Capitolo 79

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Ai primi di dicembre, Rose stava già iniziando a preparare il suo baule per le vacanza di Natale. Aveva già iniziato a radunare tutti i suoi libri e gli altri vestiti, in modo da avere la certezza assoluta di portare tutto quello che le sarebbe servito a casa.
Alice diceva che stava esagerando. Rose le aveva rivolto un sorriso di scuse, quasi come a implorare con lo sguardo che la perdonasse per quella piccola mania, ma poi era tornata con la cosa fra le gambe in Dormitorio per controllare per l'ennesima volta il suo baule. Sospirò sedendosi sul letto.
Si sentiva incredibilmente stupida. Anche se sapeva che le parole di Alice non avevano punta malizia, Rose non riusciva a estirpare il dubbio che le avevano messo addosso: stava davvero esagerando? Gli altri lo pensavano e le stavano già parlando alle spalle, oppure era lei, come sempre, a preoccuparsi per un niente?
Si prese la testa fra le mani, buttandosi sul letto. Era tutto così complicato! Se fosse stata una Legilimets, ad esempio, per sapere come risultava agli occhi degli altri le sarebbe bastato sforzare un po' il suo potere e controllare che gli altri non pensassero male di lei, o correggersi in quegli atteggiamenti che la facevano sembrare insopportabile con la certezza di fare la cosa giusta.
Così, invece, faceva congetture su congetture, senza sapere sul serio se stava facendo la cosa giusta per essere gentile con tutti e, alla fine, per la paura di risultare sgarbata o di comportarsi in modo da fare destare negli altri una antipatia nei suoi confronti non faceva niente. Si limitava ad osservare la sua vita dall'esterno, che le si svolgeva in avanti a una velocità quasi stratosferica, come fosse stata una spettatrice. Ed era noioso.
Beh, si certo, però almeno aveva la certezza di non stare sbagliando. Che gli altri non c'è l'avessero con lei e di risultare gentile ed educata a tutti.
Questo valeva più di un po' di divertimento, giusto?
Rose sbuffò. Scosse la testa rossa e si sedette sul materasso, le gambe incrociate sotto il petto. Non aveva la più pallida idea di cosa fare.
Alice e Roxanne avevano appena litigato nella Sala Comune - giusto per rimanere in linea con il trend degli ultimi mesi - e lei, completamente stanca di quei comportamenti infantili, aveva deciso di eclissarsi altrove e trovare una pace che faticava ad avere. Era passata in Biblioteca ma, stranamente, l'aveva vista occupata. Per forse la prima volta in sei anni, Rose aveva incontrato un altro studente che, nel suo stesso orario, aveva deciso di andare nella stanza che ormai quasi nessuno toccava più. Beh, non che 'incontrato' fosse il termine giusto, dato che praticamente lei lo aveva visto e si era nascosta dietro a uno scaffale pieno di libri.
Rose era rimasta tanto sorpresa da rimanere impietrita sulla porta. Poi si era riscossa e, lanciando al ragazzo una piccola occhiata, si era voltata e allontanata il più velocemente possibile. Se voleva avere della pace doveva stare da sola, e non poteva stare con anche il dubbio di due soli occhi che avrebbero potuto fissarla.
Poi aveva provato alla Torre di Astronomia. Aveva avuto, se possibile, pure più sfortuna che in Biblioteca: aveva trovato Lily e Lysander che si baciavano appassionatamente avvolti in un abbraccio tanto stretto che a segnato Rose era riuscita a capire dove finissero le mani di lui e iniziasse il corpo di lei. Rose si era ritrovata a trattenersi dal vomitare, anche perché Lily era seduta sul davanzale di una finestra aperta abbracciata a Lysander come unico sostegno, con la schiena sospesa nel vuoto. Rose si era chiesta lentamente come facesse. A lei venivano le vertigini solo a guardarla.
I due ragazzi, quando si erano accorti di lei, si erano staccati imbarazzati. Lysander aveva balbettato qualcosa sul non dire niente a Albus e James, che probabilmente lo avrebbero ucciso solo quando avrebbe detto che lui e Lily si erano fidanzati; e Lily invece era arrossita, per poi arrabbiarsi con Rose per l'interruzione - Rose l'aveva guardata ad occhi sgranati - e poi chiederle scusa, mortificata, dicendo che non era sua intenzione ferirla con quelle parole davvero poco gentili, e che lo aveva fatto solo perché stava vivendo un periodo di stress non si era controllata e si era lasciata andare alla rabbia che aveva sfogato su di lei.
Ahh aveva pensato Rose, ancora stordita tu stai passando un periodo di stress, Lilian? Io cosa dovrei dire?
Poi, per qualche strano motivo, Lysander aveva deciso che Rose doveva sapere tutto quello che era successo fra loro, e si era lanciato in un resoconto dettagliato di come, da quelle rade uscite che lui e Lily avevano fatto insieme erano passati al si beh..."lo avrai notato" aveva concluso Lysander, rosso in volto con Lily, dietro di lui, che si sforzava di ridere il più piano possibile.
"Sì" aveva risposto Rose, ancora schockata "si, Lys, lo avevo capito"
Ovviamente, Rose era sempre stata a conoscenza della frequentazione che Lily e Lysander avevano, e aveva anche già capito che tra loro sarebbe scoppiata la scintilla - ammesso non fosse ancora successo - ma ciò non voleva dire che era preparata a vederli in modo così intimo e, sopprattutto pericoloso.
Lily sarebbe potuta cadere dalla Torre e morire, e questo solo per uno stupido bacio! Rose aveva espresso il suo pensiero con calma, pur sentendo qualcosa di caldo risalirle per lo stomaco, come se davvero fosse sul punto di vomitare, e aveva tolto a Corvonero e Grifondoro cinque punti, giusto per essere sicura che quei due non rifacessero altre cavolate del genere.
Lily, prima di andarsene con lo sguardo basso, le aveva fatto promettere di non dire niente ai sui fratelli. Perché, secondo la minore dei Potter, quei due imbecilli sarebbero solo riusciti a mandare a monte una relazione che lei sognava da anni.
Rose aveva sospirato. "Va bene, Lily" le aveva detto, e aveva visto gli occhi della cugina illuminarsi di gratitudine "a patto" continuò Rose, e le era sembrato che gli occhi di Lily per poco non uscissero fuori dalle orbite "a Natale devi dire tu che voi vi frequentate come ragazzo e ragazza. Intesi? Non voglio avere segreti con Albus"
Lily aveva sbuffato.
"Lily!"
"E va bene!" Lily aveva roteato gli occhi al cielo, poi si era voltata, lasciando Rose sola e sempre più confusa nella stanza che odorava di stelle.
Dopo qualche secondo, Rose si era riscossa e aveva deciso che quel luogo non era più adatto per pensare. Non ora che aveva ancora l'immagine di Lily e Lysander avvinghiati come due cozze che necessitano dell'ossigeno l'una dell'altra.
Aveva scosso la testa ed era ridiscesa, i gradini a chiocciola che non facevano altro che confonderla ancora di più. Più di una volta si era dovuta fermare per cercare di fare smettere la testa di girare.
Idiota si era detta una di queste, la fronte alloggiata al freddo muro di marmo delle scale questa é la conseguenza delle vertigini. Perché sei venuta quassù?
Non aveva trovato una risposta soddisfacente, così aveva continuato a scendere le scale, in silenzio, con solo il suono dei suoi passi che rimbombava sulle ricurve pareti a farle compagnia. Anche se le arrivava alle orecchie come un suono macabro e solitario, come se sottolineasse il silenzio del quale si era chiusa. Però le era piaciuto.
Sempre meglio di niente.
Rose si passò una mano fra i capelli. Sciolse la coda storta che si era fatta e il laccino le rimase fra le dita come un elastico che ha perso la sua elasticità, tirato troppo e non più tornato alla lunghezza originale. Lo guardò un attimo, poi sospirò e lo gettò a caso sul letto.
Era andata in Dormitorio dopo la disastrosa visita alla Torre di Astronomia. Fortunatamente, la Sala Comune era deserta sia di Alice e sia di Roxanne. Rose sapeva non avrebbe sopportato di beccarsi l'ennesimo giro di insulti fra la sua migliore amica e sua cugina.
Però il Dormitorio era un nascondiglio temporaneo. Entrambe avrebbero potuto tornare in ben che non si dica, e, trovandola la, avrebbero potuto costringerla ad ascoltare l'infamazione e l'odio che una provava nei confini dell'altra.
Normalmente Rose si era sempre resa disponibile per certi discorsi, per permettere alle amiche di sfogarsi un po' e quindi limitare che, la prossima volta che si sarebbero trovare faccia a faccia in una gara di insulti, riversassero la totale rabbia repressa l'una sull'altra.
E Rose aveva anche notato un certo miglioramento. Le offese non erano più pesanti come prima.
Ma adesso si era rotta. Erano mesi che faceva da spola fra le due, e loro non si decidevano ad arrivare a un accordo o, almeno, a fare pace?
Porco Merlino, ma era tanto difficile abbassare la testa e scusarsi? Conosceva Alice, e lei non aveva mai avuto problema a perdonare le persone, ma Roxanne...
Strinse i pugni. Quella ragazza aveva una scorta per serbare rancore enorme. Non aveva neppure perdonato Lily per la presunta mignatura della Pluffa scomparsa, cosa successa mesi prima.
Perché doveva rendere le cose tanto difficili? Non poteva ammettere, per una volta, di aver sbagliato e essere nel torto, di star esagerando e chiedere scusa? Alice lo faceva quasi sempre! E non le erano certo spuntate le ali o roba simile come conseguenza.
Rose sospirò. La capiva Alice se, questa volta, aveva deciso che non avrebbe fatto il primo passo. Probabilmente si era scocciata di essere sempre quella più accomodante. Ma ciò voleva dire che si aspettava che Roxanne le chiedesse scusa - pretendeva che Roxanne le chiedesse scusa - e, visto e conoscendo quanto fosse rancorosa la sua cugina, Rose la riteneva sempre di più un impresa impossibile. Ed ora erano in uno stallo che non poteva durare per sempre.
Rose sbuffò. Perché Roxanne non poteva fare ciò che le chiedeva Alice? Per una volta non sarebbe morta. Non era mica difficile, no?
Evidentemente, pensò Rose mentre si avvicinava alla finestra e guardava l'immenso prato verde che si estendeva sotto di lei coma un manto peloso, si, era molto difficile.
Rose sbuffò di nuovo.
Alice probabilmente sarebbe tornata a momenti nel Dormitorio, e Rose sapeva di non essere pronta ad affrontarla. Oppure sarebbe stata Roxanne a 'rincasare' per prima, e Rose, a maggior ragione - dato anche perché si schierava dalla parte di Alice e credeva che avesse ragione (anche se non si sarebbe mai permessa di dirlo ad alta voce alla cugina) - non se la sentiva di stare nella stessa stanza con lei. Da sola.
Con i suoi lamenti. Rose sbiancò solo al pensiero.
Si voltò verso il letto, prese la borsa di perline dal suo cassetto e, legandosi i capelli in una coda disordinata scese per le scale con il solo pensiero fisso di scappare prima di essere beccata.
Nella Sala Comune incontrò Dominique, seduta su uno dei divanetti scarlatti. Lei alzò una mano per salutarla, e Rose replicò con un sorriso non troppo convinto. Dom parve notare qualcosa di strano, ma non disse niente. Rose la ringraziò mentalmente.
Uscii dalla Sala Comune con la borsa di perline che tintinnava contro il suo fianco. Si guardò intorno nel corridoio deserto. Non aveva la più pallida idea di dove andare.
Per un attimo i suoi occhi catturarono il passaggio buio che le aveva messo un terrore cieco addosso, quello dove aveva incontrato Yahn e, per la prima volta da quando lo conosceva, lui le aveva messo paura - anche se Rose non avrebbe saputo spiegare come o perché.
Scosse la testa e passò oltre, viaggiando senza una meta ben precisa.
Quindici minuti dopo, si rese conto di star vagando a casaccio nel castello. Rose si bloccò, capendo di trovarsi al primo piano grazie ai quadri che coloravano i muri. Sospirò, avvicinandosi a uno di essi con le soppracciglia aggrottate.
Le mani le le prudevano di rabbia. Rose se ne chiese il perché. Non era arrabbiata, quindi perché aveva la voglia di colore qualcosa, come non riuscisse a fare altro? Allora cosa era quella specie di pizzichio sotto pelle, e quella sensazione di essere pronta a scattare al minimo rumore?
Perché strappare un foglio di carta le sembrava una ottima idea, al momento?
Un quadro davanti a lei si mosse. Un mago dalla lunga barba bianca, un vestito azzurro e...no, già era scomparso in un altra cornice.
Rose sbatté le palpebre. Oh bene, ora anche i quadri si prendevano gioco di lei? Che razza di fregatura era, venire perculata dagli altri studenti e in più essere presa in giro da persone morte?
Strinse i pugni per fermare un fremito del quale si accorse solo leggermente. Era come se le mani fossero di un altra persona. Come se tutto quello che provasse appartenesse a qualcun altro, non a lei. Aprii la bocca con uno scatto, pronta a dire qualcosa di cui nemmeno sapeva il significato - o a chi si stesse rivolgendo con quella furia - quando sentii una porta scattare dietro di lei.
Si voltò a guardarla. Ne rimase al quando sorpresa.
A giudicare dalla faccia che si ritrovò davanti, anche l'altra doveva essere perplessa di vederla li.
"Rose?" Le chiese l'infermiera della scuola, un soppracciglio inarcato "che ci fai qui?"
Rose aprii la bocca, ancora con una rabbia irrazionale nel corpo, e temette di poter dire qualcosa di offensivo senza controllarsi. Invece non accadde.
"Non so dove stare" disse mesta. "Voglio evitare due persone, e ho già provato tutti i posti possibili"
"Quindi hai deciso di vagare nel castello senza meta e sperare che non ti trovino?"
Rose la guardò sorpresa. Era una Legilimets, o l'aveva tenuta d'occhio?
L'infermiera sorrise, scostandosi una ciocca scura dal viso. "Vieni" le disse "entra"
Rose, completamente serena, come se qualcosa avesse aspirato via quelle emozioni che non capiva, si staccò dal muro e la seguii. L'infermiera chiuse la porta alle sue spalle, sorridendo cordiale e gentile. A Rose sfuggì un espressione sorpresa, che sperò l'altra non cogliesse: il viso della donna, che ora le sembrava incredibilmente più giovane, ispirava un affetto quasi intimo, una maternità che la lasciava interdetta e confortata al tempo stesso. Sbatté le palpebre, poi si allontanò, a disagio.
Da quando l'aveva conosciuta, non l'aveva mai creduta capace di essere così socievole e accomodante con gli studenti. Beh però riflette in una frazione di secondo con me é sempre stata più gentile che con gli altri.
"Allora" fece l'infermiera, con un tono che lasciò Rose per un secondo inqueta, poi si calmò "per quanto hai bisogno di protezione?"
"Oh" Rose ci pensò un secondo. Fu colta dal solito senso d'ansia che provava quanto non sapeva dare una risposta precisa, che passò però così in fretta che quasi non se ne accorse "beh...dire..."
"Puoi rimanere fino all'ora di cena" disse secca l'infermiera.
Rose la fissò confusa. Schizzofrenia?
"E ringraziami" aggiunse questa, aprendo la porta del suo ufficio; si appoggiò all'uscio con un lieve sorriso "normalmente non lascio nessuno qui dentro senza la mia supervisione"
"E perché si fida di me?" domandò Rose, perplessa "potrei essere come tutti gli altri studenti"
La donna si strinse nelle spalle. "Mi...stai simpatica" si giustificò. Le lanciò un breve sorriso e rientrò nell'ufficio come un fulmine.
Rose guardò la porta chiusa per fa ti tempo.
L'infermiera aveva un modo tutto sui per dimostrare affetto. Forse Rose le stava simpatica?
Ma sí Rose scosse la testa. Lo ha appena detto.
Sbuffò. Cosa era tutta quella confusione, in quei giorni? Si guardò intorno, senza sentire il minimo di disagio o imbarazzo che normalmente l'avrebbe colta in situazioni simili. Quel posto aveva un influenza strana. Non era calmante e vuoto - e deserto - come la Biblioteca, eppure le dava la stessa pace. Lo stesso controllo. La stessa calma e lo stesso tempo per lasciarle sentire i suoi pensieri senza che la paura di cosa gli altri pensassero di lei la influenzasse. Però c'era una differenza: la Biblioteca le dava quelle sensazioni perché, effettivamente era vuota; mentre l'infermiera era appena a una stanza di distanza e avrebbe potuto osservarla con qualche incantesimo a lei sconosciuto, e Rose lo sapeva bene.
Eppure stava calma. Non sentiva quell'ansia imminente che la coglieva quando era in pubblico e aveva il pensiero fisso di doversi controllare. Ed era strano. C'era qualcosa che le ispirava una tranquillità che da tempo non aveva, in quel posto. Tutto sembrava dirle di stare calma, di non stressarsi a immaginare cosa i suoi comportamenti facessero pensare alle persone intorno a lei. Nessuno ti giudica sembrava dire quella stanza, le pareti bianche, i letti allineati lungo il muro e rifatti con tanta precisione che solo un incantesimo poteva replicare...perfino le file di bicchieri di liquido posati sulle mensole davanti ai letti sembravano sussurrarle che non doveva sforzarsi di essere qualcuno che in realtà non era. L'alone chiaro dato dalla luce delle candele che circondavano la stanza gettavano una sorta di aura di irrealtà e pacificità che le sembravano al tempo stesso appartenenti a lei ed estranei. Come quando si prova un capo d'abito che stona con il proprio volto, o il colore dei capelli.
Si vorrebbe perché bello, ma dobbiamo accettare di lasciarlo dove lo abbiamo trovato perché mai, perfino tutto ciò che accada, potrà renderlo carino su di noi.
Veramente nostro. Forse solo su una nostra amica e...
La porta si aprii con uno scatto violento.
"PERCHÉ NON MI HAI-" esplose una voce che fece sobbalzare Rose. Lei si voltò quasi inciampando sui suoi stessi piedi. Per la seconda volta nel giro di poco una smorfia sorpresa sciolse i lineamenti confusi, e Rose incontrò due occhi scuri stupefatti quando lei.
Hugo si bloccò sulla porta dell'infermeria, la bocca ancora aperta ma le parole che gli erano morte in gola. Aveva una mano ancora stretta saldamente intorno alla maniglia. La lasciò cadere con un movimento privo di forza. I suoi occhi scuri si puntarono sulla figura di Rose, e la rabbia che lo aveva colto quando era entrato ora era svanita. Rose non ne scorgeva nemmeno il più piccolo brandello.
"Che ci fai tu qui?" Domandò infine Hugo, incredulo.
Rose ci mise qualche secondo a riprendersi. "Potrei farti la stessa domanda" replicò.
Hugo non disse niente. Si voltò, chiuse la porta dell'infermeria alle sue spalle e vi ci poggiò sopra con la schiena. Sembrava esausto.
"Lei é qui?" Chiese a mezza voce.
"Lei chi?" Domandò Rose. Si avvicinò al fratello, perplessa "di chi stai parlando, Hugo?"
Gli occhi scuri di suo fratello saettarono alla mano che lei tendeva verso di lui. Fece una smorfia, e con un verso poco identificabile si scostò, la velocità di un felino.
Rose lo guardò con tanto d'occhi.
"Che hai? Che succede?" Chiese ansiosa. Quando Hugo si comportava così c'era qualcosa che non andava.
Chiunque si comportasse in questo modo nascondeva qualcosa.
"Niente" borbottò Hugo, che sembrava sul punto di scattare in attacco "niente...solo" sbuffò, esasperato "volevo parlarle, ma se lei non c'è..."
"Parlare a chi?"
Hugo la fulminò con lo sguardo.
"Fatti gli affari tuoi" disse in un sibilo.
"Sei stato tu a chiedermelo."ribatté Rose, ostentando una calma che rischiava veramente di cedere "Per darti una risposta devo sapere di cosa parliamo, no?"
"No" disse Hugo.
"Oh andiamo" esclamò Rose, esasperata e stanca di quella discussione "che ti prende?"
"Te lo ho già detto. Mi ascolti? Non ho niente"
Rose si passò una mano fra i capelli. La coda le stava cedendo, diventando sempre più disordinata, ma non le importava gran che. Qualche capello rosso le rimase sulle dita. Scosse la testa e si passò il palmo sulla gonna della divisa.
"Hugo" disse, e si sorprese che la sua voce non iniziasse a tremare. "Ti chiedo, per favore, di dirmi cosa ci dai qui. Sembri stanchissimo! Che ti succede?"
Hugo la fissò incerto. Per un attimo, Rose ne fu certa, aveva preso in considerazione la opzione di dirle tutto, e di metterla al corrente di qualsiasi piano stesse macinando nel suo cervello;ma poi scosse la testa, il ciuffo rosso che ondeggiava davanti ai suoi occhi scuri come un panno scarlatto, e la speranza di sapere la verità si dissolse di colpo nel corpo di Rose.
"Fatti i cazzi tuoi" l'aggredí Hugo. Si allontanò di qualche passo, avvicinandosi pericolosamente a una candela. La sua fiamma gli illuminò il volto pallido, e Rose riuscii a scorgere delle profonde occhiaie sul viso latteo.
Lo guardò dura.
É tuo fratello pensò dovete essere uniti, non l'ho attaccare. Ti prego.
Rose sospirò. Hugo la fissava senza dire niente, gli occhi scuri come due bigle marroni in un mare bianco e il ciuffo rosso tanto schiacciato sulla fronte che gettava un ombra tenebrosa sul suo volto. A metà la pelle era bianca e illuminata dalla fiamma delle candele, ma l'altra era nera, in ombra, come se portasse una maschera: c'era un confine, all'altezza della bocca, fra luce e oscurità.
Rose non sapeva esattamente cosa dire. Hugo aveva tutta l'aria di essere pronto a balzare se solo lei avesse fatto una mossa falsa; d'altro canto, sembrava tanto debole da crollare sotto la spinta del vento.
Hugo usava la rabbia come corazza per nascondere la sua debolezza, ma non sapeva che Rose riusciva a vederla. E Rose non sapeva se farlo sapere della sua conoscenza fosse una mossa saggia. Forse sottolineare il fatto che lei capiva più di quanto lui credesse poteva aiutare, ma era comunque un rischio grande.
Rose fissò Hugo. Il suo cervello cercava una risposta, e le si presentarono tante frasi alla mente che le ci volle del tempo per riuscire a ordinarle.
Alla fine optò per quella che le parve la scelta migliore. "Io posso aiutarti"
Non seppe esattamente perché lo disse. Forse perché tanti lo dovevano a lei. O forse perché credeva davvero di riuscirci.
Però le sue parole sortirono l'effetto opposto a quello che si era aspettato.
Hugo sbiancò di più. Si mise dritto sulla schiena, osservandola con gli occhi fuori dalle orbite. Aveva uno sguardo quasi folle, un po' lucido.
La luce sottolineava le sue labbra dischiuse dall'oltraggio.
"Tu...lo sai?" Chiese Hugo con un filo di voce. Si accasciò contro il muro, fissando Rose come se lei gli stesse puntando contro una bacchetta.
Rose si precipitò da lui. "Sapere cosa? Hugo, sembri sul punto di svenire, ma hai mangiato?"
Hugo non rispose. Continuava a fissarla con quegli occhi vuoti, terrorizzato e rassegnato al tempo stesso. Era come se avesse dato per certo che lei gli avrebbe fatto qualcosa, e avesse accettato il suo destino.
Ciò non significava che non avesse paura.
"Hugo?" Rose gli afferrò un braccio gentilmente, ma il ragazzino sembrava sempre più pallido, come se qualcuno si divertisse a cancellare il colore dalla sua pelle. Hugo non si divincolò dalla presa, ma neppure reagì in modo positivo.
Scivolò contro il muro, fino a terra.
Rose emise uno squittiò sorpreso e preoccupato. Temette che lui fosse svenuto, ma quando gli si inginocchiò al fianco vide gli occhi marroni del fratello aperti. Sospirò sollevata.
"Hugo, ti senti male?" Qualcosa, forse rabbia, luccicò infondo agli occhi del ragazzino. Rose ritrasse la mano con la quale lo aveva afferato. Non voleva fare passi falsi. "Posso chiamare l'infermiera, o..."
"No" la voce di Hugo era rotta. Cercò di mettersi seduto, e il bagliore della fiamma delle candele sopra di lui gli illuminarono per intero il volto. Fu un secondo, ma Rose capii cosa fosse quel luccichio nel marrone scuro delle iridi di Hugo.
Lacrime.
Stava piangendo.
"Hugo!" Esclamò Rose, preoccupata per il fatto di non capire. Da quando suo fratello cambiava umore così spesso? Non era normale, almeno che non ci fosse qualcosa che non andava...
"É colpa mia" sussurrò Hugo. Respirava un po' con l'affanno "Rose, mi dispiace, non ti meritavi questo..."
Non la guardava. Quando Rose cercò i suoi occhi per capire meglio, Hugo voltava la testa.
"Hugo. Di che stai parlando? Cosa é colpa tua?"
Hugo girò la testa verso di lei. Non c'era più traccia di lacrime, negli occhi. Sembravano solo fuori dalle orbite.
"Mi parli di lei?" Chiese con una vocina sottile.
"Cosa?" Rose sbatté le palpebre. Ora suo fratello la preoccupava davvero.
"Di...oddio, ma che cosa chiedo?"
"Hugo..."
Hugo scosse la testa. Si staccò da Rose, provando ad alzarsi come meglio poteva. "Lei" disse infine, tanto sottovoce che Rose credette per in attimo di esserselo immaginato. "Lei era..." Hugo si alzò, senza completare la frase.
Rose, ancora a terra, lo fissava preoccupata e confusa. "Lei era cosa? Chi?"
"Lei...mamma...." Borbottò Hugo. Sembrava accorgersi appena della presenza di Rose. Si torturava le mani sul ventre, mentre gli occhi scuri saettavano da una parte all'altra della stanza. Il suo sguardo era smarrito, esattamente come quello di Rose.
"Hugo" il tono di lei si addolcii. Gli sorrise triste, mentre si alzava lentamente. "Non é stata colpa tua" scandii piano le parole. Hugo si voltò verso di lei con una espressione terrorizzata. "Mamma é morta perché é successo, il fatto che fosse incinta di te poco conta...non devi colpevolizzarti"
Hugo la guardò sbattendo le palpebre. Rose rivide per un secondo il bambino si sei anni che veniva da lei ogni volta che aveva un problema, che le chiedeva dei consigli, che si faceva curare da lei ogni piccolo taglio o sbucciatura. Hugo le dava la stessa impressione di vulnerabilità di allora.
Sembrava indifeso davanti alle sfide del mondo, come lo era da bambino.
Aveva ancora gli occhi lucidi. Però ora il suo sguardo non era vuoto, ma... coscienzioso. Rose mosse un passo verso di lui, sicura di averlo capito e di aver sistemato tutto.
Il volto di Hugo si deformò in una smorfia di rabbia.
"Tu non capisci." Sbottò. Fece un passo indietro. "Non sai...non puoi dire che non sia..." Scosse la testa, e la sua voce di perse in un mormorio senza senso. Rose rimase come congelata sul posto, una mano ancora protesa verso di lui. Questo non se lo era aspettato.
"Hugo" sussurrò "io capisco..."
"No invece!" Urlò lui, furioso, e la sua voce parve rimbombare nelle pareti bianche e pulite dell'infermeria "tu non capisci! Non lo hai mai fatt-"
"Era anche mia madre!" Sbottò Rose, accedendosi. Normalmente non urlava, ma nessuno vanificava i suoi sforzi così. "Anche io la ho persa, sai? Non sei l'unico che soffre"
Hugo smise di torturarsi le mani. Alzò lo sguardo, ferito, e Rose si rese conto di ciò che aveva detto. La potenza delle sue stesse parole la colpirono con la forza di uno schiaffo. "Hugo..."
"Tu non capisci" sussurrò lui, eppure non c'era rabbia nelle sue parole, solo dolore "non sai cosa sento, perché non é per te che che..." La voce di Hugo si bloccò. Il ragazzino prese un profondo respiro tremante, poi continuò "Non sei tu la causa della scelta-"
"Di che diamine stai parlando? Se c'è qualcuno che può capirti, qui, sono proprio io. Tua sorella"
Hugo scosse la testa "tu non ti meritavi questo!" Si passò una mano fra i capelli, nervoso "io...Merlino Rose no dispiace" la voce gli si incrinò. Indurii i lineamenti "ma non puoi capire"
"Piantala con questa storia!" Lo interruppe lei "Hugo, io capisco, so cosa si prova-"
"No invece!" Urlò lui "tu la ricordi, hai qualcosa di lei, io non ho niente!"
La stanza buia ricoperta di sangue si palesò come un telo dietro le palpebre di Rose. Lei chiuse gli occhi, cercando di cacciarla indietro alla mente.
"Non vorresti avere i miei ricordi" disse. Avrebbe voluto aggiungere altro, ma temeva che sarebbe sfociata in un pianto a dirotto.
"Potresti anche guardarmi negli occhi quando parli di lei" borbottò Hugo.
"Non é questo il punto" disse lei "il punto é che tu ti dai la colpa per mamma...pensi di dover affrontare tutto da solo, quando invece non é così. Guardami" allargò le braccia "sono qui...sono come te. Ti capisco-"
"No, tu non capisci. Non sai come passo il giorno del mio compleanno. Non hai la più pallida idea della tortura che-"
"Certo che so come passi il giorno nel tuo compleanno" ribatté Rose.
Hugo alzò lo sguardo su di lei. All'inizio, oltre alla rabbia c'era solo confusione, poi fissò Rose negli occhi.
E capii a cosa la ragazza si riferisse. Quello stesso anno, quando lei aveva portato lui e Ron alla Tana perché lo aveva promesso ad Albus. Merlino, sembravano passati secoli, invece era solo qualche mese.
Hugo sgranò gli occhi. A Rose dette l'impressione di aver appena ricevuto un pugno in faccia.
"Quello...quello é stata un eccezione, avevo. Subito scope-"
"Si può sapere cosa é tutto questo baccano?"
La porta dell'ufficio dell'infermiera si spalancò, e un attimo dopo la donna dall'elegante schignon nero apparve sulla soglia. Hugo le dava le spalle, ma Rose la vedeva perfettamente. Aveva le mani suoi fianchi, e fissò Rose dritto negli occhi.
"Non dovresti approfittare di una cordialità"
Rose aprii la bocca per replicare, ma Hugo imprecò a gran voce. Si era irrigidito. Rose lo fissò a occhi sgranati. Lo stesso fece l'infermiera.
Il ragazzino scosse la testa, poi, senza voltarsi verso l'infermiera supero Rose, aprii la porta dell'infermiera e si catapultò fuori.
Lontano.
Lasciando Rose sola e confusa con una tempesta di emozioni che le si agitava nel corpo.

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