Catherine
Quando apro gli occhi fatico ad abituarmi alla luce. Vengo immediatamente immersa dal bianco della camera che potrebbe illuminare l'ambiente anche durante una brutta giornata. E per me questa lo è. Non c'è di certo cattivo tempo, ma il mio umore si potrebbe considerare al pari di una vera e propria tempesta.
È passato un giorno da quando mi sono risvegliata in questo ospedale e ancora non sono riuscita a ricordare un bel niente! Le immagini si confondono nella mia mente oscurando qualsiasi mio pensiero o sensazione. La confusione è l'unica compagna che mi rimane, l'unica che sembra conoscermi per davvero. I medici dicono che questo mio stato sia perfettamente normale e che a causa di questo mio incidente ho subito un forte trauma cranico. Non riesco a sopportare questa sensazione di non conoscenza. Io, che sono sempre stata una ragazza curiosa e intraprendente, sempre pronta a conoscere cose nuove e ad impegnarmi in ciò che mi piace fare.
So che sono laureata in legge, ma attualmente non ricordo neppure una norma e per di più si aggiunge questo che sembra conoscermi bene e che, poveretto, ha provato persino ad aiutarmi; ma io con maleducazione ho voluto che andasse via da qui, perché non so il motivo, ma nel momento in cui è entrato, ho smesso di respirare. Per la prima volta in tutta la mia vita, penso, di non essere riuscita più a capire quello che stesse succedendo. Per la prima volta in tutta la mia vita ho avuto paura, paura di una persona che mi ha teso la mano semplicemente per aiutarmi a rialzarmi.
«Signorina, si sente bene?» un uomo con il camice bianco e degli occhiali blu continua a fissarmi insistentemente obbligandomi a guardarlo nonostante io non voglia. A stendo sposto la testa nella sua direzione scrutandolo attentamente e osservando ogni suo gesto. Non lo auguro a nessuno ciò che sto vivendo io in questo momento, ma è quasi come se la mia testa stesse sull'attenti e non si fidasse più di niente. Anche della persona più buona di questo mondo in questo momento potrebbe dubitare e, questa volta, questa sorte è toccata al medico di turno.
«Capisco che non ricorda niente, ma non potrebbe fare uno sforzo nel ricordare? Possiamo partire dalle informazioni base: come si chiama per esempio?»
«Mi chiamo Cat, Chatherine... ma gli amici mi chiamano...»
«Okay, va benissimo Cat e sai dirmi quanti anni hai?» alla domande poste dal medico mi sento come una bambina alla ricerca della madre mentre è impegnata a non farsi vedere che stava piangendo.
«Ho da poco compiuto venti anni!» affermo convinta di me, anche se devo ammettere che un minimo di dubbio ha invaso la mia testa. Dopotutto dopo che mi sono svegliata mi è sembrato come se fossero passati dieci anni della mia vita, dieci anni apparentemente persi a causa di un incidente, ma per fortuna non è così.
«Sai dirmi per caso chi sia quella persona che è venuta pochi minuti fa nella tua stanza e che tu hai cacciato via?» scrollo le spalle non sapendo onestamente che cosa rispondere. È da un bel po' che mi pongo questa domanda e ancora non sono riuscita a dare una spiegazione.
«Saprebbe dirmelo lei?» domando nella speranza che possa accettare la mia proposta, ma purtroppo attraverso un semplice gesto mi fa capire che non è possibile. Immediatamente delle lacrime lottano per uscire ma come sempre cerco in tutti i modi di trattenerle. Non posso mostrarmi debole davanti a un medico. Non posso! Non devo!
«Adesso chiamerò qualcuno specializzato che possa aiutarti a farti tornare la memoria e che ti possa aiutare a superare questo trauma, perché è palese che ancora tu ti senta spaesata e che abbia bisogno di un aiuto psicologico. Nel frattempo posso chiamare il tuo amico per farlo entrare? Magari con la sua presenza potrai riuscire a ricordare brevi tratti della tua vita. Per te non sarà molto ma per noi sarebbe un importantissimo passo.» annuisco alle parole del medico cercando un fazzoletto per cercare di sistemare il disastro umano che sono diventata a causa di questo incidente. A volte noi donne possiamo anche dimenticarci delle cose fondamentali, che sia per distrazione o per dei problemi come li sto riscontrando io, ma una cosa è certa: una donna non dimenticherà mai di essere tale e in quanto tale non smetterà mai di curare la sua persona.
«Ti sei decisa di farmi entrare?» ghigna il mio ospite mentre distolgo l'attenzione dal cielo che si mostra davanti a me attraverso la trasparenza della finestra. Sorrido anche io, forse fintamente, ma in realtà mi ha fatto piacere la sua piccola osservazione.
«Non ti cullare! Tu sei qui solo perché me lo ha chiesto il medico!» ed ecco che torna. Ecco che torna la maschera che da quando mi sono svegliata ho indossato, perché è più facile nascondere i propri sentimenti che mostrarsi nuda davanti il mondo intero, lo stesso modo che, scoperta, potrebbe ferirti con una lama di acciaio spezzandoti in due e senza aiutarti a ricomporti.
Ecco come mi sento in questo momento. Mi sento come se una lama mi avesse trafitto spezzandomi, spezzando la mia vita e i miei sogni e adesso ho un disperato bisogno di qualcuno che mi aiuti a ricompormi.
E se è vero ciò che ha detto il medico e ciò che stranamente penso che stia provando il mio cuore, che in realtà non la smette di battere da quando lui è entrato, è lui quello che potrà fare tutto ciò senza neanche prestare attenzione alle mie lamentale e al mio comportamento da persona burbera la quale sono quando non mi fido e non conosco una persona. Ma la cosa strana è che sento di potermi fidare di questa persona.
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Hug my heart
ChickLitCatherine Stewart è un giovane avvocato pronta a lottare per i propri clienti. Grazie alla sua ambizione è riuscita a realizzare il suo più grande sogno: diventare l'avvocato di una delle società più rinomate di quel momento. Cosa potrebbe succedere...