Rick non poteva negare di aver immaginato tante volte quel momento, quello in cui si sarebbero detti "ti amo" consapevolmente, quello in cui diventavano qualcosa in più. Non sapeva ancora cosa stavano diventando, poteva dire che al momento erano due persone innamorate che avevano avuto il coraggio di dirselo dopo tanto tempo, era già un bel passo avanti per loro. Aveva fantasticato su come sarebbe stato dirle ti amo, senza urla, senza discussioni e soprattutto senza la paura che poteva essere l'ultima cosa che le avrebbe detto. Tutti gli scenari che la sua mente di scrittore aveva elaborato erano stati fantasiosi, intensi, carichi di passione e romanticismo. Alcune volte aveva pensato che avrebbe costruito una situazione perfetta per rendere tutto indimenticabile altre volte era convinto che sarebbe accaduto dopo qualche loro caso in qualche situazione dove l'adrenalina avrebbe avuto la meglio anche sui loro freni inibitori. Aveva immaginato che l'avrebbe stretta a se e l'avrebbe baciata con passione come sognava da tempo di fare di nuovo, di perdersi nelle sue labbra, inebriarsi del suo profumo, affondare le mani tra i suoi capelli. E poi l'avrebbe amata, in tutti i modi possibili. Aveva immaginato le mani di lei su di lui, il corpo di Kate che si sarebbe adattato perfettamente al suo, perché non sarebbe mai potuto essere diversamente, perché lo erano fatti per stare insieme, lui lo aveva sempre saputo. Immaginava che avrebbe messo in pratica tutte quelle cose con le quali lo aveva provocato fino allo sfinimento tante volte nel corso degli anni e se ne sarebbe compiaciuto lasciando che lei disponesse di lui in ogni modo ritenesse di voler fare.
La realtà, però, era stata diversa da ogni sua immaginazione, non si era mai nemmeno avvicinato ad una situazione del genere anche perché si era ripromesso di non trovarsi più così a vederla combattere in un letto di ospedale dopo aver rischiato la vita inutilmente per rincorrere le sue ossessioni. Non c'era stato nulla di quello che aveva pensato e sognato ma non era stato peggiore, era stato solo diverso. Aveva passato un tempo infinitamente lungo in silenzio con lei ed anche adesso che potevano parlare preferivano non farlo. Lei riusciva a riempire i suoi silenzi e mai con nessuna gli era accaduto di percepirla solo con la presenza. Le avrebbe voluto dire molte cose, aveva anni di cose arretrate da dirle, tutte quelle che si era tenuto dentro in tanti momenti in cui parlare avrebbe voluto dire mettere le carte in tavola e non poteva permetterselo, perché non era pronto ad un rifiuto e a non avere più la possibilità di averla anche solo come partner.
Le emozioni che lo stavano attraversando in quei momenti erano per Castle del tutto inedite. Sarebbe voluto uscire e gridare a tutto il mondo che lei lo amava, glielo aveva detto, non era solo un messaggio mai inviato, ed allo stesso tempo avrebbe voluto chiudere a chiave la porta di quella stanza, rimanere solo loro due chiusi là dentro soli, senza permettere a nessuno di avvicinarsi, per proteggere quella cosa così piccola e fragile che era appena nata, quel "noi" che lui avrebbe voluto difendere dal mondo che vedeva tutto come una minaccia. Ed era impaziente di baciarla ed abbracciarla, bisognoso del sentirla sua ma riusciva a tranquillizzarsi sentendo il suo tocco fresco e delicato sulla sua mano. Non si guardavano nemmeno, si sfioravano solamente, ognuno perso nei suoi pensieri metabolizzando quella situazione.
Kate guardava il soffitto, senza vedere nulla in realtà se non le proiezioni della sua mente. Tutto questo non lo aveva mai calcolato. Anche lei aveva pensato a come sarebbe stato con Castle, più di una volta e non era riuscita nemmeno a negarlo a Lanie che per quello scrittore provava qualcosa in più. Aspettava il momento giusto, sperando che arrivasse presto o forse che non arrivasse mai perché tutto quello le faceva paura, troppa paura. Si era sempre immaginata prendere lei l'iniziativa, perché era convinta che lui non lo avrebbe mai fatto, preoccupato di non essere quello che doveva al momento giusto. Pensava che quando sarebbe stato il momento avrebbe lasciato che fossero le sue azioni a parlare per lei, perché lei era una che agiva, non parlava. Lui era quello bravo con le parole, lei con i fatti. Non aveva mai immaginato di vivere un momento come quello, dove c'erano solo silenzio e tocchi delicati, dove avrebbe dovuto fare i conti con se stessa prima ancora di quanto immaginasse, dove non c'era modo si stordire i sensi con il piacere e la frenesia dell'amarsi reciprocamente fisicamente, con i gesti che avrebbero spiegato quello che era racchiuso in lei e che faceva fatica anche a dire a se stessa. Lei era una donna d'azione costretta invece alla riflessione e temeva quel mettersi a confronto con i suoi pensieri perché pensare troppo la faceva solo arrovellare di più. Aveva pensato tanto in quei giorni, a lui a se stessa e a loro, lo poteva dire adesso. Loro. Ed ogni pensiero l'aveva portata a quel punto, a dirgli "Ti amo" e a volerlo fare, voler credere che "loro" potessero esistere, che era giusto darsi una possibilità di felicità, perché sapeva che con lui poteva essere felice, questo lo aveva sempre saputo, perché l'aveva sempre fatta sentire più leggera ed aveva reso il suo mondo più facile: non c'era mai riuscito nessuno prima di lui.
Si voltò per osservarlo e lo vide serio e pensieroso, non si accorse nemmeno che lo stava fissando. Non glielo avrebbe mai detto per non dare ancora più corpo al suo ego smisurato, ma era bello: non era perfetto, ma per lei era perfetto così. Si sentì improvvisamente leggera nel pensare che lui fosse quel qualcosa in più a cui non sapeva dare un nome, ma, qualunque cosa fosse, era suo.
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Obsession
FanfictionRick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedal...