Capitolo 73

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Pov Jonathan






Avevo la mente così attaccata al piccolo disegno del girasole, nella tasca della mia felpa, che non ero riuscito a concentrarmi a nessuna ora di lezione e nonostante avessi un pomeriggio fitto di altri corsi, nella minuscola pausa pranzo, ero tornato di corsa nella mia nuova casa, puntando dritto verso la camera.

Era un comportamento stupido come altrettanto stupido ero io nel non riuscire a pensare ad altro.

"Che cavolo mi prende" chiesi a me stesso, mentre salivo i gradini della villetta che avevo desiderato ardentemente e che ora, non riuscivo neanche a godermi.

Scossi la testa, volendo mettere ordine fra i miei pensieri ed entrai nella camera da letto, raggiungendo la sedia, su cui avevo ammassato tutti i miei vestiti.

Mi accigliai, non trovando da subito la felpa che avevo messo in cima e iniziai a frugare tra gli altri indumenti, non trovando nulla.

Un senso di puro panico si fece largo dal petto, facendomi scattare da una parte all'altra della stanza, alla ricerca di quella dannata felpa, scomparsa nel nulla.

Non mi accorsi del rientro di William in casa, finché non posò le sue mani sui miei fianchi, causandomi un sussulto.

Mi voltai a guardarlo con gli occhi sgranati e il cuore a mille, mi aggrappai alla sua maglietta, sperando che lui sapesse dove fosse la mia felpa.

"Hai visto la mia felpa? Era lì sopra i vestiti e ora non c'è più. Sai dov'è?" domandai alla rinfusa, ottenendo uno sguardo accigliato.

"Puzzava, l'ho messa a lavare" rispose semplicemente, inchiodandomi lì dov'ero, con un buco nello stomaco.

Il mio disegno.. Il mio girasole.. Il mio momento di malinconia, tutto perduto per sempre per colpa di colui che era il mio presente e il mio futuro.

Il senso di vuoto si convertì in rabbia nel giro di pochi secondi e le mani strette alla sua maglietta, divennero pugni serrati con il quale colpii il suo petto con tutta la forza che avevo.

"Chi cazzo ti ha detto di lavare la mia roba? L'avrei fatto io dannazione!" urlai, avvertendo gli occhi coprirsi da un velo di lacrime, dietro il quale vedevo il suo volto impassibile.

Senza batter ciglio, neanche ai colpi che mi ostinavo a dargli, non causandogli il benché minimo dolore, si scostò da me, avvicinandosi all'unico comodino nella stanza.

Aprì il cassetto ed estrasse proprio ciò che credevo perduto.

"Controllo sempre le tasche prima di infilare qualcosa in lavatrice" usò un tono inevitabilmente gelido e si avvicinò a porgermi il mio foglietto piegato.

Lo afferrai con mani tremanti, rendendomi conto della scenata assurda che avevo appena fatto, davanti a lui, come un idiota.

"Io.." tentai ma fui bloccato da una sua domanda, decisa e tagliente.

"È di Christian?"

Trovai il coraggio di alzare gli occhi, nei suoi, azzurri e irrequieti.

Non l'avevo neanche salutato.. Non lo avevo neanche baciato.. Nemmeno guardato come meritava.

"L'hai aperto?" ribattei, senza dargli risposta, confermando così la sua supposizione.

Alzò un angolo della bocca, in un sorriso che non aveva nulla di divertito.

"È un foglio da disegno, non ci vuole poi un genio a mettere insieme i pezzi, Jonathan" replicò con una punta di sarcasmo e fastidio.

Abbassai lo sguardo al quadratino di carta, rigirandolo tra le dita e sospirai, sentendo il peso dei sensi di colpa, accrescersi fino a diventare più grandi di quella casa.

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