TRENTA

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Kate aveva gli occhi sbarrati e le mani tra i capelli. Il respiro accelerato e tremante rifletteva lo stato di shock nel quale si trovava. Prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni, provò compulsivamente a chiamarlo, più volte, senza arrendersi a quella voce metallica che le diceva essere irraggiungibile.

- Abbiamo trovato i resti di un iphone distrutto nella macchina - sussurrò Ryan per farla desistere dal continuare. Lei lo guardò scuotendo appena la testa. Non riusciva ad accettarlo. Esposito provò a poggiarle una mano sulla spalla ma lei si spostò di scatto, alzandosi poi come una molla. Girò per la stanza nervosamente, come se cercasse qualcosa, erano movimenti fatti in modo compulsivo senza un vero senso. Javier stava per alzarsi ed andare da lei quando la Gates gli fece cenno di lasciarla sola.

- Esposito, Ryan, accompagnatemi sul posto - Disse Beckett con voce fin troppo fredda e risoluta.

- Detective, lei non può andare sul posto. - disse pacatamente la Gates

- Il devo andare lì. - Le rispose Kate nervosamente con un tono molto più alto di quello del suo superiore.

- Kate, non c'è più niente lì. La macchina la sta analizzando la scientifica e... i resti del corpo sono al laboratorio da Lanie. - intervenne Ryan

- Allora vado da lei. - disse Beckett andando verso la porta a passo spedito

- Detective, glielo ripeto lei non può uscire da qui. - il tono della Gates ora era più perentorio e sia lei che i due detective si erano alzati.

- Sono io che glielo ripeto Capitano - Beckett avanzò a grandi falcate verso la donna - Io devo andare a vedere di persona.

La sua voce sempre più nervosa si stava incrinando.

- Kate... non puoi riconoscerlo. - Le disse dolcemente Javier

- Sì, posso... io... lo posso riconoscere... io...

Kate sentiva che stava per cedere.

- No Kate non puoi. Lanie stava cercando dei tessuti per un confronto del dna. È l'unico modo, credimi. - Esposito non voleva essere duro e così crudo ma doveva convincerla che non poteva fare nulla.

- No... Javier tu non capisci... io so che posso riconoscerlo...

- Kate...

Non lo stette ad ascoltare, andando verso la porta e l'ispanico dopo aver scambiato uno sguardo con il suo capitano la raggiunse bloccandola da dietro, avvolgendola in un abbraccio protettivo.

- Non puoi fare niente Kate. Non puoi, mi capisci? - le sussurrò all'orecchio

- Lasciamo ti prego Javi! Lasciami! - urlò Kate ma lui al contrario la strinse di più mentre la sentiva cedere tra le sue braccia, emotivamente in un pianto disperato e fisicamente piegandosi su se stessa, vinta da quel dolore che aveva lasciato entrare e che adesso la stava facendo soccombere.

Sentiva le lacrime rigarle il volto e le gambe pesanti, incapaci di reggere il suo peso e tutto quello che le era gravato addosso in quel momento. Sarebbe caduta, forse, se Esposito non l'avesse tenuta, e stava parlando, gridando qualcosa ma non sapeva esattamente cosa. Si sentiva sprofondare, cadere in un buco nero senza fine.

Sentiva la voce di Javier che le diceva che gli dispiaceva come un sussurro lontano come se tutto il mondo in quel momento fosse lontano da lei, sospesa in un luogo inaccessibile, circondata solo dalle sue emozioni.

Dolore, paura, sgomento, incredulità, senso di colpa ovattavano il mondo intorno a Kate, isolandola da tutto il resto. Guardava ma non vedeva. Sentiva ma non ascoltava. Non c'era niente che le interessasse in quel momento in cui stava cercando solo di costruire i suoi pensieri, processare quello che era successo, dargli in senso, se mai poteva averlo, nella sua mente.

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