Yoongi Pov
"Mi è rimasto solo il sangue, prendetelo ma non fatemi soffrire a lungo." Lo disse Maria Antonietta quando capì di essere spacciata; ed era esattamente come mi sentivo io. In quella vita che non mi ero scelto ma che il destino aveva voluto impormi, avevo perso ogni cosa. Genitori, amici, persino conoscenti mi mancavano adesso; eppure c'era sempre stata una costanza, il mio amato Jimin. Fin da quando mio padre l'aveva portato attraverso quella dannata porta, sentii come se quel piccolo mondo malmesso avesse preso un senso. Ed in quei giorni in cui ogni verità, scomoda anche, era stata servita su piatti già in fiamme; ogni dettaglio della mia vita apparve chiaro. Avevo solo Jimin con me, l'unico che mi era sempre rimasto accanto, proteggendomi pur essendo il più piccolo. Mi ricordai la sofferenza nel vederlo andare via con il padre di Hoseok; i continui pianti che non cessavano perché mi era stato tolto un pezzo importante. Così come ricordai di quel bambino dagli occhi grandi e lo sguardo impaurito; talmente dolce da volermi prendere cura di lui. Almeno fino a quando mio padre non portò via anche quel piccolo bagliore; ponendomi sempre la stessa domanda: "Che ho fatto di sbagliato?" Incolpandomi del fatto che, tutti, se ne andavano via da me. Così come accadde con Taehyung, l'unico al quale avevo aperto le porte sgangherate del mio cuore, perché sentivo... perché sento di appartenergli fin da quando aveva 5 anni, capendo perché conoscessi quegli splendidi occhi.
Ma, nonostante quella voragine, mi bastava guardare verso il mio Jimin per capire che sarei rimasto con la testa fuori dall'acqua. Invece, dall'ultima volta che Tae era stato qui, volta in cui il mio mondo cadde a pezzi facendomi vergognare dei miei stessi pensieri, sentii di non avere più quella stabilità; cercando un appiglio per non annegare. Perché? Perché Jimin cambiò, non in modo radicale ma c'era qualcosa in lui che lentamente lo stava allontanando da me. Era sempre fuori, o chiuso in quella stanza al buio, non mangiava più in mia compagnia; aveva anche smesso di dormire nella mia stanza. Se avessi chiesto, se mi fossi fermato a cogliere i dettagli, avrei saputo che Jimin lo stava facendo per me. Allora uscivo per la maggior parte del tempo, per evitare di tornare a casa e sentire il vuoto che aveva lasciato anche lui. - Posso entrare? - sapevo che quella decisione era sbagliata. Che mi sarei pentito di ogni maledetto gesto ma sentivo il bisogno di essere amato. - Nonostante tutto, sai che non ti direi mai di no. - rispose con quella voce che mi metteva calma. E come ogni volta che io e lui eravamo nella stessa stanza, ci perdevamo l'uno dentro l'altro e non era vero che mi sporcava il suo tocco; al contrario, mi dava quel poco di ossigeno di cui avevo bisogno anche se, niente, era paragonabile a quello che avevo sentito nel fare l'amore con Taehyung. - Mi dispiace per il ragazzino. - ma nemmeno Hoseok riusciva a tenere, a lungo, lontani i miei pensieri. Il fondo, lo toccai quando negli occhi di Jiminie vidi la fine. Non era il mio fratellino: incapace di provare emozioni tanto da prendersi, senza vergogna, anche l'unico che chiamava hyong. Freddo e calcolatore; non era più lo spietato assassino che mi eccitava in maniera depravata. Si era spento e non mi diede alcuna possibilità di aiutarlo, tenendomi fuori, respingendomi. Mi venne in mente una frase che mi disse mio padre: - Sai Yoongishi, è più facile costruire bambini forti che riparare uomini distrutti. - e solo allora capii il senso di quella frase.
E anziché porre rimedio ai miei sbagli, cercare di essere migliore almeno per Jimin, la parte razionale di me si nascose lasciando le redini all'unica che non avrebbe dovuto. La rabbia! Per Tae che non mi voleva più, per mio padre che aveva fatto i suoi giochetti non pensando a quello che avrebbe lasciato. Per Jungkook, perché aveva rotto in maniera irreparabile il mio fratellino e, infine, rabbia verso Jimin stesso. Mi sentii abbandonato, solo, con nient'altro da perdere se non la mia coscienza e senza che me ne rendessi realmente conto, avevo messo per iscritto la morte di mio fratello. E non vi sarebbe stato mai peggior tradimento di quello, non sapendo ancora quanto caro lo avrei pagato. - Devi dare queste informazioni a qualcuno vicino agli Shadow, soprattutto a quel Seokjin. - dissi a Gong nell'oscurità della mia macchina. - Ma signore. - gli intimai di fare silenzio, troppo preso dal desiderio di distruggere tutto. - È un ordine scimmione e non voglio sentire altro. - e come un bravo animale addestrato fece quello che gli dissi. In quei fogli c'erano scritte bugie nere su sfondo bianco; indicava l'ora e il luogo preciso in cui il peggiore dei Black avrebbe sconfinato in territorio nemico. Perché sapevo che qui traditori dei distretti pacifisti erano in combutta con gli Shadow, e nella battaglia avrebbe fatto fuori molti di loro. Così come sapevo che quella bella statuina avrebbe mandato Jungkook a fermare Jimin e, nonostante sapessi di dovermi fermare, continuai quel piano che confermò il mio accesso agli inferi. - Ho bisogno di te. A Yongsan stanno facendo i capricci, ci vuole qualcuno che li metta in riga. Sono stanco di questi inetti che non capiscono chi è che comanda. - e quella luce che cercavo in Jimin la vidi di nuovo. Ma ero troppo cieco per capire che quella scintilla non era dell'assassino, bensì dell'uomo che aveva trovato una scusa per farla finita. Persino troppo egoista per dare ascolto ad un uomo che ci aveva visto crescere e conosceva ogni nostra sfumatura: - La prego Yoongi, sta mandando suo fratello a morire. - mi disse la stessa sera in cui avevo firmato le carte per l'obitorio.
Ma non mi era più possibile fermarmi, guardando forse per l'ultima volta, Jimin uscire da casa mia e allora attesi; attesi tutta la notte, il giorno seguente. Guardavo il cancello nella speranza di sentire il rumore della sua auto varcare la soglia; di guardare la sua figura un po' malconcia scendere dalla macchina e sorridermi soddisfatto. Ma nessuno fece ritorno, il cancello rimase chiuso e la sera scese a ghermire le mie membra corrotte; cosa avevo fatto? Avevo distrutto l'unica parte davvero importante di me stesso; e con ancora gli occhi fissi su quelle sbarre di ferro, mi sorpresi a piangere. Mi sedetti sui talloni stringendo il tessuto che copriva il mio petto: piansi come non avevo mai fatto in vita mia, neanche per la morte di mio padre. E corsi, corsi verso quel luogo sperando di sbagliarmi, pregando che le mie azioni non avessero trovato sbocco e per la prima volta in vita mia, la scena che mi si presentò fu raccapricciante. Persone innocenti erano distese in quel pavimento lercio; Black e Shadow che sembravano abbracciarsi raggiungendo insieme un posto migliore. Cercai il suo corpo, qualche dettaglio che mi dava la certezza che era ancora vivo ma non trovai nulla se non una delle sue amate bambine. E Jimin, non se ne separava mai, piuttosto si faceva uccidere ma non le avrebbe mai lasciate. Allora dov'era? Perché non scorgevo il colore dei suoi capelli, la figura piccola e minuta del mio fratellino; raccolsi l'arma, tornando nel mio inferno personale. - Non c'è alcuna traccia di lui Signore. Non riusciamo a rintracciare il suo segnale se non la macchina lasciata poco lontano dal luogo. - quelle pecore non sarebbero state capaci nemmeno a trovare un un buco nero grande quanto la loro testa; figuriamoci un hacker come Jimin. Non mi sarei arreso fino a quando non avrei visto il suo cadavere, fu come se quella determinazione avesse dovuto salvarmi almeno in parte dai miei peccati; dal dolore che sentivo nel petto talmente forte da spezzare ogni cosa dentro di me e me lo meritavo! L'unica cosa che potevo fare, almeno in quel momento, a parte sopportare fino a quando non avessi saputo la verità, era quella di aspettare. Come se fosse diventato il mio unico obbiettivo.
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𝐵𝓁𝒶𝒸𝓀 𝒮𝒽𝒶𝒹𝑜𝓌 *𝒥 𝒥𝒦. & 𝒫.𝒥𝓜*
FanfictionLa vita non regala nulla, ogni cosa che ci concede ha il suo prezzo. Alle volte e misero ma altre... Altre ti mette davanti un conto che ti chiedi se riuscirai mai a saldare, ed allora la vedi giocare. Divertita ci prende come fossimo pupetti nelle...