* La forza del cuore *

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Jungkook Pov

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Jungkook Pov

Tutto taceva al di là della porta della mia stanza, ogni cosa sembrava immobile come se la vita scorresse dimenticandosi di me; anche i messaggi e le chiamate di Jimin smisero di far vibrare quel cellulare che non ebbi nemmeno la forza di toccare. Di tanto in tanto sentivo qualcuno avvicinarsi alla mia porta per poi ritornare da dove era venuto ed era meglio così, non volevo che qualcuno mi vedesse in quel modo ed anche quando sentì Namjoon e Jin discutere non mi interessai perché, se non ero stato chiamato, voleva dire che non erano affari che mi riguardavano e, anche quella sera, mi ributtai sul letto con Chopin che risuonava di sottofondo. Quelle note correvano, si cercavano, si nascondevano e rallentavano un po' come i sentimenti in me ed in qualche modo mi aiutava a tenerli sotto controllo, almeno fino al momento in cui San, mio devoto sottoposto e fratello minore dell'ormai defunto Kai, non mi contattò in piena notte. - Che succede San? - Domandai scocciato, non venivo mai contattato direttamente da loro se non per questioni davvero serie riguardanti i miei segugi. - Dove sei Kook... cristo... - aveva l'affanno, per qualche breve istante persi il contatto sentendo strani rumori ma poi tornò a parlarmi. - ... sangue... ovunque... Kook... Jimin... Dov... - Il segnale andava e veniva per poi cadere del tutto. Provai a ricontattarlo per capire cosa diavolo stava accadendo ma senza risultati tanto che il cellulare andò a frantumarsi sulla parete di fronte per l'impatto; in testa solo un nome pulsava mentre le palle iniziavano a girarmi, incazzandomi con me stesso e la mia codardia. Presi a fare avanti indietro tra quelle quattro mura quasi fosse diventato il mio passatempo preferito, per poi uscire da quella stanza sbattendo la porta che andò a creare un buco lì dove la maniglia si schiantò. Con passi lunghi e veloci raggiunsi lo studio di Namjoon che sembrò decisamente sorpreso nel vedermi ancora in vita. - Dove? - dissi, andandogli sopra e puntandogli una delle mie rivoltelle in fronte. Lo sovrastai col mio peso inchiodandolo a quella dannata scrivania che non lo avrebbe protetto per sempre: - Dimmelo... - lo intimai a bassa voce ma lui preferì tacere facendomi disconnettere dalla realtà. La mia mano andò a stringergli quella perfetta giugulare che si ritrovava mentre la canna della pistola gli finì in bocca non appena essa si aprì in cerca di aria. - Ricorda Namjoon... mai calpestare la coda ad un randagio... - Con quella frase pronunciata quasi come una sentenza, uscii da quella stanza da ricconi ripulendo la mia piccola sporca della saliva velenosa di quell'idiota, dirigendomi verso quella di Jin sapendo che, sicuramente, aveva l'informazione che volevo e così fu. Non appena aprii la porta vi era la posizione esatta dello scontro segnata su di uno schermo con tanti piccoli puntini lampeggianti che segnavano la posizione dei suoi occhi. Non dissi nulla, lo guardai con sufficienza per poi portarmi in garage prima che qualcuno potesse fermarmi.

Grazie al poco traffico che caratterizzava le strade di Seoul in quelle ore notturne, riuscii a raggiungere il luogo in meno di 15 minuti e non ci pensai due volte a brandire le mie piccole portatrici di polvere da sparo, pronte a scaricarsi sui primi malcapitati. Riconobbi subito San in quella mischia di corpi, sangue e sporcizia andando a conficcare una pallottola nella nuca del suo avversario richiamando la sua attenzione. - Prendi i 10, il resto è tutta merda da pulire. - dissi freddo mentre con lo sguardo cercavo l'unica macchia di colore che davvero mi aveva portato a vivere ancora una volta. - Ma... hyong... - a quelle parole, posai i miei occhi pieni del nero che avevo nutrito in tutto quel tempo su quel ragazzo, facendogli capire chi era il capo in quel momento. - Una volta terminato il lavoro ritornate nel distretto di Gangdong. Richiama altri segugi lì e aspettate mie notizie... - Non mi importava che ci stessimo mettendo contro non solo i Black ma anche gli Shadow perché avevo capito che, quello, non era più posto per noi. Non era la nostra casa, non più, non dopo essere stati trattati da mercenari e messi da parte come fossimo carne da sacrificare e Namjoon aveva fatto proprio quello, trattarmi come carne da macello pronto ad essere fatto fuori non appena fossi stato scomodo come lo si fa con feccia insulsa. Credevo di avere una famiglia, un fratello forse, un collega ma ero solo una pedina in quel suo quadro egocentrico ed utopistico e questo non potei accettarlo. Lasciai San alla battaglia buttandomi con lui in quella mischia, facendo cadere uno dopo l'altro non solo Black ma soprattutto quegli spioni di Jin; ai miei occhi ognuno di loro era divenuto un nemico e non mi sarei fermato fino a quando non avrei ritrovato Jimin. Ma non ebbi alcun successo, iniziando ad impazzire mentre studiavo i movimenti di quei bastardi, nel tentativo di riconoscere la danza del combattere dell'uomo che amavo e che, nonostante tutto, avrei continuato a fare. Scaricai quasi tutti i caricatori, trovandomi costretto a combattere con le lame e farmi strada in quel mare di sangue e schizzi che Dio si divertiva tanto a pitturare sul nostro mondo e quando capii che, Jimin, non sarebbe stato tra le teste ancora in piedi il cuore si fermò. Così come il mondo ed il buio entrò in me esplodendo come una supernova, portando il mio corpo al limite, rendendomi cieco a chi mi trovassi davanti che quasi non feci fuori uno dei pochi mi sarebbero rimasti fedeli. - Merda... San... hai visto Jimin? - Lui non mi rispose, mi indicò solo un punto in lontananza dietro di me dove due corpi giacevano isolati mentre attendeva che gli togliessi quella lama dalla gola ed i miei piedi divennero piombo.

Perché? Perché non stava combattendo? Perché giaceva a terra immobile? E, come se la battaglia non imperversasse più intorno a me, mi avvicinai cauto a quei corpi e solo allora capii il perché non lo riconobbi subito: la sua sfumatura di rosa si era spenta portandolo a divenire blu come il cielo notturno. Non si muoveva, così come la mia galassia aveva smesso di roteare e nessuna lama avrebbe mai potuto eguagliare quel dolore che si tramutò in un groppo in gola e lacrime acide che premevano sui miei occhi. In rabbia più distruttiva di un'esplosione solare, portando con sé venti sferzanti di odio e distruzione che andarono ad intaccare il mio intero; corpo senza risparmiare nemmeno una particella di quella misera anima che mi ritrovavo. Mi accasciai accanto a lui notando le varie ferite e studiando il suo corpo, sorprendendomi di quel lieve e quasi impercettibile abbassarsi ed alzarsi del suo petto e la speranza si fece strada in me. Lo raccolsi da terra e solo allora notai Chan, altra merda da far fuori a tempo debito pensai, mentre tentavo di lasciare quell'inferno facendo un cenno a San che mi coprì fino alla moto. - Ce la fai? - Mi chiese aiutandomi a posizionare quel corpo inerme dietro di me. - Mi farò vivo il prima possibile... - Non aggiunsi altro e mentre con una mano tenevo ancorate le braccia di quel pazzo psicopatico che aveva intenzione di passare a miglior vita senza la mia autorizzazione, con l'altra guidai fino al suo... nostro appartamento a Jung. Correvo via da quello schifo, da quella vita che giocava ancora una volta con la nostra follia, portandoci all'autodistruzione; correvo perché non mi restava altro da fare chiedendo a Jimin un ultimo sforzo, di resistere quel po' che non avevo fatto altro che chiedergli: un altro po' del suo tempo.

Non mi preoccupai nemmeno di prendere le chiavi che sfondai con un calcio la porta facendola aprire di scatto, portando l'essere più importante del creato sul letto. Mi imposi di stare calmo e tener ferme le mani mentre lo spogliavo di quei sottili tessuti che lo fasciavano, andando a tamponare lo squarcio che aveva sul fianco ringraziando il cielo che nulla di vitale fosse stato toccato ma pregando il demonio di tenere in vita Chan per avere anche la sua anima sulla coscienza a tempo debito. Lavai, disinfettai, e ricucii quella ferita così come andai a riposizionargli la spalla lussata. Con le mani continuai a passare sul suo corpo in cerca di altri indizi che potessero rivelare altre ferite e fratture più gravi, trovando solo due costole incrinate sotto quell'ematoma viola che stava andando formandosi. Finalmente finii, posandogli una coperta sopra nella speranza che si risvegliasse presto mentre andai ad appoggiarmi al muro e chiedendomi se, in qualche modo, avessi potuto evitarlo ed il mio demone mi rispose affermativamente, cogliendo anche quell'attimo per tormentarmi. Avrei espiato le mie colpe, un giorno, e lo avrei fatto nell'unico modo che conoscevo ma fino ad allora sarei rimasto accanto a quel diavolo blu senza perderlo mai più di vista.





























°°[Nome: San
Luogo: Seul
Gang di appartenenza: Shadow
Stato: Braccio destro di Jungkook, assassino
Descrizione personaggio: Fratello di Kai, entra in azione quando quest'ultimo muore per mano di Jimin. Legato a Jungkook per qualcosa che è accaduta tanto tempo fa trovandosi nel luogo e nel momento sbagliato. Il più piccolo tra tutti spesso è molto viziato e gli si viene concesso di tutto, o quasi, molte volte nemmeno Jungkook riesce a tenerlo a bada. Non mostra alcun tipo di sentimento se non davanti a Kook, prende tutto come un gioco quasi a non voler crescere o forse perché ha iniziato da piccolo lo rende un bambino pericoloso.
Birth Name: Yoon Jeong Han
~ Seventeen~]°°

 Birth Name: Yoon Jeong Han ~ Seventeen~]°°

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