Le risate riempivano il giardino della Tana come un suono gioioso. Erano piccole, leggiadre e innocenti, pure come il bianco del loro timbro; volazzavano nell'aria come campanelli acuti; cavalcavano in groppa alle correnti fresche tutto il giardino, sfiorando i tenui fili d'erba e mangiando la distanza che li separava dalle madri; vibravano contro il leggero vento che soffiava in quel giorno di piena estate; scricchiolavano lanciando il proprio suono come una fionda attraverso il vuoto intorno a loro; e si ribaltavano, storcendosi come per fare dei salti mortali e arrivare prima alle orecchie delle donne; che guardavano la scena commossi e felici. Eppure avevano tutte un fondo di ansia e preoccupazione dietro le iridi sulla facciata allegre.
E il sole, alto in quel modo come una grossa palla gialla nel cielo, ne illuminava a tratti la causa, come una monetina che brilla sul fondo di una fontana.
"Guarda" Fleur fece un cenno col capo verso tre bambine "stanno sempre insieme. Si divertono tantissimo, e ogni volta che torniamo a casa Domi non vede l'ora di tornare dalle sue cugine. Sono amicissime." Sospirò "spero che a Hogwarts finiscano nella stessa Casa.
O, almeno, che riescano a conservare il loro rapporto anche con colori diversi per cravatta"
"Oh, Fleur, come sei drammatica!" Esclamò Angelina, ridendo "hanno appena quattro anni! Di tempo per stare insieme c'è ne é"
Fleur fece un sorriso di scuse. (Uno di quelli che lei, all'inizio, odiava: da francese viziata) "Penso al futuro" si difese piano, bevendo - bagnandosi le labbra, sarebbe più corretto - il suo succo.
"E a ragione" intervenne Audrey, sorseggiando il succo d'arancia che aveva in mano, e tendendo sempre d'occhio le sue figlie "non si può vivere senza pensare a ciò che succedere a breve o a lungo termine.
Bisogna sempre pianificare tutto" annuii con convinzione, ricevendo in risposta uno sguardo di supporto da Fleur e un alzata di occhi da Angelina.
"Sono d'accordo." Disse la prima, guardando la secondo genita "Se non lo facessimo poi saremmo impreparati alle sfide che la vita ci pone davanti, no?"
Come se certe cose possano essere prevedibili. Pensò Ginny, trattenendo uno sbuffo. O ci si possa preparare a certi eventi. Non importa quanti piani si fanno, quante variabili possiamo valutare: niente di preparerà al dolore e alla furia gelata della morte.
"Tu che ne pensi, Ginny?" Domandò Hannah, voltandosi verso di lei con un sorriso felice sopra il volto paffutello.
Ginny sobbalzò, rendendosi conto che la concentrazione delle altre si era spostata su di lei. Che le altre necessavano di una sua opinione.
Miseriaccia. Non potevano continuare i loro discorsi senza fare domande? Ginny avrebbe apprezzato di certo molto di più. Ma perfino nelle sue fantasticherie passare un pomeriggio con le mogli dei suoi fratelli e amici senza dire niente risultava strano e impossibile.
Sperarci addirittura nella realtà era solo creare una stupida utopia.
Ginny sorrise, mandando velocemente giù un lungo sorso di succo di' arancia.
"Credo che dobbiamo goderci il presente" rispose, abbassando il bicchiere "non si sa mai che possa cambiare da un momento all'altro, senza che nemmeno c'è ne accorgiamo" aggiunse sotto voce.
La faccia di Angelina mutò in una nota di disappunto, vagamente indispettita da quel cambio di argomento; Fleur fece una faccia dispiaciuta, mentre Audrey abbassò gli occhi.
Solo Luna le fece un tenue sorriso, comprensiva.
"Ti manca, vero?" Chiese tranquilla. "Anche a me"
Angelina mosse nervosa una mano in aria. Forse voleva lanciare segnali per dire di stoppare quell'argomento sul nascere. I bambini potevano sentire.
Era così che si giustificava sempre.
Cazzate. Lei non voleva dispiacersi a pensare di Hermione.
"Anche a me" Hannah sospirò, spostando gli occhi più avanti, spingendoli verso due bambini che giocano all'acchiaparella "da morire"
"Si. Beh. Anche a me" mormorò Angelina. Poi scosse la testa "ma é passato più di un anno. Ormai é andata. Basta parlarne"
Ginny la guardò. Per lei era impossibile anche solo pensare in certi termini. Figuriamoci dirlo ad alta voce e crederci.
"Già. Dimentichiamo Hermione senza battere ciglio" commentò Fleur, scoccandole un occhiata di fuoco.
Le guancie scure di Angelina si tinsero di un lieve rosso. "Non era questo che intendevo." Disse "e lo sai bene"
"Hai fatto intendere male, allora" disse Ginny, fredda. Guardò Fleur, comunicandole un breve 'grazie' con gli occhi. Ecco, era questo che apprezzava della moglie di Bill: che, stranamente, era diventata impresentabile all'argomento Hermione, e la difendeva ogni volta che qualcuno dichiarava anche solo lontanamente un qualche demerito nei confronti della defunta.
Probabilmente, era anche quello che le aveva fatte legare. Il dovere di dover fronteggiare un dolore comune.
Dopotutto, Hermione, con tutti quegli anni passati insieme, si era fatta amare da tutti.
Fleur inclusa. Anche se non erano certo partite con il piede giusto. Ma, andiamo, chi con Fleur era partito con la mossa giusta?
Probabilmente nemmeno Bill, visto quando la francesina fosse suscettibile.
"Ginny" la testa di Angelina si alzò verso di lei, in uno scatto preoccupato "io..."
"Io niente!" Le abbaiò contro Ginny, sotto voce.
Audrey smise di guardare le sue figlie. Spostò gli occhi su Ginny, rifilandole un occhiata di rimprovero dalle iridi verdi che si confondevano con l'immensa distesa di prateria intorno a loro.
"Ginny" disse secca "ci sono dei bambini"
Ginny sbuffò. "Ma non mi dire" fece, roteando gli occhi "sono poccoli. Mica capiscono"
"Non tutti" ribatté piano Hannah, guardando con la coda dell'occhio Alice e Albus giocare "alcuni sono abbastanza grandi da poter capire.
Teddy, ad esempio." Ginny inarcò scettica un soppracciglio "o anche Vic" aggiunse Hannah, voltandosi all'improvviso verso Fleur, in cerca di supporto.
"Victoire sa tutto" ribatté Fleur con orgoglio "noi, a casa, non abbiamo tabù. Diciamo le cose come stanno, senza nascondere niente. Non si impressiona certo per queste cose." concluse, bevendo una lunga sorsata.
A Hannah sfuggì una smorfia di pentimento. "Ah."
"Secondo me é giusto parlarne" disse Luna, la voce trasognata come sempre. Abbassò il suo bicchiere, e fissò le altre con gli occhi azzurri accesi, i capelli biondi raccolti in una cosa mossa dal vento. "Se no sarebbe come dimenticarla, no?"
"Appunto" asserii Ginny, nello stesso momento che Angelina diceva "non é affatto così!"
Ginny si voltò di scatto verso di lei, i capelli rossi che volevano in tutte le direzioni come fiamme sospese nel vento. Incontrò gli occhi scuri della donna socchiusi. Angelina serrò le labbra in una gara di sguardi.
"Vorresti che non ne parlassimo, vero?" Soffiò Ginny, lo sguardo tagliente "far finta che non sia mai esistita? Certo, per la tua famiglia perfetta pensare a una donna morta toglie molto tempo al divertimento, no? Meglio lasciare che vada tutto al dimenticatoio, lasciamo che il suo ricordo vaghi via dalla mente e scordiamoci dell'amica reale che abbiamo perso, così la morte avrà definitivamente vinto. Così non staremo più male, vero?"
"Non intendevo questo..."
"E allora cosa intendevi, sentiamo!" Esclamò Ginny, muovendo tanto bruscamente la mano che il succo d'arancia le si versò in una o due macchie sul vestito rosso che portava. Ginny lanciò uno sguardo alla stoffa macchiata e fece una smorfia. Poi riportò gli occhi su Angelina, più furiosa che mai. "Allora?" Incalzò "cosa volevi dire dal così tanto spessore morale che io ho frainteso?"
"Io..." Angelina esitò.
"Visto?" Commentò Ginny, tanto secca che Hannah trasalii "Tu non vuoi pensarci perché vuoi dimenticarla. Ti fa male, e quindi pensi che togliendola dalla tua mente smetterai di sentirti addolorata."fece una smorfia guardandola. Poggiò il suo bicchiere, ormai vuoto, suo tavolo rotondo. "Complimenti" disse "questo é il perfetto ragionamento degno di una bambina di cinque anni"
"O anche meno" borbottò Fleur a bassa voce, facendo sorridere Ginny.
Se ci fosse stata Hermione, la donna avrebbe riso di gusto. Sarebbe stata fiera della bionda.
Il sorriso le morii sulle labbra.
Lei non era lì.
"Non penso assolutamente questo" ribatté Angelina, infervorandosi "dico solo che non credo basti non parlare di Hermione per dimenticarla. É un ricordo troppo vivido e indelebile in noi per essere cancellato da questa svista.
Magari. Così non soffrirei nemmeno più la sua mancanza.
Ma la soffro ancora, Ginevra. E solo perché non lo strillo ai quattro venti non vuol dire che me la passo meglio di te"
Ginny serrò le labbra, infastidita. Stava per dire che lei non 'sbatteva ai quadri venti' il suo dolore, che lo conservava in intimo, lo teneva come un peso personale sul cuore che sopportava in silenzio per tutta la giornata, e che poi lo lasciava andare in uno sfogo che si traduceva in lacrime gridate verso il cuscino; ma si interruppe appena in tempo da capire che, quello, non era certo il momento migliore per dire quanto la sua migliore amica Hermione Granger le mancasse.
Ron passò dietro il tavolo in quel momento, alle spalle di Angelina.
Ginny sbiancò. Ci mancava solo che suo fratello, che non aveva ancora superato bene il tutto della moglie, la sentisse parlare di Hermione in quei termini.
Di certo non avrebbe contribuito alla sua salute mentale. O morale.
Angelina non lo vide, ma dovette intuire dall'espressione ammutolita di Ginny quello che era successo, come fecero Fleur e Audrey, entrambe di spalle al rosso.
Luna e Hannah, invece, di fianco a Ginny, lanciarono uno sguardo triste e preoccupato al ragazzo.
Ron si accorse del loro silenzio. Si voltò verso il tavolo, le sopracciglia aggrottate in una espressione confusa.
Ginny sentii Hannah trattenere il fiato. Sbuffò internamente. Quella donna non sapeva proprio mantenersi concentrata in situazioni di altro stress.
"Ron!" Fleur, invece, sfoggiò la sua più totale maestria nel controllo delle emozioni, eredità probabilmente dei suoi geni francesi. Agitò una mano in aria e lo salutò, la calma che diceva espressamente che non stavano nascondendo un accidente, quando invece era proprio così.
Ron sbatté le palpebre. La guardò, poi fece un limitato cenno del capo e si allontanò da loro. In silenzio, senza dire niente.
Ginny fissò la sua figura allontanarsi con il cuore stretto in una morsa di dispiacere. Se c'era una cosa che la rammaricava di più per la morte di Hermione che non fosse il totale senso di vuoto attanagliante che l'affliffeva come una fiamma dentro il petto, era proprio suo fratello. La reazione di Ron alla morte della moglie.
Ginny lo aveva sempre visto, sempre capito, quanto quei due si amassero.
Ci era arrivata anche prima di Hermione. Aveva capito subito ciò che suo fratello provava per lei e, all'inizio, era stata triste per lui.
Lo credeva un illuso. Pensava che non avesse speranze che Hermione e che lei, di conseguenza, gli avrebbe spezzato il cuore.
Ma lei lo pensava per motivi più che validi: nonostante Hermione non possedesse la sua bellezza folgorante era comunque una ragazza abbastanza ambita nella scuola.
Con tutto quello che valeva, Ginny aveva sempre creduto non si sarebbe mai accontenta di Ron.
Invece lo aveva fatto. Lei era testimone.
Aveva visto la sua migliore amica innamorarsi di suo fratello. Prima piano, confusamente, senza quasi che Hermione capisse cosa le stesse succedendo. Cosa era quella voglia di vederlo, di passare sempre il tempo con lui, quella strana sensazione a livello dello stomaco, il desiderio di stringerlo fra le braccia...
E poi di botto. Aveva capito quanto lo amasse quando era andata vicino a perderlo, la vita che scivolava via dalle sue membra e lei non poteva fare niente, se non aspettare.
Quando Ron aveva bevuto il veleno destinato a Silente, ed era stato a un passo dalla morte. Ecco. Ginny aveva letto nello sguardo di Hermione una consapevolezza, una paura che andava oltre quella per se.
Il completo egoismo che l'abbandonava, e lasciava il posto a qualcosa di più puro e semplice:
L'amore.
Ron e Hermione erano state l'uno per l'altra il vero grande amore.
Quello per cui stai sveglia la notte, che ti fa tornare a quando ai quindici anni con tutte le tue incertezze, quello che rende deboli e vulnerabile perché qualcuno che non sei tu ha la chiave per il tuo cuore, eppure sei felice, perché sai (non é scritto da nessuna parte, ma lo sai, è inciso a fuoco fra la fiducia che brucia la pelle quando vi sfiorate) sai che non ti farà mai del male. Sai che riempirà il tuo cuore di gioia.
Ron e Hermione erano la personificazione dell'amore.
Ron era il grande amore di Hermione.
E Hermione era il grande amore di Ron.
Perderlo doveva essere distruggente. Avere la consapevolezza di non vederlo mai più, di non sentire la sua risata, di non poterlo poi toccare, se non con blandi ricordi che non valevano un decimo della realtà...era qualcosa che le faceva più paura che morire lei stessa.
Ripensò a undici anni prima, durante la Battaglia di Hogwarts, quando aveva visto Harry fra le braccia di Hagrid e lo aveva creduto morto.
Era stato come sentirsi morire, ma condannati a un cuore che batte. Costretti a vivere una vita che invece si vuole solo gettare.
Rabbrividí a quei ricordi.
Era orribile. Lei non voleva passarci di nuovo fra le fiamme di quell'inferno.
E a Ron, invece, non spettava scelta.
Lui avrebbe vissuto così per sempre.
Ron, dalla morte di Hermione, era cambiato. Tantissimo.
Sembrava che la luce che illuminava la sua via, quella che lo guidava lungo il tortuoso tragitto della vita, accecata per sempre, senza che qualcuno potesse riaccenderla. Far ardere di nuovo il fuoco dentro Ron.
La palla di amore luminoso che doveva guidarli insieme attraverso quello che sarebbe potuto essere uno dei matrimoni più belli di sempre, se ne era andata, strappata via dalla terra.
Lo aveva abbandonato, lasciandolo solo e al buio, indifeso.
Il cuore aperto, ma pieno di ferite che Ginny dubitava si sarebbero mai rimarginate del tutto. Avrebbero sempre sanguinato, un po', quando lui sarebbe tornato a pensare a lei.
A lei, a sua moglie, a Hermione.
E ogni volta che Ginny se ne rendeva consapevolmente conto sentiva un colpo al cuore, come un Crucio che le colpiva il petto in un esplosione cieca di dolore.
"Oh Merlino" mormorò Luna, riportando Ginny alla realtà.
Stavano tutte fissando la figura di Ron, sempre stata dinoccolata, ma che adesso sembrava proprio scoordinata, che si accucciava contro una bambina e le metteva una mano in testa, godendosi le sue risate senza vero interesse, come fosse lontano.
Ginny ci mise un secondo a riconoscerla.
Rose. Rose Wealsey. Anche se erano diversi mesi che Ron aveva iniziato a chiamarla Hermione.
Dalla prima volta che l'aveva vista, avvolta in dei panni fra le braccia di Harry, Ginny aveva notato la somiglianza con Hermione.
Aveva sempre saputo che quella ragazzina sarebbe diventata una copia sputata della madre, capelli rossi e occhi azzurri a parte. Si era anche divertita con la diretta interessata a ipotizzare i suoi anni a Hogwarts.
"Oh beh" le aveva detto Hermione, ancora stremata dal parto "se non sarà Prefetto non le farò di questo una colpa...ma dovrà ugualmente impegnarsi a scuola" aveva aggiunto, vedendo la faccia incredula di Ginny "non accetto un somaro per figlia"
"Hermione!" L'aveva chinata Ron, che fino a un attimo prima era stato impegnato in una discussione con Harry, felice come una pasqua "non metterle pressioni già ora.
É appena nata, miseriaccia! E poi mi fai sentire stupido, se dici così" aveva aggiunto, facendo ridere tutti.
Ginny fu bruscamente riportata alla realtà dal suoi sogni a occhi aperti.
Guardò Ron. Suo fratello non sembrava felice di trovarsi lí.
Ma almeno non aveva scoperto l'argomento centrale della discussione tanto accesa di sua sorella e delle moglie di amici e fratelli.
La tensione della minaccia sventata si libero da lei uscendo in un sospiro di sollievo.
Hannah fece lo stesso, aggiungendo un piccolo 'grazie Merlino' con gli occhi rivolti al cielo.
Ginny la guardò. Evidentemente, la sua amica dalle lunghe trecce bionde era molto più soggetta all'ansia da prestazione di quanto sarebbe mai stata lei.
"É strano" disse Luna a un tratto, come svegliandosi da un brutto sogno.
Ginny inclinò la testa di lato, un espressione interrogativa sul volto.
"Cosa?"
"Come la tratta." Luna la guardò, i grandi occhi azzurri e sporgenti che esprimevano una consapevolezza più profonda nel normale pensiero, alla quale Ginny non sarebbe mai arrivata.
"É come...se rivedesse Hermione in lei"
Fleur fece uno sbuffo scettico.
"Mi dispiace dirlo, Luna, ma non credo.
Come si può vedere una donna di trent'anni in una bambina di tre? É impossibile"
"Il desiderio umano, a volte, va ben oltre la sottile linea del possibile e l'impossibile. É così invisibile che spesso l'attraversano e nemmeno c'è ne accorgiamo. Siamo ciechi, difronte a ciò che agognamo di più al mondo" Luna si portò il bicchiere alle labbra, sotto lo sguardo attonito delle altre "oh" disse vagamente sorpresa, le soppracciglia vicine all'attaccatura dei capelli "é finito." Si alzò. "Ne prendo altro. Voi volete?"
Ginny si limitò a scuotere la testa. Dopo tutti quegli anni ormai era abituata alle stranezze della sua migliore amica, ma in quel contesto l'avevano proprio spiazzata.
E colpita. Ne aveva sentito la forza come se fossero state destinate a lei, e non a Fleur.
"No. Grazie Luna" Hannah sorrise alla bionda, che sparii dentro la casa lasciandosi alle spalle il caldo di fuori. Fra tutte, era la prima a riprendersi dopo certe uscite di Luna. Seconda solo a Ginny, ovvio.
Audrey seguii Luna con sguardo critico fino alla casa. "Ma..." Si voltò verso le altre, confusa "voi..."
"Lascia perdere" Fleur agitò una mano in aria e scosse la testa, come se fosse rassegnata. "Fa sempre così. Anche al nostro matrimonio si é comportata-"
"Guai a te se le dai della stramba" esclamò Ginny, fulminandola con gli occhi. Le iridi chiare di Fleur si fermarono su di lei per un secondo, poi abbassò lo sguardo sul proprio bicchiere.
Ginny sorrise vittoriosa. Beccati questa, francesina.
Alle volte, l'odio che aveva privato per lei a quindici anni tornava fuori.
Ma capitava di rado. Solo dopo qualche frase del genere.
"Però Luna ha ragione" disse timidamente Hannah. Ginny la guardò.
Stava fissando lontano, dove Ron giocava con Rose. Ma era sempre distratto.
Ginny spostò gli occhi verso suo fratello e sua nipote. Lei non ci vedeva niente di strano: solo un padre e una figlia che giocavano in modo appena più freddo di quanto avrebbe fatto Harry con i suoi figli.
Ma era logico. Hermione era morta appena un anno prima. Anzi, erano a fine agosto: l'anniversario della sua morte era passato da appena tre giorni.
Era normale che Ron, già di per sé spento dalla morte della moglie, in quei giorni fosse ancora più buio.
Un morto che cammina, in pratica.
"Io non penso" disse onesta.
"Io nemmeno" commentò Fleur senza guardarla.
Hannah lanciò loro un occhiata, poi scosse la testa. "Forse mi sto facendo suggestionare. Ma ciò non toglie il fatto che Ron é cambiato. Tanto.
Non penso tornerà più lo stesso"
"Grazie, capitan ovvio. Avevamo proprio bisogno dell'ennesimo parare pessimista di cui tutti siamo al corrente" sbuffò Ginny, accavallando le gambe. Lo faceva sempre quando era nervosa o stressata: le accavallava, e faceva ondeggiare nell'aria la gamba.
Era rilassante. "Hannah, se non lo avessi detto tu non ci saremmo mai arrivati" continuò. Prese il bicchiere dal tavolo, poi si ricordò fosse vuoto.
Lo sbatte al suo posto con violenza.
Hannah arrossì. "Scusami, io..."
"Pensi che non sappia come sta mio fratello? Che non lo conosco abbastanza da sapere come si comporterà?" Sbottò Ginny, facendo scattare la testa verso di lei.
Hannah aprii la bocca per dire qualcosa, ma il ritorno di Luna le risparmiò di rispondere.
Luna sorrise. "Ehy" si risedette il bicchiere di succo d'arancia in mano.
"Come sono gli sviluppi?"
"Che Ron sta male" riassunse brevemente la situazione Audrey. Guardò un secondo Luna, poi riportò gli occhi sull'uomo. "E...niente. ora sembra che odi il genere umano"
"É normale" disse Luna stringendosi nelle spalle "anche io lo odierei se mi avesse portato via l'amore della mia vita"
Ginny si sentii stringere il cuore. Era la stessa cosa che le aveva detto Harry, che continuava a ripetere per giustificare i comportamenti di Ron da padre non proprio modello.
"Non fargliene una colpa Gin...é dura per lui. Sebbene é passato un anno, lui é ancora arrabbiato. Ancora gli manca.
E manca anche a me.
Io non so come reagirei alla tua morte."
Ginny aveva provato a chiedergli come si sentisse dopo la morte della sua migliore amica, ma aveva solo ricevuto un silenzio per risposta.
Ecco. Anche Harry era cambiato, ma in modo così minimo e profondo che lei non riusciva a capire esattamente in cosa. Era un cambiamento avuto sotto strati e strati di pelle, nascosto dal sangue che scorreva libero delle sue vene...un punto dove Ginny, nonostante tutti quegli anni di matrimonio, non poteva accedere.
Harry si era chiuso in se stesso. Come aveva fatto con tutte le altre morti.
"Non é esattamente questo" disse attenta Angelina, come soppesando le proprie parole. Guardò padre e figlia da sopra il suo bicchiere. "É più...Merlino, non so come definirlo.
Ma é determinato a perseverare su questo. Su questa strada di odio.
Non é che non PUÒ tornare come prima, e che non VUOLE farlo."
"Certo che vuole farlo" ribatté Ginny, inviperita "é solo che ha difficoltà a riuscirci. Se gli offrissimo più aiuto..."
"Stai travisando ciò che ho detto. " Ribatté l'altra, guardadola. Ginny ammutolì "George ha provato a offrirgli un posto, al negozio.
Voleva sentirsi meno solo, e Ron sarebbe un ottima compagnia per lui.
E poi George vuole controllarlo. Vuole tenermi sotto occhio. Offrirgli un supporto morale o una spalla sui cui piangere. O robe del genere."
"E assicurarsi che non faccia qualche cazzata delle sue" completò Ginny per lei, sotto voce "come invece Ron é solito fare quando le cose si mettono male"
"Già" fece Angelina, pensosa. "Ma Ron ha rifiutato. Non vuole lasciare gli Aurur per qualche oscuro motivo.
E ho paura si faccia male. E anche George" scosse le spalle "ma noi abbiamo fatto tutto il possibile. Se si farà ammazzare, non é di certo colpa nostra"
Ginny sentii un irrazionale rabbia salirle nel petto. Strinse le labbra, mentre la mano si gli chiedeva a pugno.
Possibile che Angelina fosse così fredda, perfino con il fratello di suo marito? Possibile gli importasse così poco di lui e della sua famiglia? Lei e Ron avevano anche una amicizia, erano compagni di squadra ai tempi di scuola, perché rassegnarsi così a un suo ipotetico triste destino?
Perché non faceva altro? Se lo pensava davvero, perché non cercava di aiutarlo di più?
"Potreste sempre fare di più" borbottò, guardandosi le unghie.
Angelina fece scattare la testa verso di lei.
"Noi? Noi abbiamo fatto tutto il possibile per lui. Se poi non ci vuole ascoltare..."
"Angelina, ma ti ascolti?"
"Beh" Angelina la guardò offesa "George gli ha offerto un altro lavoro. Più di così..."
"Bhe. Allora forse George deve fare di più. E devi convincerlo tu. " Fece Ginny, sempre più arrabbiata.
Angelina sbuffò. "Ma ti senti mentre parli?"
"Si, come puoi notare, ho le orecchie"
Angelina balzò in piedi "non é perché dico questo che voglia dimenticarla.
Al contrario. Vorrei fosse ancora qui, vorrei tenermi stretta i miei ricordi, ma fa male. Tanto male. E io sopporto già George, che non ha completamente superato la morte di suo fratello gemello.
Non posso...non posso permettermi di farmi vedere che sto male, o abbattuta, perché so che lui non potrebbe sorreggermi.
Sono IO quella che da conforto, nella coppia. Non il contrario.
Non posso sovvracaricarmi più di così. Devo stare in silenzio" prese un profondo respiro, chiudendo gli occhi.
"E poi é passato un anno" disse mentre si allontanava dal tavolo "é anche ora che voltiamo pagina e andiamo avanti. Lei avrebbe voluto così" aggiunse, la voce lievemente incrinata sulle ultime parole.
Poi si voltò, dirigendosi in una parte del giardino dove Fred II stava giocando con James.
Ginny la osservò allontanarsi con un cipiglio severo. Poi si alzò di scatto.
"Ginny?" Hannah le chiese con un muro cenno del capo se voleva compagnia. Voleva essere seguita.
Luna la guardava, gli occhi chiari e sporgenti che esprimevano una vaga curiosità.
Ginny lo sapeva: a un suo minimo cenno avrebbe lasciato tutto e si sarebbe diretta con lei da qualche parte.
Ma era questo il punto: lei voleva stare da sola.
Scosse la testa. "Tutto, bene, Hannah."
Disse, anche se non stava rispondendo alla donna che aveva chiamato, ma alla sua migliore amica "vado un attimo al bagno"
Si staccò dal tavolo e si voltò, dirigendosi verso la porta della Tana.
All'interno, si lasciò andare a un sospiro di sollievo. Voleva piangere, ma si costrinse a trattenersi.
Lei era una ragazza forte. E lo sarebbe stata anche da madre. Da donna.
Ma il buio che l'aveva accolta era tanto protettivo, il fresco in netto contrasto con l'aria calda che tirava fuori, e qualche lacrima le sfuggì.
Ma in silenzio.
Lei percepiva una mancanza. C'era qualcosa, in quel quadro perfetto, di incompleto. Assente, come una figura cancellata brutalmente dall'enorme dipinto della vita.
Angelina era sempre stata allegra, senza preoccupazioni. Evidentemente, dopo la Guerra, non voleva più pensare alla morte come qualcosa di costante, vicino a lei. Un alito gelido sul suo collo pronta a colpire.
Una ghigliottina in posizione, che poteva calare da un momento all'altro e tagliarle la testa, falciando contro di lei un dolore atroce. Incurabile.
E poi doveva pensare a George. Non era in desiderio egoisti, ma...altruista.
Ginny non lo avrebbe mai detto.
Sospirò. Si staccò dalla porta, viaggiando per la stanza. Il salotto era buio, e anche la cucina.
Il sole di fuori non entrava dalle finestra, dato che c'erano le persiane abbassate. Era normale, le aveva volute lei: quelle stanza, da un po' di tempo, funzionavano da Nursery.
Lo avevano fatto da quando c'era Teddy, e avevano continuato per tutti i nipoti Weasley. Fino ad arrivare agli ultimi due.
Ora c'erano solo due culle, poche in confronto alle quattro che c'erano appena due anni prima.
Ginny riconobbe immediatamente quella di sua figlia, Lily. Sorrise intenerita, mentre, inconsciamente, si dirigeva verso quella brandina.
La bambina dormiva serena, i capelli rossi sparsi sul cuscino e una manina paffuta accanto alla testa, come a reggersi.
Ginny le sfiorò piano una guancia. Non la toccò, non voleva svegliarla, ma il gesto bastava. Anche solo percepire la piccola pelle indifesa della bambina sotto le dita era abbastanza.
"Non permetterò che nessuno ti faccia del male" disse Ginny al buio. Guardò ancora sua figlia per un secondo, poi si staccò dalla culla.
Stava per uscire di nuovo e riaffrontare i suoi parenti, ma un lieve rumore la fece voltare.
Da quando era diventata mamma per la prima volta con James aveva sempre avuto la sensazione che il suo udito si fosse acuito. Che riuscisse a sentire cose che agli altri sfuggivano.
Ne aveva avuto più volte prova con Harry. Spesso era lei a rendersi conto che i bambini piangevano, o non stavano dormendo.
Harry non li sentiva. O forse faceva finta. Si, Anche la seconda ipotesi era probabile, ma se Ginny avesse scoperto che era veritiera suo marito poteva anche dire addio alle palle.
E non per qualche gioco erotico.
Un vagito ruppe il silenzio della Casa. Ginny si precipitò da Lily, ma la bambina stava ancora dormendo tranquilla. Corrugò le sopracciglia, confusa, e si chiese se il caldo non le stesse giocando brutti scherzi.
Forse se lo era immaginata. No...era sicura di ciò che aveva sentito.
E poi di nuovo. Una specie di singhiozzo nel buio.
Ginny socchiuse gli occhi, scrutando la stanza in penombra. E, in un momento fulminante di comprensione, capii cosa era. Più che altro, da dove venisse.
L'altro letto che occupava la stanza.
L'unico altro.
Ginny si mosse piano, con cautela, mentre andava dalla culla blu che ospitava il figlio di Hermione.
Hugo. Lo avevano chiamato così perché Hermione era in fissa con uno scrittore francese, e aveva deciso di dare il suo nome al figlio.
Ginny aveva pensato fosse stupido. Ma nessuno aveva chiesto la sua opinione e lei se la era tenuta per se, guardandosi bene dal dirla ad alta voce.
Soprattutto a Ron. Venerava sua moglie già quando era in vita, da quando era morta la sua era diventata una reverenza.
Non avrebbe di certo apprezzato i pensieri di Ginny sul nome che aveva scelto.
E poi ci fu di nuovo. Quel piccolo vagito.
"Ehy" Ginny era arrivata alla culla. Parlava sotto voce. "Ciaoo, Hugo. Come va? Non riesci a dormire?"
Altro rumore. Ma ora non era un vagito, era come...un insieme di lettere scomposte, che però Ginny non riusciva a capire.
Ginny corrugò la fronte, poi guardò dentro la culla.
Hugo aveva gli occhi aperti, e l'iride scura la scrutava con una certa curiosità. Agitava le gambe, piano, come se fosse stanco.
Ginny sorrise intenerita. Aveva compito da pochi giorni un anno, eppure, a differenza di tutti i suoi cugini, non aveva fatto la festa in grande che spettava al resto degli Weasley-Potter. E forse non l'avrebbe mai avuta.
Lui si sarebbe beccato solo il dolore. Dolore per qualcosa che ora non capiva, ma che avrebbe sorvegliato su di lui come uno spetro, ricordandogli, perennemente, che gli altri avevano una cosa che a lui mancava.
"Mmm-mm" fece Hugo. Tese le braccia esili, sorridendo.
Ginny alzò gli angoli della bocca. "Ma ehy" disse, allungandosi e prendendolo in braccio. Lo cullo piano, poggiando la sua testa sul seno. Hugo alzò il viso verso di lei, quello sguardo che dava a Ginny una strana sensazione di deja-vu. "Va meglio, ora? Ti rimetti a dormire?"
Hugo disse qualcosa. Ginny sobbalzò, capendo di aver sempre frainteso.
E solo in quel momento, si rese conto di essersi sbagliata. Sentii i peli rizzarsi sulla nuca.
Non era un vagito, ciò che aveva sentito. Hugo non voleva solo attenzioni.
Voleva dirle qualcosa.
Ma una parola.
"Mamma"
Ginny abbassò lo sguardo. Gli occhi scuri di Hugo la fissavano in attesa, come aspettandosi che lei rispondesse a quel richiamo naturale con un altro verso. Gli porgesse la metà della mela del legame che lui le aveva offerto.
Ma lei non poteva farlo. Solo la MADRE poteva farlo, e lei non lo era.
Si mosse a disagio. Hugo avrebbe aspettato in eterno. Non avrebbe mai avuto quella parte, quella metà che aveva umilmente chiesto.
Proprio come Rose. Ginny sentii il cuore che le si stringeva, e avvicinò Hugo a sé, al suo petto, come se potesse consolarlo con quell'abbraccio, che non poteva di certo rimpiazzare o anche solo avvicinarsi a ciò che gli avrebbe potuto fare Hermione.
La vera madre.
Ginny sentii gli occhi pizzicare. Scosse la testa, sperando che le lacrime svanisssro con la forza del pensiero. Abbassò gli occhi sul bambino che reggeva in braccio.
Guardò Hugo...poi distolse lo sguardo.
Era stato come ricevere una coltellata al petto.
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In The Name/ Scorose.
FanficTutti concordano sul fatto che Rose Weasley é una delle persone più buone al mondo: sempre gentile e altruista con tutti ( e con tutti, ovviamente, comprendo anche gli animali, dai più piccoli e innocui ai più grandi e pericolosi) pensa prima alle n...