Capitolo 59

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Dalla maestosa carrozza - o almeno da quella che appariva tale, visto che, da quando il veicolo magico era atterrato al terreno vicino a loro, Rose ne riusciva a cogliere tutte le imprecisioni: la vernice scolorita, la piastra sgangherata, le ruote piegate dal tempo - scese una donna, la lunga veste nera che svolazzava intorno a lei come farfalle dalle ali scure, e un ampio cappello giallo a coprirle il volto, dal quale sfuggivano diversi capelli scuri, di un nero quasi quanto l'abito. Toccò il terreno con una grazia tale da lasciare Rose a bocca aperta, e poi, velocemente, fece il giro dei Theslar, fino a raggiungere una portiera sgangherata. La aprii bruscamente, tanto che lo sportello rischiò di svitarsi dai cardini, e fece uscire un ragazzino, anche lui interamente vestito di nero, con una zizzania di capelli scuri e ricci a sommortare il volto appuntito, che guardava da tutte le parti meno che dalla loro. Sembrava che il terreno acquistasse un rinnovato interesse ai suoi occhi.
"Signora Med-" fece la MecGrannit un po' incerta, avvicinandosi a lunghe falcate, insieme a Flint, Molly e Rose. Prima che la preside potesse continuare, l'altra la interruppe con un cenno della mano abbastanza brusco.
"Si, sono io" disse sbrigativa, sistemandosi il grande cappello in modo da coprirle il volto. Indicò il ragazzo - che si dondolava a disagio sulle gambe - e disse rapida "e lui e Yanh, il ragazzo. Sono felice di averlo portato qui. Arrivederci"
"Aspett-" Flint non riuscii a completare la frase che la donna era già salita sulla carrozza, in uno svolazzi di vesti neri e gialli, e il veicolo stava già iniziando a fare dietro front, pronti a solcare il cielo.
Meno di un minuto dopo, la carrozza si allontanava all'orizzonte, diventava  un pallino irriconoscibile contro la distesa azzurra, fino a scomparire.
Rose sbatté le palpebre, perplessa.
Non aveva mai conosciuto qualcuno con più fretta e, a giudicare dalle espressioni stupefatte degli altri, intuii che nessuno si era aspettato un saluto così rapido.
Ci mise un po' a rendersi conto che la MecGrannit si era ripresa, e si stava rivolgendo al ragazzo, che sembrava sempre più intimorito e indifeso.
Rose portò la sua attenzione a loro.
"Benvenuto a Hogwarts, Yahn, siamo ben felici di accoglierti nella nostra scuola." Fece la MecGrannit, austera, squadrando il ragazzo da sopra le lenti quadrate  "Come imparerai, ci sono delle regole da rispettare, e ci sono posti in cui é proibito andare. In giornata ti fornirò la scansione oraria delle tue lezioni, e ti prego di rivolgerti a un insegnate o a un Caposcuola in caso tu non ti senta a tuo agio. Ora, visto che sei appena arrivato, la signorina Wealsey" la preside fece un cenno a Rose, che rivolse un sorriso al ragazzo "ti mostrerà un po' Hogwarts per farti ambientare, e ti illustrerà le regole più importanti. Giusto?"
"Certo" Rose porse la mano, cercando di apparire il più rassicurante possibile e nascondere il tremore, verso il ragazzo. Un po' esitante, questi la prese, stringendo con delicatezza. Rose si ritrovò a trattenere un sobbalzo spontaneo: era gelata. "Ti troverai bene" aggiunse, solo per far distogliere l'attenzione del ragazzo dal loro intreccio di dita.
Yahn mollò la presa come se si fosse scottato.
"Per qualsiasi inconveniente" disse la MecGrannit, sistemandosi il cappello a punta sulla testa "io sono reperibile nel mio ufficio, mentre Flint" l'uomo fece un rispettoso cenno col capo "e gli altri insegnanti sono sempre a disposizione, la signorina Wealsey - l'altra, signorino - sarà all'ingresso, come punto di riferimento"
Yahn rivolse un occhiata indispettita e sospetta a Molly, che sorrise come se niente fosse, e poi riportò gli occhi al terreno. Rose non riuscii a reprimere il pensiero che il ragazzo si sentisse in imbarazzo - e, probabilmente, lo era: anche lei si sarebbe sentita in soggezione se avesse avuto così tanti occhi sconosciuti puntati addosso. Oh, beh, lei era sempre in soggezione, quindi sapeva bene come ci si sentiva, ma per altri motivi.
"Bene" la voce della preside prese una sfumatura secca "ora la lascio nelle sicure mani della signorina Wealsey.
Signorina Wealsey" la donna fece cenno a Molly "Flint, seguitemi"
I due annuirono e, girati sui tacchi, tornarono dentro Hogwarts, salendo le imponenti scale di marmo, e lasciando Yahn e Rose sa solo.
La ragazza non sapeva che dire: sentii un vago senso di disagio, misto a imbarazzo, che le colorii le guancie di un tenue rosa, appena intravedibile alla sua pelle chiara. Yahn però non aiutava: si era ficcato le mani nelle tasche e si ostenava a fissare l'erba sotto di loro.
L'imbarazzo tra i due aumentò, quando sentirono la voce autoritaria della MecGrannit, dentro la scuola, che gridava:"beh, che ci fate ancora qui? Non avete delle lezioni da seguire?"
"Ma professoressa..."
"Non c'è niente da vedere, signor Tomas" lo interruppe la MecGrannit "non siamo a un circo."
Rose vide le guancie di Yahn tingersi ancora di più di rosso. Cercò velocemente qualcosa da dire.
"Io sono Hermione"
Yahn alzò lo sguardo su di lei, sorpreso.
"Hermione Weasley" continuò Rose, sorridendo "quella era mia cugina, Molly. I nostri padri sono fratelli, per questo abbiamo lo stesso cognome"
"Ah" fu il commento di Yahn. Sembrava inespressivo.
"Lei é una Corvonero" proseguii Rose. Stava per aggiungere altro, quando le venne un dubbio "sai cosa sono i Corvonero?"
"No"
"Ah..." Rose cercò gli occhi del ragazzo, che però rimanevano sempre puntato al terreno. Sospirò "cosa sai di Hogwarts?"
Lui esitò. Poi lasciò andare il fiato.
"Quasi niente" ammise piano, tanto che Rose dovette sforzarsi di sentirlo.
Ancora non la guardava.
"Ottimo." Disse Rose, sorridendo; Yahn le rivolse un occhiata scettica "allora devo spiegarti tutto. Vieni"
Rose si voltò, incamminandosi verso il castello. Sentii Yahn che, dopo un attimo di smarrimento, la seguiva, lo sguardo ancora basso. Le sembrava strano che il ragazzo non conoscesse nulla di Hogwarts: insomma, quale madre lascierebbe il proprio figlio in una scuola nuova senza dirgli di cosa si tratta, almeno a grandi linee? A lei sembrava una cosa impossibile.
Ma non lo fece pesare a Yahn che, a giudicare dalla sua stazza, doveva avere all'incirca la sua stessa età. Forse un anno di più.
Yahn sembrò apprezzare il suo gesto.
"Questa é la Sala Grande, ci riuniamo per i banchetti" disse Rose, dopo aver spiegato ampiamente la divisione nelle quattro Case "consumiamo la colazione, pranzo e cena, ed é tutto preparato qui. Ci partecipano le persone di tutte le Case"
"Om. Bene" commentò Yahn, ancora a disagio. Rose svoltò in un corridoio, diretta al piano superiore, e Yahn arrancò dietro di lei.
"Attento alle scale" disse Rose, mentre saltava abilmente i gradini vuoti, dove sapeva non esserci niente, e saliva ad aspirare lungo i muri di Hogwarts. Yahn sembrava affascinato dai quadri "a loro piace cambiare. E spesso non ci sono i gradini. Metti i piedi dove li metto io."
"Ok" Yahn per poco cadde indietro con un piccolo urlo; afferrò il corrimano e si issò di nuovo dritto, sotto lo sguardo colpito di Rose. Lei gli sorrise. "Vedo che inizi a capire"
Yahn alzò per un nano secondo gli occhi su di lei, poi tornò a volgergli al terreno. Rose fece finta di nulla. Continuò a salire le scale "ogni Casa a una propria Sala Comune, dove c'è un incantesimo di passaggio che garantisce che solo le persone di quella Casa possano accedervi. Gli studenti sanno solo l'ubicazione della propria Sala Comune." Salirono su un pianerottolo, svoltando in un corridoio pieno di armature "qui c'è l'aula di Incantesimi, qui vicino quella di Trasfigurazione..."
"Tu di che Casa fai parte?" Domandò Yahn, il fiato corto, mentre tentava di tenere il suo passo. Rose lo guardò da sopra la spalla e sorrise.
"Grifondoro. La Casa..."
"Degli intelligenti?" Tentò Yahn.
Rose scosse la testa "dei coraggiosi"
Rose gli fece vedere tutto il castello, passando anche davanti alle aule dove si stavano tenendo le lezioni pomeridiane - comprese quella di Storia della Magia, dove il professore, come ogni anno, raccontava la storia di Hermione Granger (sorvolarono quella parte molto velocemente).
Yahn alle volte la interrompeva, faceva domande, la chiamava con un Hermione appena sussurrato, e parlava piano, probabilmente per non  farsi sentire troppo. Rose gli spiegò con pazienza tutti i dubbi, e gli disse che avrebbe frequentanto il suo stesso anno - visto che, dopo una confessione, aveva scoperto che il ragazzo ne aveva quasi sedici, come lei - fino a quando non arrivarono alla Biblioteca, entrambi sfiniti: Rose per il troppo parlare e Yahn per le troppe cose nuove.
"Questa" disse Rose, mentre si avvicinava alla porta "é la Biblioteca. Non viene mai usata da nessuno, ed é spesso vuota. Non c'è nemmeno più la proprietaria, che si assicurava che tutto fosse in ordine"
"Cosa le é successo?"
"É morta. Ma aveva una veneranda età" aggiunse, notando la smorfia sorpresa sul volto di Yahn. Lui annuii, a un tratto spaventato. "Bene" concluse Rose, buttandosi di peso su una panca. Si passò una mano sugli occhi. "Bene, credo che abbiamo finito il tuor della scuola. Domande?"
Il sole stava tramontando oltre la Foresta Proibita, e gli ultimi raggi morenti del sole si spingevano dentro la stanza stagliandosi in lunghe strisce dorate lungo il pavimento, e facendo assumere alla Biblioteca un aria sacrare che Rose era abituata a vedere. Qualche candela si era già accesa, e il suo bagliore gettava un aura di luce tenue e piccola.
Il volto pallido di Yahn era semi immerso della oscurità. Sembrava indeciso.
"Una c'è l'avrei" disse piano, e Rose cercò di anticiparlo.
"Se ti chiedi quale sia la tua Casa, tranquillo. Sarà il capello a sceglierla, e credo che sia anche arrivato il moment-"
"No. Cioè, grazie per l'informazione" Yahn abbassò ancora lo sguardo, tormantandosi le dita "ma era un altra cosa che volevo chiederti."
"Ovvero?" Rose si sporse verso di lui.
Yahn esitò, ritrovando l'insicurezza che Rose credeva averlo abbandonato nella prima ora di tuor. Spostò il peso da una gamba all'altra.
"Beh, mi chiedevo...mentre passavano davanti a una lezione ho sentito parte di ciò che diceva il professore, e..."
"E?" Chiese Rose.
Yahn parve farsi coraggio. Avanzò di un passo, incastrando i suoi occhi in quelli di Rose. Rose sobbalzò per la serietà delle iridi.
"Ho sentito che nominavano una certa Hermione...che aveva salvato il Mondo Magico venti anni fa, e beh...tu ti chiami come lei, mi chiedevo..."
"No. Non é perché é importante per il mondo magico" disse Rose, sentendo un lancinante dolore al petto.
Ricordò i Teshar, i cavalli neri e alati che aveva visto. Si chiese come mai.
Lei non aveva visto nessuno morire, a meno che l'ultima volta che aveva visto sua madre, quando era uscita per non tornare mai più, non contasse come consapevolezza. Ma Rose ne dubitava.
"Ah" Yahn le rivolse uno sguardo sorpreso, come se non si fosse aspettato quella risposta. "Credevo che..."
Lei chiuse gli occhi.
"Era mia madre"
Sul volto di Yahn si fece spazio una espressione comprensiva.
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Quando Hugo si era svegliato, quella mattina, sapeva già che non avrebbe rispettato la traduzione degli anni precedenti sul diciannove settembre.
Normalmente, come sua sorella, rimaneva nel Dormitorio, senza azzardarsi a mettere il piede in quelle cerimonie per ricordare sua madre -anche perché, detto francamente, lui non se lo meritava comunque - e stava per i suoi pensieri, tranquillo. Alle volte aveva versato qualche lacrima.
Ma quest'anno, e lui lo sapeva bene, non sarebbe andato così. Non se ne sarebbe stato a poltrire nel letto, crogiolandosi nelle sue lacune dolorose, ma avrebbe fatto qualcosa di utile.
Non avrebbe limitato le informazioni già esigue che aveva a disposizione, ma, tramite quelle cerimonie che aveva sempre tentato di evitare, avrebbe ampliato i suoi orizzonti per sapere qualcosa di più sulla madre. Certo, magari non era il modo giusto, ma poteva sempre gettare luce su quello che aveva scoperto in quella estate. Il desiderio morboso della curiosità lo aveva spinto a tal punto da decidere di rinunciare definitivamente anche alla sua dignità. Soprattutto perché aveva la netta impressione che sarebbe scoppiato a piangere da un momento all'altro, rendendosi ridicolo.
Ma non gli importava. Voleva sapere la verità. Doveva sapere la verità.
Era un suo diritto, no? Anche se, se non ci fosse stato lui, sua madre sarebbe ancora viva, rimaneva comunque un sui diritto la possibilità di avere più informazioni su di lei, no?
Anche se lui aveva causato la catastrofe che l'aveva uccisa, Hermione rimaneva comunque sua madre, e lui suo figlio - purtroppo - e quindi, seguendo una regola ereditaria, era più che nel completo giusto a voler avere più nozioni possibili su di lei, e sulla sua morte, su cui quella estate aveva gettato un infinità di dubbi, nella sua testa.
Era per questo che andava: voleva avere la conferma nelle proprie ricerche.
Il libro, ormai, non gli serviva più. Lo aveva spulciato fino in fondo, ma non aveva trovato niente di utile o interessante. Doveva trovare altri modi per informarasi.
E le cerimonie cadevano a pennello.
"Hugo?" Nott, il suo compagno di Casa e Dormitorio, bussò alla porta del bagno, dove il rosso si era rintanato "Hugo, ci sei, hai fatto?"
"Si" Hugo non poté fare a meno di notare il il tono gentile e accondiscendente con cui gli si era rivolto il ragazzo. Gli fece venire la nausea. Quando uscii dal bagno e si ritrovò davanti l'espressione a metà fra l'imbarazzo e a metà fra il comprensivo di Nott e cercò di sorridere, provando a nascondere lo schifo che provava.
Non dovette riuscirgli troppo bene.
Nott gli batté una mano sulla spalla, tanto lieve che Hugo appena la sentii. Si immusolii: davvero Nott credeva fosse così fragile, che si spaccasse al tocco - o, peggio, scoppiasse a piangere? Davvero dava quella impressione di indifesa vulnerabile tanto accentuata?
"Noi andiamo a lezione" gli disse Nott, sorridendo. Hugo spostò pigramente lo sguardo sulla sua mano, un cipiglio severo e arrabbiato sul volto, ancora ancorata alla sua spalla. Nott la ritrasse imbarazzo.
"Quando ho fatto vi raggiungo" disse Hugo, sorpassando il ragazzo e dirigendosi al suo letto, dove aveva la sua divisa piegata sulle lenzuola smeraldo. Fece una smorfia, alla vista della cravatta: i colori verde e argento non facevano altro che confermare le sue tesi.
"Sicuro?"
Hugo sentii lo sguardo perplesso di Nott sulla schiena, e si tratenne dallo sbuffare. Perché nessuno si faceva i fatti propri e lo lasciava in pace?
Hugo girò il volto sopra la spalla, fulminandolo con gli occhi.
"Non penso debba interessarti" disse, tirando a infilarsi la maglia. Sentii dei brividi di freddo, e le guancie gli si arrossarono.
Nott parve accusare il colpo. Non replicò e smise perfino di guardarlo.
Dopo poco, Hugo lo sentii uscire dal Dormitorio, seguito da un indifferente Bulustror e un lamentoso Every.
Hugo ebbe l'istinto di lanciare a questo ultimo una maledizione, ma si trattenne. Con molta fatica, ma si tratenne.
Quando si fu vestito - si dimenticò accidentalmente di mettersi la cravatta - Hugo uscii dal Dormitorio, la testa bassa e il cappuccio tirato su di essa, a coprire i capelli rossi. Non voleva che suo cugino Albus si rendesse conto che non stava facendo come suo solito, e aveva paura di destare sospetti nel Potter, che avrebbe benissimo potuto mandare il suo piano all'aria per chiedergli qualcosa.
E Hugo non gli è lo avrebbe permesso.
Il ragazzo si incamminò lungo le scale, scese nella Sala Comune e, provando a schivare gli occhi di Medelain che, ne era convinto, se avessero intercettato i suoi si sarebbe messa a strepitare come una gallina, si diresse alla porta incastrata nel muro, e uscii nel freddo corridoio.
Sperava solo che lei mantenesse la parola data. Certo, Hugo avrebbe fatto anche a meno della ragazza, ma la ferita nella fiducia che avrebbe lasciato una sua assenza sarebbe stata inguaribile da andare via.
Eppure non doveva preoccuparsi: Lily era lì, la borsa premuta sulla spalla e le braccia incrociate al petto, la schiena appoggiata al muro dietro di lei e gli occhi scuri che lo scrutavano da sotto le soppracciglia aggrottate, indecifrabili.
Hugo tentò un sorriso.
"Ci sei"
"Anche tu"
Hugo finse di non accorgersi del tono sorpreso che la cugina aveva usato per costatare quelle informazioni.
Si limitò ad affiancarla e, insieme, si diressero alla Sala Grande, in silenzio.
Hugo vedeva con la cosa dell'occhio gli sguardi che la cugina gli lanciava, a metà fra i confusi, sospetti e apprensivi, e decideva deliberatamente di ignorarli. Non voleva iniziare una lite inutile, che lo avrebbe distratto dalle cose importanti.
Quando lo aveva detto a Lily lei non ci credeva. Pensava che scherzasse. Si era addirittura messa a ridere.
Poi aveva notato lo sguardo serio di Hugo, e aveva preso un espressione attenta. Gli aveva chiesto se era sicuro, se se la sentiva, visto che neanche Rose aveva mai lasciato il Dormitorio per vedere quelle cerimonie, e Hugo aveva risposto sempre di sì. Lei aveva insistito, evidentemente preoccupata. Gli aveva detto che non era necessario, e gli aveva chiesto il perché, che poteva tranquillamente essere lei a dirgli tutto ciò che cercava.
Hugo aveva fatto un cenno di diniego più volte. Voleva essere lui.
Vedendo, però, la determinazione del ragazzo, Lily aveva assicurato il suo sostegno. E Hugo le era grato per questo, ma non era ancora riuscito a trovare il coraggio di dirle la verità.
Non voleva che lo vedesse in modo diverso. Non voleva che lo vedesse con i suoi occhi.
"Sicuro di voler entrare?" Domandò Lily, alle porte della Sala Grande.
Hugo, una mano già sulla quercia per provare a entrare, le rivolse un occhiata in sottecchi.
"Em, si? Non penso che possa tornare indietro"
"Si che puoi" ribatté lei, afferrandogli il braccio con le dita sottili "é questo il tuo problema: pensi a una cosa e, quando hai preso una decisione, credi non possa valere niente altro"
"Perché é così, forse?" Domandò Hugo.
"Puoi cambiare idea"
"Ma non voglio"
"Sicuro?" Hugo la fissò intensamente, una vaga rabbia che aleggiava nelle sue iridi scure. La ragazza sospirò, lasciando crollare la sua mano. "Allora andiamo"
Per quando Hugo si fosse sforzato di rimanere attento, non era riuscito a concentrarsi su ciò che la preside diceva. Lui e Lily avevano scelto un posto infondo, semi nascosti dall'oscurità per non essere riconosciuti, ma Hugo aveva visto lo sguardo severo - e materno? Forse, ma lui non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire quella parola - che gli aveva lanciato la MecGrannit una volta dentro. Aveva cercato di ignorarlo, ma non ci riusciva. E poi qualche altro ragazzo lo aveva riconosciuto, e lo guardava fissandolo per poi commentare qualcosa con il vicino, e via così. Sentiva così tanti sguardi addosso che nemmeno poteva contarli. Non ci aveva neanche provato.
Eppure non era per loro. Non era per le decine di iridi puntante su di lui che non era riuscito a seguire il discorso di omaggio a sua madre della MecGrannit - a differenza di Lily che, a intervalli regolari, annuiva come a dare il suo consenso. No, era altro.
Una vaga, indistinta, sensazione di freddo aveva preso a ricoprirlo, tappare i suoi pori e gelare la pelle rendendola quasi viola, e tenendo costantemente il ragazzo sulle spine. Era come una specie di vento, che soffiava nella sala e solo lui poteva sentire, che si infrangeva sul suo volto con la forza fredda e ghiacciata di un fumo che proviene dai ghiacciai.
Sentiva così tanto freddo, come se si fosse appiccicato centinaia di cubetti di ghiaccio sulla pelle e premesse per non sentire altro, che aveva la sensazione di bruciare.
Gli venne ben presto mal di testa, e chiuse gli occhi, appoggiando la testa sulla spalla di Lily che lo accolse tranquilla, con delicatezza.
Forse si addormentò, ma non aveva la più pallida idea di cosa la MecGrannit avesse detto. E se ne pentiva. Il dolore alla testa era lancinante, e non aveva concluso niente.
Lily lo scosse, riportandolo alla realtà.
"Hugo! Tutto bene?" Chiese, apprensiva.
Lui sbatté un paio di volte le palpebre, cercando di fare mente locale. Si passò una mano sulla fronte.
"Si..."
"Sei pallido" osservò lei, con ansia nella voce.
"Sto bene" disse Hugo, alzandosi.
Lily lo seguii a ruota, una smorfia preoccupata sul volto.
"Sicuro di star bene? Sembri stravolto"
"Si" ripeté Hugo "sto bene"
"Te la senti di andare a lezione?" Chiese lei, non troppo convinta.
"Si"
"Sicuro?"
"Certo!" Sbottò Hugo, irritato, allontanandosi da lei "se no ti direi di no, non credi?"
"Nessuno ti costringe" disse Lily rincorrendolo, mentre uscivano dalla Sala Grande.
Apparte la verità "ma io voglio andarci" ribatté lui.
Lily fece per dire altro, poi sospirò, decidendo che era meglio non insistere oltre. Hugo pensò fosse una scelta saggia: un altra parola e lui l'avrebbe lasciata lí, in quel corridoio, decidendo di fare da solo.
Passarono da una lezione a l'altra senza quasi scambiarsi una parola: Lily continuava a lanciare occhiate apprensiva a Hugo, e Hugo sentiva crescere sempre di più dentro di lui la sensazione del freddo. Quando arrivarono a Storia della Magia era tanto intensa che il ragazzo aveva la sensazione di una coperta congelata che lo stringeva in una morsa soffocante.
Lily e Hugo si sedette ti vicino, infondo, giusto per mantenersi in linea con il filing della giornata. Il sole era ancora alto nel cielo, ed era anche giusto così, visto che era appena mattina.
Hugo si perse un secondo a guardarlo, poi il rumore dei libri di Lily sbattuti con troppa violenza sul banco lo fecero ridestare.
Si voltò verso di lei con un soppracciglio inarcato.
"Scusa" mormorò Lily, sedendogli al fianco in modo più composto "Lysander..."
"Lysander? Ora cosa c'entra Lysander?"
"Ah giusto" Lily agitò con non ciranza una mano in aria "mi ha invitato nella sua Sala Comune..."
"E tu hai accettato?" Chiese Hugo, severo.
Lily lo fulminò con lo sguardo. "Dato che ti sto reggendo il gioco sarebbe carino tu non giudicassi, sai"
"Puoi tranquillamente andartene" replicò Hugo, portando attenzione all'insegnante fantasma, appena entrato nella classe. Non sapeva neppure il suo nome.
"Non c'è la faresti mai senza di me" ribatté Lily con un certo orgoglio.
Hugo le lanciò un occhiata scettica.
"Ohhh, é così e lo sai" sbuffò lei, poggiandosi sul banco; gli lanciò un occhiata in tralice "lo faccio per te"
"Con me" precisò Hugo.
"Dettagli."
"Ragazzi" il professore Binnis li chiamò all'ordine in modo quasi assente, con una apatia che fece scocciare Hugo ancora di più. Sbuffò alzando gli occhi al cielo. Non aveva scoperto niente di nuovo, e adesso doveva pure stare a sentire un vecchio che parlava di guerre di Troll dimenticate da secoli. La vita lo stava prendendo in giro?
"Nel millesentecentoquarantatre"
Hugo poggiò la testa sul banco, perdendo interesse.
Probabilmente si. Lui stava avendo la più grande, incredibile, mostruosa presa per il culo della storia, tanto per restare in tema. Sbuffò di nuovo.
Non avrebbe mai saputo dire con esattezza quanto tempo passò prima che il professore interruppe con la sua voce monotona di narrare faccende a cui nessuno importava qualcosa e lasciò solo il silenzio ad aleggiare nell'aria.
Hugo ci mise un paio di secondi a rendersi conto che la radiolina da ignorare si era spenta, e tutti prestavano attenzione. Alzò il capo, curioso di sapere cosa fosse successo da colpire così tanto il professore e costringerlo al silenzio. E rimase sorpreso.
Lily - sua cugina, la sorella minore di James e Albus, una Grifondoro di quasi quindici anni, figlia di Harry e Ginny - aveva alzato la mano, cogliendo così alla sprovvista il prof da lasciarlo, letteralmente, senza fiato.
Anche gli altri compagni sembravano sorpresi quanto Hugo - lui vide, per esempio, chiaramente il suo compagno di stanza, Nott, sgranare gli occhi tanto da fargli diventare solo biglie bianche. Ma non se ne interessò più di tanto, riportando gli occhi a Lily. Era curioso di sapere cosa volesse chiedere.
"Em" il prof parve ridestarsi all'improvviso "ehm, sí, signorina..."
"Potter, signore"
"Potter, sí. Vuole aggiungere qualcosa alla mia lezione? Qualcosa sulle guerre dei Troll?"
"In realtà" Lily sorrise candida agli occhi ammonitori di Binnis, e Hugo capii dove volesse andare a parare "volevo chiederle se, vista la data, ci poteva parlare di quello che sapeva su...Hermione Granger. Dopotutto é storia anche questa, no?"
La classe cadde in un silenzio ancora più profondo, se possibile.
Hugo fissava la cugina estrefatto, senza sapere se volesse ringraziarla o maledirla per la sua domanda. Probabilmente tutte due allo stesso tempo.
"Oh beh, ma noi staremmo parlando delle guerre dei Troll" obbiettò Binnis, perplesso. "Non sarebbe troppo diplomatico da parte mia..." La sua voce si perse nel vuoto, un vago sussurro tanto debole che nemmeno lui ci credeva tanto. Fissava la sua classe con una espressione difficile da decifrare, a metà fra il sorpreso e il ma questi ragazzi che anno frequentano?
Sembrava che non fosse avezzo ad avere tutti quegli occhi su di lui. O meglio, gli occhi di Hugo erano puntati su di lui con una morbosità che lasciava interdetti, e ne aveva anche i motivi; non capiva perché anche il resto della classe fosse così interessata. Forse semplicemente volevamo ascoltare qualcosa di più interessante.
"Bene" disse Binnis "vista la data ricorrente, e visto che non capiterà più, e che la signorina Granger ha contribuito a salvare il mondo magico, e merita di essere ricordata, vi parlerò un po' di lei."
Hugo scattò sull'attenti. Quel vecchio poteva rendersi utile e dire qualcosa di sensato, qualche informazione che lo aiutasse a ricomporre il puzzle, che gli desse delle conferme....Però c'era qualcosa che non andava: sentiva un freddo gelido e innaturale.
"La signorina Grenger ha frequentato Hogwarts dal 1991 al 1999, per ovvie ragioni a posticipato il suo ultimo anno a scuola. Era una studentessa brillante, non c'è che dire, aveva ottimi voti nella mia materia, se non ricordo male"
"E certo che non ricorda male" borbottò Every all'orecchio di Bulustror "sarà stata l'unica a prendere oltre una T!"
"Andava bene in tutte le materie, ed era una studentessa modello, da prendere a esempio. Al suo quinto anno divenne Prefetto..." Continuò Binnis, come se non lo avesse sentito.
Hugo sprofondò di nuovo nel suo torpore, poggiando la testa sul banco.
Binnis non gli stava dicendo niente di nuovo, quelle cose le sapeva anche lui. Avrebbe voluto che dicesse qualcosa di più personale, più intimo e riservato, un ricordo che avrebbe potuto fare suo...
"Al suo terzo anno ricevette una Giratempo per frequentare tutte le lezioni. Fu la seconda studentessa a riceverla dopo William Weasley, e questo le fa un certo onore. Il Ministero non dà Giratempo così a caso, sono oggetti molto potenti"
Le orecchie di Hugo si tesero per l'interesse. Sapeva anche della giratempo, ovviamente, ma magari Binnis diceva qualcosa che sui libri non era possibile trovare.
Provò a ignorare la sensazione di freddo che si faceva spazio dentro di lui, sempre più violenta e acuta. E dolorosa.
"Gestii egregiamente la cosa, tanto che io stesso le faccio i complimenti.
Le farei" si corresse Binnis, con una apacità che fece male a Hugo, più di quanto il freddo gli stesse facendo. "Si dimostrò abbastanza matura da poter gestire un potere simile.
Maturità che venne sempre più a svilupparsi negli anni a venire, come quanto creò il C.R.E.P.A. per la liberazione degli Elfi Domestici, e per il lavoro che svolse anche all'interno del Ministero"
La sensazione di freddo si intensificò dentro Hugo, ma lui cercò di scacciarla, di scaldarsi. Si tirò sull'attenti, interessato dell'argomento: non era mai riuscito a capire troppo della cosa. Si passò distrattamente una mano sul viso: i muscoli erano tesi.
Binnis continuò: "svolse un lavoro invidiabile per riuscire a non mettere più parità possibile in questo mondo.
Fece comitati per abolire il potere delle famiglie Purosangue, e riuscii a dare diritti a tante Creature Magiche"
Hugo si prese un secondo la testa fra le mani, sentendosi sempre peggio. Voleva continuare ad ascoltare, ma sentiva che gli faceva male tutto: il petto, la testa, le gambe, tutto.
E poi, il freddo stava aumentando. Lo sentiva dentro di lui come se Scorsese acqua gelida.
Ma Binnis poteva dire cose che lui non sapeva. Cose su sua madre che potevano essere utili per la sua ricerca.
"Alle volte, il troppo lavoro le causava stress, e non era raro vederla al San Mungo. Fu proprio per questo che..."
Hugo si mise sull'attenti, avendo una certezza irrazionale che ciò che stava per dire il suo professore tanto inutile sarebbe stata la cosa più funzionale che avesse mai lasciato le sue labbra.
"I problemi di salute di Hermione..."
E poi...il freddo lo colpii all'improvviso, veloce e violento, tanto che Hugo si ritrovò un attimo stordito.
La voce di Binnis si fece confusa.
Era lontana, come se parlasse attraverso un cono, e Hugo riuscisse a sentire solo le vocali che, staccate dal resto della parola, gli apparivano prive di significato.
"Una donna brava, gentile...con principi solidi e una morale..."
Il freddo. Hugo non riusciva a pensare a altro. Stava congelando e nessuno se ne accorgeva. Batteva i denti, o meglio, sentiva di batterli. Avanzava sulla sua pelle come se marciasse, e congelava ciò che toccava come al passaggio di un Dissennatore.
Era come se venisse dall'interno. Qualcosa, una ventata fredda, che stava congelando le parti dentro il suo corpo, come se lo stesse ghicciando dallo stomaco perché aveva mangiato qualcosa di maledetto.
Eppure quel vento gelido non partiva dalla pancia, e Hugo lo sapeva bene.
No, il punto di inizio era un altro, e Hugo ne era cosciente, mentre percepiva il freddo avvolgerlo sempre si più, camminare dai piedi alla testa.
Sentiva il suo cuore battere più lentamente. Pompare meno sangue, rallentare e a mala pena percepirlo dentro le orecchie.
Il freddo partiva dal cuore, viaggiava come scheggie di ghiaccio nelle vene, ferendolo, e trasportando il gelo in tutto il suo corpo, sopra la pelle, dentro le ossa.
Lo stava ricoprendo come se fosse acqua. Come se il mare stesse salendo e lo stesse lentamente annegando.
Hugo si passò una mano sulla fronte, e si sorprese di trovare un sudore freddo appiccicato su di essa.
Il freddo avanzava di più, lo ricopriva tutto. Lo stava abbracciando, in una stretta fatale e dolorosa.
"Una donna intelligente che non.."
Come un donc il freddo si chiuse intorno a Hugo, e lui lo sentii ricoprirlo per intero.
La sua pelle era gelata, non la sentiva più.
Hugo chiuse gli occhi. Il nero lo avvolgeva come un manto scuro.
Cadde a terra fra l'esclamazione stupita e preoccupata di Lily e l'incoscienza.

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