Il Ricordo di Ron (parte prima)

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21 agosto 2008

Le risate della bambina riempivano la casa. Seduta sul suo seggiolone nella cucina brillante, le mani tozze poggiate sul piano lindo della sua seduta, fissava con curiosità e divertimento la stanza intorno a lei.
Ron, difronte alla bambina, la guardava sorridendo. Aveva la testa appoggiata alla mano, e il gomito sul tavolo. Un espressione sognante e quasi giocosa gli occupava il volto.
Sia figlia era bellissima. Non c'era niente da dire.
Aveva due occhi blu come il mare, identici a quelli che aveva lui. La somiglianza era così lampante che Ron si chiedeva come mai suoi erano anche i capelli rossi che le occupavano la testa. Ancora radi, come fossero solo un piccolo incendio che si può donare facilmente, ma Ron sapeva che se li sarebbe fatti crescere.
Se lo sentiva. Forse era solo un influenza, o il senso paterno che era in lui, ma era abbastanza certo di aver ragione.
E, con essi, sarebbe anche cresciuta la ribellione di Rose. La fatica del fare il genitore di fronte a quelle sfide.
Ora era relativamente facile crescerla. Non protestava, non si lamentava, faceva tutto ciò che le dicevano. Credeva ancora che i suoi genitori fossero i suoi eroi personali, persone fantastiche che non vanno mai contradette, ed é una cosa normale per una bambina di poco più di due anni.
Però con il tempo questo sarebbe sfumato. Rose si sarebbe fatta una sua idea del mondo, si sarebbe scontrata con lui e Hermione, avrebbe capito che non erano così perfetti come invece l'età infantile e la fanciullezza che la circondavano li proiettavano nella sua mente come se creasse una lente che le faceva vedere solo i lati buoni, e esulava quello cattivi.
Ma sarebbe cresciuto anche il suo amore.
Peccato che i crimini non si possano cancellare. Che non possano essere visti con gli occhi di un bambino.
Ron scosse la testa. Si era incantato ancora a fissarla, come suo solito.
Ora che se ne era reso conto, la guardò meglio. Incontrò gli occhi blu della figlia, e sorrise pensando che erano gli stessi che lo guardavano allo specchio, ogni volta che si metteva davanti a quella superficie limpida.
Si alzò, ancora intrappolato nelle lenti chiari della sua bambina. Sentiva gli occhi della piccola Rose sulla sua schiena, e non poteva far altro che sorridere. Non riusciva proprio a trattenersi. Si poggiò sul piano pulito della cucina. Fuori era la perfetta giornata estiva che il clima inglese potesse mai concedere - solo delle poche nuvole occupavano il cielo, e soffiava un leggero vento fresco che compensava il sole cocente che batteva sulla casa persa nel bosco - ma era impossibile dire se sarebbe continuato così a lungo.
Dopotutto, erano a Londra. Niente è  mai certo.
Ron sospirò. Toccò con la mano la piccola telecamera sotto la finestra, quella che usavano lui e Hermione da tanto tempo per riprendere i momenti importanti. Era accesa anche in quel momento, sul video, la spia rossa che brillava in cima come una specie di allarme. Il metallo splendeva sotto il sole che entrava dalla cucina, una cascata di brillantini bianchi nel sole del pomeriggio.
Poi sentii qualcosa di soffice contro le gambe, e il contatto a sorpresa lo spinse a irrigidirsi. Abbassò lo sguardo, complimentandosi con sé stesso per essere riuscito a non emettere nemmeno il più piccolo sussulto o qualsiasi altro cenno di spavento che avrebbe potuto allarmare Rose, e il suo cuore tornò a battere regolare quando costatò che era solo Grattastinchi, il gatto dal pelo rosso, le gambe storte e il muso schiacciato di Hermione.
Ron si chiedeva perché lo avessero ancora. Sua moglie aveva tanto insistito per tenerlo, portarlo in quella nuova casa e renderlo parte della famiglia, e Ron, impotente davanti all'amore della sua vita, si era ritrovato ad accettare la sua presenza.
Con delle condizioni, ovviamente.
Non voleva prendersene cura, non voleva averlo tra i piedi e non voleva che lui rompesse. Il gatto, che a quanto pareva era della sua stessa opinione, gli girava a largo concentrandosi solo su Hermione. Con le gravidanze di lei, poi, quel gatto si era fatto iper protettivo. Le stava sempre attorno, si sedeva tanto spesso sulla sua pancia che Ron, durante la gravidanza di Rose, aveva più volte temuto che Grattastinchi avesse potuto ferirla oltre il sottile strato di pelle che la proteggeva.
Alla fine, però, vedendo Rose che ci giocava con take divertimento, so era ritrovato ad affezionarsi anche lui.
Ed era anche concentro che ci fosse.
Sorrise. "Ok" disse piano. Si chinò e gli diede una leggera carezza sulla nuca.
Il gatto fece le fusa e se ne andò, il passo sinuoso e lento, segno della vecchiaia che avanzava.
Rose lo seguiva con lo sguardo. Sorrideva eccitata, in modo tanto puro che a Ron venne da ridere. Si poggiò sul bancone della cucina, osservando sua figlia che, dal seggiolone del tavolo, agitava le braccia nella direzione dell'animale scomparso. "Grattastinchi! Grattastinchi!"
Ron rise, guafdandola.
Alle volte si era incanto a fissarla, pensando quanto effettivamente quella piccola peste fosse la prova vivente dell'amore che c'era fra lui e Hermione. Era l'unico motivo per cui era felice di aver lasciato perdere l'idea di restare una coppia e basta con Hermione e avere figli.
Solo con la sua esistenza, con i suoi vagiti, i suoi bisogni e i suoi lamenti nel bel mezzo della notte, Rose testimoniava l'amore che l'aveva creata, l'amore che univa Ron a Hermione.
Distrattamente, Ron si toccò l'anello all'anulare sinistro. Era oro, una fede che apparteneva alla famiglia di Hermione da generazioni. Lui non aveva ereditato niente dalla sua famiglia, dato anche che gran parte dei cimeli erano andati ai suoi fratelli, e quel piccolo oggetto che simboleggia il passato aveva completato ciò che mancava al loro matrimonio: qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa prestato in prestito e qualcosa di blu.
Secondo Hermione aveva reso perfetto il loro matrimonio. Lo aveva detto a Ron la sera di quel giorno, mentre si toglieva l'abito da sposa.
Lo aveva guardato con i suoi grandi occhi scuri, e gli aveva detto che quella fortuna aveva reso speciale il giorno più bello della sua vita.
Ron non era stato d'accordo. Si era astenuto dal dirlo, perché Hermione aveva lavorato purché fosse tutto perfetto, ma a lui, la cosa che aveva reso speciale il matrimonio, non era stato l'osservanza alle regole, o il mix di riti magici e Babbani che avevano fatto per accontentare tutte e due le famiglie.
Era stato il fatto che Hermione fosse con lui. Solo quello gli sarebbe bastato.
Poi avrebbero potuto benissimo sposarsi in una catapecchia, in cima a un monte, dall'altra parte del mondo, con tutti e con nessuno.
A Ron non importava. L'importante era che Hermione fosse al suo fianco, che si scambiasse la fede con lei.
E Rose era la prova tangente di tutti i sacrifici che Ron avrebbe fatto per Hermione. E viceversa, sperava.
Solo stando lì, anche il quel momento, seduta immobile con i suoi occhi blu che lo fissavano con insistenza gli ricordava che sì, era vero: lui era riuscito a sposare l'amore della sua vita.
E non avrebbe potuto essere più felice di così.
Ron la guardò e sorrise. Gli sembrava di vedere il volto di sua moglie da bambina con i colori accesi tipici degli Weasley. Tipici di lui.
E ciò solo perché era il perfetto mix fra loro due.
Chissà, magari anche il secondo sarebbe stato qualcosa del genere. Magari sarebbe stato il perfetto incrocio tra la severità di Hermione e la sua giocosità.
Tra il prendere tutto troppo sul serio, e il fregarsene passando anche le cose importanti sotto gamba.
Ron lo sperava. Non voleva che il suo figlio maschio eccedesse né nell uno né nell altro senso.
Come se con i suoi pensieri avesse evocato e materializzato ciò che aveva per la testa, una voce flebile e vagamente affaticata risuonò per il corridoio.
Ron si irrigidí, mettendosi sull'attenti. Non poteva farci niente: le gravidanze di Hermione gli mettevano addosso una paura assurda. Aveva sempre il tumore che potesse succedere qualcosa di brutto, molto brutto.
E, in più, quel giorno, aveva una strana sensazione. Un acidità sulla bocca dello stomaco.
Eppure lui non aveva mangiato nulla.
Visto che per diversi secondi non udì nulla, Ron fece un passo avanti. Rose aveva smesso di fare qualsiasi cosa, se ne stava in silenzio, immobile, e lo fissava con i suoi occhi chiari.
Ron le lanciò uno sguardo, chiedendosi se si fosse solo immaginato ciò che credeva di aver sentito. Stava pensando a lei, era logico che...
No. Ron me ebbe la conferma in quell'istante, quando sentii il rumore nel salotto.
Prima sentii i passi pensanti, poi il pancione di sua moglie fece capolino nella cucina.
Un attimo dopo, il viso stanco e stremato di Hermione sbucò nella stanza, una macchia bianca che intervallava il castano dei capelli al marrone del vestito. "Ehy" disse stanca, passandosi quasi distratta la mano sulla evidente pancia gonfia, segno della seconda gravidanza in corso. É normale cercò di convincersi Ron, osservando la sproposita della pancia é al nono mese. Il bambino é grande, é logico che sia così. Sta per nascere. Si aggiunse nella testa, e un sorriso stupido gli sfiorò le labbra.
Morii subito dopo. Hermione gli sembrava troppo magra per essere realmente in salute...
Ma tu sarai felice quando nascerà, pensò Ron.
Ron la fissò e sorrise. Non riusciva a togliersi dalla testa il fatto che gli sembrasse sfinita, troppo sfinita per una semplice gravidanza, ma non le aveva mai fatto pressione.
Sapeva che a Hermione non avrebbe fatto piacere. Lei aveva sempre detto di essere capace di fare qualsiasi cosa, e Ron l'aveva sempre sostenuta, fidandosi di lei anche quando Hermione stessa esitava.
Non se la sentiva di farle la morale proprio ora, quando stava vivendo uno dei momenti più belli per una donna.
Ron era convinto, dato anche le enormi capacità intellettive di lei, che Hermione avesse ragione.
Non poteva sbagliare. Era la strega più intelligente della sua età.
Poteva reggere una seconda gravidanza.
"Ciao" le disse piano. Aspettò un secondo, prima di continuare "come stai?"
Hermione sforzò un sorriso. Il suo volto parve creparsi in centinaia di crepe, come un vetro che va in frantumi. "Sono ancora un po' stanca"
"Niente più...?"
"Sangue dalla bocca?" Lo anticipò lei. Con un sospiro di fatica, prese una sedia "no. Sto bene. Scarlen te lo ha detto. Va tutto bene, era solo una piccola cosa curabile. Non preoccuparti.É solo una piccola probabilità." la voce le si afflevolí sull'ultima parola, ma Ron non ci fece caso.
Le porse il braccio, e l'aiutò a mettersi seduta accanto al tavolo.
Hermione gli rivolse un occhiata grata, poi guardò Rose e un altro sorriso, questa volta più vero, le increspò le labbra. Eppure c'era qualcosa, nel suo sguardo, qualcosa di triste, un fondo di consapevolezza e omertà che fece stringere il cuore a Ron.
Poggiò i gomiti sul tavolo, guardadola intensamente. Da qualche giorno, ormai, Hermione aveva avuto diverse difficoltà con la gravidanza. Lei aveva sempre sostenuto fosse tutto normale, ma il giorno prima, visto che Ron le aveva visto vomitare sangue, non aveva aspettato oltre e aveva chiamato il San Mungo. Ricordava la gentilezza della donna che gli aveva parlato, e che aveva mandato subito a casa sua una giovane infermiera, che aveva un Ron non sapeva cosa potere speciale che poteva calmare la crisi di sua moglie.
Eppure, il tono dispiaciuto con il quale si erano salutati per telefono gli aveva messo addosso inquetudine. E anche quando l'infermiera era arrivata di corsa a casa loro, una certa Scarlen Julep con dei lunghi capelli scuri raccolti in uno shignon sopra la testa, lo sguardo triste e affranto che gli aveva lanciato aveva fatto affiorare di nuovo le sue ansie.
Scarlen era scesa un ora dopo, dicendo che Hermione dormiva e stava bene. "Non era niente" aveva detto, ma Ron aveva avuto la pessima sensazione che lei mentisse.
E, dato la preoccupazione per sua moglie, Ron non si era più curato tanto. Aveva una leggera barba rossa che gli cresceva sulla mandibola, mentre i capelli non erano più stati tagliati con regolarità, e un ciuffo rosso gli pendeva dalla fronte.
Lo stesso ciuffo che, ora, gli faceva vedere Hermione dietro una cortina di fili scarlatti, e gli impediva di studiarla accuratamente come avrebbe voluto.
"Sicura di star bene?" Le chiese, mente osservava la sua figura muoversi dentro quella foresta rossa.
Hermione si voltò verso di lui. "Certo.
É solo...un po' di stanchezza. Tutto qui.
Devo riposare"
"Sembri esausta..."
"Beh, non é che uno si riprende tranquillamente e perfettamente dopo che ha vomitato sangue" ribatté Hermione, offesa.
"Con Rose non ti é successo" obbiettò Ron dopo un attimo di silenzio.
Come se il pronunciare quel nome le facesse paura, Hermione spostò lo sguardo sulla bambina davanti a loro.
Rose li guardava ancora in silenzio, i grandi occhi blu curiosi.
Hermione la guardò di dispiaciuta.
"Mi ha visto" sussurrò colpevole.
Ron si affrettò a passarle un braccio sulle spalle, un vago senso consolatorio.
"Non ti preoccupare. Non é colpa tua.
Non potevi saperlo"
Hermione abbassò lo sguardo all'ultima frase, e Ron non sapeva che altro dire per consolarla.
In quel momento, Rose emise un vagito.
Ron ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo che vide la sua seduta imbrattata di un liquido verde-giallo, tremendamente puzzolente.
Ci mise un attimo a capire. "Miseriaccia! Ha vomitato"
"Che scoperta!" Ribatté Hermione, ma stava sorridendo. Si passò distrattamente una mano sul ventre gonfio, e il suo sorriso si ammaccò.
Ron si alzò, andò dalla figlia e, mentre quella gli sorrideva come se non avesse fatto niente, la prese in braccio. Estrasse la bacchetta con un gesto un po' acrobatico, e con un Teguglio pulí tutto il vomito di Rose.
La bambina rise e, alzando gli occhi al cielo, Ron le lanciò un occhiata ammonitrice. Non gli era mai piaciuto pulire i danni di sua figlia.
Rose mise subito di ridere, e la repentinità della cosa strappò un mezzo sorriso a Ron.
Alzò gli occhi, felice, verso Hermione. "Visto? Mi ascolta. E tu che dicevi che ero troppo buono e che..." Qualcosa, sul volto di sua moglie, lo fece tacere.
Hermione aveva uno strano sguardo.
"Che c'è?" Chiese Ron, sistemandosi meglio Rose sulla spalla, che iniziava a scalciare.
"Niente" Hermione sorrise. Dopo un minuto buono continuò "e tu che non volevi figli" scosse la testa, come se la cosa la lasciasse perplessa o la divertisse.
Ma, come succedeva da ormai diverse settimane, Ron ebbe la sensazione che perfino quel gesto mancasse delle solita vitalità di una volta.
Hermione si alzò malamente dalla sedia, e fece per andare da loro. A metà strada, però, un gemito di dolore la fece bloccare, e lei si portò le mani alla pancia, stringendo la leggera stoffa dell'abito che la circondava.
"Hermione!" Ron scattò verso di lei, la bambina ancora in braccio "che hai? Tutto bene? Ti senti male? C'è qualche problema?" Ron abbassò lo sguardo sulla pancia di lei, gonfia a pallida sotto la leggera veste, e il cuore gli si strinse in una morsa di preoccupazione "é per Hugo? Sta male?"
"No" Hermione annaspò "sto bene. Solo un mancamento"
"Sicura? Non voglio correre rischi..."
"Sì, Ron" Hermione si raddrizzò, reggendosi a lui. Nonostante Ron avesse sia la moglie che la figlia in braccio, non faceva fatica a tenerle entrambe. "Sto bene." Alzò lo sguardo, e i suoi occhi colore terra incontrarono quelli azzurro-mare di lui. "Devo solo riposare. Mi avevano detto che ci voleva un po' per riprendersi, ma sai come sono fatta..."
Ron non era convinto. La strana sensazione che provava da diverse settimane, ormai, gli aveva attorcigliato lo stomaco in una stretta ferrea, e lui considerava quasi un miracolo ci passasse ancora aria.
"Sei certa che non ci sia niente che non va?" Insisté "Posso chiamare l'ospedale..."
"Si, Ron, sto beneeee" la voce di Hermione si trasformò in un urlo. Ron allarmato, la fece sedere di nuovo su una sedia; Hermione si afferrò la pancia con le mani, respirando in modo affannoso e alternando ai profondi respiri delle grida di dolore.
"Hermione, Hermione, che c'è? Cosa posso fare..."
"Ron, é il momento" disse lei a fatica, fra un ansimo e un altro.
Ron la fissò perplesso. "Che cosa...?"
"Il bambino. Il bambino...Hugo sta arrivando"
Quelle parole colpirono Ron come una frustata di acqua gelida in faccia.
Ci mise un secondo a reagire.
Poi fu operativo, come quando era dagli Aurur.
Posò Rose, che si era improvvisamente ammutolita, dentro il seggiolone. Scattò al piano superiore, dirigendosi alla sua camera. Aprii la porta, prese il borsone preparato diversi giorni prima in vista di quell'arrivo, e tornò di sotto. Lungo le scale un riflesso bianco lo fece esitare, confondere, ma era troppo impegnato a pensare alla moglie e al figlio per preoccuparsene.
Tornò in cucina. Hermione sembrava morire dal dolore.
"Ecco" Ron posò la borsa al terreno. Il cielo, fuori, stava diventando sempre più scuro, sul cobalto, segno che le ore avanzavano. Non se ne curò, e afferrò la moglie per le braccia, sorreggendola contro il suo corpo "ci sono. Tu sei pronta?"
"Rose..." Disse Hermione stringendo i denti "chi baderà a Rose"
"Mando un Patronus a Harry" ripose Ron. Un attimo dopo un cane argengento sgusciò fuori dalla sua bacchetta, e volò fuori dalla finestra. "Sarà qui fra poco. Andiamo"
Trascinandola più di peso, Ron portò fuori Hermione. L'aria calda di fine estate colpii entrambi come uno schiaffo, e ciò parve dare una riscossa anche a Hermione. Si staccò da Ron - che però continuava a tenerle un braccio intorno alla vita per sicurezza - e camminò da sola, diretta verso l'auto azzurra che occupava un piccolo spiazzo fra l'erba curata e rigogliosa.
Ron le corse dietro, aprendole la portiera dell'auto. Quando Hermione vi si fiondò dentro fra gli ansiti del dolore, si ricordò una cosa.
"Aspetta!"
Hermione, piegata in due dal dolore, alzò la testa riccia. Lo trafisse con uno sguardo, a metà fra il sofferente e l'arrabbiato. "Cosa?"
"La telecamera" Ron si sorprendeva di essere riuscito a dimenticarla. "Dobbiamo prenderla..."
"É davvero così importante?"
"Behh"
"Ron" Hermione sembrava lottare per non urlare "Perché la vuoi portare?" Aveva uno sguardo preoccupato.
Un secondo dopo, Ron era accanto a lei nell'auto, e guidava a tutta velocità lungo le strade. Diretto al San Mungo.
Hermione respirava sempre più a fatica, le mani strette sulla pancia. Ron tentava di lanciarle delle occhiate, sperando di non causare un incidente che avrebbe portato alla morte di entrambi.
Hermione era pallida, il sudore che le impelava la fronte e gli zigomi rossi, risaltando sulla pelle che, per il resto, era completamente priva di colore.
Ron, lanciandole un ultima occhiata, si accorse di una piccola macchia di inchiostro sull'anulare destro di lei. Forse aveva scritto una lettera. Forse si era macchiata.
Ma non era importante. Ron, dopo una corsa folle, parcheggiò l'auto davanti al negozio che faceva da porta all'ospedale magico. Spense il motore, i gemiti di Hermione erano diventanto sempre più forti. Si alzò, uscii dall'auto e aiutò lei a fare lo stesso.
Hermione gli si aggrappò addosso, mentre lui la portava dentro l'ospedale, superando velocemente il manichino che si intravedeva dalla vetrina.
Come ogni volta che metteva piede là, Ron fu colpito dal bianco che imbrattava le stanze. C'era un caos, esattamente come in qualsiasi altro ospedale, e la pulizia di quel luogo lo lasciava sempre affascinato. Chissà, forse usavano qualche incantesimo.
"Ron!" La voce spezzata di sua moglie lo riporto alla realtà.
Lei aveva già partorito, quindi Ron, bene o male, sapeva da che parte andare. Conosceva il reparto destinato alle donne incinta, e a quelle che stanno per partorire.
Terzo piano. Ron resse Hermione, e si diresse in quella direzione.
Mentre viaggiavano per le corsie del San Mungo, Hermione respirava appena, a fatica. Era più in ansia, centomila volte più in ansia, di quando aveva partorito Rose.
Ron era confuso. Lo aveva già fatto, no? Partorire. Non avrebbe dovuto essere più tranquilla, ora che era la seconda volta che lo faceva?
Con Rose non aveva mostrato tutto quel nervosismo che sfoggiava ora. Ora sembrava proprio terrorizzata alla prospettiva di dare alla luce il secondo figlio.
Ron le poggiò una mano sulla schiena. "Non ti preoccupare. Stai calma"
Hermione alzò lo sguardo su di lui. C'era qualcosa di rotto, dentro quelle iridi "Ron..."
In quel momento, un infermiera sbucò da un uscita laterale, e per poco non finì loro addosso. La ragazza, che non doveva avere più di venti anni, barcollò, poi si allontanò e gli fissò.
"Scarlen!" La riconobbe all'istante Hermione, mentre Ron impiegava qualche secondo a collegare quel nome con lo shignon scuro e la figura esile che si trovava davanti.
Scarlen esitò un attimo, poi i suoi occhi si sgranarono per la comprensione.
"Oh Merlino. Mi state dicendo che...?"
"Sì, sto partorendo."
"É arrivato il momento" ripose Ron, e non riuscii a nascondere l'eccitazione nel suo tono. Stava diventando papà! Per la seconda volta! Di un maschio!
Chissà, avrebbe potuto insegnare al piccolo Hugo tanti trucchetti del mestiere, qualsiasi cosa che con Rose non poteva condividere, visto che era una ragazza...
Contrariamente a quanto Ron si era aspettato, negli occhi dell'infermiera non si accese la stessa felicità. Guardò Hermione, gli occhi marrone chiaro resi più scuri da una patina difficilmente identificabile.
Hermione, con le lacrime agli occhi - probabilmente faceva molto male, pensò Ron - annuii.
A Scarlen sfuggì un verso, a metà fra il gemito e il singhiozzo.
Ron la fissò confuso, ma prima che potesse sincerarsi di qualsiasi cosa, la ragazza si era già volata, e faceva loro strada fra gli interni dell'ospedale.
Ron, reggendo saldamente Hermione - ormai bianca, che sembrava in procinto di svenire - la seguì.
Arrivarono in un ampia sala, bianca come il resto dell'ospedale e circolare, dove erano addossate alle pareti, tranquilli, come fossero in pausa, diversi maghi e streghe vestiti di un lungo camice bianco. MediMaghi. li identificò Ron. Al centro della Sala, solitario come l'ultimo relitto di una nave ormai affondata, spiccava un letto bianco.
Appena Ron, Hermione e Scarlen entrarono, tutti si drizzarono sull'attenti. In meno di un secondo gli circondarono, e Hermione fu trasportata via dalle braccia di Ron, che sentii uno strano vuoto di inquetudine allo stomaco, e fu posizionata - con diverso aiuto dal personale medico - sul lettino. Ron, in crisi per le troppe presenze dentro quella Sala, le andò in contro. Fendette il mare bianco di medici e infermieri come una nave spacca ghiaccio, e, a fatica, le andò accanto.
Aveva già indossato la tutina azzurra, quella che si mettono prima delle operazioni. Anche Ron l'aveva, sepur non ricordava il momento in cui se la era infilata.
Hermione aveva la faccia bianca e stravolta, la testa appoggiata al lettino dietro di sé e i capelli castani sparati in tutte le direzioni, una rete marrone contro il bianco del letto. Respirava appena.
Ron le afferrò una mano. "Non ti preoccupare. Andrà tutto bene" disse. strinse le dita intorno a quelle intorpidite della moglie, e ricevette in risposta una lieve pressione "ci sono io con te"
Hermione girò gli occhi verso di lui. Sembrava che qualcosa le avesse prosciugato tutte le energie. "Ron..."
E poi urlò.
Ron le strinse più forte la mano, mentre tutto si ripeteva uguale, se non più veloce, di quando era stato con Rose.
Tutti i medici attorno a Hermione, un anello bianco contro il ciondolo del letto. Ron riconobbe un ostetrica, la stessa che aveva fatto partorire Ginny, in mezzo alle gambe di sua moglie. Scarlen Julep se ne stava un po' in disparte, in un angolo della sala, i pugni stretti lungo i fianchi e l'espressione concentrata, gli occhi stretti come se si sforzasse. Ron la guardò, e si chiese che miseriaccia stesse facendo, ma non per più di qualche secondo.
In quel momento, il pianto di un bambino lacerò il silenzio d'ansia e le urla di preoccupazione degli altri. Ron sentii il suo cuore aumentare i battiti, e si rese appena conto del fatto che avesse sentito solo quello negli ultimi minuti. Strinse la mano intorno a quella di Hermione, che respirava appena, mentre seguiva con lo sguardo il fagotto bianco che veniva posizionato fra le braccia di Scarlen, in qualche modo avvicinata al gruppo. Scarlen lo prese in mano, guardadolo con ammirazione. Poi alzò lo sguardo verso Ron e Hermione, sorpresa, e i suoi occhi si incupirono.
Fu come vedere un telo nero che si abbassa su una fonte di luce, l'oscurità che scende per sempre sopra la fiamma della vita, che la fa smettere di ardere con violenza. Il movimento brusco di un bambino che, per errore, spegne l'unica fonte di luce al genitore che lavora.
Un incidente.
La sensazione di qualcosa che non andava legò Ron come una corda. La gola gli si seccò, mentre, deglutendo, abbassava gli occhi su sua moglie.
Hermione aveva la testa abbandonata dietro di sé, i capelli solo una massa secca di marrone che macchiavano le coperte bianche dove era sdraiata. Non emetteva più suoni, nemmeno il petto si muoveva. Sembrava stesse dormendo, ma Ron, con un tuffo al cuore, si rese conto che non era così.
I suoi occhi erano spalancati, vitrei come due biglie nere sulla spiaggia. Immerse nella sabbia come piccole montagne scure, dentro quel volto ormai completamente bianco e privo di vitalità. Illuminati solo dalle luci artificiali che lambivano quell'oscurità persistente senza riuscire a lacelarla, rimanevano fissi, fermi, immobili come solo lo spettro della morte può congelare.
Ron cadde in ginocchio.Morta. Hermione é morta...no, non può essere...
Aveva ancora la sua mano stretta nella sua.
Era fredda.

In The Name/ Scorose.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora