Capitolo 27

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Catherine
Devo ammettere che non essere presente al lavoro risulta essere piuttosto noioso, proprio per questo motivo odio i week end. Dopo un po’ inizia a diventare sempre la solita routine: alzarsi, fare colazione e dormire tutto il giorno sul proprio divano. Questo fino a quando non arriva il rampollo di casa a darti fastidio fino a quando non a smetti di dormire e decidi di considerarlo. Questo lato di Adam è abbastanza fastidioso e glielo sempre detto, motivo per il quale ho deciso di andare via da questa casa.
<< Ho deciso di presentartela. >> corrugo la fonte facendo spazio sul letto accanto a me. Lui si corica togliendosi le scarpe e continuando a guardarmi negli occhi alla ricerca di una mia qualche reazione che però non arriverà mai.
<< Di chi parli? >> domando cercando di capire qualcosa di questa assurda situazione.
<< Ma come di chi parlo? Della mia donna mi sembra ovvio. So per certo che sia lei questa volta. Ho smesso di amare gli uomini perché penso di essermene innamorato. Non sono più ufficialmente gay! >> esclama fiero di sé, peccato però che non lo sia mai stato.
<< Adam, tu non sei gay. Sei semplicemente bisessuale. >> lo informo come se ne sapessi più io di lui. Alle mie parole il mio coinquilino mi salta addosso iniziando a farmi il solletico, una cosa che sa che non sopporto. Quando conclude la sua lenta tortura ci fermiamo per ricominciare a respirare.
<< Come va invece con il tuo belloccio? E il caso? >> domanda facendosi sempre più serio. Ormai penso che me lo abbia ripetuto un’infinità di volte: lui non fa per me e io penso la stessa identica cosa. Nonostante sia palesemente attratta a livello fisico da quell’uomo mentalmente e caratterialmente non penso che potremmo mai andare d’accordo. La carte sono tute posizionate sul mio comodino, pronte ad essere lette ogni notte per cercare di capire qualcosa in più del caso, magari qualcosa che mi è sfuggito. 
<< C’è stato già il processo. Dobbiamo semplicemente aspettare la sentenza definitiva. >> lo informo parlando molto vagamente de caso.
<< Pensi che possiate vincere? >> dal suo sguardo posso capire che è realmente interessato alla situazione. In fondo sa che è sempre stato il mio sogno lavorare in un’azienda di prestigio e se l’azienda finirà nelle mani di un altro socio è molto probabile che io insieme a tutti gli altri dipendenti verremo licenziati senza neanche rendercene conto. Tra l’altro la prima ed essere licenziata potrei essere benissimo io perché in fondo sono io voler e a dover difendere il mio cliente, mica tutti gli altri dipendenti.
<< Si, comunque io devo scappare. I miei genitori mi vogliono a casa loro oggi. Non li vado a trovare da più di una settimana. >> rivelo cercando i miei jeans per tutta la stanza. Quando poi finalmente li trovo mi affretto ad indossarli e ad uscire definitivamente da quell’appartamento.
***
La casa dei miei genitori è come l’ho sempre ricordata: sistemata e con l’odore di pulito che brucia le mie narici. È stato sempre un vizio della mamma pulire fino allo sfinimento, una sua ossessione. Dopo aver annunciato di essere tornata a casa i miei genitori si apprestano a venirmi incontro alla porta d’ingresso. Mi accolgono con un caloroso abbraccio facendomi quasi perdere l’equilibrio e cadere.
<< Mamma così mi strozzi però. Non mi vedi da soli dieci giorni, non ero mica morta e lo sai. >>
<< Si, ma mi manchi lo stesso terribilmente. Sai che non so stare lontano da te essendo che sei la mia unica figlia. >> mi confessa tra un bacio e l’altro. Le sorrido cercando di farle capito le voglio bene e che non so come farei senza di lei. Sapete cosa si prova ad avere una madre quasi della vostra età? Forse sto esagerando ma devo confessarvi che ho una madre incredibilmente giovane e che molto spesso ci scambiano per sorelle.
Esmeralda Grey mi ha avuta quando aveva a malapena compiuto sedici anni. È stata la sua prima volta a far cambiare la sua vita, la sua prima volta con mio padre. Si amano sin dalla prima volta in cui i loro occhi si sono incrociati, si amano dalla prima volta che si sono presentanti. Al terzo appuntamento è scoppiata la passione e di quella notte ne sono venuta fuori io. Non si è mai pentita di ciò che ha fatto nonostante abbia avuto diversi problemi con i miei nonni, non si è mai pentita di aver amato così alla follia mio padre anche perché quell’amore sigillato a soli diciotto anni è stato ricambiato fino ad ora.
Mi dirigo in cucina per prendere un bicchiere d’acqua dal frigorifero. Nonostante sia praticamente inverno e fuori nevichi ho sempre adorato l’acqua fredda. Certo a volte sono costretta a pentirmene ma quando quelle gocce di idrogeno e ossigeno attraversano la mia gola è come se rinascessi. Poggiata sul tavolino noto una lettera decorata con dei tratti eleganti. Corrugo la fronte incuriosita da tale eleganza. Sembrerebbe una partecipazione a un matrimonio e sorrido pensando che possa essere qualche nostro parente a noi particolarmente stretto. Magari la sorella di mia madre, decisamente molto più giovane di lei, ha capito che nostro zio, con cui condivide la casa da ormai sette anni, è l’uomo della sua vita e finalmente ha deciso di fare il grande passo. Urlo a mia madre chi manda questa partecipazione, ma quando sto per aprirla lei mi urla di non farlo. Il fiato sospeso per la fretta di arrivare a fermarmi, le mani giunte nella speranza che non lo faccia.
Che cosa mi stai nascondendo mamma? E con questa domanda apro definitivamente la busta. Il fiato sospeso, gli occhi che iniziano a luccicare, la bocca asciutta. Che faccia tosta ad invitarci al loro matrimonio.
Jeffry e Samantha convolano a nozze. Si e il mio cuore che pensavo si fosse ricucito riapre i punti che ero riuscita a mettere con tanta difficoltà. Il mio cuore ricomincia a sgretolarsi nonostante sappia perfettamente di non essere più innamorata di quell’uomo. E allora perché?


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