Capitolo 46

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I corridoi di Hogwarts si srotolavano davanti a lei come una mappa per ordinata, stampata a inchiostro nero su una carta un po' ingiallita dal tempo e dall'età. I dipinti che tappezzavano ogni angolo del muro, ricoprendolo quasi come se fosse una coperta, e lasciavano così poco respiro alle mattonelle che, a primo sguardo, sembravano tutti quadri addossati uno addosso a un altro senza alcuna logica, correvano ai suoi lati trasformandosi in indistinte e confuse macchie di colore.
Alice correva velocemente - ormai abituata a tutti quelli allenamenti di Quiddich - la coda alta e castana vibrava nell'aria come una frusta e le sbatteva a tratti sul collo facendole non poco male; la borsa di libri - nera, come quella di tutti gli altri studenti di Hogwarts - la seguiva con una fedeltà maggiore di qualsiasi Creatura Magica, lasciando che al suo passaggio si formasse una scia scura che sottolineava il suo percorso.
Gli altri alunni della scuola le venivano incontro in un ammasso uniforme di nero e qualche altro colore, illuminati a tratti dai raggi solari che filtravano dalle alte finestre che intervallavano regolarmente la distesa di ferma pietra, e la guardavano male, probabilmente non troppo concordi alla sua condotta del correre in modo tanto pericoloso; e la schivavano con grazia, lanciandole anche qualche epiteo non troppo carino. Alice rispondeva sempre voltandosi di scatto, la coda alta che fendeva l'aria, e rivolgeva un sorriso smielato al maleducato che aveva osato anche solo per un secondo mettere in dubbio la sua grazia, quella di Alice Longbottom, figlia di Neville!
La cosa buona che aveva ricavato dal ricovero di Rose in infermeria era questa: poteva comportarsi liberamente, senza seguire gli schemi della buona educazione e senza sforzarsi di passare inosservato (anche perché, le rare volte che riuscivano davvero a non farsi notare dagli altri, erano solo perché indossavano il mantello dell'invisibilità - gentile concessione di James, che lo rivoleva in dietro con una puntualità impeccabile, sempre rispettata da Rose: la sua migliore amica era un personaggio troppo famoso per avere il privilegio di essere ignorata mentre percorreva la sua rutin. Alice alle volte aveva provato una fitta di gelosia, per tutti quelli sguardi che loro rivolgevano alla rossa: Rose non aveva niente di particolare, e Alice era stufa di venire ignorata.
Era per questo che aveva sviluppato un carattere forte: doveva contrastare il fatto che gli altri la vedessero solo come la migliore amica della ragazza che tiene insieme la famiglia; doveva separarsi dall'immagine e dal ruolo che aveva caratterizzato i suoi genitori ai loro tempi a Hogwarts).
Poteva correre per i corridoi senza che la sua migliore amica le dicesse che era contro le regole - anche se Alice non ne aveva mai capito il perché: se erano in ritardo per qualsiasi lezione, non era meglio che accelerassero il passo per arrivare in tempo e non interrompere l'insegnate nel bel mezzo della spiegazione?  Le sembrava un ragionamento che andava ben oltre il valido - e poteva, più che altro, collezzionare attenzioni su di lei, che non erano mai sgradite.
Alice, fin da quando era piccola, aveva sempre sentito l'impulso pressante di far vedere che lei c'era, esisteva, e aveva dei sentimenti e emozioni che dovevano essere tenute in conto dagli altri. E che aveva un cervello; le premeva far sapere anche questo, insieme - rigorosamente - alle sue opinioni.
Non si era mai vergognata di parlare in pubblico, andare alla cattedra per spiegare un concetto che aveva capito particolarementre bene o di alzare la mano a fine lezione per dire che non aveva capito, e chiedere al professore una nuova spiegazione.
Non le era mai risultato imbarazzante fare un po' l'eccentrica, alzarsi nella Sala Comune di Grifondoro, sotto lo sguardo di tutti i suoi compagni di Casa che non aspettavano altro di poterla deridere, e intonare un qualsiasi verso, strofa i filastrocca inventata da lei contro le altre Case - in special modo, Serpeverde - o che, semplicemente, fungeva da inno, incitava tutti i Grifondoro a impegnarsi e a convincerli di avere tutto il potenziale per riuscire a vincere la Coppa delle Case, insieme al Campionato di Quiddich. I suoi compagni - perfino quelli che avevano provato a prenderla in giro: poco dopo, infatti, sì rendevano conto che lei fosse un potenziale da sfruttare, non da abbattere - l'avevano sempre apprezzata, e spesso si erano complimentati con lei per le sue composizioni.
L'avevano fatta sentire lusingata, compiaciuta, finalmente accettata; le avevano fatto avere la consapevolezza e la certezza di aver svolto il suo ruolo.
Quando c'era Rose, invece, era un continuo fuggi fuggi con la testa basta, provando in tutti i modi a non far pensare alle persone che loro erano la.
E a Alice non aveva mai fatto troppo piacere. Lei voleva dimostrare di non aver paura degli altri, del fatto che non le importasse ciò che dovevano di lei.
Sua madre le aveva sempre detto che lei, alla sua età, non era stata così.
Le aveva detto di essere una ragazza introversa e timida, che avrebbe preferito stare in un angolo in disparte della Sala Comune dei Tassofrasso, che saltare su un banco della Sala Grande e dire ciò che pensava. Le aveva anche detto che l'ammirava: il suo coraggio, e il fregarsene delle opinioni altrui l'avevano sempre resa orgogliosa di Alice. Evidentemente, aggiungeva quasi sempre con un sorriso, Alice non aveva ereditato quella parte del suo carattere insieme ai suoi occhi chiari, e Hannah non poteva che esserne più felice. Ovviamente, anche Alice ringraziava che il gene azzurro dei suoi occhi non si fosse portato dietro come una zavorra un carattere problematico come era quello di sua madre.
Spesso lo aveva fatto presente anche a tavola, durante i pasti, uno dei pochi momenti della giornata dove erano tutti e quattro insieme - e Alice e Frank accettavano di sopporttarsi per quella ventina di minuti che includeva il mangiare - e Alice, ogni volta che uno dei suoi genitori la lodava, si era sempre sentita gratificata. Era una sensazione bella, nuova, coinvolgente e travolgente, che le riempiva il cuore di orgoglio e la testa di vanezze.
Per questo faceva in modo che ciò accadesse il più spesso possibile.
Alice si era sempre detta d'accordo con sua madre come, d'altro canto, lo era stato Neville fin da subito, dicendo che il coraggio era una delle doti più nobili per una persona.
Per questo era finita in Grifondoro; o meglio, suo padre aveva sempre sostenuto così.
E Alice, non poteva essere più fiera di essere finita nella Casa che era stata quella di appartenenza di Harry Potter, Ronald Weasley e Hermione Grenger, i Tre Salvatori del Mondo Magico.
Aveva nell'animo una sorta di patriottismo comune ai ragazzi della sua età che, alle volte, la rendeva un po' odiosa. Ma i suoi amici avevano imparato a sopportarlo e a accettarlo.
Alice impennò di scatto, scivolando lungo il corridoio e prendendo una svolta laterale, che si apriva in un corridoio pieno di studenti più stipati di quello che aveva lasciato. Con un profondo respiro, Alice si addentrò in quella foresta di ragazzi della sua età e maggiori o minori, cercando di colore meno persone possibili: non voleva ritrovarsi a essere oggetto di tante maledizioni che, visto l'enorme mole che le avrebbero lanciato contro, l'avrebbe raggiunta con una precisione anche alta.
Un altro lato del suo carattere, che però non si spiegava né con i geni dei genitori, né con quelli della sua Casa, era sempre stato la sua inclinazione al perdono.
Insomma, non aveva mai avuto problemi a passare oltre a una disputa con una persona, e non era il genere di ragazza che serbava rancore o, tanto meno, desiderio di vendetta. Non ne trovava l'utilità.
Non aveva difficoltà, né un orgoglio o ehi spropositato, che le impedivano di perdonare un suo compagno che le aveva appena fatto un torto. Ecco, anche la velocità con cui riusciva a voltare pagina dopo una, anche grave, arrabbiatura la sorprendeva non poco, spaventandola al tempo stesso.
Sarebbe mai riuscita a tenere il muso a qualcuno per oltre quei cinque minuti che le servivano a elaborare la lite? Sarebbe mai riuscita a vendicarsi su qualcuno che l'aveva ferita?
Sua madre diceva che essere così dolci poteva essere solo un pregio, ma Alice non lo aveva mai pensato allo stesso modo.
Aveva sempre trovato un difetto nel non riuscire a elaborare piani diabolici per far soffrire qualcuno che aveva fatto la medesima cosa con lei. Aveva sempre trovato da deboli doversi rivolgere a Fred e James, o all'intera famiglia Wealsey-Potter, per riuscire a farla pagare a qualcuno.
Se aveva un carattere forte per quanto riguardava il comportarsi fuori dagli schemi a fare ciò che voleva senza temere il giudizio altriu; non riusciva, allo stesso tempo, a essere abbastanza forte da fare stare sui carboni ardenti un suo compagno che l'aveva fatta soffrire.
Sospirò, mentre si spostava velocemente per deviare un ragazzo del settimo anno, un armadio più grosso del normale, che non sembrava nemmeno essersi accorto di star andando contro a una ragazza più piccola di lui.
Quelli dovevano essere i geni Tassofrasso che il sangue di sua madre le aveva impartito, o i suoi insegnamenti di quando erano piccoli. Ecco, questo, ad Alice, non é che piacesse molto. Lo trovava come un qualcosa da eliminare, che le avrebbe solo ostacolato la vita.
E se ne era accorta l'anno prima, quando Smith l'aveva resa vulnerabile e lei non era riuscita a fare niente per vendicarsi, se non chiedere aiuto a Roxanne che, in uno slancio di cattiveria pura, aveva appeso il ragazzo in un corridoio secondario, vicino ai sotterranei dei Serpeverde, e solo quando una di queste - Medelain Heartquache, per la precisione - lo aveva trovato, la bellezza di tre ore dopo, Smith era riuscito a scendere incolume, per poi essere preso a calci da Albus - con l'aggiunta di qualche destro di Roxanne, anche se Alice non riusciva a spiegarsi la presenza della Weasley in quel momento.
Alice sbuffò, mentre il traffico di corpi degli altri studenti la imbottigliava dentro il corridoio, senza la possibilità di muoversi oltre. Fermò la sua corsa, spostandosi un ciuffo castano che era sfuggito alla sua coda dagli occhi. Non poteva più fare niente, se non spettare che l'ingorgo si sgonfiasse un po'. Sbuffò di nuovo, scocciata.
Odiava stare ferma: lei era nata per essere in movimento.
Sbatté una mano sul ragazzo davanti a lei, un Primino che si girò male nella sua direzione, ma che Alice ignorò, spronandolo con un cenno del capo a continuare ad avanzare.
Il Primino inarcò un soppracciglio, probabilmente chiedendosi se tutti a Hogwarts fossero come lei, e non avezzo al nonnismo che li studenti più grandi praticavano sui più piccoli.
Alice non si era mai sentita in colpa, per ciò: ci erano passati tutti, e presto anche i più piccoli avrebbero avuto il loro momento di bullizzare i nuovi arrivati.
E via così, in un circolo vizioso.
Sbatté di nuovo una mano sul ragazzo.
"E la vuoi smettere?" Sbottò quello, voltandosi brusco verso di lei. "Non é divertente"
"Davvero? Io lo trovo esilarante"
"Anche essere una stronza o solo fare quella capace?"
"Ehy!" Alice lo guardò più sorpresa che offesa: non era abituata che i ragazzini del primo anno le si rivolgessero in modo tanto sgarbato; o si girassero male a qualcuno "I bambini piccoli come te non dovrebbero usare certe parole"
"E quelli maturi come te non dovrebbero pressare gli altri per dimostrare il loro valore"
"Tu piccolo scarafa-" Alice era sul punto di tirargli uno scappellotto, ma la fila si mosse in modo tanto brusco che il ragazzino schizzò in avanti, sogghignando, e lei quasi cadde a pancia in giú lungo distesa sul pavimento di marmo per l'appoggio che le era venuto a mancare.
Alice barcollò un po', mulinando le braccia, e riprese l'equilibro. Alzò lo sguardo davanti a lei, dove il ragazzino se la stava ridendo di gusto, e i suoi occhi colsero la cravatta verde-argento che spiccava sulla veste nera.
Ah pensò un Serpeverde. Questo spiega tutto. Sono i più maleducati fra quelli delle quattro Case, e di una scortesia incredibile.
Il ragazzino continuò a fissarla con un ghigno in volto.
"Bhe, e ora cosa fai?" Chiese ridendo "chiami i tuoi altri Grifoni-Coglioni e mi venite a fare la bua?" Il Serpeverde fece degli occhi da cucciolo, per poi scoppiare a ridere in modo più sguagliato di prima.
Alice fu sul punto di ribattere, poi sospirò, stringendosi nelle spalle e ignorando la questione. Si mise meglio la borsa in spalla, valutando che il ragazzino non si meritava di venire schiantato per qualche offesa di poco conto, e si incamminò lungo il corridoio, che si era magicamente sbloccato.
Sentii la risata del Primino bloccarsi di botto, come se lo avessero spento, e percepii il suo sguardo sconvolto sulla sua schiena fin quando non uscii dal suo campo visivo.
Alice sorrise sotto i baffi. Adorava sorprendere le persone.
"Però, maturo da parte tua" osservò una voce giocosa alle sue spalle, una voce che Alice conosceva bene.
Alice si voltò indietro di scatto, facendo scorrere i suoi occhi sul ragazzo che la osservava da sopra un piccolo rialzo del pavimento, appoggiato tranquillo al muro con la borsa che pendeva mollemente su una sola spalla, che sembrava non soffrire per l'evidente carico di libri che doveva trasportare.
Inarcò un soppracciglio, con aria di vaga superiorità.
"A che ti riferisci?"
"Al non rispondere" Albus saltò in modo atletico giù dal rialzamento, e la guardò solare, issandosi di più la borsa in spalla "se lo avesse detto a Lily o James si sarebbe ritrovato in infermeria più velocemente di qualsiasi Boccino"
"E sarebbe stato giusto" ribatté lei.
"Mi sorprendi" disse Albus, affiancodola "lo hai lasciato andare tanto facilmente: credevo non ti interessasse"
"Non é un mio problema fondamentale" Alice si strinse nelle spalle "e ciò che dice non mi tocca. Ma, se mai un mio compagno di Casa dovesse affatturarlo, non muoverò un dito per difenderlo"
"E come mai? Si più sapere?"
"Se lo merita" disse Alice, alzando il mento, e riprendendo a camminare. Albus le venne dietro con una velocità che la lasciò un po' interdetta.
Albus scosse la testa.
"É un Primino. Non ha ancora imparato la gerarchia, non puniamoli precocemente" lei gli lanciò un occhiata non del tutto convinta, girando la testa nella direzione dove si era lasciata alle spalle il bambino.
"Quando beccherà Fred, vedrai come si pentirà di aver aperto bocca" commentò, il corridoio che, finalmente, iniziava a svuotarsi.
Fra gli ultimi studenti rimasti, Alice riconobbe la chioma rosso fuoco di Hugo Weasley, affiancato da Lily Luna, che si lasciava alle spalle la cugina per prendere una deviazione laterale, che portava all'infermeria.
Alice si appuntò mentalmente di fare visita a Rose il prima possibile. Le aveva già anche preso tutti gli appunti!
Albus la guardò inclinando la testa di lato, un espressione appena più sorpresa stampata sul volto.
Alice sospirò, trattenendo uno sbuffo.
"Cosa?"
"É solo ingenuo"
"E stupido" aggiunse lei.
Albus la ignorò "non si merita certo di andare incontro alla furia di mio cugino"
Alice gli lanciò un occhiataccia.
"Mica ce lo sto spingendo io. Sarà lui a fare tutto da solo"
"Potevi avvertirlo"
"Potevi farlo tu" sbottò lei "é un Serpeverde come te. Suppongo che fra di voi sappiate come siete fatti"
Albus parve offeso.
"Solo perché siano Serpeverde non significa che siamo tutti dei maleducati irrispettoso cronici. Non abbiamo in etichetta da portare sulla fronte! E di certo l'essere scortesi non é una caratteristica principale della nostra Casa!"
"Ma secondaria sí"
"Puoi fare la seria, per una volta? Voglio parlare in modo onesto e civile con te"
Alice si fermò, guardando il ragazzo in sottecchi. Alzò gli occhi al cielo.
"Albus."sospirò, abbassando le palpebre e passandosi una mano su queste  "Io non ho mai fatto di tutta l'erba un fascio. Non capisco come mai, ogni volta che ci incontriamo, tu mi debba trattare come se invece lo facessi"
"Emm perché lo fai forse?" Sbottò lui in tono ovvio.
Alice lo guardò male, arretrando di un passo.
"Non é affatto vero! Sei tu che non mi conosci"
"Sei tu che non capisci dove finisce il gioco e inizia la sensibilità delle persone!"
Alice fu sul punto di rispondere, poi sbuffò, scuotendo la testa e rendendosi conto che non ne valeva la pena. Non aveva punta voglia di litigare con qualcuno, men che meno se quel qualcuno era il ragazzo difronte a lei.
"Bene" Albus parve soddisfatto; le sorrise "ora, se vuoi scusarmi, devo andare. Io ho una lezione e poi gli allenamenti.
Ah, siamo molto migliorato, a proposito" Alice lo fulminò con lo sguardo; lui sorrise "preparatevi a perdere. Quest'anno la Coppa sarà nostra"
Alice fece un verso scettico e di scherno, coprendosi la bocca.
"Certo" disse "l'importante é crederci"
"Ti sbagli" ribatté lui, voltandosi e lanciandole uno sguardo da sopra la spalla, sorridendo "l'importante é non sottovalutare il proprio nemico"
Alice rimase un attimo interdetta, mentre guardava il ragazzo allontanarsi sempre di più, scomparendo poi alla sua vista per via di una svolta. Restò imbambolata per un paio di minuti, poi si ricordò degli appunti di Rose. Girò sui tacchi e si avviò verso l'infermeria, sperando che Hugo se ne fosse andato. Non avrebbe sopportato un altro Serpeverde nel giro di così poco tempo.
Fortunatamente, quando aprii la porta della stanza, Rose era sola, seduta sul letto con lo sguardo un po' perso fuori dalla finestra.
Alice sorrise, mentre si dirigeva a passo spedito verso di lei.
"Ma dimmi" esclamò a gran voce, tanto che Rose sobbalzò e di voltò verso di lei con un espressione sorpresa "come é saltare l'intero giorno di scuola per una febbriciattola  e non fare niente?"
"Male" la sua migliore amica si gettò a braccia spalancate sul materasso, mentre Alice sogghignava e si sedeva su una sedia accanto al suo letto. Mise la sua borsa sulle gambe. "E comunque faccio qualcosa" aggiunse Rose, lanciandole un occhiataccia - o meglio: ciò che doveva sembrare un occhiataccia, ma ricordava solo un bambi che faceva gli occhioni.
Alice sorrise.
"Certo. Ma guarda qua: ora avrai qualcosa da fare" Rose la fissò inespressiva "gli appunti" sbottò Alice, iniziando a frugare dentro la borsa.
"Ah"
Contrariamente a ciò che si era aspettata, Rose non si era entusiasmata per la cosa, e ciò era strano vista la sua indole secchiona.
Alice le lanciò uno sguardo sospetto, sbuffando. Smise di cercare.
"Ok. Cosa é successo?"
"Niente"
"Rose" Alice usò un tono ammonitore, che non ammetteva repliche.
Rose si girò piano verso di lei, i capelli sparsi sul cuscino come tanti fili di spago rossi. Le rivolse un occhiata di supplica, che Alice riconobbe all'istante.
Dentro quelle iridi azzurri dell'amica, vide una nota spenta, cupa, che stonava con tutto il resto del volto accesso, e che rendeva terribilmente bui e persi gli occhi di Rose.
Sembrava smarrita, e anni di conoscenza avevano formato Alice tanto da farle riconoscere con un occhiata quello sguardo che Rose le stava rivolgendo.
Insicurezza. Rose ancora non credeva in se stessa. Aveva bisogno di una spinta di autostima, di rassicurazione che Alice riusciva sempre a darle.
Alice sorrise, vedendo che Rose apriva la bocca per parlare.
Si preparò già in mente il suo discorso.
"Scorpius" iniziò la rossa, e Alice seppe di aver sentito abbastanza.
Capii cosa Rose volesse dirle prima ancora che l'amica aprisse la bocca: il suo viso era eloquente, e anni di amicizia avevano insegnato a Alice a leggere le emozioni della rossa, nonostante questa si mostrasse sempre con un sorriso rassicurante.
Alzò una mano che bloccarla.
"Non ci provare nemmeno" Rose la fissò sbattendo le palpebre "mi hai sentito. Se hai litigato ancora con Scorpius, e lui ti ha detto qualcosa di offensivo, ricordati questo:
Non lo devi ascoltare. Riempie le sue parole di cazzate. Ciò che dice non é vero, e tu devi fregartene"
"Prima non era così" ribatté Rose, guardandola in modo appena più triste di prima; sembrava davvero soffrire per ciò che che il ragazzo le aveva detto.
Alice posò i libri sul letto, scuotendo la lunga coda castana. Non la guardò quando parlò.
"Le persone cambiano. Imparano a entrare in dei canoni"
"Dettati dal loro cognome" sussurrò Rose, quasi più a sé stessa che a lei.
Alice la fissò perplessa.
Non aveva la più pallida idea di cosa Rose stesse dicendo.
Cosa hanno oggi i Wealsey-Potter? É il giorno:"Parliamo per Enigmi?"

In The Name/ Scorose.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora