Due anni dopo (97°capitolo)

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Tutto ciò che la vita ti regala devi tenerla stretta. Due anni fa ci siamo sposati ancora non ci credo di essere la signora Esposito. Anche se per me è come se lo fossimo sempre stati. Quando siamo andati a vivere insieme era come condividere ogni cosa con lui da sposati. Dopo il ristorante siamo partiti in viaggio di nozze, Mattia è rimasto tre giorni con i nonni che se lo sono coccolato. Abbiamo sentito la sua mancanza era come non avere una parte di noi vicino. Ora ha due anni. È un bimbo vivace. Tocca tutto. Parla e cammina. La prima parola è stata papà. Lele per poco non moriva di infarto. E io piangevo come una scema perché lui se lo stringeva fortissimo. Quando ha iniziato a dire mamma avevo il cuore gonfio d'amore e non è nulla in confronto all'amore che provo per mio marito. È tutto un altra roba. Una roba che nessuno può spiegare. Devi provare determinate cose per poter dire e fare.
Nella fase lavorativa stiamo andando alla grande. Lele si sta prendendo le sue soddisfazioni e io sono orgogliosa del mio uomo.
«matti è pronto vieni a mamma» Lo vedo correre e si lancia sulle mie gambe. Lo prendo in braccio e lo metto sulla sua sedia. Mi guarda e batte le mani.
«quanto sei bello tu ? Quanto?»
«cosi» allarga le braccia.
«io ti mangio sai?»
«noooo!» ride e rido pure io. Gli metto la pasta sul piatto e mangia da solo con la forchetta.
«bravo amore»
«grazie» sorrido. Stessi lineamenti del padre. Quasi nulla di me. Forse ha il mio carattere ma quello si sviluppa piano piano.
«sono a casaaaa»
«papà, papà» si agita sulla sedia.
«ciao amore.» Mi dice. Mi bacia.
«ciao cuore. Il pranzo è pronto. Come è andata in studio?» chiedo. Bacia suo figlio che super felice cerca di mettergli in bocca la sua pasta. Ridiamo.
«mangia tu campione. Papà adesso si fa una doccia»
«no qua» indica il tavolo.
«arrivo amore»  - si volta verso di me - «in studio tutto ok Didi. Dobbiamo ancora lavorare a un po' di cose. Senti ma sei sicura che non vuoi proprio partecipare a Sanremo?»
«amore come facciamo. Mattia? Il pezzo?» mi guarda. Mi mette le mani sul viso.
«al pezzo ci penso io. Non mi importa se la gente parla. Te lo scrivo e te lo arrangio amore. »
«io... Non credo di essere in grado su un tuo pezzo Lele. Quella è la tua musica. La tua mano. I tuoi arrangiamenti. Come potrei toccare quelle poesie?»
«tu sei in grado di cantare un mio pezzo Elo. »
«non lo so Lele. Ci potrebbero mangiare. Pensare che sono stata protetta da un tuo pezzo. »
«non ti deve importare amore. Io sono pronto a raccontare delle cose e regalartelo. » sorrido.
«perché?» chiedo adesso. Non capisco perché lui ci tenga così tanto.
«perché vorrei far arrivare alla gente un tuo lato che ancora non è uscito. Tante persone hanno scritto dei pezzi per te, li hai scritto tu amore mio. Ora vorrei essere io a farti cantare qualcosa che sento dentro. » Lo abbraccio. Lo stringo forte.
«ci penso va bene?» annuisce. È da due giorni che mi chiede sta cosa. Dovremmo lavorarci su tutti giorni. Dovremmo stare sempre in studio. E non saprei proprio come organizzarmi per Mattia. Perché in fin dei conti nostro figlio è rimasto sempre con noi. Mi bacia e va a farsi la doccia. Verso la pasta nei piatti e poi taglio la carne al cucciolo che mi guarda felice.

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