* Cercando il perdono *

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Jimin Pov

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Jimin Pov

Quando eravamo bambini pensavamo che una volta cresciuti non saremmo stati più vulnerabili. Ma crescere vuol dire accettare la vulnerabilità ed il fatto stesso di essere vivi significava essere vulnerabili. E quei due giorni ci aveva sbattuto quella verità in faccia come fosse stato un tornado in pieno sviluppo. I successivi furono calmi, io e Jungkook li passammo in casa, lontano da tutti e da tutto, rimanendo abbracciati per quasi tutto il tempo, perché consci che quei due giorni, quelle quarantadue ore li avevamo sprecati dandoci addosso. Sapevo che la notte il mio amato aveva gli incubi, erano gli stessi che mi tenevano sveglio ma entrambi cercavamo di proteggere l'altro e come lui non me l'avrebbe mai detto; dalle mie labbra non sarebbe uscito nemmeno un alito di vento se quel vento doveva portare altro dolore. Raramente mi guardavo allo specchio, ancora non sopportavo la mia faccia e sapevo sarebbe passato un po' prima che riuscissi a farlo di nuovo perché nonostante la mia pelle, la mia bocca, il mio corpo sapesse interamente di Jungkook; quelle rare volte che accidentalmente i miei occhi si posavano sul mio riflesso, vedevo quel me baciare il ragazzino. Oltre a delle piccole fosse nere e le ossa poco più sporgenti; nascondevo anche quello al mio amore, perché non doveva sentirsi minimamente responsabile di quella mia condizione. Perciò mi alzavo piano, mi facevo una doccia veloce per nascondere almeno in parte la stanchezza di una notte passata a guardare Jungkook dormire e, coricandomi di nuovo, aspettavo che si svegliasse esattamente come gli avevo promesso. E quel giorno non fu da meno, dopo aver fatto la solita routine, mi distesi nuovamente accanto a lui, toccando la sua mano quando vedevo i suoi occhi muoversi freneticamente e aspettai che mi regalasse quel sorriso mattutino; quando i suoi occhi trovavano i miei. Ma entrambi non saremo mai stati pronti alla sorpresa che quel giorno aveva deciso di farci; forse nemmeno saperlo in anticipo ci avrebbe mai preparati a dovere perché i sentimenti che avevamo nei confronti di quelle due persone erano ancora vivi e ancora troppo carichi di rancore. Mentre Jungkook si allenava nella nostra palestra ed io parlavo con il giardiniere per far sistemare quel prato che odiavo ma necessario, quella macchina che avrei riconosciuto anche fossi stato cieco, entrò lenta dentro il nostro perimetro. Sapevo chi vi fosse dentro, così come sapevo che l'unico a conoscere la nostra casa fosse quel figlio di puttana di un Kim bastardo. - Per favore, torni domani. - dissi al signore accanto a me. Sapeva chi fossi e aveva inteso il mio cambiamento di umore, fece un inchino e si dileguò neanche avesse avuto un razzo attaccato al culo. Mi avvicinai al capanno degli attrezzi e presi una Beretta 98 A1 infilandola tra il jeans e l'addome, in bella vista; non ci fu il tempo di chiamare il mio uomo perché entrambi scesero dalla macchina, tenendosi per mano e senza alcun tipo di protezione. Non erano qui per usare le maniere forti ma comunque non abbassai la guardia. - Scusami se non abbiamo avvisato ma non ho avuto modo di contattarti. - "sentire i suoi gemiti con quella sua voce così bassa e vibrante." Quelle parole mi colpirono in pieno stomaco facendomi boccheggiare. - Non è gradita la vostra presenza qui e se non potevi contattarmi era per un motivo ben preciso, non voglio essere trovato. - fui ancora più gelido di come Taehyung era abituato e il suo gesto, quello di fermare la sua camminata, me lo fece intendere chiaramente. - Jimin siamo venuti in pace, solo per parlare. - Yoongi era calmo, come non lo era mai stato. Seppur sempre con la stessa faccia, lo vidi cambiato; più bello anche di come lo ricordavo. - Non capisco perché date sempre per scontato che io voglia farlo, quando preferirei non vedere le vostre facce di merda soprattutto sul mio prato. - dissi velenoso. Tae abbassò gli occhi ferito, che faccia tosta mi dissi; Yoongi sospirò come se sapeva già di partenza quale sarebbe stata la mia reazione. - Ti prego hyong, voglio parlare con te e con Jungkook. - "come avrei voluto insinuarmi in lui nella sua grande bocca" altro pugno ben assestato. Il nome del mio amato sulla sua bocca fece salire un ringhio così udibile e prepotente che Yoongi si mise davanti al suo bastardo, perché oltre al Mio Jungkook, solamente lui conosceva cosa voleva significare. - I nomi ragazzino, non pronunciarli con così tanta facilità perché può essere pericoloso e il tuo succhia cazzi lo sa benissimo. - e fu piacevole vedere in Yoongi una reazione, arricciò il naso stringendo i pugni. Davanti la porta finestra, misi un piede dentro lasciando l'altro fuori: - Jungkook! - urlai ed ero più che sicuro che avrebbe anche inteso il mio tono di voce.

𝐵𝓁𝒶𝒸𝓀 𝒮𝒽𝒶𝒹𝑜𝓌  *𝒥 𝒥𝒦. & 𝒫.𝒥𝓜*Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora