TRENTOTTO

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Quella sera Kate rimase sola. Castle aveva finito tardi la riunione alla Black Pawn ed era tornato al loft. Beckett non sapeva ancora se quella era stata una cosa positiva o negativa. Era rimasta tutto il resto del pomeriggio e la sera a pensare alle parole di Alexis che si sommavano ai suoi dubbi ed alle sue paure. Capiva le sue paure ed i suoi timori di figlia, anzi nessuna poteva capire come lei la sua paura di perdere un genitore, aveva più o meno la sua età quando sua madre era stata uccisa, ricordava perfettamente come era in quel periodo e come era dovuta cambiare e crescere. Aveva ragione quando diceva quanto Castle aveva rischiato da quando si erano conosciuti, di quanti pericoli aveva corso solo per seguirla nelle sue indagini e per aiutarla con il caso di sua madre. Aveva avuto paura anche lei, per lui, più di una volta ed aveva ragione anche quando diceva che lei lo aveva ferito ed usato. Odiava l'idea che Alexis si sentisse messa da parte per causa sua, sapeva quando lei fosse importante per Castle, che avrebbe fatto tutto per sua figlia e vedeva quanto stava male per la situazione che si era creata, perché si sentiva in mezzo tra di loro. Non era giusto, Rick non se lo meritava. Lo aveva sentito, quella sera, una lunga telefonata nella quale le aveva raccontato delle novità decide con la sua casa editrice. Avrebbe continuato la serie di Nikki Heat e visti gli ultimi eventi, aveva ottenuto una proroga nei tempo di consegna per il prossimo libro. Era amareggiato di aver dovuto cancellare i suoi tour promozionali, lo tenevano lontano molti giorni, ma amava il contatto con i suoi fan. Certo, riempivano il suo ego, ma non era solo quello, lui era veramente felice di realizzare il piccolo sogno dei suoi fan di incontrarlo e lo faceva sempre con molto piacere, ne aveva avuto una prova anche lei l'anno precedente. Era una di quelle cose che chi non lo conosceva avrebbe etichettato senza dubbio sotto la voce egocentrismo, senza considerare invece l'enorme componente di generosità nel donare un po' di se al suo pubblico. Lo aveva sentito anche triste per aver dovuto rinunciare all'uscita post riunione per festeggiare i nuovi contratti, la sua scorta glielo aveva sconsigliato e lui aveva diligentemente acconsentito, cosa molto poco alla Castle. Doveva ancora dare ragione ad Alexis nel constatare come avesse perso parte della sua spensieratezza o follia. Ne doveva essere felice, perché voleva dire che era più responsabile e maturo, ma Castle non era quello che accettava passivamente le decisioni, era quello creativo che cercava il modo per aggirarle. Non riusciva a capire se questo cambiamento era dovuto solo alla paura o anche alla rassegnazione, ma in ogni caso lui non doveva vivere così, Alexis non doveva vivere così, nessuno doveva farlo per causa sua.

La mattina successiva la relativa tranquillità del loft fu interrotta dal suono incessante del campanello. Uno degli agenti di guardia aveva un pacco aperto in mano.

- Perfetto - sbuffò Alexis - adesso anche la corrispondenza controllata, come in carcere.

L'agente non si curò delle lamentele della giovane e mostrò il contenuto a Rick, senza permettergli di toccarlo: un pacchetto di foto che ritraevano tutte Alexis, tutte scattate negli ultimi giorni, ognuna delle quali mostrava sua figlia in azioni quotidiani con la sua scorta, ed il suo volto era cerchiato di rosso.

- Abbiamo già avvisato i detective Ryan ed Esposito - li avvisò l'agente. Rick si sedette passandosi una mano sul volto mentre la preoccupazione si disegnava sul viso delle due donne dai capelli rossi.

- Pensiamo che la minaccia sia credibile. - Puntualizzò Ryan.

- Dovresti riconsiderare l'opportunità di andare a studiare in Europa mia care - disse una Martha molto preoccupata.

- Non ho nessuna intenzione di farlo. Ve l'ho già detto. - Rispose piccata la giovane mentre Ryan ed Esposito mettevano le foto in una busta di plastica per portarle alla scientifica.

- Sapete anche voi che non ci sarà nulla, non è vero? - Chiese retoricamente Castle ai due detective che annuirono: le probabilità di trovare delle impronte erano pari allo zero, lo sapevano tutti.

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