novantaduesimo capitolo

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Mancano due settimane al matrimonio. Il caldo inizia a farsi sentire. Le cose vanno sempre più veloci. Abbiamo spedito le partecipazioni. L'abito dovrebbe arrivare settimana prossima. Ancora stiamo sistemando la location. Le bomboniere sono state comprate. Sono super stressata. Ha Mattia è spunto il primo dentino e ora stanno uscendo gli altri o meglio l'altro affianco sotto. Ci sono tante cose da fare. Avere Lele da due giorni lontano mi sta facendo uscire pazza. So che sta a lavoro e non sta giocando, però una mano in più mi sarebbe stata d'aiuto. Ho casa invasa di giocattoli, il box che mi occupa metà salotto con dentro i pupazzi. Sembra di stare in una discarica più che in un appartamento. Prendo la bacinella con la roba da stendere e vado verso il balcone. Vedo Mattia con qualcosa nelle mani dentro l'ovetto. Mollo di fretta la bacinella che cade a terra con la roba è gli tolgo subito il pezzo di plastica. Mi chiedo come è finito tra le sue mani. Respiro. La porta di casa si apre.
«amore» mi volto. Lele visibilmente stanco ma felice di vederci. Inizio a piangere, sono stanca. Non ho più le forze! Il bambino, il matrimonio, i vestiti, i tavoli che devo finire di sistemare perché a quelli della location non vanno bene come avevo chiesto di metterli. La torta ancora da ordinare. La chiesa da sistemare con gli addobbi. Mi scoppia la testa. «ohi, elo» mi fa sedere sul divano abbracciandomi. Mattia tira un urlo e facendo versi con la bocca. Quattro mesi e già vorrebbe parlare.
«sto impazzendo!» gli dico. «non ce la faccio più Lele! Sono fuori ogni grazia! Tuo figlio stava per soffocare con questo laccetto di plastica. » non dice niente. Mi stringe. Mi fa sdraiare sul divano.
«dormi un po'»
«Ho mille cose da fare. Come posso dormire!» sono scocciata. Anche questo atteggiamento suo non mi piace. Alza gli occhi al cielo.
«elo ci penso io. Tu devi riposare. Sono due giorni che sto fuori e tu non hai fatto altro che pensare a questo matrimonio. Ci sposiamo tra due settimane è tu stai più stressata di quando eri incinta. Stai calma cavolo. »
«non urlare»
«non sto urlando. »
«hai alzato la voce invece - mi guarda - dovevo pensare alle cose a cui tu non pensi. Non posso lasciare metà location sistemata alla cavolo di cane. Non posso di certo non chiamare qualcuno per la torta. Non posso lasciare nulla così »
«nessuno ha detto che devi lasciare le cose. Ma devi pure pensare a te. Due giorni che non dormi. Ti sei fatta una doccia? - scuoto la testa - hai mangiato qualcosa di sostanzioso? - scuoto di nuovo la testa - ecco apposto. Stai lì. Non ti muovere. Faccio io. Stendo io la roba. Tu riposa un po'»
«mattia?» chiedo.
«ora lo lavo, gli do la fruttina ed esce con me. Ordino io la torta. E passo al momo per vedere i tavoli »
« c'è lo schizzo di la sul tavolo in cucina.» annuisce. Raccoglie tutta la roba da terra. La rimette nella bacinella, esce in balcone e la stende. Torna dentro. Mi bacia.
«mi ero dimenticato di baciarti» sorrido. Mi prende poi in braccio e mi porta in stanza. Mi mette sul letto. «riposa un po' amore. Sei stanca.» annuisco. Ha ragione sono stanca ho bisogno di riposare seriamente.

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