Yoongi Pov
L'unica cosa certa di quella notte erano le braccia di Taehyung attorno alla mia vita, che mi stringevano talmente forte da sembrare potessi entrarci dentro. Avevo sbagliato tutto! Avevo guardato in faccia il mio fratellino e l'avevo colpito; con le mani, con le lame e cosa peggiore con la polvere da sparo. Se quell'incontro doveva servire a far pace, a riportarlo da me anche con quel bastardo al suo fianco, avevo perso la mia occasione perché ero uno stronzo. Fu inevitabile pensare alle parole di quel cane, Perché ti viene cosi difficile? perché non avevo avuto altro insegnamento nella vita. Solo prendere, senza dare, senza riserve; ogni cosa volessi dovevo prenderla con le cattive. Non ero bravo a fare le cose per bene, nonostante avessi avuto accanto Yoo, Jimin, mia madre; le unghie di mio padre si erano conficcate così internamente che non era rimasto niente. Sei un bugiardo, disse quella voce che odiavo più di me stesso. Ti ha sempre fatto comodo fare in questo modo perché Jimin non ti ha mai dato ciò che hai sempre voluto. Anche se odiavo ammetterlo, aveva ragione; non c'era niente che volevo di più di Jimin. Perdermi in lui e farmi amare come solo lui era ed è capace; lo stesso amore che ha riservato a Jungkook fin da quando ne avevo memoria. Lo stesso amore che vidi negli occhi di quel ragazzo in quel prato, fu quello a farmi perdere il mio piano di parlargli; la gelosia che provai per i loro sguardi, per le loro parole mute. Non mi aveva mai dato quegli sguardi, nemmeno prima di quella maledetta notte e dall'ora continuai a distorcere la realtà dei fatti, a farmi andare bene la freddezza di Jimin a non chiedere scusa a non abbracciarlo perché davvero volevo farlo. Andammo via tutti, in silenzio, consapevoli che quei due ragazzini ci avevano dato l'ennesima lezione: che amare significava sacrificare tutto pur di dare a quella persona l'intero mondo, andando contro la stessa famiglia. E lo sapevamo, li avevamo già visti affrontare le due fazioni solo per difendere l'altro ma eravamo troppo presi dalle nostre stupide faide per accorgerci che il meglio di noi lo stavamo perdendo a poco a poco. Mentre tornavo a casa, mano nella mano con un Tae silenzioso e dolorante, chiamai Doc tanto per il ragazzino che avevo accanto che per me; trovandolo già davanti il cancello di casa: - Porca puttana Yoongi. - nonostante il vestito blu scuro, il sangue si vedeva chiaramente. Gli sorrisi: - Occupati di Taehyung prima, nessuna discussione. - e quella frase valeva per entrambi. Andarono nella mia camera da letto, mentre io consegnavo quei vestiti alla mia domestica che, guardandomi con occhi lucidi, mi fece una muta domanda. - Non sono stato capace a riportarlo indietro Eun, miane. - cercò di sorridere, accarezzando la mia guancia sporca e ferita. - Vedrà che tutto si sistemerà Signorino Min. - la sua voce fu un sussurro pieno di dolore, di speranza che via via si andava affievolendo. Distolsi lo sguardo e andai nella stanza dove ormai passavo tutto il mio tempo: la sua; stranamente aveva ancora il suo profumo e senza che nessuno potesse vedermi piansi lacrime che credevo di non avere più.
Non so quando di preciso passò prima di sentire qualcuno bussare alla porta, diedi il permesso e gli occhi stanchi di Doc si fissarono sui miei rossi: - Gli ho dato della morfina e adesso sta dormendo. Cazzo è successo Yoongi, perché siete solo voi due? E perché cazzo sembra che siete usciti dall'inferno? Non dovevi solo parlargli? - serrai la mascella cercando di non innervosirmi. - Mi conosci Doc, sono una bestia. - dissi mentre lui cominciava a medicare. Con lui potevo essere sincero? Lo sei mai stato? - Invece di gettare le armi e lasciare che si sfogasse su di me com'era giusto che facesse, ho attaccato Doc. Ancora una volta sono stato un codardo nascondendomi dietro quella facciata che ho costruito per anni. - continuai facendo una serie infinita di smorfie di dolore. Il mio dottore respirava regolarmente, facendo attenzione a non lasciare niente in sospeso, ricucendo quella pelle aperta ma, quello che portava con sé, nessuno l'avrebbe pulito con un panno umido. - E il ragazzino? Avevi detto che non l'avrebbe toccato. - e fu così. Jimin lo proteggeva da me, cercando di impedirgli di tornare da chi gli aveva fatto quasi la stessa cosa che avevo fatto a lui: - Non è stato lui. - non era necessario dire il nome o il perché. Se Tae era in quella casa con me la risposta era chiara a tutti, compreso a me stesso ma non mi bastava; sapevo non mi sarebbe mai bastato. - Sei un coglione Min fattelo dire ed io stasera non sarei dovuto essere qui. - ci eravamo fatti, tutti, un'idea sbagliata di quella battaglia. Mi ero fatto un'idea di me del tutto errata, convinto di poter dare spazio a quella piccola parte che voleva fare le cose per bene; sistemare tutto con le parole così come avevo detto a Namjoon. Quando finì lo accompagnai alla porta salendo lento le scale che mi avrebbero portato di fronte ad un'altra verità che dovevo affrontare, non ero pronto e probabilmente non lo sarei mai stato. Mi coricai di fianco a Tae, senza avvicinarmi troppo, senza sfiorarlo anche se desideravo farlo; i ricordi di quella notte mi apparivano ancora chiari nella mente ed ero certo che anche la sua non faceva che torturarlo. Guardai il suo volto, con qualche chiazza che stava già diventando violacea e non potei non pensare alla sera in cui lo trovammo davanti il cancello di casa; l'avevo tenuto al sicuro per così tanto tempo senza pensare che quello che avrebbe potuto distruggerlo ero io, e nonostante questo, aveva cercato di mettersi contro Jimin, lo stesso che avrebbe potuto ucciderlo prima ancora che potesse sbattere le ciglia e rendersene davvero conto. Aprì piano gli occhi posando quelle grandi ed immense lune sui miei, lo vidi deglutire con molto sforzo e quasi mi venne la voglia di andare da quei due e... Cosa? Fargli finire il lavoro, te lo meriteresti. Io e quella puttana non avremmo mai trovato pace, e ogni volta era sempre pronta ad attaccare e lo faceva meglio di me. - Vuoi qualcosa per i dolori? - chiesi, magari la morfina stava finendo il suo effetto. Fece no con la testa e lenta una sua mano, si avvicinò; sentii la sua pelle a contatto con la mia e da sola scatenava tempeste che non ero stato mai bravo a domare. Potevo cambiare? Almeno per Tae e porre rimedio ad errori vecchi?
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𝐵𝓁𝒶𝒸𝓀 𝒮𝒽𝒶𝒹𝑜𝓌 *𝒥 𝒥𝒦. & 𝒫.𝒥𝓜*
FanfictionLa vita non regala nulla, ogni cosa che ci concede ha il suo prezzo. Alle volte e misero ma altre... Altre ti mette davanti un conto che ti chiedi se riuscirai mai a saldare, ed allora la vedi giocare. Divertita ci prende come fossimo pupetti nelle...