Ron si chiuse la porta alle spalle con un sospiro. L'aria fredda di dicembre gli soffiò contro come una cascata di minuscoli spilli appuntiti, e lui chiuse un attimo gli occhi, beandosi quasi di quel vento.
Doveva andare. Scese i gradini della porta, lanciando solo di tanto in tanto delle occhiate dietro di lui, dove la sua casa si rimpiccioliva più lui si allontanava a pari passo con le sue gambe che mangiavano in lunghe falcate il giardino, tagliandolo quasi perfettamente. Gli doleva un po' all'orgoglio, ammetterlo, ma faceva non poca fatica in quei rovi e in quell' erba alta, che troppe volte aveva deciso di trascurare. In più era disseminata di qualsiasi oggetto possibile e immaginabile, e riuscire a intravederli sotto il sipario verde che si era andato a creare non era facile.
Per di più se i fili d'erba creavano una ragnatela che rallentava il passaggio e imprigionava le gambe in blocchi come nodi...
Beh, di certo non aiutava la sua avanzata. E non era nemmeno troppo utile il fatto che lui, praticamente, stesse con la mente altrove, riportandola ai bei tempi passati, senza prestare attenzione a dove metteva i piedi.
Però non era colpa sua. Credeva che ormai non fosse una cosa che era in suo potere controllare.
Le immagini lo travolgevano esplodendogli nella mente come piccolo fuochi di artificio, a intermittenza, lasciandogli come un lieve alito sulla pelle le piccole sensazioni che aveva provato, pallide ombre di quando era realmente successo; e come una carezza avvertiva i brividi alzarsi sulle braccia, dettati dalla nostalgia dei bei vecchi tempi come dei ghiaccioli freddi; per qualche momento gli sembrava di essere sospeso, volteggiare in un baratro di irrealtà immerso nel caldo e avvolgente, totalizzante ricordo, e passare il confine della realtà e dalla immaginazione con una facilità unica, come una foglia che si agita nell'aria mossa dal vento.
Poi tutto finiva. Come se qualcuno lo avesse risvegliato bruscamente con un urlo in faccia, Ron si sentiva sottratto a quelle ipotesi, sollevato da quel mare tanto placido nel quelle di perdeva e riportato di botto con i piedi per terra; sentiva come se qualcuno gli infilasse a forza lo straccio della sua misera vita, triste, che gli calzava a pennello, e gli dicesse di non divagare, di starci con la testa, che le sue fantasticherie erano questo: niente altro che immagini frammentarie che non poteva più avere; era come uno schiaffo sulla pelle, un colpo risultante stordito e attonito, che lo lasciava prima bollente, e poi un attimo dopo congelato dalla realtà che era cozzata contro di lui con quella violenza inaudita.Che lo aveva costretto a risvegliarsi da quella bella utopia dove non era successo niente, e lo aveva gettato con poco garbo dentro il pozzo vuoto e freddo dei suoi giorni. Della sua vita reale.
Quella vita dove lui era solo. Dove Hermione, quel sorriso che incendiava le guancie e accendeva gli occhi scuri, non era più sotto le coperte o dietro la porta di casa; e dove lui poteva andare a letto quando gli pareva, senza dover più attendere un suo ritorno.
Dove non avrebbe più condiviso un momento intimo con qualcuno, perché l'unica persona che condivideva a pieno, con il quale si era unito fino a raggiungere il più alto livello di felicità esploso nel petto e con la quale l'espressione di amore aveva raggiunto l'apice della sua migliore forma nell'incontro carnale della dimostrazione, era morto per sempre, lasciando solo un posto vuoto accanto a lui nel letto e un freddo indelebile nel suo cuore.
Ron quasi non si era accorto di essere arrivato al cimitero. Alzò lo sguardo sorpreso, circondato dai salici piangenti che sembravano al col tempo condividere il suo dolore e sbeffeggiarsi di lui. Perché lui era diventanto un nulla assoluto, privato dell'unica parte alla quale aveva mai offerto la vita, e ora rimaneva solo una sagoma al quale il cuore pompava sangue inutilmente, quando invece Ron desiderava solo che smettesse, desiderava di potersi accasciare al terreno e non rialzarsi mai più, e potersi finalmente ricongiugere con il suo vero amore.
Però sei giovane. Hai due figli. Forse dovresti trovare il modo di sfruttare gli anni che ti rimangono e provare a viverli appieno.
Poi, quando sarà il momento, ritornerai da Hermione. É inutile passare la vita sperando di morire.
La sprecheresti e basta. Lei non vorrebbe questo.
Il pensiero lo colpii. Non aveva mai riflettuto in questi termini. Si guardò intirno perplesso, chiedendosi se qualcuno gli avesse parlato nella mente. Magari stava già immaginando un dialogo con Hermione e non se ne era reso conto. Lei sicuramente avrebbe detto una cosa del genere. Diceva sempre cose del genere. Ron non si sarebbe sorpreso se lo avesse fatto anche questa volta, e lui non se ne fosse accorto.
Girò su sé stesso.
Eppure non era possibile. La voce del suo pensiero non era lontanamente simile a quella di Hermione. O, meglio, al ricordo che lui ne conservava. Però valeva lo stesso:
La voce era quella di un uomo. Un maschio.
E sembrava terribilmente la sua. Il sangue gli si gelò nelle vene. Era come se avesse davvero pensato lui quelle parole.
Ma non era possibile. Lui non aveva mai provato a cambiare prospettiva per vedere scene del genere. Lui era sempre rimasto fedele all'idea di rimanere con lei fino alla morte. Di punirsi per tutta la vita per averla persa, evitando di concendersi le piccole gioie che invece poteva permettersi. Fino alla fine. Magari anche sperare di morire prima per ricongiungersi a lei in meno tempo possibile. Sarebbe stato contentissimo di ciò.
E ora, invece, pensava che dovesse sfruttare gli ultimi suoi anni sulla terra. E forse aveva anche ragione.
Ma forse no. Forse stava solo deludendo Hermione più di quando non avesse già fatto. Forse era rimasto talmente solo per così tanto tempo che credeva lecito e, anzi, nel suo diritto, desiderare di nuovo la felicità.
Ma sbagliava. Non era giusto.
Se Hermione non poteva più partecipare alla felicità della vita, godersi i suoi due figli e vederli crescere da viva, lui non poteva nemmeno solo sperare di provare di nuovo quella gioia di sentirsi in pace con sé stesso. Se lei, la strega più intelligente della sua età, la ragazza che aveva aiutato il prescelto durabte la Guerra Magica, che aveva contribuito a salvare il mondo Magico e che si era battuta per dei sani principi e per rendere il Modo Magico meno razzista e privilegiato, era morta giovane, che diritto aveva Ron, che era sempre stato la schiappa del gruppo, il più debole, la persona senza la quale il mondo magico sarebbe stato salvo lo stesso, e che non aveva fatto altro che essere la perenne ombra di Harry e Hermione, che si era limitato a dare un sostegno marginale ai suoi due amici - che, per inciso, non si meritava - di essere felice? Di vivere? Di godersi i loro figli?
Lui non lo meritava. Visto che Hermione era morta, doveva continuare a struggersi, a essere di cattivo umore, a continuare a mutilarsi da solo e solo dopo, forse, avrebbe ripagato al danno che aveva fatto all'intero mondo magico inglese.
A partire da sua figlia, alla quale aveva privato una madre; ai genitori di lei, che l'avevano persa proprio mentre stavano diventando nonni per la seconda volta; a Harry, che aveva perso l'unica persona che avesse mai visto come una sorella; a Ginny, a chi aveva privato la sua migliore amica, a tutta la sua famiglia, Bill, Charlie, George, ai suoi nipoti, che non avrebbero mai conosciuto la zia fantastica che avevano, e ai suoi nipoti, che avrebbero sentito parlare della nonna solo sui libri di storia.
I suoi figli non sapevano quasi niente della loro madre. E Ron sapeva che la sua memoria sarebbe morta con lui.
Non ne aveva il coraggio di farne parola con qualcun altro. Proprio si sentiva debole se pensava anche solo di poter sommortare lo scoglio che gli si parava davanti ogni volta che pensava di poter aprire la bocca e spiccicare delle parole per raccontare ai suoi figli della donna che li aveva partoriti. Della donna che lui aveva amato con tutto il cuore.
Tutto quello che avrebbe potuto dire su di lei non avrebbe reso l'idea della forza della natura che in realtà lei era.
E con ciò non faceva altro che deludere Hermione. Ancora di più.
Lei avrebbe voluto che almeno i figli avessero un immagine di lei filtrata dai racconti di Ron, eppure Ron non c'è la faceva. Non aveva la forza di raccontare ai figli ciò che era successo. Non aveva la forza di dire loro la verità, o di raccontargli di Hermione.
Visto? Se non era nemmeno capace di accontentare le ultime volontà della moglie, come poteva pretendere, sperare di avere la felicità senza di lei? Di godersi gli anni sulla terra in attesa del loro rincontro?
No, l'idea di essere felice per il tempo che gli rimaneva da vivere sulla terra doveva proprio uscirgli dalla testa.
Lui non lo meritava. Questo è quanto.
Se Hermione, bravissima, non ne aveva avuto la possibilità, quale valore poteva vantare lui in più di lei per prendersi ciò che non gli spettava? Se c'era una persona che avrebbe dovuto vivere felice quella era Hermione. Visto che lei non c'era, Ron viveva nel più sconfinato dolore.
Ed era giusto così.
Quindi passerai i tuoi altri, quanti? Quaranta? Cinquanta? Anni da solo.
Maturo.
Ecco. Questa era una affermazione. Era così che dovevano andare le cose. Questo era il loro verso giusto.
Oppure tu sei solo uno stupido.
Ron chiuse gli occhi. Si stava prendendo in giro da solo? Probabilmente, conoscendosi, ne era capace, ma così gli sembrava più che esagerato. Perfino per lui.
O forse no. La sua stupidità era senza limiti, sconfinata oltre qualsiasi concezione umana.
E ciò si evince dal fatto che non riesci a riconoscere un buon consiglio di tua moglie neanche ora che é morta.
Ron scosse la testa. Lui. Non. Meritava. La. Felicità. In quale altro modo lo doveva dire?
Non poteva...non era nemmeno lontanamente pensabile che...gli altri maghi avrebbero solo visto un occasione in più per screditarlo.
Per renderlo più inferiore di quanto già non fosse - e si sentisse.
E poi, era stata colpa sua. Era stato un suo errore. Se avesse detto di no, se non le avesse accontento il desiderio di avere un secondo figlio come avevano consigliato loro, Hermione sarebbe ancora viva.
"Se non mi avessi accontento quel desiderio, probabilmente, sarei andata con qualcun altro"
Ron abbassò di scatto gli occhi sentendo quella voce scherzosa. Sua moglie - la fotografia - gli sorrideva dentro le cornici dorate e ovale.
Per la prima volta, Ron pensò fosse davvero lieta della sua presenza lí.
Non essere stupido si rimproverò subito, sentendosi più idiota del solito é tutto nella tua testa.
"Ahh" Hermione emise un finto verso di dolore, portandosi una mano al petto come se vi si stesse conficcando una lama "che dolore atroce. Ron, così mi ferisci"
"Scusa" disse immediatamente lui, un attimo confuso.
Hermione perse il sorriso. Lasciò cadere la mano che aveva chiuso a pugno lungo il fianco. "Ron" disse sgranando appena gli occhi "guarda che stavo scherzando"
"Oh" fece Ron. Ancora si sentiva stordito, distratto. Come se quei pensieri non gli permettessero di ragionare lucidamente con la conversazione con sua moglie. Scosse la testa. "Si, beh...da quando tu scherzi?"
"Da quando la vita nell'aldilà è diventata così noiosa che non mi diverte più nemmeno guardavi"
Ron la guardò incredulo.
"Cosa?"
"Ronald" disse Hermione, guardandolo dolce "ti vedo, e vedo Rose e Hugo. Non c'è niente da fare.
Siete uguali. Fate le stesse cose. Tutti i giorni. Vi ignorate, Rose fa le faccende di casa, Hugo si incolpa per la mia morte senza che possa rassicurarlo in proposito e tu...passi tutto il giorno davanti a quella dannata telecamera.
Merlino, Ron. Sono solo immagini" ora lo sguardo terra di lei si fece più duro, una nota di tristezza le incrinò la voce "non mi porteranno indietro.
Non tornerò mai più indietro."
"Lo so" sussurrò lui, abbassando il capo "ma io vorrei di sì. E, quella telecamera, per qualche secondo, mi dà la sensazione che..."
"Ron" Hermione alzò una mano "non dirlo"
Ron alzò lo sguardo su di lei. La fissò senza dire niente, poi, alla fine, annuii.
Hermione riprese quel sorriso scherzoso con il quale lo aveva accolto. "Siete ripetitivi." Continuo, come se non ci fosse stata quella interruzione "E dopo un po' venite a noia. Perfino alla vostra donna di casa"
"Mi dispiace"
"Oh, non scusarti per questo" ribatté lei, allegra. "Scusati per il fatto che non siete ancora mai venuti a farmi visita."
"Ehy" protestò Ron "io vengo tutte le volte che posso. E ci sono anche spesso.
Ma non posso obbligare i tuoi figli a fare lo stesso"
"Ron. Mi riferivo tutti e tre insieme"
"Ah"
Ron non disse niente. Non trovava il coraggio di dire alla moglie che dubitava lui sarebbe mai riuscito a stare lì davanti, con lei, e dietro i suoi figli che lo guardavano. Non ne aveva la forza, tanto per cambiare. E non ne trovava il coraggio. Sembrava che la sua scorta di audacia che lo aveva fatto finire in Grifondoro si fosse esaurita al funerale di Hermione.
Era possibile. Quel giorno, sotto il temporale, aveva sentito qualcosa dentro di lui rompersi. Cedere e cadere, sprofondare nel suolo e non tornare mai più.
E adesso non riusciva ad accontentare una piccola richiesta fatta da Hermione. Non era riuscito a raccontare di lei ai figli, quando aveva accontentato un suo desiderio (che, gli doleva ammetterlo, sotto sotto era anche proprio) l'aveva praticamente uccisa, e ora non poteva nemmeno portare i suoi figli alla tomba della madre perché non ne era minimamente capace. Sapeva che sarebbe crollato prima.
Visto? Era un fallito. Ancora si chiedeva cosa Hermione ci avesse visto in lui.
Avrebbe potuto avere chiunque, dopo la Guerra, grazie al prestigio che si era guafagnata da leonessa.
Invece era stata con lui. Lo aveva sposato. Si era concessa e insieme avevano avuto una figlia. Avevano messo su famiglia, per così dire.
E lei si era contenta di un fallito come lui, quando invece persone molto oltre, più alla sua altezza di quanto mai sarebbe riuscito a essere Ron, le avrebbero potuto offrire di più, molto di più. E avrebbero dato tutto per stare con lei.
La vita, ad esempio.
Per certi versi trovava un parallelismo con Ginny, sua sorella.
Ai tempi di scuola era stata una delle ragazze più belle e ambite di Hogwarts. Ed era rimasta tale anche dopo la Guerra. I pretendenti spuntavano da tutte le parti, tanto che Ron una volta si era innervosito tanto da spruzzare del detergente in faccia a un ragazzo che li importunava da una mezz'ora buona. Harry aveva riso, Ginny si era scusata con il ragazzo ma, non appena lui aveva provato ad usare quel episodio a suo vantaggio per approcciarsi, sua sorella gli aveva sorriso e gli aveva assicurato che se non spostava quella mano da lì lo avrebbe fatto uscire dal ristorante a calci in culo. Il ragazzo si era ritratto spaventato, sotto le risate ben più che sonore di Harry.
Hermione gli aveva tenuto un po' il muso, poi si era lasciata andare alle risate. E Ron aveva pensato che non l'aveva mai vista così bella.
Ma c'era una differenza sostanziale.
Fra Hermione e Ginny, sui loro matrimoni.
Ginny aveva scelto bene. Si era spirata il prescelto, un personaggio importante, bello, intelligente, che era alla sua altezza. Che era alla sua stessa lunghezza d'onda. Un uomo degno di lei, che l'amava ed era capace di renderla felice.
Hermione, invece, si era accontentata della sua ombra. Del ragazzo imbranato e incapace.
E, se Hermione non lo avesse fatto, ora sarebbe stata ancora in vita.
"Sai" gli disse Hermione all'improvviso "hai presente il discorso a cui stavi pensando?"
Il cuore di Ron si fermò. "Hermione, ti prego, non me voglio parlare-"
Lei non parve neanche sentirlo. Lo guardò con aria triste.
"Forse dovresti farlo. Trovarti un altra, intendo. Non te ne faccio una colpa, se vuoi farlo. Lo sai, vero?"
Ron sospirò chiudendo gli occhi, pensoso.
Quante volte avevano fatto quel discorso? Ron ormai ne aveva perso il conto.
Lei che gli diceva di vivere la sua vita, che ne era felice, non era rancorosa e, anzi, sarebbe stata contenta se Ron avesse sfruttato quella possibilità di cui lei era stata privata. Che trovarsi un altra non era un peccato e, di certo non corrispondeva a un tradimento.
Lei era morta. Come poteva soddisfare i bisogni di Ron in quel senso? E poi, secondo Hermione, lei non stava più rispettando nemmeno i voti che si erano scambiati. Questo la esulava da tutto, e dava il diritto a Ron di trovarsi un altra senza che venisse etichettato come lo stronzo traditore.
Ron alzò lo sguardo sugli alberi intorno a loro.
Appena era arrivato aveva pensato che condividessero il suo dolore. Che i salici piangenti fossero tali perché capivano la sua perdita e si disperavano insieme a loro.
Ma aveva pensato anche altro. Qualcosa che derivava dal suo essere costantemente in ansia.
Aveva pensato che lo sbeffeggiassero. Si facessero burla di lui, ghignando e divertendosi alla faccia del suo dolore.
E c'era un motivo. Hermione era sotto terra, priva di vita, gli alberi si ergevano ancora intorno a loro con maestosità, quasi immortali.
I salici, se pure avevano visto morire i loro simili, rimanevano testimoni silenziosi della breve vita umana, dei dolori che la governavano e che spesso superavano in numero le gioie. E in più mantenevano la loro grandezza distintiva.
Dovresti trovarti un altra.
I rami afferrarono le parole di Hermione e gli e le riportarono indietro, colpendolo come con una fionda. Gli rimbalzarono addosso mentre aveva ancora gli occhi chiusi.
Quando gli riaprii, la foto di Hermione era di nuovo immobile, ma le parole gli vorticavano nella sua testa come se le iele pronunciasse all'orecchio, come un mantra.
Per la prima volta, però, Ron non se la sentii di darle torto.
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Ron aveva sempre pensato che voler bene a Hugo gli costasse uno sforzo quasi immane. E lo pensava anche adesso, quando, circa il ventitré dicembre, era a tavola con i suoi figli.
Stavano cenando. La solita zuppetta di latte.
L'ennesima prova che lui non era un buon padre.
Stava fissando il ragazzino in sottecchi, che era troppo concentrato a evitare lo sguardo di sua sorella e di Ron per rendersi conto di essere nel mirino azzurro del padre.
Volergli bene era difficile. E ne aveva dato prova più volte. Quando era piccolo, ai primi tempi, faticava a prenderlo in braccio. Spesso lo aveva allattato Ginny, per sfamarlo, perché Ron non se la sentiva nemmeno di dargli il biberon.
Poi le cose, poco a poco, erano cambiete. Verso i due mesi lo aveva preso in braccio per la prima volta, e si era anche goduto il momento, a dire la verità. Come se fosse stato un semplice padre che prendeva in braccio il suo secondogenuto maschio e tutto fosse normale.
Ma poi gli era tornato in mente che non c'era niente di normale. Lui era un uomo distrutto che teneva in mano la causa del suo dolore.
Con un sospiro, Ron lo aveva riposato nella culla.
Non c'è la faceva, tanto per cambiare.
Poi, con l'intervento di Harry, era anche riuscito a imboccarlo. A dargli il biberon, a tenerlo in braccio senza avere l'impulso di buttarlo a terra.
Ma gli era servito molto tempo.
E infatti, molte cose padre figlio non le avevano ancora fatte.
Non era mai riuscito ad abbracciarlo.
Troppi rancori, troppo ricordi. Non riusciva a fare a meno di incolparlo per la morte di Hermione.
In cuor suo, ovviamente, sapeva che Hugo non c'èntrava niente. Che la morte di Hermione non era colpa di nessuno, se non di Ron stesso.
Ma, appunto, era un angolo remoto della coscienza che lui non aveva mai ascoltato. E farlo adesso gli risultava impossibile.
Sapeva che Hugo non c'entrava un accidente. Ma era troppo arrabbiato per la sua ingiustizia, doveva dare la colpa a qualcuno, e quel qualcuno era suo figlio. E, come aveva detto quell'uomo nel vicolo, aveva anche tentato di ucciderlo.
Beh, non nel senso letterale del termine, ma di certo non era un segreto lo stato di degrado con il quale lo aveva trattato per sfogare l'irrefrenabile e accesa rabbia che governava il suo corpo.
Però, e questo Ron lo sapeva bene, non era quelle minuzie a cui il 'signore' si riferiva.
Con sua figlia, invece, era diverso. Quasi l'incontrario.
Le si era avvicinato molto di più, e, alla morte di Hermione, c'era stato una specie di boom di affetto che li aveva legati. Più cresceva, più Ron aveva notato la somiglianza con la madre, e più si era resa evidente nei comportamenti della ragazzina quando aveva iniziato a formare un suo carattere.
Sembrava una Hermione in mignatura. E Ron la adorava per questo.
Sapeva che anche Hermione sarebbe stata contenta di vedere una sua mini copia in giro per casa. Ron ne era felicissimo.
Ed era proprio perché vedeva il ricordo vivo di sua moglie in sua figlia, che la ragazza era stata salvata, esonerata dalla rabbia cieca che Ron provava nei confronti del resto del mondo. Rose era la prova tangente che Hermione c'era stata con loro. A differenza di Hugo, che gli somigliava in tutto e per tutto, e non faceva altro che farlo odiare ancora di più a Ron per questo. La sua colpa si rifletteva in quelle del figlio.
Rose si era salvata dal tornado di rabbia, Hugo lo aveva preso in pieno.
Se Ron non poteva toccare Hugo, con Rose non riusciva a evitarsi di arruffarle i capelli ogni volta che poteva, prima di uscire, come un segno di saluto solo loro, dal quale Hugo era esiliato.
Ma Rose somigliava a Hermione, la perfezione, la giusta, la pura, la meritevole e l'innocente.
Hugo era la sua copia, il bastardo, l'errore, il fallito e il codardo. Il responsabile della morte di Hermione.
Ron non poteva amarlo. Se no avrebbe amato anche se stesso, e questo avrebbe significato perdonarsi e passare oltre a ciò che aveva fatto. Concendersi di smetterla con le sofferenze.
E invece non poteva. Doveva continuare a soffrire, almeno per pagare per aver estirpato quella vita troppo giovane dalla terra.
Lui era il colpevole, e lui doveva pagare.
Visto che Hugo gli somogliava, anche lui era il responsabile. E doveva pagare come Ron.
Con Rose, invece, aveva ancora l'illusione di amare sua moglie. Per questo non aveva difficoltà a volerle bene: lo doveva a Hermione. Erano troppo simili per non rendersi conto della loro somiglianza.
Per questo aveva iniziato a chiamarla Hermione.
Un lontano e pallido ritorno di ciò che era la sua vita.
Di cui che sarebbe potuta essere.
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In The Name/ Scorose.
Fiksi PenggemarTutti concordano sul fatto che Rose Weasley é una delle persone più buone al mondo: sempre gentile e altruista con tutti ( e con tutti, ovviamente, comprendo anche gli animali, dai più piccoli e innocui ai più grandi e pericolosi) pensa prima alle n...