Capitolo 15

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Matthew
Nel momento in cui i miei occhi entrano in contatto con i suoi è come se avessi preso una boccata d’aria fresca.  Tutto il male che ho udito in queste ultime ore sembra essersi dileguato, così come la sofferenza che attanagliava il mio corpo fino alle ultime ossa dello stesso.
<< Ho perso tutto! >> continuo a ripetere tra me e me stringendo tra le mie mani i miei capelli. So per certo che queste parole farfugliate appaiano senza senso alle orecchie di Cat, ma la verità è solo questa: mi hanno rubato tutto e non c’è più niente da fare.
<< Matthew, di che cosa stai parlando? >> domanda ancora una volta Catherine cercando in tutti i modo di estorcermi delle informazioni, ma il solo pensiero di parlarne mi provoca un immenso dolore al petto.  La guardo finalmente negli occhi soffocando un falso sorriso. In fondo perché chiamarla se in realtà non voglio parlare con nessuno? Mi rimprovero dopo aver osservato ancora una volta i suoi occhi.
<< Ho perso tutto. Ho perso i miei dipendenti, la mia società. Tutto. Ho perso tutto. >> alla fine mi decido a parlare sapendo che ho solo ed esclusivamente bisogno di lei. Non la conosco da molto è vero, ma i nostri incontri così intensi mi hanno permesso di capire la persona che è. E sono sicuro che potrebbe essere una delle persone più importanti della mia vita, una di quelle pronte ad aiutarmi in qualsiasi momento e che non chiedono niente nel momento in cui danno.
<< Che cosa significa che hai perso tutto? Che cosa è successo a quella dannata riunione Matthew!? Fatti aiutare! >> questa volta penso proprio che si sia infuriata e se non mi sbrigo a parlare potrebbe infuriarsi con me peggio di come lo sono io con me stesso.
<< Evidentemente non sono così bravo con gli affari come mi disegnavo. >> le suggerisco cercando di darle qualche indizio. La mia testa sembra esplodere per tutte le informazione che ho accumulato nell’arco di un’ ora.
<< Okay, adesso mi sono stancata. Si può sapere di che cosa avete discusso? Perché non mi hai chiamato immediatamente nel momento in cui hai capito che la situazione stava degenerando? >> la guardo con gli occhi da cucciolo nella speranza che per una buona volta da quando ci siamo incontrati mi lasci in pace, ma ciò provoca solo un enorme fastidio nei miei confronti che la costringe ad alzare gli occhi al cielo. Se fossi nelle mie migliori condizioni giuro su Dio che a quest’ora l’avrei già punita. Con un semplice gesto dell’indice le dico di accomodarsi per ascoltare più comodamente la mia storia.
Entro in  sala riunioni chiudendomi la porta alle spalle. Dopo il bacio con Catherine ho perso tempo per cercare di riprendere fiato e per far tornare la mia testa a ragionare, così quando sono entrato trovo tutti seduti, ognuno sulle rispettive sedie.
<< Signori! >> saluto in modo formale catturando l’attenzione di ognuno di loro. Tra i loro volti non ne riesco a riconoscere neanche uno.
<< Signor Parker buonasera. >> un uomo poi si alza porgendomi una mano, la quale afferro con determinazione per cercare in tutti i modi di non farmi vedere debole. Questa è una delle strategie del mercato che sono costretto ad usare per apparire un vero duro del commercio. << Siamo qui per discutere dell’acquisizione della sua azienda. >> continua poi lo stesso uomo studiando attentamente la mia reazione. A quelle parole sorrido mostrandomi il più cordiale possibile, ma la verità è che vorrei staccargli la testa a morsi.
<< Per quanto riguarda questo argomento, credo proprio che ci sia stato un errore. >>
<< È sua la firma posta al di sotto di tutti questi articoli, non è vero? >>
<< Si, ma… >>
<< Nessun “ma”, signor Parker. Scripta manent, si sa, no? >> a quelle parole ingoio l’ultimo grammo di saliva rimasto in bocca. Giuro che se riesco a trovare il coglione che ha pensato bene di darmi questo scherzo, prima lo licenzio e poi, dopo averlo sbattuto in carcere, giuro su tutto ciò che ho di più caro che lo uccido con le mie stesse mani. Un essere così non merita la compassione di nessun’uomo.
Di fronte al mio racconto Catherine rimane in religioso silenzio con la speranza di riuscire a farmi sfogare, o almeno in parte. Ogni tanto la sento imprecare, ma da perfetta ascoltatrice non mi interrompe mai.
<< E poi? Che cosa è successo? >> domanda incuriosita e togliendomi ancora una volta la bottiglia dalle mani. Di fronte a quel suo gesto così invadente la guardo male, ma poi continuo a raccontare l’accaduto.
<< Si, so per certo che scripta manent, signor…? >> e solo in quel momento mi accorgo di aver “contrattato” con degli sconosciuti di cui non conosco nemmeno il nome.
<< Montgomery. Signor Montgomery. >> Mi suggerisce lo stesso mostrandomi un sorriso di circostanza. In quel momento lo avrei voluto prendere a pugni.
<< Signor Montgomery tutta questa assurda situazione è solo frutto di un inganno. Io non l’ho mai sentita nominare, né in questa assurda contrattazione, né in campo economico. Quindi dubito che avrei fatto degli affari con un uomo mai visto sulla faccia della terra. >> cerco in tutti i modo di fargli capire che la situazione in cui ci troviamo è tutta un errore e che loro non sarebbero mai dovuti essere qui, in questa sala riunioni. La mia sala riunioni. Alle mie parole Montgomery inizia a ridere, un ghigno di cattiveria, quasi di presa in giro.
<< Oh no, che ha capito. Io non sto prelevando questa azienda. Io sono solo un rappresentante. Chi vuole il potere vuole rimanere in anonimato. >>
Nel momento in cui concluso la mia storia mi volto per guardare negli occhi Catherine. L’unico modo per cercare di tornare in me, ho scoperto in questi giorni è proprio questo. Così cercherò di sfruttare questa risorsa al massimo per ripristinare il mio cervello ormai andato a causa dell’alcool e della notizia ricevuta poche ora fa. Gli occhi di Catherine si spalancano come quelli di un gatto impaurito a causa della sorpresa per le mie parole. E se per lei è una vera e propria sorpresa, per me è stato solamente un terribile shock. Un incubo che mai avrei voluto vivere e che mai avrei pensato di vivere.
<< Sai chi potrebbe essere l’uomo? >> domanda poggiando una mano sulla mia coscia e provocando in me un brivido di piacere. Scuoto la testa dimostrandole tutta la mia ingenuità. Non ho la minima idea di chi possa essere lo stronzo a volermi fare tutto ciò, ma di sicuro è un gran figlio di puttana che si nasconde dietro dei fogli e una firma messa sicuramente distrattamente. Mio nonno, se sapesse cosa sta succedendo, e cosa principale, se fosse ancora vivo, a quest’ora mi avrebbe ucciso con le sue stesse mani dopo avermi diseredato.
Dopo aver concluso la storia la sbornia sembra essermi passata e oserei dire che mi sento quasi meglio. La presenza di Catherine inoltre mi ha aiutato a tornare lucido e finalmente ho la mente libera da tutte le stronzate che volevo fare prima che arrivasse lei. Ci cerchiamo con gli occhi per cercare in tutti i modi di tornare a stare bene, per cercare di tornare a respirare perché per quel poco che conosco la giovane avvocato, anche lei è rimasta sconvolta dalle mie parole.
<< Sai perché non ho chiamato Liam o Simon? >> le chiedo aspettando che il suo respiro si regolarizzi ufficialmente e che mi dia un cenno quando si sente pronta ad ascoltarmi. Ci impiega qualche minuto a capire le mie parole ma alla fine ciò che volevo facesse lo fa senza poche cerimonie. Scrolla la testa incitandomi a parlare e dandomi il cosa libera per aprirmi con questa ragazza di soli ventiquattro anni e che conosco da poco meno di una settimana.
<< Perché nel tuo sguardo trovo un non so che di rassicurante. Quando ti guardo è come se ti conoscessi da tutta una vita. Come se tu mi conoscessi. Sembra quasi che riesci a leggermi nel pensiero, a capirmi e a calmarmi come nessuno aveva fatto prima d’ora. Tu sei ossigeno e io ho bisogno della mia aria, ho bisogno di te. >>

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