* Procedura di recupero *

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Yoongi Pov

La puzza di fumo, alcol scadente e feccia marcia, impregnava il mio naso tanto da farmi venire i conati di vomito. - Voi giovani non avete rispetto per quelli anziani come noi. - stava continuando una discussione di cui non avevo sentito neanche una parola. - Credete che avendo più vita davanti, tutto vi è dovuto e non pensate alle conseguenze. - continuò giocando con un bicchiere colmo. - Il punto Dong Hwan è proprio questo. - risposi sistemandomi il bottone della giacca. - Voi anziani credete che un funerale possa portare a qualcosa di buono per voi feccia. - continuai, aveva serrato la mascella ma non rispose. - Hai mandato la tua gente a morire perché credevi che uno giovane vi avrebbe dato ciò che pensi sia tuo. - stringeva i pugni ma questo non mi impedì di continuare. - Hai tradito la tua stessa gente per una fetta di potere che non ti sarà mai data perché il tuo clan non ha più alcun capo al potere. Non è forse per questo che sei corso dal nemico? - aveva alzato la schiena, chiaro segno che avevo colpito nel segno. - Non credi di stare parlando troppo? - chiese. I suoi leccapiedi si stavano innervosendo: - Se avessi chiesto gentilmente, ti avrei concesso i tuoi territori senza battere ciglio. Invece hai dimezzato la tua stessa famiglia e adesso credi che, minacciando, tutto torni come prima? - risi, drizzando la mia di schiena. - Min Yoongi, se non pagherai per i miei territori non sono sicuro che riuscirai a proteggere la tua Black. - e finalmente si alzò. Aveva avuto il bastone nel culo per tutto il tempo. Sospirai, facendo lo stesso, solo con più calma: - Vedi Dong Hwan, la mia Black è abbastanza capace di proteggersi anche senza di me. A differenza della tua che si è scavata la fosse da sola. No, rettifico, sei stato tu ad ordinarglielo e come fedeli cani da compagnia ti hanno accontentato. - uno dei suoi scagnozzi, mi urlò di tacere, cercando di darmi un pugno. Lo schivai girandogli il braccio dietro la schiena, una pistola venne puntata sulla mia tempia, così come due delle stesse sulla sua; avevo portato solo Jimin con me. - Vi avevo detto niente violenza oggi, abbassa quell'arma. - ed eseguirono. Sistemai di nuovo la giacca avvicinandomi al mio nemico: - Non ho più niente per te, hai buttato la tua unica possibilità di diventare grande. - dissi e lui serrò di nuovo la mascella. - Ricorda quello che ti ho detto Min Yoongi. - sorrisi, allungando la mano verso di lui. - Anche tu. - ma invece di stringerla, la spinse via.

Lasciato quel posto, mi girai verso Jimin: - Sai cosa fare. - fece sì con la testa andando per la sua strada. - Andiamo al negozio Yoo. - dissi al mio scimmione. A breve Seongdong e Gwangjin sarebbero diventate ufficialmente mie, quei pochi ragazzi rimasti avrebbero fatto la scelta giusta e non mi sarei aspettato niente di diverso dal mio Jimin. - Buongiorno Signor Min. - la commessa mi sorrise ma la ignorai come sempre. Mi sedetti sul divano guardando come stavano andando gli affari: - Avrei bisogno che qualcuno venga a prendere delle misure. - dissi al mio sarto di fiducia. - Possiamo farlo anche adesso Signore, non ho alcun impegno. - rispose ed io scossi la testa. - Come posso dire, deve essere una cosa... discreta. - e lui fece si con la testa comprendendo le mie parole. - Manderò oggi stesso il meglio che abbiamo Signore. - poggiai i registri sul tavolinetto ed uscii. Avevo costantemente la testa a quel ragazzo, stranamente Jimin non aveva trovato nulla ed io non riuscivo a capacitarmi del perché sentissi di conoscerlo. Quando arrivammo a casa, Jimin aveva già fatto il suo dovere e molte facce viste qualche ora prima, erano in casa mia. - Si sono arresi subito, non c'è stato alcun tipo di divertimento. - disse Jimin sbuffando e mettendo il broncio. Risi: - Il corpo? - chiesi e lui sorrise sornione. - Un camion lo ha investito proprio mentre cercavo di salvarlo. - rispose fingendosi avvilito. Ridacchiai: - Portali via di qui, non hai bisogno che ti dica quello che devi fare. - portò la mano sopra il sopracciglio mettendosi sull'attenti: - Signor si Signore. - scossi la testa entrando in casa. La procedura di recupero era già in atto, stavo ripulendo i territori del defunto Dong Hwan, diventando ufficialmente miei. Una volta varcata la soglia, sentii delle voci agitate: - Ti spezzo le dita se ti avvicini di nuovo. - era la voce di Hansung. Corsi di sopra, chi osava toccarlo? Ma la scena che mi si presentò non riuscii a capire se mi faceva ridere oppure no. La persona promessa dal sarto era già arrivata, con metro e spilli attaccati al polso cercava invano di prendere le misure al ragazzo di fronte a lui. - Che succede? - quando gli occhi di Han si posarono sui miei sentii una sensazione strana. - Sono venuto come avete chiesto ma il ragazzo non si fa avvicinare. - disse la voce stizzita del sarto. Cercai di non sorridere: - Han, hai bisogno di vestiti. È qui per prenderti le misure cosi posso darti qualcos'altro invece che delle maglie larghe e pigiami. - certo erano di seta ma pur sempre pigiami.

Non disse nulla, si fermò in mezzo alla stanza aprendo le braccia, il sarto capì che poteva cominciare il suo lavoro: - Pungimi e ti ficco gli aghi nel culo. - sussurrò, non potei trattenermi più dal ridere. - Sai a Seul ci sono delle strutture enormi con un'infinità di negozi. Hanno anche delle piccole stanze che chiamano camerini. - cominciò. Mi finsi interessato, come se quello che stesse dicendo mi poneva davanti una verità a me nascosta. - Sul serio? E cosa si fa lì dentro? - chiesi fingendo abbastanza curiosità. - Si provano gli abiti e quelli che ti stanno li compri. - mi sedetti sul letto, ammirando il corpo del ragazzo che mi stava prendendo in giro. Nonostante avesse vissuto, per la maggiore in strada, aveva un corpo splendido. - Perché provare mille abiti indossati da altri se puoi permetterti tutti i vestiti che vuoi e della tua misura? - chiesi ma non abbocco. Hansung o quale fosse il suo vero nome, non era un pesce che si potesse pescare facilmente. - Ammettilo che non vuoi che esca perché hai paura che posso parlare con qualcuno di quello che ho visto fino ad adesso. - disse ed io sospirai. Anche se in parte era la verità, quello che più mi premeva era tenerlo al sicuro; c'era qualcosa in quel ragazzo che mi attirava a non era solo il suo meraviglioso volto. Mi alzai, camminando verso la porta: - Non hai manette o catene che ti tengono. Sei anche guarito, libero di lasciare questo posto. - dissi uscendo dalla stanza. - Yoongi. - sentii ma non mi fermai. Non potevo costringere nessuno a rimanere, tanto meno uno sconosciuto solo per il mio piacere.

Seduto alla scrivania, controllavo i documenti che Jimin mi aveva lasciato. Traditori che avevano perso la vita in quella struttura e persone che stavano troppo tranquilli per la situazione creatasi dopo la morte di Kim Sick. - Non dovresti corrucciare la fronte in quel modo, avrai le rughe ancor prima di invecchiare. - la sua voce. Mi calmava e mi eccitava nello stesso frangente, alzai gli occhi verso la sua figura: - Sei ancora qui? - dissi freddo. In verità non volevo esserlo ma se desiderava davvero uscire da casa mia non avrei permesso a quello che sentivo di farsi più pronunciato. - Non ho detto di voler andare via. - disse avvicinandosi piano. Interruppi tutto quello che stavo facendo concentrandomi sul leone che, lento, avanzava verso di me. - Mi piacerebbe che ammettessi che avermi qui ti fa piacere. - continuò fermandosi davanti la scrivania. - E cosa ne ricaverei ammettendolo. - risposi. Prese di nuovo a camminare, costeggiando il tavolo di mogano arrivando di fronte a me: - Mi farei prendere tutte le misure che vuoi. - disse ed io deglutii. Avevo il respiro affannato mentre cercavo di mantenere la mia posizione da duro. Poggiò il suo superbo fondoschiena nell'angolo del tavolo sfiorando, volutamente, il mio ginocchio. - Non voglio che ti facciano del male per arrivare a me. - risposi, cercando di sviare l'argomento. Scosse la testa: - Non ho ancora sentito la verità. - disse piano, avvicinandosi un altro po'. - La tua ferita non è ancora guarita e hai bisogno di cure. - contraddittore, continuavo a trovare scuse stupide per non ammettere anche a me stesso quanto vere fossero le sue parole. - Prova di nuovo Yoongi. - la distanza che ci separava fu annullata una volta che le sue gambe si posizionarono in mezzo le mie. - Non voglio che vai via. - dissi e sgranai di poco gli occhi. - Perché. - sussurrò, i miei polmoni stavano facendo uno sforzo immane per darmi più ossigeno possibile. - Perché... - i suoi occhi, pozzi neri e incandescenti non lasciavano che i miei cambiassero direzione. Mi sembrava di affondare nelle sabbie mobili, perché non volevo che andasse via? "Andiamo Yoongi, mai nessuno ti ha messo con le spalle al muro" disse quella piccola vocina nella mia testa. Mi alzai, il mio petto contro il suo, la mia coscia che strofinava nella sua intimità; le sue pupille si fecero più larghe coprendo quasi completamente l'iride. Aveva alzato il viso in modo da avere la visuale perfetta del mio: - Perché ti desidero. - risposi avvicinandomi pericolosamente. Deglutendo, finalmente non aggiunse altro; sfiorai il suo naso con il mio, guardando incessantemente quelle sublime labbra, passai la lingua sulle mie e, spostandomi, uscii dalla mia stessa camera. "Merda" pensai.

𝐵𝓁𝒶𝒸𝓀 𝒮𝒽𝒶𝒹𝑜𝓌  *𝒥 𝒥𝒦. & 𝒫.𝒥𝓜*Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora