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«Dio, detesto gli incubi!» ho sonno e mi fa male la testa.
«Mi dispiace tanto bambolina.» mi bacia in fronte. È il terzo giorno a Londra, ne abbiamo ancora quattro. Partiremo sabato notte così da goderci tutto il giorno a Londra e poter girovagare per la città fino a tardi, dopo di che ci toccheranno tre ore di viaggio.
Immersa nei miei pensieri non mi accorgo che siamo già a scuola. Per fortuna. Mentre ballo non penso, mi sento libera di fare quello che meglio credo senza la paura di essere inseguita dai miei problemi, il fatto che io sia speciale a volte può essere davvero pesante. Che poi in fondo sono solo immortale – e dici poco? – e ho un tatuaggio che guarisce le ferite inguaribili dei vampiri – ed è dire tanto visto che in teoria dovrebbero cicatrizzarsi da sole – e poi c'è il sangue che, a quanto pare, è carente di globuli bianchi ma molto ricco di quelli rossi il che lo rende molto appetibile e poi, anche se non so ancora cosa significhi, ho letto i pensieri a Cameron e lui li ha letti a me, questa però può essere un'abilità di entrambi o di uno solo; cioè potrebbe essere una cosa che so fare io e la trasmetto a lui e viceversa oppure una cosa che sappiamo fare entrambi e quindi la condividiamo. Sappiamo solo che questa cosa dei pensieri è successa quando ci siamo spinti più in là con i baci, quando io e lui eravamo a contatto senza vestiti o almeno con vestiti parziali.
In ogni caso sta riuscendo nell'intento di provocarmi, è davvero bravo a farlo, bacia molto bene e tocca un pò ovunque, o meglio tocca dove sa che è piacevole. È nato per provocare ma io non voglio cedere, perlomeno non voglio arrivare troppo in lá. La lezione finisce che nemmeno me ne accorgo; oggi abbiamo lavorato sulla coordinazione e Madame mi ha fatto vedere dei trucchetti da utilizzare. Sono l'unica della mia classe che aveva provato a prendere il diploma per essere insegnante, era solo una speranza ed alla fine, dopo aver sudato tanto, l'ho ottenuto. Ero rimasta sorpresa dal risultato, il motivo per cui mi ero iscritta a quel corso era che potevo insegnare anche se studiavo e quindi guadagnarmi dei soldi miei e inoltre spostandomi molto, alcune famiglie non erano disposte a pagarmi la scuola perciò o lo facevo io oppure niente scuola, mi era sembrato un modo perfetto per fare quello che amo e intanto guadagnare dei soldi. A volte le famiglie dove andavo non erano disposte a pagarmi proprio niente, nemmeno il cibo che consumavo, molti, sapendo che in qualche modo guadagnavo dei soldi, mi chiedevano di pagare l'alloggio.
Li dirigo verso uno dei migliori panettieri della zona, fa dei panini che sono paragonabili al paradiso per la bocca, ogni morso è un'esplosione di sapore e lo amo anche perché riempie ogni punto del panino, senza lasciare bordi che non hanno farcitura. Compriamo i panini: ognuno fa una faccia di soddisfazione addentando anche solo il primo morso. Ora ci dirigiamo verso uno dei mille musei che ho già visto, credo al British Museum e dopo di quello ci aspetterà un altro museo - che bello due in uno...poveri piedi – che penso sarà l'Imperial War Museum, sono stata anche in quello ma non è molto entusiasmante. Nei prossimi pomeriggi l'itinerario sarà pieno perchè stanno cercando di mettere un museo che richiede tempo per visitarlo con uno che ne richiede meno in un giorno così da vederne il più possibile.
Il guaio è che a volerne vedere tanti non si riesce a goderseli.
Ci avviamo, ancora con i panini nella mano, verso il bus che ci porterà direttamente al museo.
«È più grande di com'è in foto!» commenta qualcuno. Ogni volta che devono contarci ci separano di classe in classe, e puntualmente Cam si lamenta perchè odia il fatto di dovermi stare lontano. A volte penso sia un pò appiccicoso ma alla fine credo lo faccia perchè ha paura che possa succedermi qualcosa.
Quando ci danno i biglietti d'ingresso mi raggiunge a gran velocità passando il biglietto dal casello. Ognuno vaga per il museo a piacimento, a detta delle prof così è meglio perchè ognuno può focalizzarsi dove più gli piace e saltare o vedere velocemente ciò che non gli interessa. Come punto di ritrovo, questa volta, abbiamo il pullman visto che è rimasto fuori ad aspettare e inoltre ognuno è per conto suo. Cam non si stacca un secondo di dosso, la cosa non solo mi rende nervosa ma mi fa anche preoccupare.
«Stai bene? Non mi molli un attimo»
«Si, no cioè forse. Voglio dire, non sto bene ma neanche male.»
«Cameron così non ti capisco proprio. Ti prego spiegati meglio.»
«Ho solo ricevuto una chiamata e ora non mi sento tanto in vena.»
«Se non sei in vena perchè mi stai incollato? Non mi dà fastidio non fraintendere, è solo che dovresti voler stare per conto tuo, no?»
«Io sono diverso dagli altri. Ma la telefonata riguarda anche te. Voglio dire sanno che se ci vogliono devono averci insieme e ora che lo sanno faranno di tutto per prenderci. Non voglio che tu ci finisca in mezzo e per questo stavo pensando che sarebbe meglio se noi due ci lasc...» non gli permetto di finire la frase.
«Non ci provare.» non può dire sul serio.
«Merel così è meglio, ognuno per se, se sanno che non stiamo più insieme non ti toccheranno.» oddio lacrime vi prego rimanete nei miei occhi. Anche perchè ci sono dentro dalla nascita in questa cosa, anche se mi lasciasse non cambierebbe un granché.
«Questo è scappare, non risolvere» mi trema la voce.
«Hai ragione è così! Ma in questo caso scappare può risolvere!» ok lacrime vi detesto. «Non piangere ti prego. Sai quanto me che potrebbe essere la soluzione.»
«NO. NON LO È» scappo via, tanto il museo già l'ho visto. Lo penso come se fosse la mia priorità al momento. All'uscita vado verso la fermata del bus, non quello con cui siamo arrivati. Sento Cam che si avvicina e le mie lacrime che rovinano il trucco - come sei cinica Mel, chissenefrega del trucco in questo momento, anzi vaffanculo a trucco e capelli – e i capelli.
«Bambolina aspetta.» lo sento che si avvicina. Sono alla fermata del bus, spero che passi tra tre secondi così lo prendo e me ne vado, non può usare i suoi poteri in pubblico, la gente si farebbe troppe domande. Fa freddo, un freddo pungente sul mio viso rigato dalle lacrime. Non ho voglia di sentirlo.
«Merel, ti prego.» guardo in direzione del bus e lo vedo arrivare. Ci salto sopra e vedo che Cam si arrende. Non voglio averci nulla a che fare per oggi, proprio nulla.
Appena varco la soglia della porta d'ingresso Mama Damas mi vede e mi viene incontro, mi abbraccia anche se in fondo so che l'unica cosa a poter risolvere questo dolore è chi lo ha causato.
«Tranquilla tesoro, se lo vuoi lui tornerà e se non lo vuoi allora passerà. Vuoi che ti dia una stanza dove stare? O faccio sloggiare lui?» faccio due con le dita come per dire che deve andar via lui. Non voglio una stanza dove chiunque può sentire che sto piangendo, né tantomeno essere disturbata. Apro la porta ci entro e prendo tutte le sue cose eccetto la maglietta con cui devo dormire, ha ancora il suo odore addosso - concentrati Merel! Getto tutto nella valigia alla rinfusa e la chiudo fuori dalla porta in corridoio con una chiave che mi ha dato Mama appoggiata sopra. Mi butto sul letto con la testa sul cuscino e piango. Non voglio perderlo, non posso. Ma a quanto pare a lui non importa cosa voglio io. Non può proteggermi, mio padre mi prenderà lo stesso perchè io e lui abbiamo uno strano feeling che non deve spezzarsi, ma che lo voglia o no io e lui abbiamo sentimenti e possiamo fare scelte che non potranno essere uguali alle sue.

Un amore paranormaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora