Capitolo 42

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Catherine

Nel vedere mia cugina, quella che per anni ho considerato come una sorella, mi ha fatto provare una sensazione fortissima nel petto. Non mi aspettavo di emozionarmi in questo modo alla vista di lei con quel suo abito bianco, né tantomeno mi aspettavo di vedere lei piangere. L'ho seguita in bagno perché so che in questo momento ha bisogno di stare sola e di solito quando ne ha bisogno io ero sempre la sua spalla. Ci chiudevamo in bagno io la guardavo piangere e lei piangeva come se io non ci fossi. Ogni tanto parlava e io annuivo come se in quel momento dicesse solo cose giuste ma io sapevo che non era così.

Busso leggermente alla porta lasciata socchiusa. Chiaro segno che mi stava aspettando. Se non mi voleva né vedere né parlare avrebbe chiuso a chiave la porta, invece certe abitudini non cambiano mai. La sento singhiozzare mentre con una flebile voce si appresta a dire avanti. I suoi occhi sono gonfi, le sue labbra tremano mentre è circondata da questa guerra tra lei e i suoi singhiozzi. Dallo specchio la vedo che mi sorride, un sorriso che mi scalda il cuore, dolce e genuino. Mi avvicino lentamente constatando una sua reazione. A una possibile mossa carica di risentimento potrei anche darmela a gambe. Alla fine smette di singhiozzare e si volta per iniziare a fare lo stesso discorso che avremmo dovuto fare anni e anni fa.

<< Vedo che lo hai trovato. >> la sua ovvietà mi destabilizza non riuscendo a capire dove voglia arrivare. << Un uomo adatto a te. Chi era? >> allora tuto mi è più chiaro. Spero solo che non metta gli occhi pure su di lui perché giuro che questa volta le tiro il collo come avrei dovuto fare in quegli anni.

<< Si, lui è... il mio fidanzato. >> e sentirlo chiamare così mi fa, non so per quale strana ragione, sentire bene. So che è una bugia ma in questo momento sembra come se lo fosse.

<< È un bell'uomo il tuo fidanzato. >> enfatizza la parola fidanzato come se in realtà non potesse credere ai suoi occhi.

<< Vuoi mettere le mani anche su di lui? >> alla fine non riesco a trattenermi e la parte più vendicativa di me è saltata fuori facendola sobbalzare per lo spavento. Alle mie dure parole Sam sospira cercando di iniziare un discorso sensato. Mi chiede di sedermi e come quando eravamo due adolescenti inizia a confessare la sua verità. Alla fine glielo ripetevo sempre: tutti i nodi vengono al pettine e adesso proveremo un immenso dolore dati gli innumerevoli nodi che si sono accumulati con il passare dei giorni e delle settimane. Da quel giorno io e lei non ci siamo più parlate. Quel giorno non ho perso soltanto quello che credevo essere l'uomo della mia vita. Ho perso molto di più. Quel giorno io ho perso una sorella.

<< Un giorno Jeffry è venuto da me. Io ero ubriaca marcia. Non capivo quello che diceva. Tutt'ora ricordo solo poche parole farfugliate come studio, sesso, lavoro, laurea e giuro che non la sopporto più. A quell'ultima affermazione capii che stava parlando di te, così mi sono seduta sul divano chiedendogli cosa fosse successo. Non ricordo niente di quella notte. Ricordo solo che a un certo punto, dopo aver urlato quanto fossi una lurida stronza che pensava solo al successo, Jeffry poggiò le sue labbra sulle mie. Sapevano di erba e allora capii che doveva essere fato più del dovuto. E si sa: un'ubriaca e una persona strafatta non combinano una persona sana in una. Però nonostante tutto ogni volta che la mia lingua veniva toccata dalla sua mi veniva in mente il tuo volto. Ti giuro Cat che ho cercato di fermarlo ma io ero troppo stanca per combatterlo. Lui sembrava per forza voler fatto sesso e dopo avermi promesso che tu non avresti scoperto niente mi ha scopata come se era da settimane che non lo facesse. Continuava a ripetere che tu pensavi solo allo studio e alla tua stupidissima laurea, che non avevi mai tempo per lui. >> Samantha continua a piangere e nelle sue lacrime noto il pentimento di quella notte.

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