TRENTANOVE

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Il suo cuore uscì dalla stanza con lui, separandosi dal suo corpo dove ormai era un'inutile presenza, se lui non c'era. Aveva visto il suo volto segnato dall'incredulità e dal dolore e poi in fondo ai suoi occhi blu aveva visto ancora tutto l'amore che provava per lei e i suoi occhi erano gli ultimi ad arrendersi.

L'aveva baciata, ancora una volta, e lo sentiva sulle sue labbra, quel bacio le aveva fatto male più di tutto. Era stata l'ultima boccata d'ossigeno che non aveva voluto concedersi, non rispondendo come avrebbe voluto a quel bacio, certa che separarsi da lui sarebbe stato ancora più dura. Gli aveva mentito e lo aveva ferito. Lo aveva colto quando era più inerme, quando non se lo aspettava, quando era ancora vulnerabile per quanto accaduto il giorno prima, per la paura per Alexis. Ma era stato proprio questo a farla accelerare, a farle prendere quella decisione che la stava lacerando, ma che era convinta fosse l'unica possibile. Senza di lei sarebbe stato meglio, magari non subito, ma dopo sì, avrebbe avuto una vita normale sia lui che la sua famiglia.

Glielo aveva anche detto, per saperlo al sicuro avrebbe rinunciato a tutto, anche alla sua felicità, a tutto quello che aveva di più caro al mondo e quello che aveva di più caro era lui ed il loro rapporto.

Girò per la stanza vuota. Non riusciva a stare lì, si sentiva soffocare. Lì c'era lui, ovunque, in ogni angolo la sua presenza era più forte della sua assenza, tanto da sovrastarla e renderlo vero nella sua mente. Sentiva il suo profumo ed era convinta di sentire anche i suoi passi e la sua voce. Accese inavvertitamente lo stereo e la musica di Coltrane riempì di nuovo l'ambiente. Spense rabbiosa. Non lo avrebbe più potuto ascoltare senza legarlo al loro ballo, a lui.

Rick uscì come un automa dall'hotel ed allo stesso modo tornò al loft, guardando fuori dal finestrino la gente camminare nell'afa estiva di New York. Solo lui aveva freddo, un freddo impossibile da scaldare. Entrato in casa buttò la borsa in un angolo ed andò in camera. Si sdraiò sul letto fissando il soffitto e cercando di capire cosa era realmente accaduto. No, non poteva essere reale, si ripeteva. Non poteva essere accaduto. Cosa non aveva visto, su cosa si era illuso al punto da non percepire il cambiamento di Kate? Eppure lui l'aveva sentita così sua, fino a poche ore prima, fin troppo sua. Era questo il problema? L'aveva soffocata? Si era sentita imprigionata in quel rapporto? Aveva corso troppo? Poteva decidere lei, poteva porre dei limiti, perché però rompere? Perché dire che era stato un'illusione, che non era vero? Lui non aveva mai vissuto nulla di più vero di quello che aveva vissuto con lei, anzi forse non aveva mai vissuto realmente prima di vivere con lei.

Kate era seduta in un angolo del divano. Le gambe incrociate sotto il suo corpo, un fazzoletto di carta distrutto tra le dita che tormentava senza sosta. Lanie era nell'angolo opposto. Era arrivata appena l'aveva chiamata in lacrime, lasciando il lavoro prendendo un permesso per gravi ed urgenti motivi familiari e in fondo per lei Kate era una di famiglia, come una sorella. Aveva ascoltato tra i singhiozzi il racconto di quanto accaduto, delle minacce ad Alexis, della preoccupazione di Castle, della discussione con la ragazza e della sua scelta sofferta e devastante.

- Tu sei pazza tesoro. Sei completamente pazza. Stai rinunciando al tuo uomo e alla tua felicità per difenderlo da te? Ti rendi conto di quanto sei assurda? Dio mio, Castle sarà distrutto! Ci hai pensato a questo? Quell'uomo sono anni che vive per te!

- Gli passerà. Meglio distrutto e vivo che felice e morto. - si soffiò il naso dopo aver preso un altro fazzoletto che Lanie le aveva dato.

- Io non ti capisco Kate, veramente! Perché stai facendo tutto questo non solo a te stessa ma anche a lui? Questa situazione passerà, vale la pena rinunciare a tutto?

- Rinuncerei a tutto per lui, perché sia al sicuro. Non sopporterei di ... - Il volto di Beckett se era possibile si contrasse in una smorfia di dolore ancora più forte pensando a pochi giorni prima, a quella macchina esplosa e a quel dolore così estraniante.

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