Il treno sferragliava sui binari con il solito clagiore metallico. Oltre il finestrino, nel cielo che si imbruniva sempre di più, scorreva il paesaggio delle campagne inglesi, che si stavano via via lasciando alle spalle, mangiato dalla velocità di avanzamento del mezzo.
Albus era seduto nel vagone, stranamente vuoto. Le vacanze di Natale erano passate sorprendentemente in fredda, tanto che quasi non se ne era accorto.
Non c'era stato niente di interessante.
Beh, a parte il fatto che avesse più o meno 'chiarito' - non era esattamente sicuro potesse chiamarlo in questo modo, ma non gli veniva in mente niente di meglio - con Alice, e poi le cose, precisamente un secondo dopo, si erano incasinate ancora di più.
Beh, questo a parte, ovvio.
E a parte anche il fatto che Ron, Rose e Hugo non si erano presentati alla Tana, il ventitré dicembre, come invece era stato programmato.
Rose era seduta davanti a lui, nello scompartimento. Erano soli: Scorpius per qualche strano motivo aveva ritardato il suo arrivo in stazione, e Albus non lo aveva proprio visto; mentre Alice continuava ad evitarlo (almeno, però, adesso Albus sapeva il motivo) e Roxanne doveva essere svanita con lei, in qualche anfratto del treno a lui sconosciuto; Frank lo aveva cacciato in malo modo, senza quasi accorgersi del fatto che fosse proprio lui (la persone alle quale il Tassofrasso si era avvicinato in quel periodo, e con la quale aveva mantenuto una corrispondenza fissa di lettere) a reclamare la sua attenzione; mentre Hugo se ne era andato quasi subito, contento come sempre di mettere distanza fra se stesso e gli altri.
In quanto a James e Lily, erano entrambi presi con Padma Finnigan e Lysander, i loro rispettivi fidanzati.
A Albus veniva quasi da vomitare al solo pensiero. Pensarli li, appiccicati l'uno accanto all'altra, le labbra unite in baci passionali...gli faceva venire il volta stomaco. Erano entrambi troppo piccoli per fare certe cose.
Erano quasi bambini. (Lily proprio fisicamente, mentre James mentalmente). Non potevano permettersi tutta questa libertà. E in pubblico, per di più!
Con quale decenza si mettevano a pomiciare nel corridoio, davanti a tutta la scuola? Dovevano avere una sicurezza molto alta, mentre il senso del pudore sembrava essersi sviluppato solo in lui.
Insomma, James e Lily non potevano fare certe cose. Lui non le aveva mai fatte, ancora e, sebbene James fosse più grande di lui, Lily rimaneva comunque la minore. Non era affatto giusto che lei potesse fare cose del genere che avrebbero di certo fatto imbestialire la loro madre. E poi lui aveva un minimo di compostezza da dire che era meglio...
Albus sbuffò. Perfino lui stesso capiva che il suo improvviso astio verso Lily non era mosso da un desiderio di proteggerla dalle malelingue - anche perché sua sorella era famosa per lanciare fatture Orcovalanti non indifferenti - ma da un sentimento più infimo.
L'invidia.
Lui era geloso di sua sorella - per di più due anni più piccola di lui. Lui avrebbe voluto fare le cose che, in quel momento, Lily stava facendo con Lysander, solo con un altra persona.
Il volto di Alice gli balenò nella mente, e Albus chiuse gli occhi.
Lui non poteva. Perché? Non lo sapeva nemmeno lui.
Si erano baciati, per Merlino! E solo il ventidue Dicembre. Questo doveva pur significare qualcosa, no?
Evidentemente no. Alice, al posto di accettare l'implicita richiesta che lui le aveva fatto nell'esatto momento in cui aveva fatto combaciare le loro labbra, Alice si era data alla fuga.
Se James avesse visto la scena, probabilmente avrebbe commentato con un "ah...in barba al suo essere una Grifondoro. Codarda!"
La domanda, a Albus, sorgeva spontanea: perché? Aveva fatto qualcosa di male? Lei non aveva capito?
Eppure pensava che un bacio fosse difficile da fraintendere. Insomma, lui non si svegliava la mattina e iniziava a baciare con quella intensità ogni ragazza che conosceva!
Certo, forse la situazione non era stata proprio la più adatta, ma era comunque qualcosa. Sì, lei si era appena aperta con lui, ma Albus seriamente dubitava che Alice potesse pensare si fosse approfittato di un suo momento di debolezza per rubarle quel bacio. Perché sí, per quando gli dolesse ammetterlo, era di questo che si era trattato.
Un bacio rubato.
Le loro labbra si erano incrociate per qualche attimo, pochi secondi, la lingua che aveva appena avuto il tempo di spingersi un po' oltre la propria bocca. Ma a Albus era bastato.
Ricordava ancora la sensazione di felicità inebriate che lo aveva travolto, come un forte vento che spinge via le nuvole dal cielo.
Ricordava la voglia di voler rimanere attaccato a lei per sempre, di aumentare il contatto, infilarle le dita fra i capelli e scioglierle quella coda ingombrante...
Poi lei si era staccata. All'improvviso, puf. Lo aveva guardato, ed era corsa via, senza voltarsi indietro.
Albus sospirò. Quel ricordo non era esattamente uno dei migliori.
Si era aspettato che fosse meglio. No, non il bacio, quello gli aveva lasciato le farfalle nello stomaco per tutto quel tempo, ma che il resto lo fosse. Insomma, tutto il contorno che c'era.
Si era aspettato di essere felice di perdersi dentro quei ricordi... non che provasse quel senso di inadeguatezza e disagio dentro il cuore.
Quello sí che lo lasciava perplesso e sconvolto. E deluso.
Avrebbe voluto che il suo primo bacio con Alice fosse qualcosa di speciale, Fantastico, indimenticabile...invece sembrava solo che lei adesso fosse ancora più spaventata da lui.
Sembrava aver perso il suo carattere forte di sempre, che l'aveva distinta in ogni occasione dagli altri agli occhi di Albus. Lui l'aveva sempre apprezzata per questo.
E ora gli pareva indifesa. Per colpa sua. Sua e di quel ridicolo bacio, al quale non era riuscito a trattenersi.
Accidenti. La cosa avrebbe potuto andare mille volte meglio di come era andata in realtà. Nelle sue fantasie era stato favoloso.
Un lieve sospiro lo sottrasse ai suoi pensieri. Albus alzò lo sguardo.
Rose non sembrava nemmeno essersi accorta di aver preferito suono. Aveva la testa appoggiata alla mano, il gomito sopra la base del finestrino, e gli occhi si affacciavano fuori, le iridi azzurre che puntavano lontano, verso il sole morente all'orizzonte.
No...Albus si corresse poco dopo, osservandola più attentamente. Rose non stava guardando il paesaggio, non si era persa ad ammirarlo. Rose stava fissando il suo riflesso nel vetro, le nocche della mano destra che percorrevano il suo profilo disegnato in due dimensioni. Gli occhi scivolavano da una parte all'altra come si muovessero su una superficie scivolosa. Bagnata. Ghiacciata.
Non aveva aperto bocca, da quando erano entrati nel treno, e Albus non aveva neanche provato a fare conversazione. Rose voleva essere lasciata perdere, persa nei propri pensieri.
E Albus aveva accettato di buon grado. Dopotutto, anche lui aveva bisogno di passare a ciò che era successo fra lui e Alice, e sospettava che se avesse provato a parlarle, Rose non ci avrebbe messo niente a buttarlo fuori dallo scompartimento.
Non lo faceva solo perché aveva capito che lui non le avrebbe chiesto niente. E ne sembrava felice, per quanto potesse esserlo una persona che fissa tutto con occhi vuoti.
Che fosse successo qualcosa a casa sua era abbastanza lampante, ma la ragazza non ne voleva parlare. Guardava fuori dal finestrino con sguardo assorto, persa in chissà quali pensieri.
E Albus, per non sembrare indelicato, non aveva chiesto niente.
Albus sospirò mentre la guardava. Si abbandonò con la schiena allo schienale della poltrona e chiuse gli occhi. Infilò le braccia dietro la testa, e si perse nei ricordi che lo tormentavano da giorni.
La cucina di casa Potter gli si palesò dietro le palpebre abbassò.
"Mamma!" Esclamò Albus, stizzito. "Non ....secondo quale logica vorresti mettermi in punizione?"
"Indovina?" Fece Ginny inarcando le sopracciglia "la mia"
Lily scoppiò a ridere, mandandosi di traverso la colazione.
Albus fece scattare la testa verso di lei, furioso "e tu, piccola peste...come hai osato fare una cosa del genere? Come...come ti sei permessa?"
"Io? Io non ho fatto niente!"
"Sì certo" sbuffò Albus alzando gli occhi al cielo.
Lily si mise più dritta sulla sedia "io non ho fatto niente!" Protestò, offesa.
James alzò gli angoli della bocca. "Ti crediamo sorellina. Dopo tutta la tua lingua da bugiarda ..."
"Bugiarda?" La ragazzina socchiuse gli occhi, fulminandolo con lo sguardo "tu stai dando della bugiarda a me?" Sembrava oltraggiata "senti chi parla! Mister dico la verità oggi no e domani neanche!"
"Ragazzi" li riprese Ginny, stanca ma ferma. Albus alzò gli occhi al cielo, senza replicare niente.
Suo padre se ne era appena andato dal camino, diretto da Ron. Se fosse stato in un altro momento e di un altro umore, Albus gli avrebbe di certo chiesto se poteva venire con lui, o, almeno, di portare i suoi saluti a Rose e Hugo. Qualcosa del genere, pur di non farli sentire così soli in un momento dove il calore famigliare era fondamentale e a loro due mancava un componente pilastro della famiglia.
Però ora aveva altre preoccupazioni. Cose molto più importanti di preoccuparsi della sua migliore amica e del ragazzino che considerava molto un fratello minore. Doveva preoccuparsi della sua vita sentimentale.
A giudicare come Alice lo aveva trattato in treno durante il viaggio di andata, con alte probabilità ritrovarsi così vicini, da soli in una stanza, gli sarebbe costato un bel po' di calci nel sedere. O la vita stessa.
Già...Albus pensava di potersi ritenere fortunato se la ragazza non lo avesse ucciso. Da come lo aveva guardato nel treno, sembrava più che pronta a scagliargli contro l'anatema che uccide.
E Albus non era suo padre. Lui sarebbe morto al primo colpo.
Sbiancò. Accidenti.
"Albus, non fare il bambino" disse James sorridendo. Gli indirizzò un occhiata di scherno, e Albus si sentii arrossire "sapevo che voi Serpeverde siete dei cagasotto, ma così mi sembra esagerato!"
Albus strinse i pugni. "Indovina? La Casa di appartenenza a Hogwarts é solo-un-fottutissmo-nome."
"Albus" esclamò Ginny, scandalizzata.
"Non dice chi siamo davvero" completò Albus, ignorandola "e di certo non siamo tutti uguali. Mi aspettavo che perfino uno con un intelligenza bassa come la tua potesse arrivarci a certe cose"
James fischiò. "Wow fratellino... finalmente ti fai valere. Non sei più una femminuccia, e?"
Albus chiuse gli occhi. Suo fratello era impossibile. Alle volte preferiva davvero Lily a lui.
"Io non credo" disse questa ultima, esattamente in quel momento "secondo me rimane sempre il bamboccione di quando era bambino"
Ecco. Pensò Albus come non detto.
Volevo essere figlio unico.
"Lily" Ginny la guardò inarcando le soppracciglia. Prima che però potesse aggiungere qualsiasi cosa, il campanello suonò riempendo la casa momentaneamente caduta nel silenzio.
"Però" fece James, colpito "così presto? E che cosa sono, flesh?"
"No" ribatté Lily, sorridendo sorniona "sono maghi. Strano vero? Io credevo non esistessero"
"Non lo avrei mai detto" commentò sarcastico James. "Mi stai dicendo che tu sei frutto della mia fantasia?"
"No. Quella é la mia vagina, James" intervenne Ginny, facendo arrossire tutti e tre in perfetta sincronia.
"Mamma!" Esclamarono imbarazzati all'unisono, abbassando il volto.
"Ohh andiamo." Fece la donna, alzandosi "ormai siete abbastanza grandi per sapere certe cose" Albus incassò la testa nelle spalle "non crederete mica ancora alla storia della cicogna che vi ha detto zia Audrey, vero?"
"Mamma" gemette James "nessuno a mai creduto a quella storia"
"Perfetto allora. Non vedo dove sia il problema".
Albus alzò la testa, già pronto con una serie di motivi per illuminare sua madre su quanto in realtà ci fosse di sbagliato in quello che aveva detto, partendo, ad esempio, dal fatto che nessuno di loro tre aveva mai voluto immaginare quelle scene se i protagonisti poi si rivelavano essere i loro genitori; ma Ginny se ne era già andata, uscendo dalla cucina e dirigendosi alla porta di ingresso.
La sentii aprire la porta, e salutare con calore le persone che stavano attendendo fuori. Lily, dopo qualche attimo che utilizzò per riprendersi, si mise a continuare la sua colazione, incurante degli imminenti arrivi degli ospiti. James la guardò un secondo, pensoso. Poi si strinse nelle spalle e le si sedette accanto, rubandole di tanto in tanto i cereali.
Albus reprimii un ringhio. Fantastico.
Solo perché erano della sua età e facevano il suo anno, spettava a lui intrattenerli mentre Ginny conversava con Neville e Hannah.
Meraviglioso. Veramente eccezionale.
Sbuffò. Non c'è l'avrebbe mai fatta.
E tutto per colpa della peste di sua sorella! Lily doveva imparare a farsi i cavoli suoi, una volta tanto.
Di certo non sarebbe morta se per una volta non si credeva Merlino sceso in terra e si prendeva la responsabilità di fare cupido.
Sarebbe morta se non avesse smesso di farlo, invece. Albus era sicuro che prima o poi qualcuno l'avrebbe uccisa.
Lui era a pochissimo dal saltarle addosso. Ed era suo fratello. Se fosse stato un estraneo, probabilmente, non si sarebbe nemmeno fermato a pensare.
Ma Albus doveva. Se poi la sua amata figlia femmina fosse stata vittima di un omicidio da parte sua, Albus se la sarebbe dovuta vedere con sua madre.
E non ci teneva a vedere Ginny Potter incazzata con lui e pronta a scannarlo. Lo aveva già sperimentato, una volta, e non era stata una esperienza piacevole.
Non la consigliava a nessuno.
Albus puntò un dito accusatore verso sua sorella. "Se non ne esco vivo, da questa giornata" minacciò, guardadola in cagnesco "tu sei..." E fece un esplicito gesto con la mano al suo collo.
Lily lo guardò indifferente. "Cosa? Ti infilerò una sciarpa? Guarda che per quello basta chiedere"
Albus aprii la bocca per replicare, ma non fu sua la voce che ne uscii.
Il ragazzo ci mise un po' a capire che non era stato lui a parlare. Ci mise un po' anche per riconoscere quella voce, così famigliare...
Dall'ingresso venne la voce di Alice, cordiale, educata come sempre, eppure priva di quella nota divertita che l'aveva sempre caratterizzata.
Non sembrava cambiata. Eppure Albus sapeva fosse così.
Fece per voltarsi e andare da lei, ma qualcosa lo trattenne. Albus si sentii come tirato indietro, trascinato da una altra parte. Una specie di muro si era eretto fra lui e l'ingresso.
Solo quando aveva sentito la sua voce, solo quando Alice aveva parlato e si era quindi materializzata anche nella mente di Albus, la concretezza della minaccia si abbatte sul ragazzo come uno schiaffo.
Sbiancò. Fece un passo indietro, poi un altro. Urtò il ripiano della cucina, sotto lo sguardo divertito dei suoi fratelli.
Stupidi. Pensò lui mi vedete in difficoltà, e non fate niente? Siete degli ingrati.
Poi pensò al fatto che nemmeno lui aveva fatto qualcosa per loro. Scosse la testa e scacciò il pensiero.
Allora il loro era in trattamento reciproco.
Lily si alzò dal tavolo, rivolgendogli un sorriso sadico. "Divertiti" gli sussurrò, prima di voltarsi e uscire dalla cucina, il caschetto rosso che rifletteva le luci della sala.
Albus deglutii. Gli mancava solo questa.
"Beh fratellino" anche James si alzò "ora te la vedi tu e risolvi questo casino"
"Casino?" Albus lo guardò incredulo "tu come fai a sapere che ho fatto un casino"
"Siamo fratelli" disse James con ovvietà. Si strinse nelle spalle "certe cose si ereditano. Sono nel sangue, capisci?"
"No" disse Albus con onestà. Non capiva, e ora era troppo preoccupato per stare ai giochetti di James.
"Ah" fece il diretto interessato "beh, fa niente. Ci arriverai" gli lanciò un occhiata scettica, come se all'improvviso dubitasse delle proprie parole "o almeno spero."
"Grazie. Sempre iper delicato."
"A tua disposizione" James gli fece un piccolo inchino col capo. Sorrise, poi gli volse le spalle e uscii fuori dalla cucina.
Albus lo sentii salutare i Longbottom con qualche parole, poi lo vide salire su per le scale. Grazie per non avermi abbandonato pensò ironico.
Si staccò dal banco della cucina, ficcandosi le mani nelle tasche. Se doveva affrontare Alice, almeno, lo avrebbe fatto a testa alta. Come una persona vera, orgogliosa delle sue scelte (anche se non sapeva cosa avesse sbagliato) che si prende la responsabilità delle conseguenze alle quello queste lo hanno portato (anche se era più che fermamente convinto di non meritarsele).
Albus calciò irritato il terreno. "Ma chi vuoi prendere in giro?" Si disse sotto voce "tu tremi di paura. Hai una fottutissima paura"
E non sapeva nemmeno il perché. Sì, Alice faceva paura da arrabbiata, ma non aveva motivo di esserlo con lui.
O forse sì? Albus ricordò la sua uscita con Sam Wood, a quanto Roxanne era entusiasta del fatto che passassero sotto la Torre di Grifondoro...
All'inizio credeva fosse così contenta perché adorava infrangere le regole.
Ora aveva diversi dubbi, in merito.
"Tu hai creato questo casino, tu lo risolvi" gli aveva detto James.
E aveva ragione.
Albus prese un profondo respiro, poi uscii dalla cucina. Andò in contro alle cinque persone sulla porta come un condannato verso la propria ghigliottina.
"Harry é appena uscito" stava dicendo Ginny, prendendo il capotto di Hannah "é andato da Ron. Penso che voglia assicurarci che a Natale ci sia, con Hermione II e Hugo."
"Certo che ci sarà" affermò Hannah, convita. Che ingenua. Non aveva mai capito che i piani di Ron potevano cambiare all'improvviso:
Probabilmente, Albus si sarebbe sentito più sicuro a scommettere sul tempo inglese, sul quale nemmeno i meteorologi erano certi più di tanto; che su un evento programmato che prevedeva la partecipazione della famiglia Weasley.
Albus sorrise, avvicinandosi. "Ehy, signori Longbottom" disse, ostentando una certa sicurezza che in realtà non aveva. Hannah si voltò verso di lui con un sorriso, gli occhi azzurri appena un po' più cupi di quando parlava con Ginny.
Albus le sorrise. Se avesse mostrato il minimo senso di colpa, per lui sarebbe stata la fine.
"Professore" disse rivolto a Neville.
Il suo divenire di Erbologia non ricambiò il sorriso. Si limitò a fissarlo serio, e Albus sentii l'ansia salirgli alla gola.
Merlino. Che Alice gli avesse detto qualcosa sulla loro litigata? Bene, che illuminasse anche lui, allora! Che gli dicesse perché sua figlia, di punto in bianco, aveva deciso che la compagnia di Albus era troppo fastidiosa per lei.
Di certo, se qualcuno avesse iniziato a parlare, sarebbe stato più facile.
"Ciao Albus" fece Frank, e l'unica cosa che sottolineava la neonata intesa che era nata fra i due da quando lui e Alice avevano litigato era il lievissimo cenno del capo che accompagnò le sue parole.
Albus lo replicò. "Ciao Frank". Si chiese se qualcuno dei loro genitori si fosse accorto del grado di amicizia uno scalino più alto che c'era fra loro.
Forse no. Anche Albus faticava a riconoscerlo.
Poi spostò gli occhi verso Alice, e il suo cuore mancò di un battito.
La ragazza, fuori, non era cambiata. Stesso portamento sicuro, stessa bocca pronta a dire qualcosa, stessa coda alta e castana che le scendeva dietro la testa fino a sfiorarle le spalle.
Stessi occhi azzurri, color cielo.
Albus sentii quasi folgorato da quella visione. Gli mancò il fiato.
Alice incrociò le braccia al petto, guardadolo dal basso verso l'alto.
"Ciao" lo salutò freddo.
Albus si accorse che la sua mano aveva iniziato a tremare. Dannata ansia. Non gli era mai successa una cosa simile.
Si passò una mano fra i capelli.
"Ciao Alice" disse.
Evidentemente, il gelo che aveva congelato l'aria dovevano percepirlo anche gli altri, e quindi non era solo frutto dell'immaginazione di Albus.
Oh bene. Almeno non sto impazzendo.
"Neville, Hannah, andiamo in cucina?" Propose Ginny solare, la prima a riprendersi dallo shock. Lanciò tuttavia un occhiata apprensiva a Albus, che lui si premurò di ignorare.
Neville ci mise un paio di minuti ad annuire. "Sì" disse. Guardò Alice "andiamo..."
Hannah lanciò un ultimo sguardo preoccupato a sua figlia e a Albus, in modo tanto palese che il ragazzo si chiese avesse almeno provato a nasconderlo. No. Ovviamente.
Poi anche la madre di Alice seguii Neville e Ginny nella cucina. Albus era solo con i due fratelli Longbottom.
L'aria era tanto tesa che quasi me avvertiva l'elettricità intorno a lui. Spostò il peso da una gamba all'altra, a disagio. Accidenti. Perché era così in imbarazzo? Che la cosa che aveva detto Ginny a proposito della propria vagina poco prima ancora lo influenzasse?
No...Albus si diede dello stupido. Era impossibile. Nessuno rimaneva traumatizzato così a lungo solo per una frase, non se si hanno quindici anni suonati. E poi lui era avvezzo alle uscite di sua madre.
Ma allora perché tutta quall'ansia? Era quasi più piacevole trovarsi insieme a Rose e Hugo, che erano gli antipoti: lei sempre solare e sorridente, gli occhi dolci e le labbra curvate dolcemente verso l'alto; lui che sembrava avercela con il mondo intero, lo sguardo duro e l'espressione scazzata.
Ecco. Stare da solo con loro non solo metteva in imbarazzo, ma spaventava anche a morte.
Albus era sempre in bilico sul prepararsi a uno scoppio di lite fra i due. Aveva sempre tenuto che potessero azzannarsi l'un l'altro, se non c'era la supervisione di qualcuno.
Poi si dava dello stupido. Rose badava a Hugo da quando aveva otto anni: se avesse davvero voluto ucciderlo lo avrebbe fatto tempo prima.
"Vado al bagno" disse Frank all'improvviso, e Albus sobbalzò. Era stato colto alla sprovvista. Alice, invece, non mosse un muscolo. Spostò solo gli occhi verso il fratello, e la sua espressione dura, per un secondo, cedette, lasciando il posto a una più vulnerabile. Poi rimise su quella faccia di rabbia nascosta.
Albus guardò Frank. Era logico fosse solo una scusa per uscire di scena, che quel clima teso gli avesse tolto il fiato e, per quanto lui avesse provato a resistere, doveva riprendere aria.
Evidentemente, voleva solo togliersi da quella situazione imbarazzante.
Albus lo capiva. Anche lui avrebbe reagito in quel modo.
Peccato che lui non potesse defilarsi.
Frank si incamminò, lo sorpassò tirandogli una leggera spallata, e poi salii le scale. Albus sentii i suoi passi che si spegnevano in lontananza.
Ma non lo guardava. I suoi occhi erano fissi in quelli di Alice. I due cerchi color cielo che si perdeva o dentro il prato che inondava le iridi di Albus; l'incontro dell'erba verde al confine con l'azzurro del firmamento.
Per la prima volta, Alice sembrò soggetta al disagio. Si mosse incerta.
"Io..." Esitò. Albus la vide chiaramente maledire se stessa. Evidentemente, non aveva mai voluto mostrarsi debole, o indecisa su qualcosa.
Ma era esattamente in quel secondo che andava colpita. Quando le barriere del suo carattere forte che aveva sviluppato per essere notata all'ombra di Rose si abbassano, permettendo a una influenza esterna di entrare e di provare a persuaderla senza che venisse rispedita indietro con un categorico No.
Quello era il momento.
Albus mosse un passo avanti. Alice affilò lo sguardo.
"Aspetta..." Albus allungò una mano verso di lei "dobbiamo parlare"
Lei abbassò le iridi chiare sulla sua mano, diffidente. Evidentemente stava pensando se fosse una scelta saggia mettere momentaneamente da parte la rabbia che provava per lui.
Si rendeva conto che gli doveva almeno spiegare perché tutto quell'astio improvviso? Quelle reazioni arrabbiate?
Questo Albus se lo meritava. E Alice era disposta a concederlo.
Almeno per parlare cinque secondi e spiegare la situazione.
"Me lo devi" disse Albus, vedendo che Alice tentennava "se non so cosa ho fatto, come farò a farmi perdonare?"
Per un momento gli parve che Alice abbozzasse un sorriso. Poi l'espressione della ragazza tornò immediatamente impassibile, quasi come se si fosse costretta a non lasciar vedere le emozioni.
"Non penso tu possa farti perdonare"
Albus sentii come un colpo al cuore. Mantenne il sorriso, lottando per non abbassare la mano "Se non mi dai una speranza, non lo sapremo mai"
Questa volta fu certo del sorriso che increspò le labbra della ragazza.
"Pensavo..." Disse Alice, poi si interruppe. Guardò sopra la testa del ragazzo, gli occhi appena socchiusi. Albus fece per voltarsi, ma il sospiro di Alice lo fece ridestare da qualsiasi movimento che non fosse guardarla, perdersi in quegli occhi che gli ricordavano tanto il cielo, quello che solcava in sella alla sua scopa, tagliava a cavallo del vento. Sorrise come un deficente, ma poco gli importava.
"Va bene" accettò lei. Si avvolse le braccia intorno al busto. "Andiamo"
Non gli afferrò la mano. Cercando di non lasciare che ciò scalfisse le sue speranze, Albus la riabbassò lungo il fianco. Annuii, più per convincere se stesso che lei.
"Camera mia?"
Lei gli lanciò un occhiata. Le iridi sembravano lanciare lampi, e Albus si trattenne dal fare un passo indietro.
"É un vago retrogusto di ambiguo, non trovi?" Disse. Ma ore pareva di nuovo arrabbiata.
Albus le scoccò uno sguardo sorpreso.
Accidenti, come faceva a cambiare così l'umore? Un secondo prima sembrava fosse disposta a spiegarsi di buon grado, quasi pronta a fare un passo verso di lui; e adesso era tornata la belva incazzata che lo aveva attaccato sul treno.
Ma dai. Nemmeno il peggior indeciso passa da uno stato d'animo a quello opposto in così poco tempo.
Albus sentii quasi le sue speranze morire nel petto. Forse non c'era speranza. Alice era nota per perdonare facilmente, ma se rimaneva arrabbiata per più di un paio d'ore allora era successo davvero qualcosa di grave. Qualcosa che l'aveva ferita nel profondo.
Ma Albus non aveva fatto niente.
Il volto di Sam Wood gli balenò dietro le palpebre chiuse, e Albus serrò gli occhi.
No. Alice non poteva essersi arrabbiata per la loro uscita. Lei non aveva mai preso l'iniziativa, lui non era legato a lei come suo ragazzo...poteva uscire con chi gli pareva.
E poi, era impossibile gli avesse visti.
Era successo una notte, tutti erano a dormire. Nemmeno con delle guardie qualcuno avrebbe potuto notarli, stagliati contro il buio del giardino di Hogwarts. Che speranze aveva Alice di essere riuscita a vederli? E, anche se fosse stata sveglia a quell'ora e avesse guardato fuori dalla finestra del suo Dormitorio mentre Albus e Sam stavano passando, quante probabilità c'erano che li avesse riconosciuti?
Era buio...Alice non poteva aver visto niente. Giusto?
Un dubbio di insinuò in lui.
Scosse la testa "andiamo. Tu sai difenderti. Non ti farei niente nemmeno se fosse mia intenzione"
Le guancie di Alice si tinsero di rosso, un rosso delicato. Forse i complimenti la mettevano in imbarazzo.
Però non disse niente. Lo sorpassò, salendo le scale.
Dopo un attimo di esitazione, Albus la seguii. Lei lo precedette lungo tutto il corridoio, in silenzio, i loro passi che rimbombavano sulle pareti in modo quasi opprimente.
Albus cercava di non pensarci. Solo quando arrivarono davanti alla porta della sua stanza la ragazza si fermò, attendendo un permesso. Albus stiracchiò un sorriso e si sporse da dietro di lei. Afferrò la maniglia e spinse la porta. Le sorrise da sopra la sua spalla.
"Dopo di te"
Lei fece una smorfia. Poi lo sorpassò, entrando nella stanza. Sembrava tornata la ragazza fredda e distaccata di poco prima.
Albus sospirò, quando entrò. Fissò gli occhi sulla figura di lei, secca, e si appoggiò alla porta con una stanchezza infinita.
Albus si chiuse la porta alle spalle.
"Allora." Incalzò "Cosa ho fatto?"
"Sul serio, lo chiedi?" Sibilò lei, rivolgendogli una smorfia.
Albus inarcò un soppracciglio. Erano qui per quello no? Provare a chiarirsi.
Tentare non nuoce.
"Si" disse Albus, trattenendo uno sbuffo. "Che succede? Cosa ho fatto? Perché da un giorno all'altro siamo passati ad odiarci? Cosa..." Si bloccò un secondo, guardando Alice che lo fissava, in attesa "cosa é successo, fra di noi?"
La ragazza si limitò a fissarlo. Il suo petto si alzava più velocemente del formale, ma Alice sembrava appena darci peso. O forse non se ne accorgeva proprio. Alla fine gli voltò le spalle, guardando fuori dalla finestra che dava sulle altre case del quartiere.
"É stupido" borbottò a un tratto Alice. Si rigirò verso di lui in uno scatto che fece quasi sobbalzare Albus "mi dispiace, ti ho trattato male senza motivo. Non...non hai fatto niente..." Si morse il labbro "se tu sei felice, a me sta bene"
Albus corrugò le sopracciglia. "Cosa?"
"Oh Albus" Alice lo guardò, gli occhi appena un po' più tristi, come un cielo che si prepara alla pioggia "pensi che non lo sappia?"
Il volto di Sam Wood gli si affacciò nell'occhio della mente. Albus lo ricacciò indietro, scuotendo la testa.
"Sapere cosa?" Chiese attento, anche se sapeva la risposta.
Alice abbassò gli occhi. Si guardò le mani. "Ti ho visto uscire con Sam." Disse infine, la voce un sussurro appena percettibile.
Un campanello squillò nella testa di Albus. Ecco. Proprio quello che temeva. Ormai era diventanto un fastidioso ronzio nelle orecchie, tanto che Albus temette di non riuscire a parlare, dirle la verità.
Albus aprii la bocca per dire qualcosa, ma non proferii alcun suono.
"Non devi mica giustificarti" Alice sorrise, alzando una mano "sono felice per te. Presumo fossi solo un po'...sorpresa. Ecco tutto. Scusa per il mio comportamento.
Ma ora mi é passata. Potete benissimo stare insieme. A me non importa..."
"Alice..."
"E poi io non devo darti il permesso.
Non é cosa che mi riguardi, la tua vita sentimentale. Insomma, noi due siamo amici, niente di più. Non abbiamo mica firmato un contratto!"
"Alice!" Esclamò Albus, e ora la ragazza taque, guardandolo. Inclinò la testa di lato, come se fosse perplessa.
Accidenti. Perché le ragazze erano così complicate, alle volte? Capivano solo quello che volevano capire.
Perché cavolo, una volta, non si fermavano a osservare, chiedere spiegazioni?
Forse si ritenevano abbastanza intelligenti da riuscire ad arrivare alla soluzione senza chiedere a nessuno.
Illuse.
"Cosa?"
"Alice" Albus si passò una mano fra i capelli "io e Sam non stiamo insieme"
Lei sbatté le palpebre, perplessa.
"Cosa?"
"Te lo ho detto" ribadì Albus, stranamente sollevato. Si avvicinò al centro della stanza e si lasciò cadere sul suo letto, spirando un respiro liberatorio "non stiamo insieme. Siamo solo amici. Siamo usciti così"
Non sapeva esattamente cosa si fosse aspettato. Forse di vedere Alice arrossire, o una continua serie di scuse per come lo aveva trattato tutto quel tempo. Perfino un sospiro di sollievo da parte della ragazza.
Di certo non si era immaginato lei potesse correre verso di lui colpire ogni parte del corpo alla quale riusciva ad arrivare.
"Ahy!" Sbottò Albus, nascondendo la testa con le braccia "Alice, ma cosa..."
"Tu. La. Stai. Usando?" Sibilò Alice, a un centimetro dal suo volto. Aveva gli occhi socchiusi, e ora Albus vedeva tutte le sfumature di celeste che percorrevano l'iride...e sembrava il cielo che preannuncia una tempesta.
Degluttii. "No. Certo che no?"
"E allora perché sei uscito con lei? Non hai intenzioni serie? La stai..." Inclinò la testa di lato, guardadolo schifata "prendendo in giro? Hai almeno la vaga idea di quanto una ragazza possa rimanerci male, per certe cose? Proprio tu... onestamente mi aspettavo di meglio da te, Al" concluse Alice, calma. Aveva ancora quella smorfia di disgusto sul volto, ma non c'era rabbia nei suoi occhi.
Solo...delusione. Albus sentii un tuffo al cuore quando se ne rese conto.
Sapeva a cosa lei si stava riferendo.
Alice si allontanò dal letto. Stava per uscire dalla porta, quando Albus si tirò su a sedere.
"Non la sto prendendo in giro" disse.
"Vorresti intendere che lei sapeva poi tu non l'avresti calcolata più?" Alice gli lanciò uno sguardo da sopra la spalla, gli occhi azzurri due scheggie di ghiaccio. "Beh, sappi che questa non é una scusa. Se anche ti ha assicurato così, sperava che non lo fosse.
E ci sarà rimasta male. Fidati"
"Perché non mi hai ascoltare?" Sbottò Albus, esaurito. Si afferrò la testa fra le mani "Alice, fra me e Sam non c'era niente. Niente. Il nostro era un incontro programmato! Non..." Scosse la testa "ascolta. Lei voleva fare ingelosire Fred in modo che la portasse a Hogsmede, e io mi sono offerto, visto che non c'era nessuno, di fare da cavia.
Fine della storia."
"Non ci credo" affermò Alice.
Albus si strinse nelle spalle "chiedi a Sam. Ti confermerà la versione dei fatti."
Alice rimase interdetta un attimo. Poi si staccò dalla porta, voltandosi verso Albus. "Lo immaginavo" disse, e Albus inarcò scettico un soppracciglio. Lei arrossì "intendo dire...che non vi vedevo bene insieme. Tutto qui.
Sam...non é propriamente il tuo tipo."
"E chi sarebbe il mio tipo?"
Alice lo guardò a occhi sgranati. Boccheggiò per un paio di secondi, poi deglutii e sorrise, tornando sfrontata come sempre.
"Non saprei. Dovresti dirlo tu"
"Hai tirato tu fuori l'argomento" osservò Albus, pacato.
Alice scosse la testa. "Lo immaginavo" riprese, ignorando l'ultimo scambio di battute "perché mi pareva strano. Lo ho vista a Hogsmede con Fred. Pensavo..." Scosse la testa e non finí la frase.
Rimasero in silenzio per diversi tempo. Ad Albus premeva ancora di parlare di una questione ma aveva paura di come Alice avrebbe reagito. Però, dopotutto, era stata lei a tirare fuori la questione.
Alla fine decise.
"Quello che hai detto prima" disse piano, soppesando attentamente le parole; Alice gli lanciò uno sguardo curioso "ti riferivi a te vero? A quello che ti ha fatto Smith."
Il sorriso di lei le si congelò sulle labbra. Non disse niente, fissandolo sempre con quell'aria di gioia cristallina, inespressa, finta.
"Alice, sei che io non farei mai una cosa simile. Né con te, né con nessun altra." Disse Albus, alzandosi,
"Ma di me ti puoi fidare"
Alice chiuse gli occhi. Buttò fuori l'aria.
"Sai" disse piano, la voce ferma eppure vuota, spenta "quando..." Degluttii, sforzandosi di andare avanti. Aprii gli occhi, trafiggendo Albus con uno sguardo limpido e pericoloso "quando fai sesso con qualcuno...non lo so, le aspettative sono molto alte. Special modo se quel qualcuno é Smith.
Ti aspetti ti dia quella emozione dell'amore fatto concreto, che sia qualcosa di indimenticabile, che sia... più intimo" gli fece un sorriso, privo di allegria "e dopo che provi cosa voglia dire sentirsi usata solo per poter provare quell'emozione... Che quell'interesse che tu provi é unilaterale, non é ricambiato. Beh.." tentò un altro sorriso, ma le uscii una smorfia "Non vuoi che succeda a qualcun altro. Poi aggiungi il fatto che praticamente tutta la scuola ha saputo della mia notte di fuoco per colpa di quel coglione che ha detto ai quattro venti che eravamo stati insieme e dava anche le prove..." Scosse la testa "se becco un altro ragazzo che lo fa gli stacco le palle"
Albus deglutii. L'ultima frase finale sembrava una minaccia rivolta a lui, un avvertimento.
"Non capiterà più" le assicurò, incatenando i loro sguardi "io non lo farò accadere"
Le parole gli uscirono più intense di quanto avrebbe voluto. Alice lo fissò senza dire niente, in una specie di trance. Era trasalita impercettibilmente, ma Albus lo aveva visto bene.
Sembrava indecisa se fare un passo indietro o meno.
Albus avanzò, ritrovandosi a un metro da lei.
Alice non si mosse. Lo guardava con un espressione seria e piena di...sorpresa.
Forse si stava chiedendo da dove uscisse quella promessa. Quelle parole. Sì, anche Albus se lo stava chiedendo. Cosa era quella schiettezza? Lui non era mai stato una persona diretta.
"Al..." Mormorò Alice, distante.
"Sai che io non ti ferirei mai, vero?" Chiese Albus. All'improvviso era diventanto un bisogno sentirlo dire. Ascoltare le labbra di lei che gli dicevano che si fidava, che sapeva lui non l'avrebbe sfiorata se lei era incerta.
Alice annuii piano. "Lo so" assicurò.
Sospirò. "In realtà, é altro quello che mi preoccupa..." Terminò, voltando la testa di lato.
"Spara"
Alice lo guardò un attimo, poi abbassò lo sguardo. "Non lo ho mai affrontato" disse "intendo...non gli ho mai fatto pagare per il fatto che mi ha fatto diventare la puttana del castello"
"Non gli é andata di certo bene" disse Albus, sorridendo "io e Rox non ci siamo certo risparmiati con i calci"
Parlava velocemente, troppo. Accidenti. Perché parlava velocemente? Non poteva essere più calmo?
"Non é quello che intendevo. Siete stati voi a fargliela pagare. Non io.
Io non ho fatto niente. E continuo a evitarlo, a cambiare strada quando lo incontro...a Babbanologia le lezioni sono diventate un incubo, quando c'è"
"Se sono così terribili smetti di andare" disse Albus, veloce.
Lei lo fulminò con lo sguardo. "No. Non intendo smettere una mia passione solo per lui. Non esiste."
"Vedi?" Fece Albus, divertito "Questo é il primo passo per affrontarlo"
"Già forse..." Borbottò Alice, non convinta.
E, in quell'attimo, Albus la baciò.
Si sporse verso di lei, facendo combaciare per qualche secondo le loro labbra. Voleva consolarla, e vederla così triste gli faceva male al cuore.
Sentii le labbra di Alice rimanere un attimo ferme per la sorpresa, poi le le dischiuse e Albus ebbe campo libero.
Sentii le mani di lei nei suoi capelli, lo distraevano, mentre lui allungava le braccia e le avvolgeva dietro il suo viso. Fece fissare i loro corpi in un bacio profondo, passionale e...veloce.
Alice si staccò da lui.
Albus ne rimase quasi triste. Sentiva la mancanza delle sue labbra, che sembravano apposta per essere sopra quelle sue. Uno strano senso di vuoto.
Alice lo guardò. Aveva gli occhi sgranati, la pupilla solo un minuscolo puntino nero a turbare quella distesa infinita di azzurro. Fece un espressione terrorizzata, poi si voltò, uscendo dalla camera.
Albus la segui con lo sguardo, perplesso.
Si toccò il labbro, dove per pochi secondi Alice lo aveva baciato.
Il corridoio era deserto dal quadrato della porta.
Cosa aveva sbagliato, adesso?
"Albus?" Una voce famigliare lo fece riscuotere dai suoi pensieri.
Tutto svanii, la sua camera, il sentimento bruciante per Alice, perfino il ricordo delle sue labbra su quelle di lui.
Albus aprii gli occhi. Rose lo guardava dalla porta dello scompartimento, senza vederlo davvero.
"Siamo arrivati" disse con voce flebile la cugina, prima di uscire.
Albus sospirò e, alzatosi, la seguí.
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In The Name/ Scorose.
FanfictionTutti concordano sul fatto che Rose Weasley é una delle persone più buone al mondo: sempre gentile e altruista con tutti ( e con tutti, ovviamente, comprendo anche gli animali, dai più piccoli e innocui ai più grandi e pericolosi) pensa prima alle n...