Richard Castle una volta aveva letto una frase che gli era sembrata bellissima: "Ama il tuo sogno seppur ti tormenta".
Era stato qualche anno prima, quando ancora si dilettava a leggere letteratura straniera per puro piacere personale. L'aveva trovata immediatamente adatta. Forse perchè la persona che l'aveva scritta chiamava la donna che lo ispirava la sua "musa", o forse perché aveva sempre sperato che il sogno che tanto lo tormentava, prima o poi, sarebbe divenuto la sua realtà.
Quel giorno, però, aveva detto basta.
Basta ai sogni.
Basta ai tormenti.
Basta alla sua musa.
Non riusciva ad andare oltre. Non riusciva a rimanerle affianco, impotente, amandola non corrisposto mentre la vedeva distruggersi con le sue stesse mani.
Impossibilitato a bloccarla, a fermare quelle azioni che presto l'avrebbero fatta annegare nel suo stesso sangue, avrebbe dovuto assistere di nuovo a quelle scene strazianti, come meno di un anno prima.
Per cosa, poi? Per nulla. Per un mucchio di bugie.
Credeva fermamente in quello che le aveva confessato, credeva in quel ti amo che aveva pronunciato disperato e credeva ancora di più in quello arrabbiato che le aveva detto quello stesso giorno. Anche adesso, dopo le parole che erano state dette, per lui non era cambiato nulla. La amava, ma nonostante lei già lo sapesse, aveva fatto finta di niente. Era sparita prima, tornata poi.
Si sentiva illuso da quel qualcosa che aveva colto in lei, come un tentativo di avvicinamento, un suo provare a cambiare le cose tra loro, ma alla fine erano sempre lì, con lei bloccata dalle sue ossessioni. Più importanti di tutti, anche della sua stessa vita, e sicuramente più importanti di lui.
Castle sapeva di non poter fermare le sue mani, eppure lo avrebbe tanto voluto fare. Gliele avrebbe volute bloccare contro il muro attorcigliandole alle sue, tanto più grandi, e baciandola per farle capire che quel ti amo era vero e autentico, era reale.
Ma ora non poteva più restare a guardarla, attendere oltre, perchè non avrebbe retto all'essere di nuovo lì con lei senza riuscire a salvarla. I miracoli non accadono mai più di una volta e lui era convinto che lei il suo bonus l'avesse già giocato.
Le aveva detto addio, quindi.
Le aveva detto che l'amava e poi le aveva detto addio. Ed era stato straziante, perché era convinto che non l'avrebbe più rivista.
Ora sarebbe stato il suo ricordo a tormentarlo, perché sapeva che lui, Kate Beckett, non l'avrebbe mai potuta dimenticare. Poteva cancellare tutte le sue foto, tutti i file che la riguardavano, ma la damnatio memoriae con lei non funzionava: anche eliminando tutte le tracce fisiche, non sarebbe mai riuscito a cancellarla dalla sua mente.
Su questo si era rassegnato nell'attimo stesso in cui era uscito da quella casa ma si era imposto di non cedere.
Per questo non aveva risposto alla sua chiamata, prima di andare alla cerimonia di Alexis. E poi nemmeno alle altre che aveva continuato a ricevere una volta tornato a casa e, rimasto solo, aveva cercato di togliere ogni traccia visibile di lei dalla sua vita.
Aveva tolto la suoneria al cellulare buttandolo chissà dove. Se le avesse parlato, non sarebbe riuscito a dirle addio di nuovo.
Ma, se le tracce visibili erano facili da cancellare, quelle interiori era impossibile eliminarle. Rimanevano ben marcate anche dopo svariati bicchieri di scotch.
Sentì bussare alla porta e decise di ignorare chiunque fosse. Non voleva vedere nessuno ma i colpi non smettevano, era un bussare insistente. Si alzò dal divano, deciso a mandare al diavolo chiunque fosse.
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Obsession
FanfictionRick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedal...