* Non m'importa *

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Yoongi Pov

Mi ero dimenticato quanto facessero male i pugni di Jimin, nonostante avessi messo una crema per l'abrasione, il dolore era quasi insopportabile. C'era andato pesante quel nano del cazzo; sorrisi tra me e me a quella visione. - Sai che non ti ho mai visto sorridere? - perché diavolo quella voce doveva essere così accattivante? Anche avesse solo detto una sillaba, mi sarei eccitato ugualmente. Mi voltai a guardarlo, spostando di poco la testa: una volta guarito, il viso di Hansung era diventato, per quanto possibile, ancora più bello. Ogni particolare ti donava piccole scosse che arrivavano dritte al cervello, quasi come ricevessi guizzi leggeri ma che lasciavano il segno. - Chiedo scusa se in tua presenza non l'ho mai fatto. - allungò la mano verso la mia intrecciandola. Deglutii guardando quelle sue dita grandi e affusolate, combaciare perfettamente con le mie piccole e bianche. Hansung voleva costantemente il contatto, la notte quando dormivamo lo sentivo avvicinarsi così tanto da riuscire a percepire il suo cuore battere sulla mia schiena. Durante il giorno, faceva in modo che le sue mani riuscissero a raggiungere qualsiasi pezzo della mia pelle che, inevitabilmente, si infuocava al suo tocco. E non c'era niente che desideravo maggiormente di quei suoi gesti, neanche la mia Seul. Era stato un passo azzardato portarlo con me ma non potevo tenerlo sempre in casa, quando gli comunicai che saremmo usciti, vidi i suoi occhi accendersi di una luce diversa; quasi mi sentii in colpa ma se i nemici fossero arrivati a lui avrei distrutto l'intera nazione.

Perciò cercai di stare fuori più tempo possibile, feci giri che altrimenti non avrei fatto, troppo preso dal pensiero della piccola faida da poco conclusa. Lo portai a bere del the dove ero solito andare; mangiammo fuori, sempre dove sapevo che avrei avuto tutto sotto controllo e nessuno dei nemici avrebbe saputo. Era ora di cena quando entrammo in casa, felice perché anche Jimin era lì con noi. - Sei stanco? - gli chiesi e la sua risposta mi lasciò come un coglione nel mezzo della sala. Sorrise, quel sorriso così particolare da tenerti appeso ad esso; si avvicinò baciando le mie labbra così dolcemente che non riuscii a fare altro che sembrare un tronco d'albero. Sparì non so dove e lo lasciai fare, era diventata pure sua quella casa; mi schiarii la voce andando da Jimin, mi avrebbe distratto un po'. - Ehi, psicopatico. - dissi aprendo la porta di quella stanza che non avrei mai compreso. - Ciao sadico pazzo. - rispose ed io scossi la testa. - Come va il viso? - ci ero andato giù pesante anche io e i segni erano ancora evidenti. Ghignò: - Come il tuo. - era impossibile parlare con quel ragazzo. - Vuoi cenare con noi? - chiesi e lui fece no con la testa. - Devo fare dei giri. Continua pure la tua luna di miele. - e alzandosi uscì dalla stanza. Era diventato di vizio lasciarmi come un cretino?

Lasciai correre, avevo delle cose da sottoscrivere e controllare che, quello che era accaduto, non avesse messo a rischio la mia ascesa al potere. Non mi accorsi che l'ora andava avanti senza aspettare, almeno fino a quando Han entrò in camera destandomi dai miei pensieri: - Lascia tutto e vieni di sotto con me. - mi alzai senza farmi pregare e mi resi conto che sarei andato con lui anche al centro esatto della terra. In cucina c'era tutto l'occorrente per cucinare del pesce e delle frittate, guardai verso di lui e sorrisi di nuovo scuotendo la testa: - Potevi dirmelo che volevi che cucinassi. - e il tono in cui lo dissi fece intendere che ci ero rimasto male. Cercò di trattenersi dal ridere, indossando un grembiule: - Cosa ti aspettavi, un giro nella stanza rossa del piacere? - e se inizialmente non compresi cosa volesse dire, qualche minuto dopo sentii le mie guance diventare così rosse che quasi bruciavano. Aveva uno strano potere quel ragazzo e non era affatto un bene per me. Iniziai a fare quello che mio padre mi aveva insegnato, non senza usare i suoi metodi ortodossi. - Mio padre diceva che governare una grande nazione è come cucinare una pietanza delicata. - dissi mentre mescolavo gli ingredienti. - Se capisci la complessità della cucina, gestire un'organizzazione verrà spontaneo. - continuai. Lui mi guardava ipnotizzato, passandomi ogni tanto qualche ingrediente. - Doveva essere una bella persona tuo padre. - quella volta risi di gusto. Tutto era mio padre meno che una bella persona: - Era una merda ma pur sempre mio padre. - risposi facendo spallucce.

𝐵𝓁𝒶𝒸𝓀 𝒮𝒽𝒶𝒹𝑜𝓌  *𝒥 𝒥𝒦. & 𝒫.𝒥𝓜*Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora