* Origini *

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Jungkook Pov

La Shadow sembrava stranamente calma in quei giorni, come se ogni cosa si fosse fermata, come se tutti stessero valutando rischi e vantaggi del ritrovamento del figlio legittimo di Kim Sik. Io stesso non sapevo cosa aspettarmi, se tutta la Shadow sarebbe rimasta accanto a Namjoon o se, qualche stolto, sarebbe insorto proclamando l'indipendenza. Sarebbero stati giorni di tensione quelli e Namjoon non perse tempo nel mandare più scagnozzi possibili per i nostri territori sperando di tenere tutto a bada. - Chan è ancora in giro? - chiesi, erano passati due giorni dal giorno del riscatto. - Si, ho delle questioni da... risolvere tra un po', Jin sarà con me. - mi rispose il capo sistemandosi davanti lo specchio il colletto della camicia, sinceramente mi aspettavo degli ordini, qualcosa che mi mettesse in azione ed invece nulla. Sarei dovuto essere in giro per quei territori a spargere terrore e sangue e non starmene in quell'appartamento del cazzo chiuso ad annoiarmi. - Nam... Senti... - provai a dire ma mi bloccò quasi avesse intuito i miei pensieri. - Ti voglio lontano dall'azione per ora... Almeno finché non riuscirò a zittire certe voci... rilassati... Gioca con le tue armi... Vai a scopare ma per amor di Dio resta lontano dalla strada. - non aggiunse altro ed uscì di casa seguito dal suo occhio ancora malconcio. Sentii rabbia ma allo stesso tempo curiosità per quello che mi aveva detto e sapevo che a stare li dentro sarei realmente impazzito. Per un po', girai per le stanze annoiato, provai qualche mitragliatrice e per un attimo mi venne in mente di prendere l'elicottero ma cestinai subito l'idea non appena mi ricordai del cellulare che mi aveva consegnato Jimin. Mi buttai sul letto,smanettando con quell'aggeggio, trovando un suo selca in galleria e risi come un idiota a quella inaspettata sorpresa; il ragazzo assassino aveva realmente fatto una foto per me? Provai a ricompormi dopo averla messa come sfondo e cercai il suo numero indeciso se mandargli un messaggio o meno, possibile che ogni volta che si trattava di lui non riuscivo a comportarmi normalmente? Possibile! Alla fine abbandonai il telefono sul comodino lasciando la mia mente vagare fin quando un nome apparve prepotente in essa: Taehyung. Finalmente sapevo come passare il tempo, scesi in garage, presi la mia piccola e mi avviai verso l'unico posto della Shadow che era stato dimenticato e dove, forse, avrei trovato delle risposte.

Quella casa non distava molto trovandosi in riva al fiume che divideva Seoul, una vecchia casa ormai piena di polvere ma, ogni cosa, rimase nella stessa posizione in cui fu lasciata; parcheggiai la moto nel vialetto per poi scassinare quella vecchia serratura arrugginita ed una volta dentro, mi sembrò di camminare in un'altra epoca. Quella vecchia dimora estiva venne abbandonata subito dopo la scomparsa di Taehyung che, in qualche modo, coincise con la nostra entrata in quella gang. Camminai lento per quei corridoi, su di una parete una foto attirò la mia attenzione. Vi erano raffigurati il Signor Kim e sua moglie, donna dalla bellezza introvabile e rara, aveva gli stessi grandi occhi di Tae; morì poco dopo la sua nascita sfortunatamente. Continuai a camminare per quel corridoio tra ragnatele e ricordi sepolti e mi chiesi cosa, quelle pareti, avrebbero potuto raccontarmi ma cercai di non farmi prendere dal lato sentimentale della faccenda. Ero lì solo perché annoiato, in una stanza trovai persino un pianoforte ed un violino, non credevo che quel vecchio pazzo si dilettasse anche con la musica oltre che con tante puttanelle. Risi a quel pensiero finché i miei piedi non urtarono una pila nascosta dietro un mobile, mi chinai e una volta tolta la polvere vidi che si trattava di un mucchio di fotografie; tante fotografie di tempi passati, di storie che non avrei mai conosciuto ma, specialmente, di Tae nei suoi primissimi anni. Era divertente vedere che, anche da piccolo, era un tipetto ribelle sempre a combinarne una: era un concentrato di bellezza materna e sregolatezza paterna. Feci per andare oltre ma una foto attirò la mia attenzione, era poco lontana da quel mucchio e in essa, il bambino dal sorriso quadrato su uno sfondo stranamente familiare, ed un flash mi attraversò la mente; fu così veloce che non riuscii a captarne i particolari.

"Ero piccolo, un dolce profumo di ciliegi, accanto a me Namjoon ed un uomo che non avevo mai visto, mi faceva paura e non mi piaceva ma Nam mi prese per mano sorridendomi." Che strano ricordo, altri frammenti lo seguirono: "per quelle strade a me sconosciute un bambino giocava con una palla, aveva capelli scuri e pelle ambrata. Rividi lo stesso bambino sorridermi, quanti bambini hanno un sorriso quadrato? - Vuoi essere mio amico? - mi chiese, poi un'ombra dietro di lui fece sparire quel sorriso che tanto mi piaceva. Per un attimo vidi paura nei suoi occhi che fu poi rimpiazzata con altro, con la voglia di lottare, col fuoco. Infine il vuoto."

Ritornai al presente con il cuore che correva ed una strana, fottuta consapevolezza. Strinsi quella foto forte tra le mie mani e la rabbia tornò in me più prepotente che mai, pronta a prendersi tutto quello che avevo da offrirgli; presi alcune di quelle foto, quella appesa al muro, ed altre scartoffie che riposi accuratamente nel mio inseparabile borsone. Uscii da lì trovando una calma così in contrasto con quello che sentivo dentro che quasi mi diede fastidio, così misi in moto e me ne tornai a casa. Inutile dire che passai le ore successive a scaricare ogni possibile cartuccia delle armi che avevo, scaricando ogni possibile caricatore sperando che il rumore di quel colpi sovrastasse il ronzio dei miei pensieri che non accennava a diminuire, al contrario, continuava a tormentarmi fin quando non sentii Nam e Jin rientrare. Mi fiondai fuori dalla mia stanza e con passo veloce andai a colpire Namjoon dritto sullo zigomo spaccandoglielo, dentro avevo confusione, più di quanta ne avevo normalmente. Non capii perché quella strana scoperta avesse intaccato così profondamente i miei pensieri ma avevo bisogno di risposte, forse anche sentirmi dire che non cambiava nulla, che non era colpa nostra, che quello era il destino e che noi non potevamo farci niente anche se, al destino, poco ci credevo. - Ma che cazz... - imprecò lui barcollando sotto il mio colpo e mi fermai pensando, per un attimo, a cosa sentivo realmente in me, perché non era rabbia, era qualche sfumatura un po' più opaca, delusione? Nemmeno... era impossibile dare un nome a quei miei sentimenti perché erano nuovi, mai sperimentati prima ed ebbi per un attimo paura. - Jungkook... che sta succedendo? - mi chiese lui visibilmente preoccupato, cercando di stabilire un contatto con me ma avevo solo voglia di spegnere tutto, almeno quella parte di me per ritornare ad essere il freddo Kook di sempre. Freddo Kook di sempre eh? hahaha... ed ecco che il mio demone stava nuovamente prendendosi gioco di me. - Conoscevo un bambino... da piccolo... che aveva un sorriso quadrato... - Non dissi altro ma Nam sembrò capire subito di cosa stessi parlando, come se anche lui sentisse in parte il peso di quella decisione sbagliata. - Rimedieremo. - disse, ma nemmeno lui sembrò crederci più di tanto mentre lasciava cadere lì quel discorso segno che non ne dovevamo più parlare. Rimasi fermo a guardare la sua schiena mentre, come suo solito, se ne ritornava nel suo studio ed ebbi, per un attimo, nostalgia del mio vecchio compagno con cui avevo condiviso ogni cosa e mi chiesi se c'era ancora dietro quella maschera da capo.

𝐵𝓁𝒶𝒸𝓀 𝒮𝒽𝒶𝒹𝑜𝓌  *𝒥 𝒥𝒦. & 𝒫.𝒥𝓜*Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora