VENTUNO

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La vita di Castle, da quando era diventato uno scrittore di successo, era sempre stata indirizzata verso gli eccessi, forse anche a causa di Martha, sua madre, che essere eccessiva e fuori dagli schemi lo aveva nel dna e qualcosa doveva avergli trasmesso. Certo, non erano eccessi pericolosi per la sua salute, perché Castle aveva ben chiaro in mente che lui era prima di tutto un padre ed aveva la responsabilità di Alexis e questa era stata la cosa che credeva lo avesse più volte salvato dal buttarsi in una vita di dissolutezza. Aveva comunque vissuto di eccessi: troppi party fino all'alba, troppo champagne che scorreva a fiumi, troppe donne, troppi soldi buttati in cose inutili, ma lui non era mai stato uno che al denaro aveva mai dato troppo peso, solo quando doveva fare degli acquisti più impegnativi chiedeva al suo commercialista o al suo private banker se era sostenibile: se gli davano l'ok, lui non si preoccupava di altro. Era stato così per lo sfizio della Ferrari, per la villa negli Hamptons ed anche per quando aveva comprato quel pezzo di luna solo per poter far colpo sulle donne e dire che se volevano lui poteva veramente dargli la luna, almeno un pezzo. Dopo Meredith era stato eccessivo anche nella scelta della sua seconda moglie, la voleva perfetta, ma alla fine aveva scelto Gina, che non era nè perfetta nè moglie, però era bellissima e soprattutto una donna in carriera, realizzata nel suo lavoro. Aveva pensato che questo sarebbe bastato a non essere come Meredith, a non farla scappare via inseguendo il suo lavoro, visto che il lavoro principale di Gina era lui, ma aveva tralasciato tutto il resto che cercava per la sua vita. Diamanti, abiti di lusso, cene fuori in locali esclusivi, viaggi in luoghi da sogno non bastavano mai e dietro a tutto questo non c'era nulla e Castle continuava nella sua vita a coprire con gli eccessi il vuoto profondo di quello che gli mancava, di quello che dopo Kyra non aveva più provato e che si era rassegnato a non provare più fino a lei, fino a Kate.

Non aveva dormito molto quella notte, anzi, forse era più corretto dire che non aveva dormito mai. Un po' perché non aveva sonno abituato a ben altri orari e a scrivere in quelli notturni, un po' perché lui non era capace di dormire come una mummia stando fermo in un punto del letto, lui aveva la tendenza ad impossessarsi di tutto lo spazio ed aveva paura di farle male. Poi c'erano stati tutti questi pensieri a tormentarlo, a riempirgli la mente e a farlo pensare e ripensare a se stesso e a come aveva buttato via gli ultimi dieci anni della sua vita rincorrendo fuochi fatui, ma soprattutto c'era lei che invece si era addormentata quasi subito, vinta dalla stanchezza per una prima giornata fuori dall'ospedale decisamente troppo impegnativa, almeno a livello emotivo. Kate aveva passato gran parte della notte nella stessa posizione in cui si era addormentata, abbracciata a lui che più volte, vedendola immobile per molto tempo aveva anche controllato se respirasse. Si era allontanata solo per un po' ma Rick non aveva mai smesso di guardarla. Gli piaceva guardarla dormire, ma non glielo avrebbe detto, perché sicuramente lo avrebbe preso in giro, eppure per lui era bellissimo farlo e non si era nemmeno accorto delle ore che passavano fino a quando dall'intersezione delle tende non aveva cominciato a filtrare un po' di luce che annunciava la nascita di un nuovo giorno e lei era tornata di nuovo tra le sue braccia.

Castle tra i suoi tanti pensieri, si era fermato anche a pensare a quando aveva trascorso una notte così, abbracciando la donna che amava e guardandola dormire. Non lo ricordava, forse mai ed in realtà era sicuro che l'unica donna che avesse mai osservato dormire era stata Alexis quando era piccola. Ma Kate era diversa da tutte le altre donne che aveva avuto ed era anche l'unica che avesse voluto, rincorso ed aspettato non solo per un capriccio di una notte, ma, sperava, per quello di una vita. Lei era l'opposto dei suoi eccessi, aveva scoperto in quei pochi giorni così strani, complicati e fuori da ogni schema, che Kate era la sua gioia per le piccole cose: un caffè da bere insieme, mangiare una fetta di torta imboccandosi a vicenda, l'emozione di tenersi per mano. Si era scoperto così ad adorare quella loro complicata semplicità.

Avrebbe voluto sgattaiolare fuori dal letto ed andarle a preparare la colazione. La colazione a letto era sempre stato un suo must e non c'era una delle sue donne che non l'avesse apprezzata, anche quelle con le quali aveva passato insieme solo una notte e forse era proprio per questo che il destino, impersonificato da Kate Beckett, quella mattina gli impediva di farlo, perché lei non era come le altre sue donne. Si rassegnò, quindi, al destino ed aspettò che si svegliasse, giocando con i suoi capelli ed accarezzandola di tanto in tanto. Gli sembrava quasi che sorridesse mentre dormiva: forse era la sua immaginazione o l'effetto delle sue carezze, però non riusciva a smettere di pensare che era bellissima e che avrebbe voluto guardarla dormire ogni notte.

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