Capitolo 35

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"Albus, vuoi stopparti o no?"
Albus continuò a camminare imperterrito, precedendolo lungo io corridoio con i pugni serrati sui fianchi.
Scorpius sospirò, alzando gli occhi al cielo, mentre lo rincorreva.
"Al..." La pazienza di Scorpius finii "oh porca Puttana, Albus, e fermati!"
Albus lo ignorò, ansi, parve accelerare il passo.
Scorpius sbuffò un imprecazione, tenendolo sempre sott'occhio, e avvicinandosi al migliore amico; i quadri di Hogwarts scorrevano intorno a loro tramutandosi solo in una macchia informe di colori ottocenteschi sbiaditi dal tempo, che  tappezzando le pareti come una coperta di giallo, verde, rosso, blu e nero spenti e quasi senza vita.
Scorpius si fermò un attimo ad osservare un quadro, nel quale gli era sembrato di aver visto un movimento sospetto, come un volo di un uccello. Non ci fu più niente e, con una scrollata di spalle, il ragazzo riprese a correre dietro a Albus che, quasi senza farsi vedere, era riuscito a sfuggire alla sua aura di controllo e si trovava verso la fine del corridoio.
Scirpius dovette trotterellare per stargli dietro, e maledii se stesso: nessuno, neanche il più infantile dei maghi, camminava in modo tanto stupido. Se suo padre lo avesse visto probabilmente gli avrebbe rivolto una smorfia di disapprovazione, ma lo avrebbe lasciato fare su ordine di sua madre.
Ecco, questo Scorpius lo odiava.
Se c'era qualcosa che non faceva nel modo corretto, lui doveva essere rimproverato, doveva capire dove sbagliava e non farlo più, ed era compito dei suoi genitori insegnarlo. Non dovevano semplicemente lasciarlo fare, magari lasciandogli percorrere la sua strada senza interferire, lasciandogli fare tutti quegli errori che avrebbe potuto evitare se solo i suoi genitori non fossero stati così permissivi, ma avessero avuto un pugno più duro per la sua istruzione. Non sopportava tutta quella tolleranza per i suoi comportamento più stupidi.
Lui voleva essere sgridato, per migliorarsi e fare le cose correttamente, come solo uno della sua razza sapeva fare.
Ma ora, a ragion di ciò, che senso ha?
Scacciò quel pensiero, accelerando il passo e dirigendosi verso Albus.
"Albus, per la barba di Merlino, vuoi stare fermo?"
"No" ringhiò Albus in risposta, senza voltarsi, le spalle rigide e quasi senza movimento "e se non ti va di seguirmi puoi anche andare."
Scirpius alzò gli occhi al cielo.
"Sai bene che non posso"
"Non vuoi"
"No" Scorpius lo affiancò, reggendo con facilità il suo passo "non posso"
Albus gli rifilò un occhiataccia.
"Hai ragione, scusa" disse, la voce trasudante di ironia; lo trucidò con uno sguardo "mi ero dimenticato che devo abituarmi alla nuova versione di Scorpius, quella maleducata che offende i professori e se ne frega degli amici, calcolando solo se stesso"
Scorpius si strinse nelle spalle.
"Puoi sempre non abituarti e andare via" disse tranquillo, schivando un Primino; uno strano senso di potere lo invase e, veloce, gli fece lo sgambetto, lasciandolo lungo disteso sul pavimento.
"Ahia!" Si lagnò quello, spaparanzato sul pavimento.
Scorpius cacciò una risata soffocata.
Albus lo guardò male.
"Ma che ti prende?" Chiese all'amico, mentre il Primino, rialzatosi, se ne andava dolorante, lanciando ai due qualche occhiata risentita.
Scorpius lo guardò annoiato.
"Mi andava"
"Visto?" Albus, visibilmente irritato, voltò brusco nel corridoio, invertendo la rotta tanto velocemente che, se fosse stato una scopa, sarebbe piombato al terreno; Scorpius lo seguii a ruota, come un vagone del treno "era proprio di questo che parlavo"
"E io ti parlavo che puoi  interrompere l'amicizia quando vuoi" replicò Scorpius, tranquillo "ma non mi pare di essere stato ascoltato"
Albus gli lanciò l'ennesima occhiata, ma non rispose.
"Sei arrabbiato per ciò che ha detto tua cugina?" Chiese Scorpius dopo un intero minuto di silenzio, quando solo gli sbuffi di Albus e l'eco dei loro passi era stato un sottofondo di accompagnamento al loro percorso.
"Tu che dici?" Sibilò Albus, mentre svoltavano di nuovo, verso le cucine.
Un leggero languirono si accese nello stomaco di Scorpius, che si schiarii la voce e si limitò a dire:
"Oh, non so, chiedevo" si fermò un attimo, godendosi l'odore dolce che veniva dalle cucine "non sono mica chiaro veggente"
"Ma sei quello che chiunque definirebbe-"
"Un infame"
Albus lo colpii con la mano, fulminandolo con gli occhi.
"Stavo per dire un ficcanaso baciato dalla fortuna famigliare" replicò Albus stizzito; lo fissò in tralice "smettila di offenderti da solo"
"Io non lo chiamerei così" disse Scorpius, meditambolo, senza quasi sentire il pezzo finale della frase, "ma più qualcosa tipo: un condannato dalla nascita senza aver ancora fatto qualche peccato"
Albus prese un espressione interrogativa.
"Perché? É una figata"
"Si..." Scorpius alzò gli occhi al cielo, poco convinto. "Comunque" riprese Scorpius, mentre l'odore di cibo si faceva più forte "non mi hai ancora risposto"
Albus sbuffò, ironico.
"Usa il tuo potere" rispose scocciato.
"Quale?"
"Quello di cui abbiamo parlato fin ora, fino a sai, un attimo fa"
Scorpius stirò un ghigno.
"Mi stai dando il permesso?" Chiese prepotente, guardandolo in modo insistente.
L'altro parve colto alla sprovvista.
"Solo per questa volta" precisò Albus, a un tratto allarmato "e, anzi, no, non fare niente. Ti rispondo io: certo che sono arrabbiato con Roxanne!"
"Lo immaginavo"
Albus gli tirò un pugno.
"A cosa devo tutto questo affetto?"
"Taci, siamo quasi arrivati" rispose il corvino, girando in un altro corridoio.
Scorpius lo seguii subito dopo e, allena svoltato l'angolo, sentii il dolce profumo del pranzo che si intensifica, che lo investii come una secchiata di acqua fredda in un pomeriggio afoso.
Ora lo riconobbe: torta alle carote e pollo.
Scirpius sorrise: stare vicino al cibo lo tranquillizzava.
Forse passare tutti i Natali e i Capodanno con gli Weasley lo aveva influenzato, forse era semplicemente un buon gustaio - per quanto volesse bene a sua madre, non poteva certo dire che l'essere un ottima cuoca fosse una delle sue spiccanti qualità (o anche tra le sue qualità) - ma Scorpius non si interrogava oltre sulle sua ossessione.
Albus camminò deciso e, arrivato davanti a una parete di pietra, si abbassò, vedendo un passaggio segreto che difficilmente una persona ignara della sua esistenza avrebbe notato. Scorpius, con un ghigno in volto, lo seguii a passi felpati.
Sbucarono in un corridoio grezzo, circolare, quasi di terra battuta.
Delle radici spuntavano qua e là, creando una cornice di legno in perfetto accordo con il marrone delle pareti, che pendevano da tutte le parti come una sorta di teli sottili, di diverse misure, disegnando un semicerchio per tutto il passaggio.
Dall'altra parte del muro in pietra, attutiti, si sentiva un vociare sommesso, come quello che tal volta é udibile nei gruppi di studio in Biblioteca. Persone che parlavano sotto voce, ma udibili come un ronzio abbastanza fastidioso di una radio rotta, tanto che le pareti erano sottili.
Albus, stranamente tornanti di buon umore, si avvicinò a un muro, poggiando una mano sulla terra nuda.
Scorpius fece una smorfia schifata.
"Tassofrasso"
"Scusami?"
Albus si voltò verso di lui con calma, lasciando che la mano gli cadesse di nuovo lungo il fianco.
"Tassofrasso" ripeté, pulendosi il palmo suo Jeans che portava; una lunga macchia marrone si disegnò sull'azzurro del pantalone, e Scorpius si immaginò la reazione di Ginny Potter se avesse visto lo sporco a cui era esposto il figlio "sono i Tassofrasso che parlano. La loro Sala Comune é proprio appiccicata alle cucine"
"Ah" Scorpius riportò lo sguardo sulla faccia dell'amico, cercando di ignorare la macchia marrone che spiccava come un fiore in un campo bruciato "comodo" commentò, mentre lui e Albus riprendevano a camminare, inoltrandosi nello stretto del tunnel.
Faceva buio, ma Scorpius se lo era aspettato: era un passaggio quasi sotterraneo, e inutilizzato, di certo non venivano sprecate delle candele per luoghi in cui, fra parentesi, era illegale andare.
Quello che lo sorprese fu, più che altro, il fatto che Albus venisse completamente inghiottito dalle tenebre, lasciandolo completamente solo.
Scorpius, negli occhi una sfumatura sorpresa che sfumava le iridi grigie come l'acciaio, prese la bacchetta, sfilandola dalle pieghe del vestito. La puntò dritta davanti a sé.
"Lumus"
Un raggio di luce uscii dalla sua bacchetta, si proiettò in avanti gettando bagliori bianchi intorno a lui, che colorarono le pareti in terra con una gentile sfumatura gialla opaca e delicata, rendendo per un attimo la sensazione di trovarsi in mezzo a un raggio di sole; colpii in una cascata d'oro di diamanti luminosi una porta davanti a lui.
Albus era immobile, le braccia conserte e una espressione di divertimento sul volto, associata all'immancabile ghigno Serpeverde che caratterizzava le sue 'marachelle'.
Scirpius sbatté le palpebre, perplesso.
"Ma che...?"
"Scusa" Albus sorrise, e Scorpius fu certo che non gli dispiaceva affatto    "dovevo farlo"
Scorpius inarcò un soppracciglio.
"Ti senti realizzato?"
"Non sai quanto"
"Nox" Scorpius agitò la bacchetta, e la piccola palla di luce che sbucava dalla punta illuminando il passaggio di spense, un piccolo pop di impotenza rimbalzò sulle pareti, e li lasciò al buio. Nella penombra, Albus sorrise.
"Illuminami" disse Scorpius, ironico, affiancandolo "come facciano a passare alle cucine?"
"Guarda e impara"
Albus prese la sua bacchetta, mormorando sotto voce un incantesimo. La luce che scaturii illuminò dal basso, come un riflettore del palcoscenico, quello che Scorpius aveva scambiato per una porta.
Ora dovette ricredersi.
Alla luce della bacchetta di Albus, spuntava, in fatti, un quadro semplice, quasi senza decorazioni, eppure Scorpius, nella sua modesta non pretesa, ci vide un fondo di bellezza che andava oltre al fattore  particolare e estetico. Vi era raffigurata delle semplice frutta, in cui al centro spiccava una pera.
Albus avvicinò una mano e, velocemente, prese a strisciare le dita sulla tela, quasi come se stesse pronunciando un complesso incantesimo e volesse cercare di prenderla dal disegno.
Scirpius corrugò le sopracciglia, chiedendosi se il suo migliore amico avesse definitivamente perso il senno, mandando a puttane quella poca sanità mentale che nascere fra i Weasley Potter gli aveva concesso.
Non sarebbe male rifletté non sarei io a doverlo allontanare.
Un attimo dopo, però, la mela rise, arrossì e, con un balzo si spostò oltre la cornice del quadro, scomparendo come se la striscia in legno che reggeva la tela l'avesse inghiottita. Scorpius non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi a cosa servisse, che il quadro scattò in avanti, rivelando un buco quadrato che dava su delle luminarie così in contrasto con ciò che c'era dietro loro due che Scorpius strizzò gli occhi.
Per la sorpresa, sia chiaro.
"Ecco Scorpius" Albus sorrise, fiero, entrando dentro la stanza "queste sono le cucine di Hogwarts"
Scirpius si mise una mano a visiera sugli occhi, cercando di farli abituare alla luce improvvisa. Allungò un passo alla cieca, giusto per cercare di entrare senza sbattere.
Albus, impaziente, lo tirò dentro. Scorpius sentii appena il ritratto chiudersi dietro di lui.
La stanza che si apriva sotto i suoi occhi era gigantesca, quasi quanto la Sala Grande. Migliaia di candele corniciavano le pareti, lanciando aloni rossastri sulle decine di Elfi, tutti vestiti in modo non troppo discreto, che scambettavano da una parte all'altra per cercare di star dietro alle maestose pietanze che si muovevano da una parte all'altra ondeggiando pericolosamente, uscendo dal baricentro in un eccesso di destra e, appena un Elfo lo metteva a posto, spostarsi sul lato sinistro; un insieme di colori per niente armonici, che cozzavano l'uno con l'altro, esplodevano per tutto il pavimento, più o meno all'altezza del ginocchio, come dei puntini luminosi, lampioni di città visti dall'alto o, più precisamente, delle formiche che lavoravano intensamente; quattro tavoli, disposti uno parallelo all'altro, rendevano quasi inutile l'enorme spazio a disposizione.
"Però" disse Scorpius, realmente colpito.
Chissà se...
Scacciò il pensiero prima che potesse concluderlo.
"Padron Potter" mormorò un Elfo li vicino, un berretto verde smeraldo spiccava sulla sua testa, appiattendo le orecchie da pipistrello, "e un onore averla qui"
Albus sorrise.
"Bhe, non me lo aspettavo. Grazie Kreacher"
L'Elfo si esibí in un profondo inchino, quasi che il suo naso incredibilmente lungo toccò il pavimento. Il capello gli scivolò dalla testa e, con un gesto impaziente e brusco, l'elfo se lo ritirò su.
Scorpius lo fissò più attentamente.
Era la prima volta che vedeva un Elfo Domestico così da vicino. Fosse stato per suo nonno Lucius lui avrebbe ne avrebbe avuto uno tutto per se al suo ottavo compleanno, ma Astoria si era opposta, con sorprendente forza, e aveva impedito al padre di Draco di compiere quel regalo "così spropositato per un bambino che non ha nemmeno nove anni!" Era stato così che si era espressa, oltraggiata e con le guancie chiazzate di rosso, gli occhi verdi così fulminanti che sembravano poter tagliare a metà chiunque osasse andarle contro.
Kreacher, comunque, era molto vecchio, quasi prossimo all'altro mondo. La pelle bianca - anticamente rosa, e ora solo qualche chiazza conservava quell'antico splendore - cadeva in pesanti borse contro il piccolo e vulnerabile corpo, e piú volte Scorpius ebbe la sensazione che le esili ossa dell'Elfo non riuscissero a sostenere tutto quel carico; alle volte tramava. Era vestito con tutti i colori di Serpeverde, una vecchia abitudine che non aveva voluto evidentemente estirpare: portava dei calzini argentati, dove spiccava, di un verde tanti accesso da sembrare accecante, un serpente sinuoso; come maglia indossava una maglia verde scuro, in contrasto con il cappello, dove si vedeva stampata la faccia di un uomo dagli occhi quasi neri, i capelli unti che ricadevano sulla faccia quasi come se fossero stati appiccicati.
Un anno dopo la morte di Hermione Grenger - esattamente al suo ventinovesimo compleanno, quello che non aveva mai compiuto - il Ministro - probabilmente in onore della somma stessa - aveva deciso di fare raggiungere al C.R E P.A. l'obbiettivo che la fondatrice si era prefissata.
La libertà degli Elfi, e il retribuimento per i loro lavori svolti.
Non era stato facile convincere gli Elfi ma, raccontato loro di Hermione e Dobby, tutti avevano accettato, anche più contenti. Solo alcuni si erano esiliati, restii ad abbandonare le abitudini e legati ancora alle vecchie tradizioni.
"Cosa può fare Kreacher per il suo Padrone, Padron Potter?" Chiese l'Elfo, tirandosi su.
"Bhe..." Albus finse di pensarci su; scambiò un occhiata con Scorpius, e si mise d'accordo con lui "potresti iniziare a darci un assaggio del primo, sai..."
"Dobbiamo verificare che sia tutto di ottima qualità" subentrò Scorpius, notando la difficoltà di Albus; poi vide l'aria contrariata e quasi offesa dell'Elfo, e si affrettò ad aggiungere "nel senso: controlliamo che degli studenti non si siano approfittati di voi e abbiano manomesso la cena"
"Noi non ci facciamo approfittare!" Squittí un altro Elfo, e dalla voce sarebbe sembrata una femmina; Scorpius volse un attimo la testa verso di lei, e si rese conto che fosse molto vecchia: sembrava quasi messa peggio di Kreacher.
"Ma certo" rispose Albus, sorridendo ruffiano "voi siete intelligenti e non vi fate fregare. Ma nessuno è perfetto, no?"
L'Elfa sbuffò, indignata, e riprese a pelare le carote.
Kreacher la fulminò con lo sguardo, poi fece strada a Albus e Scorpius e li portò in uno delle quattro tavolare, dove facevano bella sfoggia di sé diverso dolci. C'erano di tutti i tipi: da quelli che si trovavano da Mielinda, quelli che si compravano confezionati (Cioccorane, Gelatine Tutti i Gusti +1) diversi fatti in casa (una torta di carote, una di mele, del cioccolato fuso); e tanti dei quali Scorpius non sapeva nemmeno il nome.
Piacevolmente sorpreso e grato, Scorpius voltò la testa verso Albus, che si era già accomodato.
"É..." Scorpius non riuscii a trovare un aggettivo tanto era incantato.
"Meraviglioso" concluse Albus; gli sorrise, prendendo delle gelatine "si lo so"
Scirpius scosse la testa, sedendosi accanto all'amico. Iniziò a mangiare velocemente, seguendo l'esempio di Albus, anche se non riusciva a tenere la sua voracità. Ma, dopotutto, Albus aveva comunque uno stomaco Weasley.
"Kreacher é dispiaciuto del fatto che non ci sia molto, ma Kreacher non sapeva sareste venuto anche voi" si scusò l'Elfo, facendo un altro inchino.
Albus agitò una mano in aria.
"É tutto fantastico, non ti devi preoccupare"
"Per curiosità..." Disse Scorpius, prendendo una confezione di Cioccorane "chi é venuto prima di noi"
"Il Tassofrasso figlio del Professore di Erbologia, Signore. Si é preso tanto"
"Frank?" Albus parve un attimo sconcertato; scambiò uno sguardo con Scorpius. Questo di strinse nelle spalle.
"Non hai mica la prerogativa sulla cucina, Al. Tutti possono venirci, sopprattutto se é così facile"
Albus parve pensarci ancora, più alzò le spalle e si mise a mangiare.
Dopo un quarto d'ora, nel quale si erano solo abbuffati e l'unico rumore erano state le loro mascelle, Scorpius decise di rompere il silenzio.
Aveva una domanda che gli premeva in testa ed era sicuro che, visto il completo relax al quale erano stati sottoposti per tutto quel tempo, avrebbe ricevuto la risposta che gradiva.
"Allora" chiese Scorpius, ficcandosi una Cioccorana in bocca; aspettò qualche attimo prima di parlare, deglutii "ti é passata per Roxanne?"
Albus lasciò cadere il suo dolce. Il leggero tonfo che fece spaventò Kreacher - ancora accanto a loro - tanto che sobbalzò. Albus non se ne curò. Si voltò verso l'amico, lanciadoli un occhiataccia, mentre cercava di reprimere delle smorfie.
"Lo avevo dimenticato." Borbottò, contrariato "Grazie per avermelo ricordato"
Accidenti.

In The Name/ Scorose.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora