La luce filtrava nell'infermeria in modo tenue, quasi come avesse paura a spingersi oltre. I centinaia di barattoli allenati ordinatamente sugli scaffali difronte a lei mandavano lievissimi bagliori, che tanto bastavano a mettere in risalto i contenuti a tratti bizzarri che il vetro lindo delimitava; le etichette, rigorosamente scritte in Rune, brillavano con i loro caratteri d'oro sotto i piccoli raggi, quasi come a collezzionare l'attenzione su di loro, mentre nascondevano, ambigue, parte delle cure che contenevano e delle quali portavano il nome.
Le pareti, viste prese in pieno dalla luce del sole, sembravano ancora più bianche e lucenti del naturale.
Rose sospirò, spostando lo sguardo sul giardino bagnato di rugiada di Hogwarts. Alla fine, aveva dovuto rimanere in infermeria per tutta la notte e il giorno dopo, prendendo sempre la pozione azzurrognola, dalla quale temeva che presto, se non avesse trovato un modo di controllarsi, avrebbe avuto una dipendenza.
Scirpius se ne era andato alle prime luci dell'alba, salutando in malo modo l'infermiera dai capelli neri, che, visto lo sguardo che aveva lanciato alle spalle del ragazzo, doveva essersela presa, e aveva sbattuto la porta con tale forza e ferocia che Rose si era sorpresa del fatto che non fosse caduto qualche pezzo di intonaco a macchiare il pavimento pulito.
L'infermiera le aveva lanciato un occhiata, come se le chiedesse se lei sapesse qualcosa; Rose aveva risposto con un timido sorriso e un alzata di spalle.
Poi le aveva detto che non poteva lasciare l'infermiera quel giorno, visto che non aveva notato miglioramenti da quando era entrata, e che la sua febbre al posto di scendere era salita, come se non avesse smaltito appieno lo stress.
Rose era stata lì lì per ribattere, ma poi aveva scrollato la testa e si era abbandonata alla tastiera del letto, reputando vano ogni tentativo di provare a negoziare.
Non era troppo sorpresa: la notte aveva iniziato a piovere in modo violento, tanto che il rumore delle piccole gocce che si infrangevano sul prato a un ritmo costante e regolare, era bastato a tenerla sveglia per tutte le ore al cospetto della Luna.
Anche quella notte, non era riuscita a chiudere occhio.
Nella mattinata, prima delle lezioni, era passato Albus, al quando sorpreso che la ragazza fosse ancora in quel letto; Rose gli aveva detto che avrebbe dovuto prendere appunti a tutte le lezioni anche per lei, visto che non voleva rimanere indietro.
Albus aveva sbuffato.
"Ovviamente" aveva detto con un tono scherzoso, lanciandole uno sguardo divertito. Le aveva mollato qualche Cioccorana e poi si era allontanato, una mano sempre a salutarla in modo giocoso, scomparendo dietro la porta pesante dell'infermeria.
Rose si era chiesta se Scorpius gli avesse detto del loro battibecco. Dal fatto che non le aveva detto niente a riguardo, ipotizzava che il ragazzo non me avesse fatto parola con il suo migliore amico. E Rose, per mantenere uno strano patto di riservatezza - e per ingraziarselo un poco - aveva deciso che neanche lei ne avrebbe fatto accenno con Albus.
Probabilmente, tanto neanche il Potter si sarebbe mai accorto che era successo qualcosa della quale lui non era a conoscenza.
Giusto dopo la trionfale uscita di Albus, la porta dell'infermiera si era aperta di nuovo, lasciando entrare una chioma castana rigorosamente legata in una coda alta da un laccino rosso. Rose aveva sorriso vedendo la sia migliore amica.
Alice aveva fatto solo una capatina veloce, sporgendosi quel tanto che bastava per riuscire a darle un bacio sul naso e augurarle una pronta guarigione - aggiungendo che James non sarebbe stato contento di ricevere la notizia che il suo portiere non poteva giocare la partita contro i Corvonero (nonostante quest'ultima fosse ancora molto lontana, anche perché non c'era stata neache la partita Serpeverde-Corvonero, che era la prima della stagione, e avrebbe aperto il campionato in uno stato di rivalità alle stelle.
Rose aveva assicurato che sarebbe riuscita a mettersi in sesto entro quella data ancora molto in là.
"Speriamo" le aveva risposto Alice a mezza voce, pervadendo Rose con una certa ansia assopita e quasi invisibile che si mischiava all'angoscia.
Quando Alice si era voltata, Rose era stata sul punto di bloccarla e raccontarle ciò che era successo la notte prima con Scorpius ma, all'ultimo, le era mancato il coraggio.
Era rimasta semplicemente ferma, impassibile, mentre osservava la porta che si chiudeva con un tonfo sordo dietro le spalle della migliore amica.
Ora, Rose stava armeggiando con il copriletto bianco del suo letto, che si sommava al lenzuolo per dare un livello di calore al suo corpo molto alto, legandola quasi in modo più fermo che con delle corde. Era annoiata.
Non aveva nessun libro da leggere, e si era dimenticata di chiedere a qualcuno di portarle i libri di scuola per avvantaggiarsi con i compiti.
Dopo Albus e Alice, non era passato più nessuno.
Rose chiuse gli occhi, poggiandosi sulla tastiera del letto e scivolando più dentro a esso, sotto le coperte che la scaldavano in modo confortevole.
Doveva essere a metà della terza ora di lezione, aveva sentito la campanella suonare piú o meno un quarto d'ora prima, e, dopo il trambusto infernale e fastidioso dello scalpiccio degli studenti che viaggiavano veloci sul corridoio - e che aveva irritato anche l'infermiera, che si era sporsa dal suo studio con aria contrariata, lo shignon ancora rigorosamente legato sulla sua testa (Rose ci mise un po' a capire che non era un arrabbiatura a livello personale, ma che era semplicemente preoccupata che potesse disturbare lei) - era tornato un silenzio tombale, interrotto solo da qualche mosca che volava qua e là, e da un paio di fantasmi che chiacchieravano sottovoce fra i corridoio, fluttuando a qualche centimetro dal pavimento di mattoni.
Rose si passò una mano sulla fronte, provando a indovinare un po' a naso un po' per esperienza - Era sempre stata lei a occuparsi di Hugo quando era malato, sia che fosse una semplice febbre che una preoccupante polmonite - quanto fosse alta la sua temperatura.
Scottava terribilmente; Rose si chiese se, per caso, non avesse anche il volto rosso e accaldato per via del malanno.
Sospirò. L'infermiera non l'avrebbe lasciata andare tanto facilmente, se la sua temperatura non si decideva a scendere.
Eppure...a lei sembrava di stare bene.
Certo, le girava un po' la testa, e lo sguardo aveva conservato una visione sfocata del mondo, ma, a parte questo, si sentiva come tutti i giorni.
Non esageratamente bene, non esageratamente male.
Era solo un po' accaldata.
Rose si passò una mano sulle palpebre chiuse, pensando a quale fosse un modo per fare abbassare velocemente la sua temperatura.
Per un po' aveva anche pensato di ingannare l'infermiera, facendosi un breve incantesimo per far credere che fosse tornata della sua temperatura normale, e poi se ne era pentita amaramente.
Non era giusto nei confronti della donna; avrebbe preso in giro tutti i suoi anni di studio. E, poi, data comunque la sua esperienza in campo di febbre e ragazzini, con alte probabilità l'avrebbe sgamata subito, mascherando il suo doppio gioco e facendola vergognare e mortificare per come l'aveva trattata.
Rose lasciò cadere la mano sul materasso. L'infermiera le sembrava troppo gentile per poter utilizzare un suo ipotetico errore di valutazione come mezzo di imbarazzo.
Però tutto era possibile.
Guardò pigramente fuori dalla finestra, dove i raggi solari si infrangevano cordiali sulla superficie del Lago Nero, scomparendo oltre le sue acque scure, che si increspavano e ringinfiavano a tratti dettati dai desideri e dalle voglie della Priova Gigante.
Le goccioline di pioggia ancora ancorate ai fini d'erba, che non erano svanite con l'addio delle nuvole, brillavano sotto i raggi del sole, collezzionati nello spazio azzurro delimitato dalla finestra intagliata.
Rose intravide il Capo da Quiddich, dove una squadra - probabilmente Corvonero, anche perché credeva che avessero preso un permesso aggiuntivo per riuscire ad occupare il campo - si allenava in sella alle scope, stagliandosi come indistinte figure nere contro lo sfondo chiaro del cielo.
Vide distrattamente il Boccino d'Oro che volteggiava tranquillo nel cielo, nella sua scia luminosa, e un ragazzo dargli dietro.
Rose non si concentrò troppo li.
La Cercatrice non era il suo ruolo nella squadra. Per quello c'era Alice.
Lei si concentrò in mezzo al campo, dove c'era un alto tasso di azione, e i Cacciatori si muovevano agili nella loro forma indistinta passandosi la Pluffa, che disegnava la sua traiettoria come una scia rossa, sottolineando il suo passaggio in modo lento e continuo.
Si avvicinavano sempre di più a un Portiere, passandosi la Pluffa in lanci sempre più rapidi e frequenti, che sembrava sul punto di potersi gettare in tutte le direzioni pur di proteggiere gli anelli - Rose lo sapeva, perché avrebbe fatto la stessa identica cosa.
Erano arrivati a meno di un paio di metri da lui, in una formazione a triangolo. Rose non riuscii a capire quale dei componenti avesse la palla, ma era un dettaglio che non le importava.
Si tirò su a sedere, osservando con attenzione e con sempre maggior ansia la sfida. Aguzzò lo sguardo, cercando di bypassare la distanza che la separava dal campo da gioco.
Anche se era solo un allenamento - e Rose era cosciente di ciò - le metteva un certa eccitazione il risultato.
Forse perché anche lei era un Portiere, e sperava vivamente che il ragazzo riuscisse a parare.
La Pluffa lasciò le mani del Cacciatore di mezzo, e descrisse un alto cerchio nel cielo. Si alzò, stagliandosi contro il cielo azzurro con un rosso fuoco straordinariamente accesso, e tagliò l'aria con una precisione impeccabile, puntando dritto all'anello di destra.
Il portiere, veloce, scese in picchiata, puntando dritto verso la palla.
Rose trattenne il respiro.
Il giocatore era a meno di mezzo metro dalla Pluffa, mentre questa era sul punto di centrare il cerchio dorato della porta.
Rose si sporse in avanti.
Para...
Le due figure si sovvrapposero, e, all'improvviso, proprio mentre stava per cedere chi avesse vinto la gara di velocità, se il ragazzo o la palla, un rumore sospetto dietro di lei la fece sobbalzare di scatto, facendole perdere il resto della scena.
Rose, il Quiddich completamente uscito dalla sua testa, si voltò di scatto, i capelli crespi e rossi tagliati a freccia fendettero l'aria, ricadendole oltre le spalle in una serie di nodi disordinati.
Rimase abbastanza sorpresa quando i suoi occhi azzurri incontrarono quelli scuri di suo fratello.
Hugo rimase un attimo bloccato sull'uscio, in una specie di timidezza infantile, la porta che copriva gran parte della sua figura esile.
Le lanciò un occhiata, come per farle capire che, girarsi in quel modo solo per aver sentito un rumore, gli sembrava esagerato.
Rose arrossì, abbassando lo sguardo.
"Hugo" disse; gli sorrise "che ci fai qui?"
Lui inarcò un soppracciglio.
"Sei finita in infermeria" disse ovvio, sorpassando la porta in legno e entrando nella stanza bianca che parve metterlo a disagio, visto lo sguardo perplesso che lanciò a tutto quel pulito a cui, Rose ne era certa, non era abituato; Richiuse la porta alle sue spella con una smorfia "venire mi sembrava il minimo"
Rose cercò di non essere troppo compiaciuta e commossa dalla frase - sapeva che a suo fratello avrebbe fatto fastidio qualsiasi sentimentalismo - e sorrise di più, spostandosi di lato sul letto.
"Sto bene" disse calma, cercando di rassicurare il fratello "non ti preoccupare"
"Non mi preoccupo" ribatté secco Hugo, ma nel suo tono era abbastanza evidente un certo sollievo.
Rose lanciò un occhiata fuori dalla finestra, cercando di riprendere la partita da dove l'aveva persa, ma cercare di capire se il Portiere avesse parato o meno era una certa impresa: il gioco era riniziato, e il momento era andato perso per sempre.
Rose cercò di non dare troppo peso a una vaga e amara delusione che si stava lentamente formando nel suo petto.
Le sarebbe piaciuto sapere come andava a finire.
Hugo, intanto, le era arrivato al fianco, sedendosi su una sedia li vicino e osservandola in modo appena più strano.
Rose si rigirò verso di lui, guardadolo eloquente.
"Ho visto Albus e Alice nei corridoi" disse il ragazzino, sistemandosi meglio sulla seduta; le lanciò uno sguardo di sbieco "si stavano ancora punzecchiando sulle partite di Quiddich"
"Tipico" commentò Rose, sospirando.
"Già. E pensare che Alice crede davvero che voi Grifoni-Coglioni vinciate il Campionato" Rose gli lanciò un occhiataccia "Grifondoro" si coresse Hugo, alzando gli occhi al cielo "Grifondoro..."
"Come vanno i tuoi allenamenti? La squadra di Serpeverde in generale?" Domandò Rose, cercando di cambiare argomento: aveva visto qualcosa afflosciarsi negli occhi di suo fratello.
"Oh. Ci stiamo allenando bene, credo" Hugo le lanciò un occhiata confusa "Albus ha iniziato a prendere il Boccino nel giro di dieci minuti, Scorpius invece riesce a mandare più Pluffe negli anelli di chiunque altro...Medelain" Hugo fece una lieve smorfia al nome, arrossendo lievemente sulle orecchie, forse per rabbia o imbarazzo (o entrambi, più probabilmente) e Rose si ricordò del fatto che i due avessero litigato tempo prima, e dell'episoodio ben poco piacevole che aveva chiuso la riunione dei Prefetti "schiva i Bolidi" continuò Hugo, non più eccitato come prima "con una velocità impressionante e-" Hugo si drizzò imporvvisamente su sulla sedia, come se avesse preso una scossa; le lanciò un occhiata a metà fra l'accusatorio e il cagnesco "non vuoi mica sapere le nostre strategie, vero?"
Rose sorrise. Alle volte suo fratello si faceva troppe paranoie.
Deve essere qualcosa di famiglia, allora.
"Certo che no." Disse.
Hugo la guardò ancora qualche attimo sospetto, come se non le credesse, poi si strinse nelle spalle e continuò "e io sono migliorato come portiere. Molto.
Penso di essere anche più bravo di te"
"Anche più bravo di papà?"
Fu come se qualcuno avesse lanciato a Hugo un Incanto Petrificus. Il ragazzo si irrigidí, perdendo tutto lo scherzo e il giovanile negli occhi, che si spensero, lasciando che dalle iridi scure defluisse la maggior parte delle emozioni.
Rose si pentii un attimo di averlo detto, poi cercò di convincersi che aveva fatto bene. Non c'è la faceva più a sentire suo padre e suo fratello litigare in continuazione, come se non riuscissero a stare nella stessa stanza.
"Di certo non ho ereditato le mie doti da lui" soffiò Hugo, il tono molto più cattivo di come era stato un attimo prima; le lanciò un occhiata da sotto il ciuffo rosso, che si era appiattito sulla sua fronte come se qualcuno vi avesse messo sopra della lacca.
Nelle iridi marroni sembrava ardere un fuoco di rabbia.
Rose sospirò, mettendosi un po' più dritta sul letto.
"Hugo..."
"No!" Sbraitò lui, a voce tanto alta che Rose temette l'infermiera venisse a dare un occhiata a cosa stesse succedendo "no, Rose, non dire niente! Non chiedermelo nemmeno!"
Rose lo guardò seria.
"É nostro padre..."
"Non voglio avere niente a che fare con lui! Niente che vada oltre lo stretto necessario per un padre e un figlio"
Hugo rimase in silenzio, guardadola per diverso tempo; aveva il respiro un po' pesante, come se parlare gli fosse costato un grande sforzo.
Rose mantenne un espressione contrariata e sincera, che parve irritarlo; Hugo girò il capo davanti a lui, a scatti rabbiosi, appoggiandosi al muro dell'infermeria e incrociando le braccia al petto. Aveva lo sguardo fisso, e i capelli rossi tanto piatti da sembrare uno scivolo.
Rose rimase ferma, senza proferire altro, meditambola.
Non voleva parlare in modo avventato.
"Lui non ti odia" disse infine Rose.
Hugo le lanciò un occhiata scettica.
"Ma davvero? Che peccato...perché io si"
"Non puoi odiarlo" disse calma lei, prendendo un tono più dolce; allungò una mano verso la spalla del fratello, che non si ritrasse "é tuo padre, ti vuole un bene che nemmeno immagini"
"Non ho mai detto che odio lui" sussurrò Hugo, senza guardarla.
Rose sbarrò gli occhi, ritraendo la mano di scatto, sconvolta.
"Hugo..."
"Rose-"
"Non puoi odiarti" disse Rose, guardando sempre più allucinata il fratello "non..non é stata certo colpa tua! Non potevi sapere cosa...
Oh, insomma Hugo, non puoi essere così stupido da colpevolizzarti"
Hugo le lanciò un occhiataccia, balzando in piedi.
"Secondo te sono stupido?" Sibilò piano, assottigliando lo sguardo "secondo te non so cosa si prova? Sai almeno cosa voglia dire essere considerati - ed essere per davvero - uno stupidissino errore? Sai almeno come ci si sente? No, non lo sai!
Non sai come sto!"
"Tu non sei un errore" mormorò Rose piano, ma in modo tanto deciso che parve gettare una secchiata d'acqua sulla rabbia di Hugo. "Sapevo che non dovevi leggere quel libro, ti ficca in testa idea balorde, stupide e sbagliate"
Hugo fece una smorfia, decidendo di non commentare sulla parte del libro; ma la guardò appena un po' più sorpreso, sgranando gli occhi. Raddrizzò la schiena, osservandola inclinando la testa di lato.
"Questo é quello che pensi tu"
"Questo é ciò che dice la ragione" ribatté Rose, severa.
Hugo le lanciò uno sguardo di scettica eloquenza, scuotendo la testa come se fosse sicuro al cento per cento delle sue parole. Sospirò, rimettendosi calmo e tranquillo sulla sedia.
Rose non disse niente, limitandosi a osservare il fratello sotto la luce del sole. Aveva la pelle più pallida del solito, quasi quando quella di Scorpius, e le lentiggini arancioni che costellavano il suo viso conferendoli un aria infantile a prima vista, ma che andava distrutta non appena si incrociavano i suoi occhi scuri, sembravano stranamente spente, vuote, non brillanti e piene di vita di come Rose le aveva sempre viste. Il labbro superiore era screpolato, mentre quello di sotto spaccato, come se Hugo se lo fosse morso a forza.
La pelle sotto gli occhi era scura, e si raggruppava un profonde borse violacee visibili solo da uno sguardo attento. O da uno a cui fregasse qualcosa della salute di Hugo.
Anche lui sembrava nervoso.
Allora deve essere davvero qualcosa di famiglia pensò Rose; continuò a squadrarlo inclinando la testa di lato speriamo che non finisca qui dopo di me.
Rose si appuntò mentalmente di prendere nota della pozione che aveva preso, per consigliarla al fratello se si fosse accorta che c'è ne era bisogno.
A un tratto, mentre Hugo faceva un lieve movimento con la testa e i suoi capelli rossi riflettevano la luce del sole in macchie ramate, Rose fu colta da un improvvisa rivelazione.
Si diede della stupida per non essersene resa conto prima.
Solo ora si rese conto di una cosa fondamentale, e che avrebbe dovuto saltarle all'occhio subito.
"Ehy" sbottò severa, facendo sobbalzare Hugo, che la guardò a bocca aperta "ma tu non dovresti essere a lezione?"
Hugo sorrise, lanciandole uno sguardo divertito.
"Giusto" disse "me ne ero dimenticato"
Rose alzò gli occhi al cielo, passandosi una mano sugli occhi.
Sospirò.
"Hugo..."

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In The Name/ Scorose.
FanfictionTutti concordano sul fatto che Rose Weasley é una delle persone più buone al mondo: sempre gentile e altruista con tutti ( e con tutti, ovviamente, comprendo anche gli animali, dai più piccoli e innocui ai più grandi e pericolosi) pensa prima alle n...