Capitolo 11

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Matthew
<< Ma  sei per caso impazzito?! >> urla il mio migliore amico mentre mi fulmina con lo sguardo. Siamo seduti al bancone di un bar davanti a una birra, la stessa che bevevamo da adolescenti e che ci ha accompagnato nelle migliori stronzate compiute fino ad ora. Non so cosa rispondergli, perché in fondo so di aver sbagliato e proprio per questo motivo ne sto parlando con lui. Liam sa sempre come farmi ragionare e io ho bisogno di farlo con la testa, non sicuramente con qualche altra parte del mio corpo, così come si è verificato poche ore fa. << Dai che non puoi andare in giro a dire alla gente, anzi no scusami, ai tuoi dipendenti,  che sono veri proprio come piacciono a te e chiedergli di andare a prendere un caffè, non è vero? E poi con quale scusa? Quella del lavoro?  No, ma sei fottutamente serio? >>
So perfettamente che ha ragione, ma non ci posso fare niente. Quello sguardo mi ha completamente catturato e proprio per questo motivo non ho resistito a confessarle quelle cose sul suo conto. Mi sono dimostrato un uomo debole e non un uomo di potere come ho fatto credere sin dall’inizio al mio personale. << Si può sapere cosa ti abbia spinto a fare ciò che hai fatto? È inammissibile. >> le sue parole vengono sovrastate dal volume della musica e per di più non ho voglia di rispondere. Notando il mio silenzio Liam decide di lasciar perdere e di cercare di farmi cambiare umore prendendomi per mano e portandomi a ballare alla ricerca di una qualche ragazza.
***
La mattina successiva sento il mio socio urlare per tutta la casa alla ricerca di un qualche pantalone. Quando apro gli occhi la luce delle prime ore del mattino penetrano dalla finestra. Mi volto osservando l’orario e… cazzo sono già le otto meno un quarto e io devo essere in ufficio alle otto! Ecco perché Liam non fa altro che urlare come una donna mestruata in piena fase di dolori! Senza neanche badare al fatto che mi sono appena svegliato alzo di botto provocando un forte mal di testa. Mi blocca immediatamente per evitare che il sintomi peggiori e porto le mani alle tempie per cercare di regolarizzare il dolore. La stanza sembra muoversi, ma so per certo che è tutto ciò è solo un’illusione ottica che mi porta a strizzare gli occhi per cercare di vedere meglio.
<< Amico, forza alzati! Siamo in ritardo! >> Liam continua ad urlare, ma pensandoci bene io sono il capo quindi, osservando con più attenzione la situazione, decido di buttarmi nuovamente sul materasso chiudendo gli occhi. << Mi hai sentito? Tu odi arrivare in ritardo. >> Mi ricorda colui che per quella notte si è trasformato nel mio coinquilino.
<< Lo so lo so. Ma vorrei ricordarti che sono pur sempre il capo. Qualche piccolo privilegio mi sarà pur concesso, no? >> domandò retoricamente con la bocca soffocata da cuscino.
<< No, ma sei serio? Penso che la giovane e dolce Catherine ti abbia mandato in pappa il cervello. >> al solo sentire quel nome mi alzo di botto fulminandolo con lo sguardo. Credo che l’unico a cui si sia rimbecillito il cervello sia quello suo e non sicuramente il mio.
<< Non ripetermi più quel nome! >>  ringhio nella sua direzione nella speranza che capisca al volo ciò che gli voglio rimproverare, ma ahimè uno studio scientifico dimostra che gli uomini siano meno interpretativi rispetto alle donne quindi è palese che Liam non abbia capito niente di quello che gli ho appena detto. << Liam non voglio che parli di lei, né qui a casa mia, né al lavoro. Te ne prego. L’assunzione di quella ragazza sono sicuro che sarà un disastro per la Parker Corporation! >>
<< Sarà un completo disastro per la società o per te amministratore delegato? O forse dovrei dire per te Matthew Parker semplice uomo di più o meno trent’anni a cui piace la… >>
<< Okay hai reso chiaro il concetto. Penso che prenderò un taxi o andrò a piedi. Tutto pur di non sentire le tue stronzate! >>
Devo ammettere però che le parole del mio migliore amico mi abbiano aiutato ad alzarmi da quel comodissimo materasso, lavarmi il più velocemente possibile e di arrivare con un ritardo di soli dodici minuti in azienda. Al mio arrivo tutti i dipendenti erano seduti al proprio posto mentre mi guardavano con uno sguardo sorpreso. Da quando sono il nuovo amministratore delegato non sono mai arrivato in ritardo al lavoro e per loro devo ammettere che sia uno sconvolgimento.
<< Capo sta bene? Ha delle occhiaie! >> ed  ecco i commenti a caldo dei tuoi dipendenti, quelli più giovani che noterebbero qualsiasi tuo malessere. Di solito sono quelli più curioso ma allo stesso tempo sono loro quelli di cui mi fido di più, emotivamente parlando.
<< Sa Brooklyn, quando c’è una donna nel tuo letto è impossibile non avere le occhiaie. Tu che pensi? >> alla mia confessione il mio dipendente spalanca gli occhi sorpreso da tanta confidenza, ma ripeto: so per certo che queste cose posso raccontarle anche a loro, in fondo anche loro sono persone, anche loro sono uomini dall’ormone in subbuglio alla vista di una gonna più corta del solito. È sempre questo ciò che prova ognuno di noi, ogni uomo alla ricerca di un’emozione da una sola notte. 
Entro finalmente nel mio ufficio chiudendomi alle spalla tutti quegli occhi così indiscreti dei miei dipendenti. Ognuno di loro non riesce mai a farsi i fatti propri, sembra quasi che attraverso le disavventure di ognuno di noi riescano a respirare e quindi a vivere. Ripenso a Catherine è il suo modo di fare. Di certo non è paragonabile al resto delle persone che retribuisco in questo stabile. Avrà di certo un carattere che se vuole continuare a lavorare in questa impresa deve cambiare, ma come dicevo prima non è niente di irreparabile. Le ragazze come lei mi piacciono e forse ha ragione Liam ad avermi ricordato che sono stato un vero idiota, ma in quel momento la mia sincerità ha preso il sopravvento potendo portarmi alla rovina. Però sapete? Nonostante so di aver sbagliato non mi pento di averle rivelato i miei segreti perché noi uomini siamo stati creati per essere sincero tra di noi. Chi mente è un vigliacco e io in quel momento non avevo voglia di mostrarle un mio lato poco virile. Sono stato preso da un momento di spensieratezza, il quale mi ha portato a mostrarmi con tutta la mia anima.
Sto ancora pensando a queste cose così assurde quando la porta del mio ufficio viene irruentemente aperta senza attendere il mio permesso di entrare. Spalanca gli occhi nel notare una Catherine infuriata dove i capelli sembrano letteralmente un vero e proprio nido di serpenti. Indossa un tubino rosso che fascia perfettamente il suo corpo. Le sue curve vengono messe in mostra dall’aderenza del tessuto mentre il colore sembra essere creato appositamente per la sua pelle.
E cazzo quanto è magnifica.
<< Ti sembra il modo di entrare così nel mio ufficio? >> domando studiando la sua reazione. Per un momento sembra intimidita dalla posizione che ho assunto, così rigida da mettere paura a qualsiasi persona si presenti nel mio ufficio, ma poi si rilassa e il suo sguardo torna ad essere quello di una vera predatrice.
<< Ti sembra normale firmare certe carte senza consultarmi? >> come al solito inizia ad alzare la voce senza far caso alla sua subordinazione. Che cavolo di problemi ha?
<< Di quali carte stai parlando? >> domando aggrottando le sopracciglia. Nelle ultime settimane non ho firmato nessuna carta, men che meno da quando è stata assunta lei. Voglio dire me lo ricorderei se avessi fatto qualche stronzata! Ancora infuriata Cat quasi lancia le carte sulla mia scrivania già occupata dai miliardi di fogli contenenti la nostra prossima espansione. Dalla prima pagina non capisco perfettamente di che cosa si tratti, così passo direttamente all’ultima,,  foglio dove solitamente posso trovare il riepilogo del contenuto del documento. Ed è proprio grazie a quelle brevi e semplici frasi che i miei occhi sono stati catturati insieme alla firma posta al di sotto di esse.
Io, titolare dell’azienda Parker Corporation mi impegno, come spiegato nel resto del contratto a vendere la società.
E in quel momento non poteva esistere più nessun’altra donna. La bellezza di Catherine entrava in secondo piano perché il mio mondo sembrava stare per crollare lentamente. Un mondo costruito con altrettanta lentezza e che piano piano si stava sgretolando.
Se l’azienda viene venduta sicuramente la mia vita sarà finita.














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