* Polvere e Ossa *

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Jimin Pov

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Jimin Pov

Era silenzioso, schivo; sapevo che quelle parole avevano toccato anche lui, per me e San, per lui e Tae; probabilmente volevo che arrivassero anche a lui senza davvero ferirlo perché entrambi avremmo sempre avuto quel peso dentro. Ognuno lo portava in maniera differente ma pur sempre qualcosa che era lì e che non se ne sarebbe mai andata. Arrivammo a casa, posando le moto e liberandoci dai caschi, lo vidi entrare in casa e sospirai; non mi sentivo in colpa. Non ero arrabbiato o infastidito, nemmeno dal suo fugace sguardo verso Taehyung, sapevo che se avessi aperto bocca avremmo litigato per qualcosa che non doveva più toccarci; perché mi ero liberato di un peso che non riuscivo più a gestire, che mi soffocava anche quando non ci pensavo. Però avrai San tra i piedi mentre lui non avrà nulla. Sospirai, era capace di farmi sentire egoista e bastardo pur non volendo, che fosse per questo il suo silenzio? Non ero stato chiaro sul ragazzino? O gli avevo tolto la possibilità di vivere Taehyung? Poggiai il casco sulla sella entrando in casa, non c'era e seguendo quel filo che ci univa, lo trovai coricato con il braccio sugli occhi: - Scusami se le mie parole ti hanno ferito. - sarebbe stato l'unico a cui avrei chiesto scusa quella notte, l'unico che veramente importava.

Jungkook Pov

Eravamo finalmente a casa lontano da tutto e da tutti, tra quelle quattro mura dove mi piaceva amare il mio Jimin in ogni sua sfumatura e l'avrei continuato a fare. Mi buttai sul letto senza nemmeno spogliarmi quasi mi pesasse anche quello senza capirne realmente il motivo. - Smettila di scusarti quando non devi... mi da sui nervi. - non ringraziarmi... Non eri chiuso da qualche parte? Sorrise soltanto mentre tentavo di richiudere ogni cosa senza troppa convinzione però. Così con uno slancio presi il polso di Jimin trascinandomelo sul letto e tornando a chiudere gli occhi continuai: - Sai davvero essere un bastardo... - ma lui, quello lo sapeva. Volevo rimanesse immobile accanto a me lasciando al buio di prendere il suo posto ma non sarebbe stato abbastanza per avere quel senso di pace che avevo sentito fino a poco prima. Era come se con quelle parole, Jimin, avesse aperto il vaso di pandora facendomi provare tutto e nulla: rabbia, dolore, frustrazione, tristezza, senso di incompletezza ed inadeguatezza, desiderio e ribrezzo. Ogni cosa era andata mischiandosi ma avrei dovuto affrontare quei sentimenti prima o poi, non avrei potuto ignorarli a vita, non con un San che stava per trasferirsi ma almeno uno dei ragazzini era fuori gioco. Ti mancherà... No, non può mancare qualcosa a cui non si tiene. Certo Kook... Facciamo finta sia così. Si zittì dopo quella frase e ne fui felice. - Finalmente a casa... - sussurrai.

Dopo quelle ultime parole non dissi più nulla, nonostante dicesse in quel modo il suo comportamento dimostrava tutto l'opposto e non potei non farmi sempre la stessa domanda: perché non potevo essere come lui? Mi trascinò accanto a sé ma sembrava più un sta e qui e sta zitto, rimanendo immobile presi a guardarlo da quello specchio. Avevo preso la decisione di allontanarlo dalla nostra vita perché non sarei mai riuscito a sopportare la sua presenza vicino Jungkook; quella stessa notte, quelle sue braccia attorno a lui mi avevano lacerato così in profondità da farmi spegnere ogni cosa, non ascoltai nemmeno più quella maledetta voce che continuava a ripetermi il nome di quel ragazzino mettendomi davanti le differenze. Sai essere un bastardo, era vero; potevo essere anche il peggiore e stavo continuando a ferire il mio uomo. Sospirai alzandomi da quel letto, allontanandomi da Jungkook, dal suo silenzio che diceva tutto, da un me egoista che pensa solo a se stesso. Avresti dovuto pensare a Jungkook, dargli quello che non ti ha mai chiesto se non in silenzio. La palestra era l'unico posto dove avrei potuto sfogare quel vuoto che sentivo e non perché li avessi mandati a fanculo, quel vuoto arrivava dal mio futuro sposo. Tolsi i vestiti per avere più libertà di movimento, non preparai neanche le mani con le dovute precauzioni, mi posizionai davanti il sacco e comincia. Uno, due, tre pugni e così via, sempre più forti, sempre con più rabbia; un calcio destro, poi il sinistro e di nuovo una sequenza infinita di pugni. - Parla invece di stare zitto. - un destro ben assetato. - Di tutta la verità invece di dire solo quello che credi vorrei sentire. - un calcio sulle costole. - Dimmi che ho sbagliato invece di chiamarmi bastardo. - un sinistro sullo zigomo. - Che lo vorresti nella tua vita anche se dici di no. - un calcio sul fianco sinistro. - Ti darei anche lui se me lo chiedessi. - un destro sulla mandibola. Fermati Jimin. Non mi rompere i coglioni e vattene a fanculo. Strofinai il dorso delle mani sul viso lasciando scia di sangue ma almeno toglievo quelle dannate lacrime: - Farei finta di niente se ti rendesse più felice. - un sinistro sullo stomaco. Mi fermai prendendo respiro, facendomi inondare dal dolore alle mani, sperando di sentire solo quello; lo odiavo. Odiavo tutto di lui in quel momento, pure il fatto che esistesse. Odiai me stesso per averlo cercato, per averlo voluto nella mia vita, per ogni singolo momento che desiderai passare con lui; sei solo arrabbiato. Grazie al cazzo, come se avessi bisogno della sua ovvietà; diedi un ultimo pugno al quel box, il più forte sentendo la pelle lacerarsi e stringendo i denti caddi sulle ginocchia, appoggiando i palmi sul pavimento gelido. Cercai di fare respiri profondi, di liberarmi della rabbia che fino a poco prima non c'era; ma il destro si andò a schiantare sul pavimento. Uno, due, tre, non erano colpi decisi ma lo erano abbastanza per sentire leggeri scricchiolii all'interno della stessa, "sei perfetto". - Sono un fottuto egoista di merda. - mi dissi, continuando a colorare il pavimento della mia palestra mischiando la tavolozza con solo due colori.

𝐵𝓁𝒶𝒸𝓀 𝒮𝒽𝒶𝒹𝑜𝓌  *𝒥 𝒥𝒦. & 𝒫.𝒥𝓜*Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora