Il Ricordo di Ron (parte seconda)

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Ron rimase immobile, la mano di Hermione ancora stretta fra le sue dita. Salda, famigliare e fredda.
Morta.
Dentro la Sala, i medici dicevano le ultime cose. L'ora del decesso, causa della morte, tutte cose che Ron non voleva sentire.
Sentiva in lontananza il pianto di un bambino, e solo vagamente si rendeva conto che quello fosse suo figlio, che quello che piangeva a pochi metri da lui fosse la causa della morte di sua moglie.
Sì, perché era così. Ron sapeva ci fosse stato un rischio che la gravidanza potesse finire male, e aveva sperato così non fosse, che quella probabilità fosse così piccola da risultare impossibile.
E invece non era vero. Si era avverata.
Hermione era morta. E Ron non avrebbe ascoltato nessuno in proposito, nessuno che gli volesse dare un po' di conforto.
"Signor Weasley" una voce flebile, sottile dallo shock si fece sentire. Ron sentii una lieve pressione sulla spalla, ma non si voltò a guardare chi lo stesse toccando. "Signor Weasley? Mi dispiace, ha le mie più sentite condoglianze. Il bambino sta bene.
É in salute. Piange proprio perché é sano come un pesce. Vuole tenerlo in braccio? Magari può rendergli un po' più facile-"
"No. Lo mette il più lontano possibile da me"
Una vaga sorpresa prese il sopravvento su Ron.
"Cosa?"
"Mi ha sentito" replicò Ron brusco, senza staccare gli occhi dal volto privo di vita di Hermione "lo tenga lontano da me"
Una pausa.
"Ma signore-"
"Vuole che lo scriva in tedesco?" Sibilò Ron, voltandosi di scatto. "Lo tenga lontano da me. Non lo voglio vedere.
Non ho la minima intenzione di vederlo. Non voglio prenderlo in braccio. Non voglio sapere niente di lui. Non voglio nemmeno che mi si riportino sue notizie.
Sono stato abbastanza chiaro?"
Si ritrovò davanti il volto bianco e sconvolto di Scarlen Julep. Aveva i capelli neri raccolti in una crocchia sopra la testa, e sembrava non poter credere alle sue orecchie. Sì, forse sentire un padre che rinnegava il figlio appena nato poteva sembrare strano a un estraneo, ma non a Ron.
Lui non doveva spiegazioni a nessuno. Lui soffriva e basta.
Scarlen si arrese. Ritrasse la mano dalla spalla di Ron e annuii. "Certo.
Lo porto in-"
Ron la fulminò con gli occhi, e lei cambiò immediatamente la fine del discorso. "Lo porto via. Lontano da qui"
"Ecco" acconsentii Ron. Scarlen rimase un secondo senza dare niente, poi si mosse fulminea. Afferrò un fagotto bianco e lo prese con delicatezza fra le braccia, poi si voltò e uscii dalla sala parto. Ron la seguii con lo sguardo fin quando non scomparve, poi portò di nuovo gli occhi su sua moglie.
Hermione...la donna con cui aveva condiviso tutto, le gioie delle buone notizie e la sofferenza della guerra; con cui si era immerso nel dolore della perdita come se si immergesse in una vasca di acido, e con cui aveva assistito alla loro felicità, un balsamo spalmato sulle cicatrici che non sarebbero mai andate via. Hermione, la donna che conosceva da quando aveva undici anni e, per la propria stupidità, Ron aveva considerato solo una rottura di palle - poi si era ricreduto, fortunatamente, segno che aveva ereditato un po' di intelligenza che caratterizzava gran parte della sua famiglia.
E ora non c'era più. Tutto era finito.
Tutti i momenti passati insieme, non ci sarebbero più stati. Il futuro che avevano costruito insieme, come lo avevano immaginato, distrutto. Niente più possibilità di avere di nuovo un suo sorriso, di sentire ancora la sua voce, di assistere alla sua crescita, di vederla invecchiare insieme a lui...
Niente di niente. Hermione sarebbe rimasta per sempre congelata all'età di ventotto anni, strappata alla vita da una morte troppo crudele per poter aspirate a un perdono.
E non avrebbe visto Rose crescere. Non avrebbe mai fatto da madre. Non sarebbe riuscita ad avverare e a veder completate le battaglie per cui lottava da una vita. Non avrebbe avuto più la possibilità di migliorarsi, non avrebbe più assaporato le semplici gioie di una vita che le offriva tutto ciò di cui aveva bisogno dopo il mare di sofferenze che avevano attraversato ancora troppo giovani.
Non avrebbe goduto le gioie di una madre, non avrebbe avuto niente di cui rallegrarsi.
Adesso era una stella spenta, un involucro vuoto e senza vita. Una pallida ombra di ciò che era stata fino a qualche ora prima, quando lei e Ron avevano parlato così animatamente di cosa avrebbero fatto, della sua salute. Lei aveva assicurato che stava bene, e invece...
Non era così. Ron non l'avrebbe più abbracciata. Non avrebbe più sentito il suo calore, la gioia di essere pelle contro pelle, uniti oltre ogni immaginazione. Fondersi l un l'altra e sentire i respiri che avanzavano insieme, la calma dopo l'apice.
Niente di niente. Hermione non avrebbe più vissuto niente di tutto questo e Ron, di conseguenza, non ne avrebbe più avuto la possibilità.
E tutto per colpa di un bambino.
Ron si alzò in piedi bruscamente. Quasi ribaltò la sedia, che strusciò sul pavimento con un suono atroce. Era stato uno stupido. Stupidissimo. Idiota. Non aveva ereditato nessuna intelligenza da sua madre.
Doveva imporsi di più. Non doveva farsi convincere. Doveva rimanere dell'idea di non volere figli. Che solo lui e Hermione gli bastava. Almeno, ora l'avrebbe avuta ancora al suo fianco.
Certo, però non avrebbero avuto nemmeno Rose. Ecco, questo gli dispiaceva. Quella bambina era fantastica, letteralmente una copia della madre...
Già, chissà se Harry era arrivato a casa. E chissà come avrebbe preso la morte di Hermione. Ora che ci pensava, il fatto di doverlo dire ad altri, dover diffondere la voce della morte di sua moglie gli faceva malissimo. Dover prendersi la responsabilità di raccontare all'intero Mondo Magico che non era riuscito a difendere dalla morte la sua consorte era distruggente. E la consapevolezza che toccasse a lui gli fece tremare le gambe, quasi cadere. Una infermiera, lì vicino, gli rivolse uno sguardo preoccupato. Ron le fece un gesto brusco con la mano, e quella non si avvicinò troppo.
Ron si rimise in piedi. Si rese conto di star piangendo solo quando vide il lenzuolo bianco dove era sdraiata Hermione macchiato. Bagnato. Grosse macchie più scure che impregnavano il lenzuolo intorno al corpo senza vita della donna. Il suo sguardo scuro era ancora vitro, gli occhi spenti, senza la luce della vita che gli animava.
Si guardò intorno. Era solo.
Probabilmente i medici avevano deciso di lasciargli la possibilità di dire addio per sempre a sua moglie prima di iniziare con le solite trattative che si fanno con i morti. Ron sentii una fitta al petto quando ci ragionò. Scosse la testa, e si chiese perché la vita fosse tanto ingiusta con lui. Perché questa tragedia non era successa a Percy? Perché lui, che aveva abbandonato la famiglia per seguire una stupida ambizione, ora viveva felice? Perché era successo a Ron, che aveva sempre fatto di tutto per far ridere gli altri, per consolarli, che si era sempre messo dalla parte del bene, senza mai esitare o avere ripensamenti? Perché non era successo ai Malfoy, che con tutto ciò che avevano fatto di sbagliato e non avevano pagato, ci sarebbe stata benissimo una funzione del genere?
Perché a Ron? Perché proprio a lui?
Perché era lui a dover soffrire. Cosa aveva fatto di male? Cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo? Tutto questo dolore, questo strazio.
Evidentemente qualcosa, perché non credeva che il fato fosse così cieco. Si, ma perché era stata Hermione a pagare con la vita? Perché non era morto lui? Hermione si meritava di vivere e di veder crescere i suoi figli; Ron poteva benissimo morire giovane. L'importante era che lei avesse la possibilità di spendere a pieno la sua vita.
Ma quella possibilità era sfumata per sempre. Adesso era morta, e niente l'avrebbe riportata indietro.
Ron si alzò dopo un tempo indeterminato. Hermione aveva perso anche gli ultimi rimasugli di calore che le restavano, diventando solo un corpo freddo che poteva benissimo appartenere a una bambola.
I medici non erano ancora tornati, e Ron pensò dovesse avere una faccia davvero da schifo per fare così tanta pena. Ma non gli importava; da ragazzino, forse, un sentimento del genere scaturito a causa del suo aspetto lo avrebbe messo a disagio, lo avrebbe fatto arrabbiare; ora, che non aveva più niente per cui valeva la pena vivere, non gli poteva importare di meno.
Ron uscii barcollando dalla sala parto. Le pareti bianche dell'ospedale quasi lo accecarono. Ron chiuse gli occhi, e si passò una mano sulle palpebre abbassate per abituarsi alla nuova luminosità.
Per un momento rimase sorpreso dal bagnarsele, poi la consapevolezza di ciò che era successo prima lo colpii in pieno, e Ron rischiò sul serio di cadere. Sentii qualcuno di fianco a lui fare una esclamazione metà sorpresa e metà preoccupata, ma Ron se ne andò prima di ricevere qualsiasi aiuto.
Prima che gli venisse offerto.
Doveva ancora dire a tutti che Hermione era morta. Doveva informare tutti della tragedia appena avvenuta. Il solo pensiero gli dava la nausea. Probabilmente i suoi genitori erano già in viaggio per vedere il nuovo nipotino, e Ron non aveva la più pallida idea di come comunicargli che avevano perso una nuora. Non sapeva da dove iniziare a raccontare.
Probabilmente sarebbe crollato fra le braccia di sua madre, aspettando di essere consolato come un bambino che aveva fatto un incubo. Già, quanto era infantile e immaturo. Ancora non sapeva reggere i dolori della vita, ancora non sapeva reggere la verità sulla morte. Che viene quando meno te lo aspetti e ti colpisce in modo da distruggerti, da buttarti giù e lasciarti senza fiato, in modo che non ci si possa più alzare.
Sì, ma come poteva dirlo? Come poteva anche solo pronunciare il nome di sua moglie e affibbiarle la parola "morte"? Andava contro tutto ciò che si erano promessi. Vita serena, felicità...cose che Ron non avrebbe più avuto.
"Signor Weasley?" Una voce si fece sentire, e Ron la riconobbe all'istante.
Borbottò qualcosa, niente che avesse un vago senso compito.
"Signor Weasley" la voce si fece più forte, e anche più decisa. Ron sbuffò, aprendo gli occhi. Due iridi castane lo osservavano con apprensione "ha bisogno di aiuto? Vuole che faccia qualcosa per lei? Vuole vedere suo figlio?"
Ancora? Pensò Ron ovvio che non voglio.
"No" rispose a Scarlen Julep. "Non c'è niente che lei possa fare per me"
La donna esitò. "Mi dispiace" disse ancora. "Immagino però che essere preparati psicologicamente alla sua morte debba, seppur non lo ha eliminato totalmente, almeno alleviato il dolore.
Giusto?"
Ron la fissò senza capire. Psicologicamente pronti? Cosa voleva dire? Che intendeva? Perché Ron doveva essere pronto alla morte di Hermione? Perché sembrava che avesse dovuto aspettarsela?
"Scusi..." Borbottò "non capisco.
Penso mi abbia scambiato per qualcun altro"
Scarlen divenne pallida. Sul suo volto si dipende dapprima una espressione di stupore, poi una di mortificazione.
Alla fine parve capire qualcosa, e i suoi occhi si rabbuiarono. "Ah" mormorò "lei non lo sa"
"Sapere cosa?" Chiese Ron, con la voce pericolosamente bassa. Quella donna gli stava nascondendo qualcosa. Quella donna era a conoscenza di una qualche informazione che Ron, se l' avesse saputa prima, avrebbe potuto salvare la vita di Hermione.
Scarlen fu presa in contro piede. Arretrò di un passo, guardadolo preoccupato.
Non rispose.
"Sapere cosa?" Ripeté Ron, questa volta più minaccioso. Puntò gli occhi sulla donna, e il suo sguardo non ammetteva il silenzio come risposta.
Lei parve un difficoltà. Le aumentò il respiro, poi si guardò intorno, forse cercando un qualche imprevisto a cui aggrapparsi.
Ma tanto Ron l'avrebbe seguita. Era nel suo diritto sapere. Doveva sapere tutta la verità. Hermione é sua moglie.
"Beh" sospirò alla fine la ragazza con arresa, delusa da non poter scappare da quella situazione che si era creata con delle parole che dovevano essere di conforto. "lei sapeva le difficoltà che incorrevano nella gravidanza..." Lasciò la frase in sospeso, incerta se fosse vero o no. Ron si rese conto dopo un paio di secondi che aspettasse un suo cenno affermativo per poter continuare. Annuii.
"Sì. So che c'era una possibilità di morte. Ma era piccola e..."
Scarlen stava scuotendo la testa. Il suo viso si era addolcito, ma era celato di tristezza. "no. Non é così." Rispose piano. "Sua moglie le ha mentito, le ha nascosto cosa succedesse davvero"
Ron sgranò gli occhi. Hermione bugiarda? No, non poteva essere. Di certo Scarlen si stava sbagliando.
Come si permetteva di fare quelle accuse?
"Mi ascolti" disse severo, lo sguardo truce "lei non é nessuno per poter avanzare certe cose. Men che meno ora che Hermione é morta e non può difendersi. Dovrebbe solo vergognar-"
"Oh. Immaginavo sua moglie lo avesse detto, ma..." Lo interruppe lei, mordendosi il labbro.
"Detto cosa?" Chiese Ron assottigliando gli occhi.
Scarlen prese un profondo respiro "Era certo che la gravidanza l'aveebbe uccisa." Disse, puntando gli occhi marroni dentro quelli di Ron "Sapeva che, se l'avesse portata avanti, sarebbe morta al momento del parto. É per questo che le avevamo proposto l'aborto, ma lei ha rifiutato"
"L'aborto? Lo avevate proposto a lei?" Ron non poteva essere più perplesso 
"Non me lo ha mai detto" non era delusione, quella che provava, ma solo una cieca rabbia verso i propri confronti per non essersi accorto di una cosa tanto grave. Stupido, stupido, stupido. Come aveva fatto a essere così cieco? Come aveva fatto a non vederlo?
Eppure gli indizi c'erano. Il sangue dalla bocca di Hermione, per esempio.
Ron rabbrividí al pensiero. Poi fu disgustato da se stesso.
"Lei sapeva che sarebbe morta?" Domandò con un fil di voce. Non poteva crederci. Hermione...aveva dato la vita per Hugo. In tutti i sensi.
Scarlen gli sorrise dolce. "Sì, e lo ha accettato."
Ron degluttii. Dopo qualche attimo, riuscii a fare la domanda che gli premeva dal fondo della gola da quando aveva scoperto ciò che Hermione aveva fatto "Aveva paura? Aveva paura a donare la propria vita?" Non poteva sopportare di non essere stato affianco durante una decisione così dura. Magari, magari avrebbe anche potuto persuaderla.
O magari le avrebbe reso il tormento meno atroce. Non era facile sacrificare la propria vita per qualcun altro, anche se fosse il proprio figlio.
"Era preoccupata per lei" le rispose Scarlen. "Ma di morire, no. Hermione era coraggiosa.
Ora deve esserlo anche lei"
Ron sapeva che non ci sarebbe riuscito, ma annuii lo stesso.
Scarlen però temporeggiava. Ancora non se ne andava. "É proprio sicuro che non ci sia niente che possa fare per lei e la sua famiglia? Vorrei davvero rendermi utile" disse a mo' di scusa, dopo che ebbe raccolto il coraggio per continuare quella conversazione.
Ron scosse la testa. "No. Grazie, ma dubito ci sia qualcosa in suo potere che possa fare per alleviare il mio dolore"
"Io sono a disposizione" ribadì la ragazza.
"Beh, se non conosce un modo per fare tornare in vita i morti non può essermi utile"
Scarlen parve sul punto di replicare, quando, dal fondo del corridoio, il silenzio si bucò come un palloncino. Una, due, tre teste rosse sbucarono da un angolo, felici. Ron, con un tuffo al cuore, riconobbe i suoi genitori e sua sorella. Immediatamente dopo di questa, fece capolino una testa nera, perennemente disordinata, con in braccio una bambina dai capelli rossi.
Ron non riuscii a sorridere a Harry e Rose, mentre tutto il gruppo puntava verso loro due.
Scarlen si voltò verso di lui con apprensione. "Non sono stati informati" disse, palesando l'ovvio "non sanno ancora che...dovrebbero saperlo. Penso si aspettino ancora..."
"So cosa si aspettano" disse Ron, quando ormai il gruppo era a portata di orecchio. Suo padre gli sorrideva con orgoglio, e Ron si chiese se sarebbe ancora stato fiero di lui quando avrebbe saputo che non era stato in grado di proteggere sua moglie.
No, ovvio che no. Nessuno sarebbe mai più stato fiero di lui.
"Congratulazioni fratello" disse Ginny sorridendo, solo un po' turbata dalle espressioni non esattamente allegre di Ron e Scarlen.
"Già amico" commentò Harry, meno convinto della moglie. Si guardava intorno con sospetto, forse sospettando qualcosa. "Complimenti. Come sta Hermione?"
Ron e Scarlen si scambiarono uno sguardo. Senza dire una parola, Ron si allungò verso il migliore amico e prese la figlia. Rose non oppose resistenza e, anzi, gli sorrise smagliante. Lei non c'elaveva con lui. Era ancora troppo piccola per essere arrabbiata, ma lo sarebbe stata, da grande, quando avrebbe avuto la consapevolezza, quando avrebbe capito le mancanze di Ron.
Oh, sì, se la sarebbe presa con lui non appena avrebbe avuto l'età giusta per capire.
"Ah sì, c'è una cosa che può fare per me." Disse Ron voltandosi verso Scarlen "Dica ai miei genitori ciò che é successo"
Poi si avviò via, puntando in una direzione ben precisa.
Ron se ne andò prima che Scarlen potesse dare la brutta notizia, ma , sentii comunque, a piano di distanza, i pianti che iniziavano a sostituire lo shock, le parole di conforto che invadevano la sala, dette ma che non gli conferivano niente.
Si sentiva vuoto. Perso. Svuotato di qualsiasi guida.
Hermione non c'era più, non c'era nemmeno più un senso per vivere.
Niente avrebbe illuminato le sue giornate, niente avrebbe più reso lievi i suoi dolori.
Niente. Hermione non li avrebbe più alleviati come invece aveva sempre fatto; anzi, la sua morte avrebbe solo reso più pesante ogni giornata, più doloroso ogni momento triste.
Sarebbe stato come uno spettro intorno a Ron, che si stringeva ricordandogli con il gelo cosa lui avesse perso.
Ron scosse la testa, e continuò ad avanzare verso la sua meta. Almeno questo doveva farlo.
Sapeva dove fosse la strada. L'aveva fatta un centinaio di volte, sia per sua figlia che per i suoi nipoti. Ormai la conosceva a memoria.
Rose, fra le sue braccia, non aveva ancora parlato. Ron sentiva lo sguardo della bambina addosso, e tal volta le sua mani correvano sul suo collo per tirare qualche pelo, ma poi non si faceva più sentire più di tanto.
Lui non l'aveva ancora guardata. Sapeva che non avrebbe retto il confronto, non avrebbe retto vedere gli occhi di sua figlia, sempre così accesi e pieni di felicità, spegnersi piano, oscurarsi nel rendersi conto che la sua mamma non sarebbe più venuta a salutarla. Mai più.
Ron doveva andare. Almeno questo lo doveva.
Arrivò in poco tempo. La sala era silenziosa, strano per il numero di bambini ancora piccoli che vi erano stipati all'interno. Nemmeno Rose emetteva alcun fiato, forse aveva capito che ci volesse silenzio per luoghi come quelli.
Ron viaggiò a colpo sicuro verso i letti. Non aveva la più pallida idea di quale fosse, ma non c'erano tanti bambini dai capelli rossi. Anzi, probabilmente doveva esserci solo suo figlio.
Difatti, eccolo. Una coperta bianca dalla quale sfuggiva un ciuffo scarlatto come una macchia di sangue. Ron si sistemò meglio Rose in braccio e avanzò.
La culla era silenziosa, Hugo stava ancora dormendo. Forse non aveva nemmeno a ancora aperto gli occhi da quando era nato. Non aveva nemmeno visto sua madre.
Ingrato. Lei aveva dato la vita per lui e Hugo non la degnava nemmeno di uno sguardo. Era crudele e egoista da parte sua.
"Bene Rose" bisbigliò Ron, e non riuscii a trattenere la nota acida nella sua voce "questo é tuo fratello" continuò, poi chinò la bambina verso la culla.
Rose non fece alcun verso. Allungò solo una mano verso il bambino che dormiva sereno e fece schioccare la lingua. Ron non sapeva se lo stesse approvando o meno, ma sperava vivamente la seconda. Hugo le aveva tolto la possibilità di avere una madre.
Come se Hugo avesse un germo infettivo, Ron tirò indietro Rose. La portò all'altezza dei suoi occhi e le sorrise. "Bene. Adesso basta, ok?"
La bambina annuii, e Ron la depositò a terra. Le sorrise ancora, mentre la guardava, e le carezzò il capo rosso, identico al suo. Identico a quello del fratellino.
A Rose scappò una risata per le premure del padre. Ron la fissò ancora, trovando una piccola consolazione dentro quel visino che lo guardava con ammirazione e affetto.
Poi notò una cosa. Rose somigliava tanto a sua madre...sembrava la perfetta copia di Hermione.
Un idea si accese nella sua testa, e gli illuminò il cervello.
Poteva chiamarla Hermione. Dopotutto le somigliava. Si, era uguale. Ron l'avrebbe chiamata Hermione. In memoria di sua moglie,  la madre di Rose! Era un bel gesto da fare.
Era giusto. Hermione andava ricordata. Ron lo doveva.
E così Ron si assicurava che sua figlia non si dimenticasse mai della donna che l'aveva partorita.
Ron si alzò e si affacciò alla culla del secondo genito. Bene, almeno una cosa l'aveva decisa. Così sarebbe andato meglio avanti.
Sì, doveva solo riprendere le forze. Poteva riuscirci.
Ron guardò dentro la culla, e tutta la sua sicurezza vacillò. No, non poteva riuscirci.
Da quando era nato, Ron non aveva ancora mai visto Hugo. Erano passate diverse ore, eppure in lui non era mai sorta la curiosità di guardare il figlio.
E, ora che c'era e l'aveva soddisfatta, si sentiva malissimo. Gli veniva da vomitare.
Non avrebbe mai dovuto guardarlo. E, soprattutto, il bambino non avrebbe mai dovuto rispondere al suo sguardo con quella specie di mezzo sorriso sul volto.
No, non poteva fargli questo. Non poteva ricordargli con la sua innocenza e la sua ignoranza ciò che Ron gli aveva tolto. Sì, Ron. Perché era colpa sua. Se fosse stato più attento, se si fosse informato, se non l'avesse fatta fare di testa sua, se non avesse ceduto al desiderio di avere figli...
Allora Hermione sarebbe stata ancora lì con lui. E nessun bambino sarebbe stato costretto a crescere senza madre.
Ron ruppe in un singhiozzo. Era colpa sua. Era tutta colpa sua. Sua e di quel bambino, che era nato, che gli aveva portato via la persona che più amava in assoluto.
Era tutto colpa sua. Doveva soffrire per questo. Soffrire per ciò che aveva fatto. Doveva punirsi. Almeno, in un futuro, si sarebbe richiesto di essere più prudente. Di non ascoltare sempre i propri desideri. Di guardare quegli degli altri.
Era colpa sua. Sua e di Hugo. Se, durante quei mesi, il bambino fosse morto naturalmente dentro Hermione, lei sarebbe stata ancora viva. Anzi, Hugo non doveva proprio fecondare l'ovulo, almeno non avrebbero avuto nemmeno la scocciatura di doversi sbarazzare di un piccolo cadavere.
Ron sospirò. Era un bugiardo.
La cosa che gli faceva più male era che il bambino gli somigliasse. Stessi capelli rossi, e, con alte probabilità, sarebbe diventato una sua perfetta copia, visto i blandi lineamenti che aveva e che erano una pallida ombra di quelli di Ron.
Erano uguali. In aspetto, e in campo di assassini e responsabilità.
Hugo gli somigliava in tutto e per tutto, e ciò distruggeva Ron.
Era la sua copia, certo, eccetto per gli occhi. Quei fari che aveva aperto e che lo guardavano intensamente, tanto da ricordare due piccole razza di caffè.
Quelli erano di Hermione.
Ora che lo vedeva, Ron capiva cosa provava. Rimorso.
E ciò era dato dallo sguardo del piccolo, dai suoi occhi marroni, identici a quelli di Hermione. Scuri e puri come la terra, ciò che aveva sempre ricordato a Ron quelle iridi che tanto amava, e che non avrebbe più rivisto.
Quelle iridi che adesso erano senza vita.


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Prossima parte: Epilogo. (E se vi fermate a leggere lo spazio autore mi fareste un piacere, ho un paio di cose da dire).

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