Capitolo 73

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Catherine

Mi trovo davanti all'Ibis Hotel, uno degli alberghi più rinomati dell'Europa per quanto ne abbia capito. Il volo e l'alloggio ci è stato gentilmente pagato dagli stessi uomini che domani terranno la riunione al grande palazzo di vetro. Matthew si è limitato semplicemente a posticipare la partenza, il tutto a sue spese.

Devo essere sincera: sono affascianta da questo mondo così fiabesco. Non è da tutti i giorn avere la possibilità di entrare in un hotel a cinque stelle e di soggiornarci per un intero week-end. La hall è illuminata da luci bianche, le quali rendono l'atmosfera più calda e familiare. Nonostante il gelo che colpisce le nostre vene, sembra di essere in un paradiso terrestre e al centro di questo Eden è presente l'albero del peccato. Uomini in veste da lavoro escono dall'edificio convinti di non creare alcun sospetto alle due di notte. Dove staranno andando vestiti in quel modo? È palese che le persone in questione siano dei ricchissimi imprenditori. E se Matthew in un'altra vita avesse tenuto lo stesso comportamento?

«A che cosa stai pensando?» Matt sposta la sua sedia a rotelle con il tentativo di guardarmi negli occhi. Il mio sguardo perplesso lo fa preoccupare così decido di parlare.

«Non è niente, ma dove stanno andando tutti quegli uomini di affari vestiti in quel modo?» Matt sorride davanti alla mia ingenuità mostrandomi i suoi denti perfetti. Ecco! Ci mancava solo la sua beffa.

«Tesoro, sono degli uomini che molto probabilmente hanno lasciato a casa le loro donne. È ovvio che stiano andando in uno streep club per divertirsi e svagarsi un po'.»

«Quindi stai palesemente dicendo che se non ci fossi stata io tu avresti fatto la stessa identica cosa?» quello che potrei definire il mio ragazzo abbassa lo sguardo per terra. È evidente che sia imbarazzato e non ne vedo il motivo. Forse avrebbe anche lui qualcosa da nascondermi?

«1) Hai forse dimenticato che sono su una sedia a rotelle? 2) Non ti tradirei mai, anche se a dire il vero non abbiamo ancora definito la nostra relazione. Cosa siamo amanti? Amici? Fidanzati? 3) Ho troppo rispetto per te a prescindere dall'etichetta che decidiamo di affibbiarci. Quindi mi stai chiedendo se avrei seguito quella massa di pecore? No. La mia risposta è no Catherine. Non lo avrei mai fatto.» senza sapere il motivo preciso inizio a sorridere, felice delle parole che abbia appena detto per me. Solo una stupida poteva pensare ciò e non avevo il diritto di attaccarlo. Principalmente dopo non aver chiarito ancora al 100% i miei sentimenti. «Vuoi restare ancora la a morire da freddo davanti l'ingresso o preferisci andare in camera?» suggerisce ammiccando nei miei confronti. Nonostante la sua risposta però continua ad avere la testa altrove. Certo le sue parole mi hanno rassicurata, ma il mio cervello è ancora fermo a quelle tre parole che definirei quasi magiche. La parola fidanzati ha smosso qualcosa dentro di me che non riuscire mai a spiegare, mentre la parola amici... bhe quella mi ha semplicemente dato fastidio. Io non voglio essere sua amica: io voglio essere molto di più ma a quanto pare il mio cuore non lo ha ancora capito. «Cat?» Matthew cerca di riscuotermi ancora una volta dagli abissi in cui sono caduta.

«Cosa siamo veramente noi?» domando alla fin cercando di dare un senso alle mie domande. Ho questo vuoto nella testa che non riesco a colmare e che giorno dopo giorno mi fa sempre di più perdere l'equilibrio. Pensarci è come stare su delle montagne russe. Adrenalina, voglia di continuare a giocare, ma allo stesso una paura folle che non ti permette di andare avanti. La stessa paura che ti proibisce di salire per la prima volta su quel giocattolo.

«Tu cosa vuoi che siamo?» a che gioco stai giocando Matt? Perché cerchi in tutti i modi di farmi rivelare i miei sentimenti? Perché confidarli a te se non sono riuscita a confidarli neanche a me stessa? La verità è che ho paura. Da quando mi sono lasciata con Josh ho lasciato che tutte le mie paure e le mie insicurezze prendessero il sopravvento su di me. Non ho più toccato un uomo nonostante sia uscita con parecchi di loro. Non li ho più guardati nonostante molti di loro cercavano in tutti i modi di attirare la mia attenzione. Poi però è arrivato lui e ha scombussolato tutto il mio mondo. È riuscito a penetrare tutte le barriere che avevo eretto per nascondere la vera me. Le ha abbattute una per una, con la pazienza che solo un uomo della sua portata poteva avere. Il suo incontro è stato come un fulmine a ciel sereno. Non te lo aspetti ma intanto questo strano e bizzarro fenomeno della natura si espande nel cielo illuminando quelle notti così tempestose da metterti paura. Allora nonostante tutto il fulmine può anche essere definito un tuo amico. Un amico che nei momenti più tristi e bui illumina le tue giornate.

Matthew è aria pulita, una boccata di ossigeno che dopo la rottura con Josh mi ha permesso di tornare a respirare, mi ha permesso di tornare a vivere.

«Non lo so. Sono confusa e speravo che tu potessi mettere fine a questa mia confusione.» gli confido mentre una folata di vento colpisce le mie spalle. Un cliente è appena entrato lasciando aperte le porte scorrevoli dell'edificio. Mi volto un attimo per osservarlo meglio.

Cappello da gangster nero, cappotto in cachemire del medesimo colore. Un tipo assurdo vestito elegantemente che si porta verso la receptionist. Le mani in tasca quasi come se sentisse freddo nonostante la calda temperatura accogliente dell'hotel. Dalle spalle sembra un uomo conosciuto, un uomo che potrei anche conoscere bene, ma ovviamente è impossibile. Siamo a Bruxelles e in questa città ci siamo solo io e Matthew. Corrugo la fronte però incuriosita dalla zainetto lasciato davanti la porta. Uno zainetto colorato fuori dalla portata di quello strano uomo.

«Possiamo continuare questo discorso in camera? Sento un po' di freddo.» aspetto che Matthew acconsenta alla mia richiesta per poi dirigermi verso l'ascensore che ci avrebbe portati dritti in camera nostra. Mi volto verso il mio capo nell'attesa che arrivi a destinazione, notando però un dettaglio perverso. I miei occhi sfuggono dalla vista del mio accompagnatore soffermandosi sullo zainetto dello straniero. Quest'ultimo spintona un uomo non curandosi di recuperare il suo bagaglio a mano. E poi finalmente si volta: biondo, sorriso sornione e in mano un telecomando.

Mima con le labbra un ciao ciao, ma quando capisco cosa stava per succedere era troppo tardi. Un boato, un'esplosione. Gente che gridava da tutte le parti mentre noto Matthew ormai al sicuro dentro l'ascensore. Il fumo che invade la scena del crimine mentre alcuni uomini, quelli rimasti lucidi, chiamano il 911 nell'attesa che qualcuno li venga a salvare.

Ogni nostro sogno viene impedito da qualcosa e quando siamo più che convinti che questo si possa realizzare ecco che sfuma davanti a noi come una freccia tirata con prepotenza. Ti sfiora, ti fa sentire il brivido del nuovo, della scoperta, della conquista, per farti cadere nel baratro della disperazione perché quello stesso sogno si allontana sempre di più dalle tue mani. Pensavi di toccarlo con le stesse, ma in realtà era solo una proiezione. Una parte della tua vita che si è conclusa. Una parte della tua vita andata distrutta. Tutti i tuoi sogni, i tuoi desideri, i tuoi sacrifici buttati nel cesso. Gli stessi sacrifici che non ha fatto il tuo peggior nemico, ma che nonostante ciò è riuscito a portarti tutto via.

La gente nel panico continua ad urlare mischiandosi con la voce di Matthew che urla disperato di alzarmi e di andare via da questo posto. Ma io non mi muovo. Rimango inerme sdraiata sul pavimento nell'attesa che qualcuno mi porti via da qui. Che sia una persona o che sia la morte non ha importanza. Io voglio scappare da -questo posto perché in fondo si sa: i miei sogni non potranno mai essere realizzati del tutto. Ad un passo dalla felicità, la stessa che sfuma via sotto i tuoi brillanti occhi.

Ancora una volta Matthew grida il mio nome, ma non gli do importanza perché cado in un sonno profondo. 

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