Castle raccontò a Javier e Kevin tutto quanto. Spiegò come Smith lo avesse contattato e dell'esistenza dei documenti che dovevano garantire l'incolumità di Kate fino a quando fosse stata lontana dalle indagini.
Gli illustrò poi tutti i collegamenti che aveva creato lavorando alla sua "lavagna", nel maxischermo dell'ufficio, compresa la parte che aveva finito di aggiornare poco prima che loro arrivassero e che riguardava la scheda dell'uomo misterioso che avevano visto nei filmati della chiesa, dando finalmente un volto a quello che fino a quel momento era stato solo "il cecchino".
I due detective rimasero impressionati dalla precisione degli appunti di Castle e dalla completezza delle informazioni sul caso.
Lo ascoltarono con attenzione e, mentre Kevin annuiva e sembrava stesse mettendo insieme le parti del puzzle che fino a quel momento gli erano mancate, Javier era più nervoso e serrava i pugni sbattendoli sulle ginocchia. Ora poteva capire il perchè di alcune azioni di Castle, ma non riusciva a condivederle nè a giustificarle. Lui vedeva le cose dallo stesso punto di vista di Beckett, aveva tradito la loro fiducia e non era nemmeno riuscito a tenerla al sicuro.- Avresti dovuto parlarne con noi, Castle! - sbottò alla fine l'ispanico - Insieme avremmo potuto proteggerla!- Kate non vuole essere protetta, vuole solo la verità. Non le importa di nulla, nemmeno della sua vita. - Dalla voce di Castle uscì fuori tutta la sua rassegnazione per quell'amara verità. Era dura dirlo ad alta voce, sembrava rendesse la cosa ancora più reale di quanto già non fosse dentro di lui.Stavano per rientrare in un vortice pericoloso quando Ryan li interruppe per fare il punto della situazione. Esaminarono nuovamente tutto quello di cui erano in possesso, tutto quello che era stato raccolto in anni e anni di indagine, ma non c'erano molte tracce.
Erano convinti, però, che quell'uomo senza nome che aveva ucciso Costas nel vicolo e che era interessato ai documenti di Montgomery, fosse lo stesso che aveva poi teso l'agguato a Kate.
Suonarono alla porta ed il ragazzino delle consegne vide la sua serata cambiare decisamente in meglio grazie alla generosa mancia di Castle dopo che la consegna delle pizze che avevano ordinato.- Facciamo una pausa.- Disse ai due detective, affacciandosi nello studio ed invitandoli a seguirlo. Mangiarono le pizze cercando di dissimulare l'ansia per tutta quella situazione: le condizioni di Kate, quell'uomo di cui non sapevano nulla e le indagini che gli erano state sfilate di mano.Avevano quasi finito di mangiare quando i cellulari di Castle e Ryan iniziarono a suonare quasi in contemporanea, si trattava rispettivamente di Jim e del quinto distretto.
Rick si allontanò chiudendosi in camera e lasciando i due al tavolo della cucina: avevano deciso che era meglio non far sapere a nessuno che stavano indagando autonomamente e meno quante meno persone sapevano che erano insieme, meglio era.
Castle, appena chiusa la porta alle spalle, rispose freneticamente al padre di Kate. Sperava in buone notizie anche se in cuor suo temeva il peggio. Appena Jim gli disse, molto semplicemente, "Si è svegliata" Rick non riuscì a sentire nient'altro, non sentì nè che avevano preferito sedarla nuovamente sia per i dolori che per non affaticare il cuore, nè che lui stava andando via perchè per quella sera non avrebbero più permesso visite a nessuno.- Si è svegliata! - Disse entusiasta, senza nemmeno verificare che Kevin non fosse più al telefono.- Come sta?- Non lo so. Vado in ospedale. Voi rimanete qui quanto volete, finite le pizze e fate come se foste a casa vostra.- Ehy Castle! - lo fermò Esposito, mentre aveva già le chiavi della macchina in mano - Era un amico di Kevin che lavora nel quinto. Pare che Price stia facendo in modo che le indagini vadano in una sola direzione: classica rapina finita male in una zona di scontri tra bande. - Castle scosse la testa, mentre tutti e tre pensavano alla stessa cosa.- Domani andrò a parlare con Price, aveva detto lui che voleva sentirci. - concluse l'ispanico. Rick annuì e poi uscì lasciando i due detective a casa sua.Arrivò trafelato al sesto piano dell'ospedale e cercò Jim nelle varie sale d'attesa, senza trovarlo. Mentre vagava tra i corridoi un'infermiera lo bloccò in modo non troppo garbato. Gli ripetè tutto quello che gli aveva già detto il padre di Kate per telefono e questa volta prestò più attenzione. Lo invitò, quindi, ad andarsene perché lì non poteva più stare. Passò davanti alla camera di Kate e si fermò davanti alla porta mentre questa lo incalzava ad uscire dal suo reparto. Cercò di usare tutti i suoi mezzi di persuasione pur di convincerla a farlo entrare almeno un attimo da Kate, ma fu inutile. Gli venne solo concesso di sbirciare dal vetro, mentre alzavano brevemente la serranda che garantiva la giusta privacy alla paziente. Castle appoggiò entrambe le mani al vetro, cercando di avvicinarsi il più possibile.
I lividi sul suo volto sembravano ancora più scuri ma lei sembrava dormire serena, nonostante i tubi che spuntavano da ogni parte del suo corpo.
L'infermiera ritirò giù in fretta la serranda, isolando nuovamente Kate nella sua stanza e Castle fu costretto a tornarsene mestamente a casa.
Appena rientrato al loft chiamò Ryan per saperne di più su quanto stava accadendo al quinto distretto e gli ricordò di prestare la massima attenzione a quello che riferiva al suo amico. Era una storia di poliziotti corrotti che andava avanti da anni, non potevano fidarsi di nessuno.
Si lasciò cadere sul letto stancamente, si tolse le scarpe lanciandole in un punto imprecisato della stanza. Fuori aveva ricominciato a piovere, un altro temporale forte ed improvviso. I lampi illuminavano a giorno la stanza entrando dalle finestre. Non aveva nemmeno tirato le tende, non contava di dormire molto, in ogni caso.
Incubi reali e immaginari si affollavano nella mente dello scrittore mescolandosi ai suoi dubbi, mentre la ragione si scontrava con i sentimenti. Si risvegliò improvvisamente sudato e con il fiato corto, senza che nemmeno si fosse accorto di essersi addormentato. Guardando la sveglia sul comodino vide che erano poco più delle quattro e decise di fare una doccia per svegliarsi definitivamente. Poi si sistemò sul divano, con il portatile sulle gambe, e cominciò a scrivere compulsivamente. "Final Heat".
Le ore sembrarono scorrere come minuti, scandite dall'incessante ticchettio delle sue mani sulla tastiera, fino a che non sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Sua madre lo stava guardando amorevolmente come da tempo non si ricordava e si rese conto che la luce del giorno entrava ora prepotentemente dalle finestre del loft. Chiuse istintivamente il pc, quasi intimorito che lei potesse sbirciare qualcosa del suo testo.- Quando sei rientrata, madre?- Prima che lo facessi tu, Richard. Alexis mi ha detto di Katherine...- Già... - rispose passandosi una mano tra i capelli.- È sempre molto grave? - chiese la donna preoccupata, Martha aveva sempre avuto un debole per Kate ed in cuor suo aveva sempre sperato che lei e suo figlio mettessero da parte le paure per seguire il loro cuore.- Si è svegliata ma non è fuori pericolo. Hanno preferito sedarla di nuovo, per non affaticare il suo cuore.- E il tuo?- Il mio cosa?- Il tuo cuore, Richard...- È complicato. Erano successe delle cose tra noi, prima... - Vide lo sguardo di sua madre illuminarsi e si affrettò a precisare - No, non in quel senso, anzi l'opposto. Le ho detto che sapevo che ricordava, le ho ripetuto ancora che la amavo, chiedendole di lasciar perdere le sue ossessioni, se ci teneva a me e... beh... la fine è questa... Lei mi ha risposto che era la sua vita ed io le ho detto che non sarei rimasto a guardare mentre si uccideva... E me ne sono andato.- Richard! - il tono di sua madre era un misto di delusione e biasimo - Poi però sei corso da lei, appena hai saputo che era in pericolo. Perchè?- Lei ha cercato me ed io non le ho risposto. Se lo avessi fatto avrebbero potuto soccorrerla prima.- Non fartene una colpa- Mamma ha chiamato me: non i soccorsi, non suo padre o il distretto. L'hanno ferita ed ha cercato di chiamare me. Ripetutamente. Mi ha scritto perfino un messaggio, anche se non è riuscita ad inviarlo.- Tu come lo sai?- Esposito, mi ha portato il suo telefono. Mi ha scritto che mi ama ed io dovrei essere felice ed invece non so cosa provare. Sono ancora arrabbiato, ma anche preoccupato e... E' complicato, mamma.- Richard, l'amore lo è sempre.Castle guardò sua madre, che gli accarezzò lievemente la spalla dirigendosi poi verso la cucina.- Vuoi un bicchiere di Pinot, Richard?- Mamma! Ma è mattina presto! - protestò lo scrittore per le abitudini dell'attrice, che non gli rispose, ma si limitò a scrollare le spalle mentre si versava un generoso bicchiere di vino rosso.- Signor Castle, mi raccomando, la detective non deve subire emozioni forti, il suo cuore è ancora debole. In più è intubata e non può parlare, quindi non la faccia sforzare in nessun modo. Se notiamo alterazioni nel suo stato clinico la inviteremo immediatamente ad uscire, è chiaro?Rick annuì alle raccomandazioni della dispotica infermiera, che già detestava con tutto il cuore. Jim lo aveva chiamato poco prima avvisandolo che Kate era di nuovo sveglia e che avrebbe potuto vederla, se avesse voluto. Non se l'era fatto ripetere due volte e si era precipitato di nuovo in ospedale.
Fece un respiro profondo quando abbassò la maniglia della porta per entrare.Kate aveva gli occhi chiusi e la testa rivolta verso il muro. Ancora una volta era lì, inerme ed in balia di medici ed infermieri, che disponevano del suo corpo come meglio credevano. La morfina le faceva sentire meno il dolore ma ovattava anche tutte le sue altre sensazioni.
Ci aveva messo un po' a capire cosa le era accaduto e perchè fosse lì, poi pian piano i ricordi erano diventati più nitidi.
Non riusciva a capire come fosse riuscita a sopravvivere anche questa volta. Non era stata una cosa improvvisa, non era stato uno sparo a portarla, in una frazione di secondo, tra la vita e la morte.
Aveva sentito la vita scorrerle via lentamente ed in modo inesorabile e l'unica cosa che era riuscita a pensare era che non poteva morire così, senza prima dire a Castle quanto anche lui fosse importante per lei. Quanto lo era stato in quei quattro anni, quanto la terrorizzasse quello che le aveva detto quel giorno al cimitero. Ma era solo paura. Non altro.
Era stata dura, crudele, mentre lui le confessava nuovamente che la amava. Lei era rimasta impassibile, pietrificata da quel sentimento che la spaventava e che non credeva di essere in grado di gestire.
In quegli istanti l'unica certezza era stata che non voleva morire senza avergli prima detto che lui era più importante delle sue ossessioni e che lo amava, che ora lo sapeva.
Lui però non aveva risposto, tenendo fede a quello che le aveva promesso uscendo di casa sua: è finita.
Ora avrebbe dovuto aspettare, riprendersi. Perché si sarebbe ripresa, aveva un motivo per farlo.
Avrebbe fatto in modo che capisse quanto lui era importante per lei. Gli avrebbe spiegato il perché di quei suoi comportamenti, delle sue paure.
Lui era una delle poche certezze che le rimanevano, era stato lui a spingerla a voler cambiare e si era quasi sentita in grado di farcela, prima che tutto precipitasse.
Ma questo, forse, le aveva fatto fare l'ultimo step che le mancava, dandole certezza su quello che voleva. Distesa su quel letto avrebbe potuto solo pensare, sempre che la sua mente fosse abbastanza lucida e non offuscata da antidolorifici e calmanti.
Sentì la porta aprirsi e si preparò mentalmente all'ennesimo controllo, l'ennesima medicazione, l'ennesima intrusione sul suo corpo. Sentì, invece, due mani calde racchiudere la sua, accarezzandole delicatamente il dorso e facendo ancora una volta slalom tra gli aghi e i rilevatori.
Poi la sentì staccarsi e scansarle una ciocca di capelli portandola dietro le orecchie. Sentiva il suo profumo, sapeva che era lui anche se mai prima di allora aveva osato tanto, con quei gesti così semplici ed intimi allo stesso tempo.
Si girò ed aprì gli occhi, mettendoci qualche istante per metterlo a fuoco. Avrebbe voluto parlargli e cercò istintivamente di farlo, ma sentì solo fastidio alla gola ed un mugolio indefinito.- Shhh Kate... non devi parlare ora, non ti devi sforzare. Ci sarà tempo.Kate sentì i battiti del suo cuore accelerare e lo percepirono anche i macchinari a cui era collegata. Castle li guardò, ricordandosi le parole della sua nemica infermiera.- Ehi, se non stai calma mi cacciano via! - le sorrise e poi mise la sua mano sotto la sua. - Facciamo così, se vuoi che rimango stringi la mano due volte, se no una.Kate strinse lievemente la mano due volte.- Bene, ora rilassati però...Entrò l'infermiera, che mentalmente Castle aveva rinominato Cerbero, squadrandolo con sguardo ostile mentre controllava i valori di Kate,nel frattempo tornati nella norma. Gli chiese comunque di uscire, visto che le sembrava evidente che stava agitando la paziente. A quella richiesta, Beckett si agitò nuovamente, cercando di far capire alla donna che non era quello che voleva. Alla fine sembrò dispiaciuta di accontentarli entrambi e fece rimanere Castle, diligentemente seduto vicino al letto.- Visto che tu non puoi parlare, per par condicio mi sembra corretto che non lo faccia nemmeno io. - Lei gli strinse la mano protestando - Certo, mi potrei sempre approfittare del fatto che non mi puoi dire di stare zitto per dire qualunque cosa mi passi per la testa, però eviterò.Kate cercò di lanciargli uno dei suoi sguardi tagliente ma dubitò di esserci riuscita. Castle sorrise, cogliendo la sua intenzione.- Sai, Beckett, mi hai fatto molto preoccupare... - Castle aveva cambiato tono di voce, le stava quasi sussurrando quella confessione e lei strinse la sua mano a lungo, poi chiuse gli occhi e Rick notò delle lacrime scendere. Le accarezzò il volto, raccogliendole. Non erano mai stati così vicini, eppure l'ultima volta che si erano parlati si erano praticamente detti addio. Sembrava che quello che era accaduto prima non contasse più nulla.
Il suo gesto si tramutò presto in una carezza su quel volto ancora orrendamente segnato. Ma a Castle non importava, per lui era Kate, bella come sempre. Lei si abbandonò al suo tocco desiderando di poter ricambiare, avrebbe voluto potergli parlare e chiedergli di non smettere. Ma il suo fisico era troppo debole e si addormentò tra le sue carezze.
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Obsession
FanficRick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedal...