa, mi diceva che lo capiva benissimo.

Suonai al campanello e fu proprio Christian ad aprirmi.

"È qui?" domandai, facendolo accigliare e subito dopo annuì, capendo a chi mi riferissi.

"Ma che è successo? Gli hai fatto qualcosa? È la volta buona che ti prendo a calci sappilo Walker!" sbottò, tirandomi dentro casa.

Mi passai nervosamente le mani tra i capelli, guardando il mio migliore amico, il quale attendeva risposte.

"È tornato Robert, abbiamo scopato, Eric è piombato a casa per dirmi qualcosa su mio padre e ci ha scoperti" spiegai velocemente, ottenendo un'imprecazione irripetibile da parte sua.

"Ecco perché aveva quella faccia da cane bastonato! Aiden mi ha addirittura cacciato dal letto per stanotte, vuole dormire con lui" mi informò, incrociando le braccia al petto e sbuffando.

"Non ce ne va mai bene una" borbottò tra sé per poi rivolgere la sua attenzione su di me.

"Torno su e cerco di strapparlo dalle grinfie di Aiden per portarlo qui ma se fai altri casini, sappi che non tratterò l'ira funesta di mio marito" mi puntò un dito contro per poi raggiungere le scale, che salì a due a due.

La gola mi bruciava talmente tanto da dover correre in cucina per donarmi sollievo con dell'acqua fresca.

Sentii il cuore sbattere freneticamente contro la gabbia toracica, quasi volesse schizzare fuori dal petto.

Mi resi conto di non sapere cosa dire e che forse, sarei finito col fare la figura dell'idiota senza parole, davanti a lui.

Come avrei affrontato i suoi occhi tristi? Cosa gli avrei spiegato? Quanto dovevo sporgermi senza farmi male seriamente?

"Ehi.."

Mi voltai verso la porta nel sentire la sua voce e lo vidi lì, stupendo e malinconico come il paesaggio di una vecchia città.

Leggevo ancora vuoto nelle sue belle iridi che mi ricordavano un mare in tempesta ma ora, quel turbine sembrava scemato e con sé, il suo carattere forte.

Avevo davanti un ragazzo insicuro e triste, come era potuto diventare così?

"Mi hai detto qualcosa su mio padre" esordii, non avendo ancora il coraggio di dire altro.

Si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo da me, puntandolo sul pavimento.

"Nulla, voleva solo sapere come stavo con tutto il divorzio di mezzo e con la mia nuova sistemazione" rispose in un tono poco convincente.

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