Capitolo 7

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Matthew
Che sia infastidita dal mio comportamento è palese, ma questo non le da il diritto di utilizzare un linguaggio così scurrile neanche in presenza dei miei dipendenti o inservienti. 
La guardo con lo sguardo furioso di  chi non ha mai controllato la proprio labbra per poi avvicinarmi a lei.
<< Tu invece? Che cosa ci fai qui? La riunione è stata posticipato se non sbaglio. >> la punzecchio con uno sguardo ammiccante come se ci stesso provando. Non voglio niente, solo che cada ai miei piedi e che mi porti rispetto.
<< Quale riun… >> il  suo sguardo sembra scettico è confuso. Non si aspettava di certo queste mie parole. I nostri sguardi rimangono per un paio di minuti a contatto cercando in tutti i modi di scavare l’uno nell’anima dell’altro. Quando lo distoglie posa i suoi occhi sul telefonino controllando penso l’e-mail che io di certo non le ho inviato.
<< Oh cazzo, il mio capo mi aveva avvisata e non ho letto l’ultimo messaggio? >> corrugo la fronte essendo a conoscenza che le mie dita non abbiano mai digitato le parole che lei stessa sta leggendo. Ma se non sono stato Io, chi potrà mai essere stato?
<< Scusa è che sono stata presa dal mio nuovo lavoro e non ho badato all’ultima e-mail data la stanchezza. Poi i messaggi del mio coinquilino non fanno altro che distrarmi e farmi perdere sempre  di più la pazienza. >> Catherine si confida con me inconsapevole di star parlando con il lupo cattivo della situazione, ma in fondo è meglio così. Più questa ragazza parla, più mi potrò divertire delle sue stupidissime parole. << Comunque sia vorrei avvisarti che nessuno ti da il diritto di spargere la voce che io sono impacciata. Le cose si fanno in due e se non sbaglio anche tu sei venuto a sbattere contro di me senza neanche chiedere scusa. >> mi urla contro riprendendo il controllo del suo pessimo carattere.
<< A cosa ti riferisci? >> chiedo non riuscendo a seguire il suo insulso ragionamento.
<< E me lo chiedi pure? Leggi qui! >> Lo schermo del suo cellulare questa volta è ben visibili davanti ai miei occhi, così come le righe che la ragazza mi costringe a leggere. Immediatamente inizio a ridere capendo perfettamente il suo pensiero. Questa ragazza non ha proprio capito un cazzo! << Perché adesso stai ridendo? Dio, sei proprio un bambino! >>
Purtroppo la sua espressione è più ridicola del suo pensiero e la mia risata genuina è impossibile arrestarla. Era da tanto che non ridevo così di pancia e lei mi sta rendendo il tutto decisamente più facile. Le lacrime quasi minacciano di uscire dai miei occhi me tre mi siedo su una delle tante poltrone della sala riunioni che io stesso ho ordinato. Quando finalmente riesco a calmarmi la guardo negli occhi tenendo ancora il suo i-Phone tra le mie mani.
<< Io un bambino? Vogliamo parlare di te che inveisci contro il tuo capo? >>
<< Tu non sei il mio capo. Lui è un vecchio di non so quanti anni, fondatore di questa impresa. Mi dispiace ma sono ben informata, non potrai prendermi in giro! >>
Consapevole della sua ingenuità mi alzo sistemando la mia camicia e allentando la cravatta tenuta fin troppo stretta fino a quelle ore pomeridiane.
Le porgo la mano mostrandole un sorriso strafottente, uno di quei sorrisi che userei in un pub qualsiasi e non a lavoro.
<< Matthew Parker. Piacere di conoscerla signorina Stewart. >> sgancio la bomba beandomi della sua espressione incredula.
Uno a zero per me, Catherine.






















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