TRENTUNO

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Kate se ne andò in camera da letto. Aveva bisogno di stare sola. Fisicamente. Il letto era ancora sfatto e nelle pieghe delle lenzuola le sembrava ancora di trovare le tracce di loro, di sentirle intrecciate ai loro corpi uniti. Vide la sua maglietta abbandonata sopra il cuscino. La sfiorò con le dita, aveva quasi paura di prenderla. Si sedette dalla parte di letto dove dormiva lui e poi appoggiò la testa sul cuscino, sdraiandosi in posizione fetale con il viso immerso nel suo indumento. Chiuse gli occhi. Avrebbe voluto addormentarsi e svegliarsi con la sua mano che le accarezzava la spalla ed i suoi baci dietro il collo, lì dove gli faceva solletico, dove la baciava ogni volta che voleva svegliarla.

Il dolore che l'avvolse era qualcosa che veniva da lontano, lo riconosceva, era quel mantello nero che velava ogni altro sentimento. E non c'era più spazio per niente. Lo conosceva bene. Era quel dolore paralizzante, quello che prende lo stomaco e ti distrugge dentro e tutto il mondo diventa relativo con le vertigini che non ti abbandonano mai e portano con loro quel senso di nausea che ti destabilizza.

Cercava di stringersi su se stessa più che poteva. Non riusciva nemmeno più a piangere. Erano solo muti sospiri e respiri profondi quando le sembrava di non avere abbastanza ossigeno e di affogare in se stessa.

Stringeva con forza quella maglia fino a che le mani non le facevano male e diventavano bianche per lo sforzo e la rabbia.

Malediceva se stessa, Maddox che per due volte aveva fallito, il giorno che si erano incontrati, il sindaco che glia aveva permesso di seguirla, lui che lo faceva nonostante tutto e ancora se stessa che si era innamorata di lui. Malediceva ogni singolo caffè che le aveva portato, che come un anello di una catena lo aveva legato sempre di più a lui, ogni frase detta insieme, ogni ragionamento completato a vicenda, ogni parola di conforto, ogni battuta per alleggerire una giornata pesante, ogni sorriso soprattutto quelli quando era convinto che lei non lo vedesse, soprattutto quelli perché l'avevano fatta innamorare ancora di più.

Trovò altre lacrime, nascoste non sapeva dove, da versare e lo fece senza remore. Non aveva nessun motivo per nascondere il suo dolore. Pensava che non avrebbe più potuto soffrire come aveva fatto, che non poteva stare male allo stesso modo ed invece era di nuovo persa nella spirale del dolore e non le importava più nulla. Non voleva giustizia né verità, perché era stata l'ossessiva ricerca di queste per sua madre che le aveva portato via l'unica cosa bella che era capitata nella sua vita e non l'aveva nemmeno voluta vedere per troppo tempo. Era impossibile, si diceva che potesse capitare a lei. Perché a lei non capitavano così così, se ne teneva alla larga. Lei era quella dai rapporti non impegnativi, perché era più facile uscirne indenni: meno ti coinvolgi, meno soffri. Pensava di aver sofferto, molto, una volta, con Sorenson, ma aveva capito che non era nulla. Era un graffio più per l'orgoglio che per il cuore, per essere stata messa in secondo piano, per contare meno di un lavoro. Non avrebbe più fatto quell'errore. Niente complicazioni. E poi era arrivato lui che avev preso il suo mazzo di carte e lo aveva rovesciato, facendole volare in aria. L'aveva presa per mano e portata nel suo mondo ed aveva provato a resistere ma era stato impossibile. Le aveva fatto vedere quanto potesse essere bello vivere senza i suoi rigidi schemi e lei lo aveva seguito, aveva ballato la sua musica al suo ritmo. Ora era di nuovo nel silenzio della sua anima dove c'era solo l'eco del suo dolore e quel senso di colpa che più passavano i minuti più si impossessava di lei. "È colpa tua Kate. È solo colpa tua." si ripeteva. E ne era convita. Lo era. Era maledettamente tutta colpa sua, perché si era innamorata di quello stupido scrittore che era solo un bambino di nove anni ed aveva lasciato che si innamorasse di lei e che fosse così pazzo da non rendersi conto che era pericoloso. Era colpa sua che non l'aveva ascoltato, che non gli aveva dato retta quando gli diceva che era una guerra che non poteva vincere. ma a lei non era importato era andata avanti incurante che quello potesse avere ripercussioni anche sugli alti. Perché lei aveva messo in conto che poteva morire e fino a poco tempo prima non le sarebbe nemmeno importato molto, ma non che potessero uccidere ancora qualcuno di così importante nella sua vita. Questo non lo aveva pensato ed ora la stava devastando. Montgomery era morto per salvarla, Rick aveva fatto di tutto per tenerla al sicuro e lei e lei non aveva fatto niente per loro. Aveva pensato solo a se stessa a seguire la sua ossessione che dopo sua madre le stava portando via tutti gli altri punti fermi della sua vita. Il suo capitano prima, il suo amore poi.

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