Capitolo 8

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Catherine
Le sue parole mi lasciano completamente senza parole mentre indietreggio lentamente da quello sembra essere il mio capo.
Dio mio non ho fatto altro che prenderlo a parole e lui ancora non mi ha licenziata. Penso che questa volta sia la fine e che potrò dimenticarmi la mia casa a solo. La saliva è improvvisamente diventata secca impedendomi di deglutire nel modo corretto.
<< Scusa ma quanti anni hai? >> tanto vale giocare l’ultima carta, tanto più ridicola di così non potrò apparire davanti ai suoi occhi. Questo è l’ultimo gioco e chi vince questa manche vincerà la prima battaglia. Parker mi guarda con gli occhi ridotti a due fessure mentre analizza in modo dettagliato il mio corpo.
<< Trenta. È un problema? >> domanda come se mi stesse prendendo in giro.
<< Ma l’uomo… il fondatore di questa azienda… >>
<< È venuto a mancare qualche anno fa. I giornali ancora non lo sanno. È stato mantenuto il segreto fino a questo momento. Ho ereditato io l’azienda di quel vecchio, come sostieni tu. Adesso sono io l’unico titolare. >> afferma dimostrandomi tutta la sua potenza e riducendomi piccola piccola sotto il suo sguardo. Il primo istinto è quello di chiamare il mio amico Adam per chiedergli un consiglio su quello che devo fare, ma la verità è che sono completamente presa dal panico. Non ho mai insultato un mio superiore e questa volta penso proprio di aver esagerato non solo con le parole ma anche con il mio comportamento così arrogante.
Continuo a fissarlo senza capire che cosa dovrei fare. Scusarmi? È fuori discussione, in fondo non si è comportato nei migliori dei modi. Continuare a tenergli testa? Lo farei se avessi una stabilità economica. In questo momento di certo non posso permettermi di urlargli contro più di quanto io non abbia già fatto. Dopo aver inghiottito buona parte della mia saliva decido di parlare, prendendo quella strada che sembra essere semplice e che mi porterà, si spera, alla salvezza.
<< Io penso che vado allora. Tornerò più tardi. >> cerco di scappare perché fare ciò è sicuramente migliore di stare ferma impalata a guardarlo.
<< No, rimanga. >> sostiene il mio capo bloccando la mia scappatoia con il suo corpo allenato. E adesso? Se vado a destra si potrebbe spostare, se vado a sinistra pure. Come diavolo scappo da questa situazione? La verità è che ha ragione Adam: sono una calamita per i guai. << Conosciamoci meglio. >> a quelle parole strabuzzo gli occhi i quali sembrano uscire fuori dalle orbite.
<< Penso che abbia già visto il mio curriculum. Non penso ci sia altro da sapere. >> certo che la mia impertinenza non mi abbandona mai eh?!
Alle mie parole Matthew Parker mostra uno di quei suoi fantastici sorrisi, quelli di cui ho sentito parlare da tutte le colleghe donne ai piedi di questo uomo così imponente. Ma questa forma delle labbra non è una forma normale, no, anzi. È un sorriso malizioso, il sorriso di chi la sa lunga.
<< Sarà, ma lei non sa niente di me. >>
<< Mi prende in giro? >> domando incrociando le braccia contro il mio petto. << Non sono tenuta ad essere a conoscenza dei fatti del mio capo. >>
<< Ed è qui che ti sbagli. Da ora in avanti sarai la mia avvocato. È d’obbligo essere a conoscenza degli aspetti più profondi del tuo capo. Cosa ne può sapere se sono stato in carcere per spaccio o per uso di sostanze stupefacenti? Come fa a sapere se non ho mai toccato una ragazza in questo modo contro la sua volontà? >> domanda avvicinandosi a me con passo felpato. L’aria improvvisamente è diventata soffocante e pesante mentre o i nostri corpi sono separati solo da qualche centimetro di distanza. Non mi sono mai trovata in una situazione così intima con  qualcuno, se non con il mio fidanzato. Le sue mani viaggiano lungo la lunghezza del mio volto mentre smetto di respirare. Questa volta è lui a varcare il confine tra dipendente e capo. Mi schiarisco leggermente la gola cercando di prendere le distanze.
<< Stai bene? >> domanda continuando ad utilizzare lo stesso sorriso di pochi minuti prima.
<< S-si. Sono solo… >>
<< Sei solo? >> le sue continue domande non fanno altro che mettermi ansia. Inizio a dire parole senza senso e per poco non stavo per svelare i miei pensieri.
<< Mhm… devo solo andare in bagno. Potrei passare? >> cerco ancora una volta una via di fuga, questa volta solo per prendere un po’ di aria e per cercare di tornare a respirare, ma il suo corpo non smette di premere sul mio.
<< Sei una pessima bugiarda, lo sai? >> domanda retoricamente sfiorando leggermente il mio naso e provocando una serie di brividi lungo il mio corpo.
<< Siamo passati al tu signor Parker? >> se il mio capo vuole giocare allora inizierò a giocare anche io. Non so dove arriveremo, l’unica cosa di cui sono a conoscenza è che nonostante abbia paura questo gioco inizia a piacermi.
È una sensazione che non provavo da moltissimo tempo, addirittura non so se l’abbia mai provata. Quando il mio ex si avvicinava a me, durante il primo periodo di frequentazione, provavo le farfalle nello stomaco, ma queste non sono mai arrivate a svolazzare con questa intensità.
<< E anche se fosse? Ti piace questo gioco, Catherine? >> e per la prima volta mi sento incastrata emotivamente. Ha giocato l sue carte, il suo fascino e mi ha incastrato senza neanche accorgermene. 
<< Forse piace più a te che a me, no? >> domando a bruciapelo. So che sono stata una stronza e che con questa domanda lo potrei mettere in imbarazzo, ma se devo essere sincera non mi interessa molto perché a volte l’importante è semplicemente vincere.
Uno a uno per me, Parker.

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