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Atterriamo, prendiamo i bagagli e ci dirigiamo verso il bus. Dio santo, si congela! Cam mi si avvicina staccandosi dalla sua classe e senza dar peso ai richiami dei prof. Mi si siede vicino sul bus e io lo lascio fare. Il bus parte ed io riconosco tutte le strade sentendomi come una bambina piccola molto felice per il suo nuovo giocattolo. Matt è dietro di me, anche lui ovviamente conosce ogni cosa. Ci guardiamo spesso come per dirci "Ti ricordi di quello?" oppure "Ah si! Oddio che ricordi in quel posto!" Cam rimane impassibile, in fondo non ha nulla di cui preoccuparsi io e Matt siamo esclusivamente amici. Arriviamo proprio di fronte all'hotel. Scendo di corsa e senza nemmeno prendere la valigia vado ad abbracciare Mama Damas che è già a braccia spalancate. La abbraccio, mi sembra come se non la abbracciarsi da secoli, e sono passati al massimo quattro mesi. Mi sono ripromessa che una volta la mese, finita la scuola, dovrò venire di nuovo qui e abbracciare tutti in modo che non si dimentichino di me.
Cam ha sia la mia valigia che la sua in una mano sola ed è in perfetto equilibrio, a volte però dovrebbe cercare di essere più umano o qualcuno prima o poi si accorgerà che c'è qualcosa che non va.
Nella hall le prof ci assegnano i vari compagni di stanza e le relative chiavi. Fa il mio nome e quello di Cameron ma la procedura è lunga, bisogna firmare dei fogli di presenza e quindi le femmine firmano prima. Siccome chiamano me e lui come quarta coppia firmo e inizio a salire. La valigia dà un po' di problemi quando pesa cinque kili e hai sei piani da piedi da fare. L'hotel è molto grande infatti ogni piano ha la sua stanza del bucato e della manutenzione. Le scale sono tappezzate con una moquette rosso opaco e con dei battiscopa oro tutt'intorno che hanno come fantasia delle foglie di non so bene cosa, le pareti sono bianche con delle rose colorate, i corrimano e le porte hanno lo stesso tema fiorito dei battiscopa – chissà com'è tenerli sempre puliti – è molto elegante ma non è troppo costoso perché si trova in una zona piena di scuole, quindi niente negozi o servizi pubblici a parte un piccolo supermercato, un bar e una cartoleria. Di solito c'è sempre una zona scuole, all'interno di esse gli studenti possono mangiare, studiare, svagarsi...a Londra, come in America, le scuole sono delle piccole città come dico io, perché hanno tutto: dalla biblioteca al bar, dalle aule alle sale comuni ricreative, da armadietti a spogliatoi, a volte in quelle prestigiose ci sono anche negozi di vestiario e scarpe e cartolerie...insomma hanno qualsiasi cosa possa servire ad uno studente.
Arrivo al quinto piano che sono stremata, ci sono tre camere disponibili al sesto, perciò solo sei persone di cui due siamo io e Cam. Puntualmente, lui arriva bello beato senza avere fiatone o affaticamento e mi chiede con aria quasi da sbruffone:
«Vuoi una mano per caso?» lo guardo in cagnesco e lui sorride prendendomi dalle mani la valigia. Io mi stravacco per terra, prima di riuscire di nuovo a salire avrò bisogno di una gru. Scende di nuovo dopo pochi minuti e mi prende in braccio, portandomi su per le ultime due rampe.
«Certo che sei una schiappa...» alza gli occhi al cielo e io sbuffo aggrappandomi alla sua maglietta. La camera è la 216-b, è la più isolata perché è attaccata alla strada e ad una camera che non usa nessuno e non ho mai capito il perché. È l'unica delle camere che ha A e B le altre sono solo semplicemente numerate, ma questa ha sia la A che B e la lettera A non viene usata da nessuno, il che è strano ma non mi sono fatta poi molte domande – ok Merel ammettiamolo qualche domandina te la sei fatta – in fondo però nessuno mi darebbe delle risposte.
Il letto è a baldacchino ma semplice, è super comodo ovviamente. C'è un bagno minuscolo con doccia, lavandino e water, nella doccia quasi non ci si può muovere per quanto è piccola. C'è una tv vecchia che non credo funzioni, il solito frigo e un armadio che conterrà la metà della roba che ci siamo portati dietro.
«Non so perché ci abbia messi nella camera in fondo, è piuttosto triste.»
«Le ho chiesto io di metterci in fondo. Possiamo parlare liberamente perché sentirò con largo anticipo se qualcuno verrà venendo qui e potremmo smettere in tempo, prima che qualcuno senta qualcosa che non dovrebbe nemmeno immaginare.»
«Si ok, ma non funziona la televisione, e capisco che tu non capisci cosa dicono, ma io li capisco e guardarla è un noto passatempo mondiale.» quante cavolo di volte ho detto il verbo capire?!
«Si, ma senza tv dobbiamo trovarci altri svaghi non trovi?» dice con lo sguardo malizioso. Si avvicina e mi posa un bacio in bocca,
«Speri davvero che succeda? Qui?»
«Si, sono abbastanza bravo da riuscire a provocare una persona fino al punto in cui si arrende e mi lascia fare!»
«Presuntuoso»
«Si lo so. Tranquilla ho anche abbastanza esperienza da non farti male...o beh non tanto almeno. Generalmente fa male a tutte, ma sono in grado di ridurre al minimo il dolore quindi non ti preoccupare, ti piacerà!» mi fa l'occhiolino.
«Se sei convinto di riuscirci buona fortuna, e comunque io non mi vanterei troppo delle capacità sessuali acquisite sai? È piuttosto fastidioso e umiliante.»
«Eddai scherzavo, lo sai» alzo le sopracciglia e con fare teatrale mi chiudo in bagno realizzando che ho lasciato fuori la trousse.
Esco a prenderla e lui mi guarda implorante, io faccio finta di prendermela e torno in bagno chiudendo a chiave. Dopo poco bussa alla porta.
«Scusa!» si ferma aspettando una mia risposta, ma mi sto mettendo il rossetto e sistemando i capelli per la cena per cui non gli rispondo.
«Scusa, lo sai che mi è difficile pronunciare questa parola, perciò ti prego apri la porta o giuro che la sfondo e ti blocco contro il muro finché non mi perdoni, dovessi essere nuda.»
Faccio scattare la chiave e, senza aprire, lui mi dice grazie.
Appena esco gli vado addosso come una bambina e lo abbraccio visto che è distratto. Lui non si fa cogliere impreparato e mi afferra per le gambe tirandomi su, prende la chiave della camera, spegne le luci e andiamo di sotto. Scende le scale con me in spalla, io che mi tengo ridendo, anche lui ride. Appena arriviamo nella sala da pranzo tutti ci guardano esterrefatti come se lui non avesse mai preso in braccio una ragazza.
«Beh? Che c'è?» fa lui. Nessuna risposta. Mi fa scendere e ci sediamo vicini ad un tavolo singolo attendendo l'hamburger che ci spetta.

Un amore paranormaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora