Capitolo 68

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"Bene. Il momento é giunto." La voce del ragazzo era profonda e tesa, mentre, con le mani strette dietro le schiena come se fossero legate, andava avanti e indietro sotto lo sguardo sbigottito dei compagni "siamo una squadra forte e determinata, e non ci lasceremo  certo abbattere da dei novellini. Concorderete con me che qui siamo più su una sfida d'intelletto che forza e velocità. Ma possiamo farcela"
"La sfiga vuole che siamo proprio contro gli intelligenti per natura" commentò Scorpius, alzando gli occhi al cielo.
Albus si fermò un secondo, lanciandogli un occhiata di fuoco. Poi lo ignorò e portò ancora lo sguardo avanti. "Ma, per nostra fortuna, noi siamo quelli più vicini a loro, gli unici che possono contendere con i Corvonero senza sembrare degli idioti patentati"
Medelain alzò lo sguardo su di lui, una vaga perplessità che si faceva spaccio nelle iridi annoiate "e per caso una frecciatina al resto della tua famiglia?" Domandò abbassando gli occhi sulle sue unghie, fasciate dai soliti guanti per le Cacciatrici.
"Potrebbe" affermò Albus.
"Vuoi che noi la intendiamo tale?"
"Medelain" sbuffò Hugo, esasperato "lo lasci finire?"
Medelain si voltò verso di lui fulminea. Lo guardò assottigliando gli occhi. "Non riesci a reggere la tensione, piccino?"
"Non puoi fare a meno di aprire quella fogna?" Ribatté Hugo, incassando il colpo.
Lei fece una smorfia. "Voglio allietarvi con le mie perle. Ma, fosse per me, tu potresti benissimo andartene.
A quel paese"
"Fidati" intervenne Scorpius, giusto per ferirla "ci faresti un immenso favore se stessi zitta per un paio di minuti. Davvero, te ne sarei grato." Scoccò un occhiata a Hugo, che guardava Medelain gongolante "e, anzi, se accompagnassi questo ragazzino per il posto di sola andata dove l'hai mandato...cazzo, per me sarebbe Natale"
"Per me sarebbe Natale se tu crepassi" disse lei. "Ma, purtroppo, debbo aspettare ancora molto per quando potrò ballare sulla tua tomba"
Scorpius era suo punto di fare un commento sarcastico, che era sicuro l'avrebbe lasciata più che spiazzata, ma il Battitore della loro squadra decise di parlare.
"Solo per me é Natale seguendo il calendario?"
"Solo io voglio concentrarmi!?!" Sbottò Albus, i pugni stretti lungo i fianchi e lo sguardo furente. Scorpius si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo. Poi pensò che, tanto, non ne valeva la pena, e eseguii il gesto con esagerata maestria. Albus gli tirò qualcosa addosso.
"Stavo dicendo" proseguii il capitano, fulminando con gli occhi Hugo, Scorpius e Medelain "che noi siamo perfettamente all'altezza delle strategie dei Corvi. Possiamo vincere la partita, e ci conviene: é la prima e, se iniziamo con un certo vantaggio, sarà più difficile poi per le altre squadre raggiungerci"
"Grazie per la lezione di matematica, Albus. Senza di te non ci saremmo mai arrivati"
"Tranquillo, Scorpius. Lo ho detto apposta perché conosco le tue ristrette capacità intellettive. Volevo che tutto fosse chiaro" Scorpius, riemergendo dalla maglia verde-argento che lui gli aveva lanciato poco prima, lo fulminò con lo sguardo. Al gli rifilò l'ennesima occhiataccia. "E comunque, possiamo vincere solo se i nostri giocatori non si comportino da ragazzine ciclate a cui hanno appena tolto la possibilità di mangiare del cioccolato. Dobbiamo essere uniti, capito?" Albus fulminò con gli occhi Medelain, che sfidò il suo sguardo con espressione sprezzante, e Hugo, che abbassò i propri. Poi, Scorpius giurò che, per un secondo, gli occhi del migliore amico si soffermassero su di lui con uno sguardo ammonitore. Scorpius inarcò elegantemente un soppracciglio, ma, prima che potesse chiedere conferma a Albus delle sue congetture, Medelain parlò.
"Guarda che non tutte le ragazze quando hanno il ciclo sono nervose." Disse secca "il tuo é uno stupito stereotipo"
"O una metafora per rendere l'idea" replicò Albus, iniziando a perdere la pazienza - Scorpius lo capiva dal leggero tic che il suo occhio aveva preso "dai, Med! Lo sai che io sono contro gli stereotipi!"
"Non sembra." Borbottò lei "se usi certe espressioni..."
Hugo si voltò verso la ragazza con un sorriso storto "ha ragione lei" disse "e lei stessa é l'esempio lampante di ciò"
"Che vorresti dire?" Chiese Medelain a denti stretti, fissandolo in cagnesco.
Hugo allargò il suo sorriso. "Che tu non hai bisogno di avere il ciclo per essere snervante. Fai salire l'esaurimento perennemente"
"E il lavoro di squadra che vi ho detto appena un attimo fa?" Domandò Albus, irritato.
"In culo" commentò Scorpius.
"Non abbiamo bisogno di certe battute" ribbatté Medelain, acida.
Scorpius si voltò lentamente verso di lei, un ghigno canzonario e distaccato in volto. "Nemmeno dei vostri continui battibecchi" replicò asciutto "eppure, non mi risulta che voi la smettiate"
"E a me non risulta tu sia una ragazza"
"Che vorresti dire?" Scattò lui.
Medelain si mostrò in un sorriso smagliante "che, quando fai così, sembra tanto una battuta acida che farebbe una donna prima di partire"
"Non eri contro i pregiudizi da ciclo o tutto ciò che a legame con la sfera del sessismo?"
"Weasley, un altra parola e giuro che ti ficco una scopa su per il culo"
Albus si prese la testa fra le mani, affranto e disperato al tempo spesso.
"Possiamo dire addio al lavoro di squadra"
"Beh" disse Scorpius, mettendo le mani dietro la testa e fissando gli sguardi di fuoco che Medelain e Hugo di stavano scambiando con blando interesse "sí." Concluse "Direi proprio di sì."
Albus alzò lo sguardo, incastrando gli occhi verdi dentro le iridi ancora più chiare di Scorpius. Aprii la bocca come per dire qualcosa, ma ne uscii solo il suono di una campana che suona.
Scorpius sbatté le palpebre, e ci mise più tempo del previsto a rendersi conto che non era stato Albus a emettere quel fischio acuto e improvviso, ma quella era la campana che segnalava l'inizio della partita, ovvero l'entrata in campo delle squadre.
Albus fece una espressione sorpresa, forse contro alla sprovvista quanto lui. Poi si raddrizzò e, prendendo un certo contegno, fece un cenno alla squadra.
Reagirono tutti di istinto, e Scorpius anche. Allungò una mano dietro di lui, dove aveva poggiato sulla panca poco prima ciò che gli serviva. Strinse le dita attorno a un manico di legno, e sorrise involontariamente sentendo la sua scopa contro i guanti da Cacciatore.
Dopo tutto quel tempo, tutto ciò che era successo, quella era rimasta sempre uguale. Una certezza sicura che, alle volte, Scorpius ringraziava.
Non sapeva come avrebbe fatto senza un appiglio a un oggetto concreto a cui poteva legare tanti ricordi belli.
Ricordi che forse non avrebbe più avuto.
"Ottimo" Albus prese un profondo respiro, mettendosi la scopa in spalla. Si voltò sorridendo agli altri. "É il momento"
"Si va in scena" continuò Scorpius a mezza voce, senza quasi farsi sentire dagli altri. Albus, però, lo guardò comunque, e a Scorpius parve di scorgere una certa gratududite dentro gli occhi. Gli sorrise lievemente.
Ora era certo che, almeno il suo migliore amico, avesse sentito ciò che aveva detto.
Albus si avviò verso le uscite dello spogliatoio, quelle dove i giocatori si organizzavano prima di una partita, e Scorpius fece per seguirlo. Dopotutto, era il suo secondo.
Era giusto arrivato dietro all'amico, quando sentii qualcosa di strato. Un qualcosa di improvviso, che lo colpiva come un pugno allo stomaco. Si bloccò, voltandosi dietro verso la squadra.
Medelain era a qualche passo da lui, e inarcò un soppracciglio scettica, ma non disse niente. Lo sorpassò passandogli al fianco con i lunghi e folti capelli biondi legati in una coda alta.
Scorpius la fissò in sottecchi, cercando di non farsi scoprire. Si concentrò, sforzandosi di estendere la mente.
Non sentii niente. Vuoto assoluto (beh, anche se con vuoto assoluto lui intendesse anche profumi, ragazze, trucchi) ma non era importante, ora - e mai lo sarebbe stato per lui.
La guardò andare via trattenendo uno sbuffo.
Non era lei.
Scorpius spostò lo sguardo al resto della squadra che, rallentati, non si erano nemmeno resi conto del suo esame. Dubitava che Albus credesse non fosse più al suo fianco, o che il solo pensiero che lui non lo avesse seguito avesse sfiorato la sua mente.
Ma non poteva biasimarlo. Era passato meno di metà di una frazione di secondo.
I due Battitori - due ragazzi grossi, alti, con le braccia muscolose e la stazza di un armadio, entrambi dai capelli scuri e occhi aguzzi - gli sfilarono al fianco completamente persi in una loro discussione. Non erano turbati, e le loro voci arrivavano chiare alle orecchie di Scorpius. Non c'era niente di improvviso o violento nella loro testa.
Altro buco nell'acqua.
Adesso rimanevano solo due persone.
Scorpius lanciò agli altri due giocatori della sua squadra un occhiata più fugace che poté, e capii in un folgorante momento di comprensione e arguzia, quando i suoi sensi si erano ampliati al massimo, di chi dei due dovesse preoccuparsi.
Si sorprese un secondo, poi scosse la testa.
Fece cadere la sua scopa proprio mentre la terza Cacciatrice gli passava al fianco. Il tonfo sul cemento catturò l'attenzione della ragazza, che si voltò verso di lui con aria perplessa.
Scorpius scosse impercettibilmente il capo. Non la guardò.
"Incidente" disse chinandosi a prenderla. "Vai in campo"
Tre secondi. Scorpius socchiuse gli occhi.
La ragazza rimase zitta un attimo, poi annuii e uscii dalle spesse tende verdi che davano sul campo da Quiddich. Per la prima volta, mentre il tessuto chiaro si apriva nell'aria per lasciarla passare, Scorpius sentii il fragore del campo. Probabilmente erano andati tutte le persone di tutte le Case. Era la prima partita del campionato, comunque: abbastanza scontata come cosa.
Prima, però, non se ne era accorto. Era stato isolato dal resto, troppo concentrato su cosa sentiva.
Scosse la testa. Sette secondi.
Quando Hugo Wealsey gli passò a fianco, Scorpius ebbe la conferma delle sue ipotesi. Il pugno di emozioni  allo stomaco lo colpii con forza tale da togliegli il respiro. Strinse le dita attorno al legno della scopa.
Si tirò su dritto all'improvviso, e Hugo sbatté contro di lui con un verso sorpreso.
Per Scorpius fu come se lo avessero tirato fuori dall'acqua a forza. Gli parve di respirare dopo secoli, e di poter finalmente cacciare fuori l'acqua e far entrare l'aria.
I rumori, ora, esplosero intorno a lui.
Le grida dello stadio, i commenti, le parole del telecronista gli bucarono le orecchie come spilli appuntiti. Ora non era più in una bolla.
"Malfoy!" Sbottò il ragazzino davanti a lui, riportando Scorpius dai suoi pensieri "vuoi spostarti o ti serve un invito scritto?"
Scorpius abbassò lo sguardo sul rosso. Era di una ventina di centimetri più alto di lui, e, visto così dall'alto, Hugo sembrava incredibilmente piccolo e vulnerabile. Aveva le braccia rigide lungo i fianchi, e i suoi occhi scuri cercavano di fulminarlo con lo sgardo. in una mano teneva ben salda la scopa malaticcia. Scorpius lo sovrastava semplicemente stando dritto. Si chiese cosa sarebbe successo se gli avesse tirati una spinta.
"Malfoy!" Hugo sbuffò "mi ascolti o no?"
Più di quanto tu immagini. Scorpius lo fissò serio. Il suo sguardo indagatore e spospetto parve mettere in soggezione il rosso, che vacillò un po'. Evidentemente si era reso conto che Scorpius lo stava scrutando per capire qualcosa. Poi Hugo riaquistò la solita espressione cattiva.
"Allora, Malfoy? Te lo devo dire in altre lingue? Ti serve-"
"Non penso tu dovresti giocare" disse Scorpius, sforzandosi di non mettere alcuna sfumatura nella sua voce. Normalmente gli sarebbe venuto naturale, ma ora la gran parte delle sue capacità erano impegnate con altro.
Hugo parve un attimo scosso. Si gelò sul posto, sbiancando più di quanto già non fosse. Sembrava che una improvvisa secchiata di acqua gelida lo avesse freddato.
Poi le parole di Scorpius lo colpirono in pieno. Scorpius sentii l'impatto come se lo stesse vivendo lui stesso.
Hugo sgranò gli occhi, allibito. Tossí un paio di volte, come se l'aria gli fosse andata di traverso. Scorpius vide chiaramente le sue mani iniziare a tremare, mentre il resto del corpo era scosso da violenti sussulti.
O forse erano leggerei. Non avrebbe saputo dirlo con certezza.
Stava impiegando così tanto impegno per analizzarlo che non era sicuro di come apparisse all'esterno. Dentro, però, Scorpius era certo che Hugo sentisse un terremoto di emozioni. E se volevano vincere la partita, era meglio se fosse stato concentrato al massimo, non distratto da futilità.
"Cos..." Hugo parve un attimo troppo attonito per continuare. Scosse la testa, riprendendo la sua sfacciataggine "perché scusa? Cosa sarà cambiato così improvvisamente da diventare tanto grave per sbattermi fuori?"
"Non ti sto sbattendo fuori" Scorpius sentiva urgenza di spiegarsi. "Ti sto solo sospendendo per questa partita. Oggi non giochi"
"Non é giusto!" Protestò Hugo, arrabbiati.
"Senti" Scorpius si irritò "é solo la prima partita del campionato. C'è ne saranno altre. Non c'è bisogno che tu giochi, abbiamo la riserva.
Ti rifarai alla prossima"
"Perché?" Sbottò Hugo, guardarlo dal basso "perché sentiamo? Cosa ho fatto a parte muovere due passi?"
Scorpius si impegnò per trovare una scusa decente. Dodici secondi. Non poteva dire la verità al ragazzino, non gli avrebbe mai creduto. Avrebbe pensato gli stesse mentendo.
Era ironico pensare che lui invece lo facesse per rendere certo Hugo che dicesse la verità. Tredici secondi.
Scorpius lanciò uno sguardo dietro di lui, oltre le tende verdi.
"Io..." Qualcosa lampeggiò nella sua mente, e lo fece distrarre. Scosse la testa, imponendosi di rimanere concentrato. Poi lo colpii più forte "non giochi e basta!" Sbottò non riuscendo a trattenersi, cercando di fare sfogare il dolore con quelle parole invece che con un gemito. La sua veemenza fece arretrare sorpreso il ragazzo. Scorpius si pentii un attimo dopo del suo scatto: Hugo sembrava oltraggiato. Anzi, era oltraggiato.
Lo guardava duro, ma la sua testa divagava altrove.
"Dammi una motivazione" disse.
Scorpius vide di nuovo quella luce. Anche se non serviva, il suo riflesso gli fece chiudere gli occhi.
"É così e basta. Hugo, tu non giochi."
"Non puoi deciderlo" ribatté il ragazzino "Albus e il Capitano."
"E il mio migliore amico" Scorpius si portò di scatto una mano alla testa, dove gli sembrava che stesse per esplodere qualcosa. "Mi ascolta quando parlo"
Gli occhi di Hugo lampeggiarono. Dentro la sua mente, Scorpius vide ancora quella luce. Di nuovo, non riuscii a reprimere l'istinto di chiudere gli occhi.
Qualcosa si formò oltre le sue palpebre chiuse, mentre i suoi istinti si staccavano da lui, sporgendosi in avanti. Si ampliarono, e Scorpius sentii si legassero alle emozioni che Hugo provava, come una corda.
"E dimmi, perché cambi idea così repentinamente? Sei un cazzo di indeciso?"
Ahy! Scorpius dovette concentrarsi più del dovuto per non emettere alcun suono. La testa gli pulsava, e, dietro le palpebre ancora abbassate, anziché vedere il buio come tutti, la strana luce gialla aumentò di intensità. Delle zone più chiare si addensavano l'una sull'altra, sommandosi alle parti scure e legandosi con esse in una specie di Valzer che Scorpius non capiva. Che non riusciva a tradurre.
"No, prendo solo le decisioni migliori per la squadra, Weasley. E la mia decisione, ora, è che tu non giochi"
"Non puoi cambiare le cose così! É fottutamente ingiusto!"
"Smettila di dire parolaccie!" Esclamò Scorpius, mentre una fitta alla testa gli faceva stringere le labbra. Dietro le palpebre, la luce gialla si stava ordinando in figure alte e scure, indefinite "é una mia decisione e devi accettarla!"
"Decisione senza senso!"
Qualcosa schiarii dietro le palpebre di Scorpius.
"Ci sono cose che non capisci" mormorò, il dolore che si attenuava appena. Poi qualcosa si agitò nell'aria intorno a lui, e a Scorpius parve di aver ricevuto una frustata dritta nel basso ventre. Si morde il labbro per non urlare.
"Beh, potresti provare a spiegarle"
"É complicato" ribatté. Il manto giallo andava sempre più a schiarirsi, diventando quasi paglierino. Qualcosa si agitava nella distesa dorata e estesa in cui la sue palpebre si allungano.
Di nuovo, sentii la frusta al petto.
"É perché sono uno Wealsey, non é vero?" Domandò Hugo, facendo un passo avanti. Scorpius sentii, con una forza immane, l'ennesima frustata.
Gli bruciò sulla pelle come acido, quasi ci e l'avesse ricevuta sul serio.
Aprii gli occhi per guardare il ragazzino, ma non lo vedeva sul serio. Era come se si stagliasse contro quella distesa gialla che occupava la sua mente. Scorpius lo vedeva circondato da quelle figure che si andavano formando: un ragazzino smilzo il cui rosso di capelli svettava come una fiamma contro quel sole pallido.
"Ma che dici" si sforzò di dire, nel tono più neutrale possibile "non mi sono mai fatto problemi per il tuo cognome"
Scorpius sentii qualcosa opprimerlo. Con un guizzo di sorpresa e paura, si rese conto che il legame con Hugo si era intensificato. Le sue percezioni avevano formato un miscuglio con le emozioni di Hugo, e Scorpius non avrebbe saputo dire dove iniziavano le sue cose e finivano quelle del ragazzino.
"C'è sempre una prima volta"
Persone. Riconobbe Scorpius. Attorno a Hugo la nebbia gialla, ora stirata nei colori del tramonto, stava andando a formare delle persone.
"Non sarei amico di Albus, de ciò che dici fosse vero" e non mi sarei preoccupando per te.
Hugo emise una specie di ringhio (probabilmente erano parole, ma Scorpius non ne colse nemmeno una lettera) e Scorpius sentii il riflesso della sua emozione come un altra frustrata.
Poi avvenne tutto velocemente. Come un elestico che si ritrae dopo essere stato allungato, le persone gialle e la 'visione' dietro di Hugo si rimpicciolirono, appiantendosi come un piccolo quadrato e, come un incantesimo facile, rivolarono contro Scorpius. Entrarono nella sua testa strappandogli un gemito di dolore.
Una villa. Il verde prato rigoglioso.
Quattro persone si muovevano indistintamente contro il sole che tramontava, da cui, Scorpius capii all'improvviso, era partita tutta la visione. Il cielo era liquido, sotto i suoi occhi, e gli ultimi raggi di luce si perdevano dentro di esso come olio nell'acqua. Capii fossero Weasley solo quando l'uomo si voltò, e al cielo morente una zizzania di capelli rossi si scontrò contro il sole all'orizzonte.
Scorpius sentii un immenso dolore.
Aprii gli occhi. Hugo lo fissava sempre con quella faccia irosa, due chiazze rosse sulle guancie e gli occhi che sembravano incendiati. Le mani erano strette a pugno, e le nocche tanto bianche da sembrare solamente un vago ricordo di una foto sbiadita dal tempo. Tremavano.
Entrambe le loro scope giacevano a terra, inermi. Scorpius si chiese quasi le avessero fatte cadere.
Poi si concentrò su Hugo. Non che fosse difficile, anche visto perché i suoi sensi si erano legati a quelli del ragazzino.
Voleva giocare a tutti i così. Ma avrebbe fatto perdere la squadra.
E Scorpius non lo avrebbe permesso. Doveva impedirlo.
Scorpius scavò nella sua testa cercando una scusa plausibile, qualcosa che fosse credibile e non sembrasse banale, ma, più si sforzava, più leggeva solo dentro Hugo. Una rabbia cieca lo montò e, senza potersi trattenere, disse la prima cosa che gli venne in mente.
"Oh Weasley, facciamo vittimismo?" Chiese, facendo un passo avanti. La sua acidità fece sobbalzare Hugo, che arretrò, spaventato "ma bene! Perché voi siete così, vero? Non sapete fare altro. Pensate sempre che le persone c'è l'abbiano con voi per il vostro cognome. Invece, indovina? A volte il vostro carattere fa così schifo che nemmeno portare un nome importate come il tuo vi aiuta a non farvi odiare.
Tu sei solo un ragazzino viziato che pensa che il mondo c'è l'abbia con lui, Albus non avrebbe mai dovuto prenderti in squadra. E non sei nemmeno bravo come dice, penso che ti loda solo perché ha paura che tu la prenda a male. O che ti butti dalla Torre di Astronomia. Ehy" disse, mentre le figure, dentro la sua mente, si accentuavano. Due adulti, due bambini. "Perché non lo fai? Faresti davvero un piacere a tutti. Tanto," aggiunse, la voce ridotta a un sibilo "dopo ciò che hai combinato con tua madre, sarebbe anche la scelta migliore, non trovi? Almeno tuo padre troverebbe un po' di pace."
Hugo sembrava sotto shock. Scorpius si era reso conto appena di ciò che aveva detto, più che altro aveva assecondato il suo istinto. Lui non sapeva troppo sulla morte di Hermione Granger, ma sapeva quanto bastava per essere certo che quello che aveva appena detto corrispondesse al vero. Hugo lo fissò senza dire niente, appiattito contro il muro. Scorpius non credeva che la sua presenza l'avesse spaventato a tal punto. Però sentiva paura e...una certa nostalgia che vedeva negli occhi del ragazzo.
Quando Hugo parlò, la sua voce era esile come un ramo secco al vento.
"Hai ragione" sussurrò. "Ma io gioco comunque"
Con uno sforzò pazzesco, Scorpius si costrinse a voltarsi. Sentii un crack nella sua mente, e qualcosa venne spezzato all'improvviso. Scorpius ne soffrii, poi ricacciò indietro il dolore.
Lui l'aveva avvertito. Aveva provato a fare il suo. Hugo non lo aveva ascoltato.
Bene, a suo rischio e pericolo. Scorpius se ne lavava le mani.
"Come ti pare" disse. E si avviò fuori dallo spogliatoio.
Dopo un attimo, Hugo lo seguii.
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L'improvviso aumento del fragore del pubblico lo informò che Scorpius e Hugo erano usciti dallo spogliatoio.
Finalmente pensò Albus, e si voltò per fulminare con lo sguardo il suo migliore amico, che aveva impiegato la bellezza di tre minuti - riferiti dal telecronista - per uscire da quel dannato spogliatoio. Idem Hugo.
Albus era stato tentato di entrare, poi una visione non troppo pudica gli era entrata in testa, e aveva preferito aspettarli senza intervenire.
Dopotutto, non era nessuno per mettere fretta.
La squadra di Corvonero, capeggiata da suo cugino Louis Wealsey, era schierata davanti a lui con una fierezza che male si addiceva al pacato e modesto Louis. Forse stare così, messi in mostra, gli dava una iniezione di autostima e si mostrava più sicuro di quanto non fosse. O forse si mostrava forte per non essere preso per debole.
Quando, però, Scorpius gli arrivò al fianco, Albus colse suo cugino guardare ironico l'orologio, e sorridere sardonico nella loro direzione. Strinse i pugni.
"Era ora" borbottò a denti stretti, lanciando un occhiataccia a Scorpius, che alzò gli occhi al cielo "c'è ne avete messo di tempo. Si può sapere cosa staccate facendo? Un bel raduno di cose vietate ai minori?"
Un lieve rossore si propagò sulle guancie di Scorpius, e a Albus si gelò il sangue pensando di aver azzeccato.
"No" rispose Scorpius, e Albus tornò a respirare "abbiamo solo parlato"
Albus lanciò un occhiata a Hugo, che era un po' in disparte, e aveva lo sguardo fisso, come se non stesse guardando veramente lo stadio.
Albus corrugò le sopracciglia. Hugo tremava.
Si voltò verso Scorpius.
"Si può sapere che cavolo gli hai detto? Sembra traumatizzato"
Scorpius non rispose. Albus stava per insistere, quando Flint, il nuovo insegnate di Volo, si posizionò nel campo in mezzo a loro.
In mano aveva la Pluffa, che con il suo rosa pallido svettava in tutto quel verde.
"Capitani" disse Flint, la voce tuonante. "Stringetevi le mani"
Albus si avvicinò, e Louis fece lo stesso. Gli rivolse un sorriso che però Al non ricambiò. Era troppo impegnato a scrutare la squadra dietro di lui. Forte.
Individuò due Cacciatori, uno biondo e uno moro, mentre, al centro di essi, una ragazza dai lunghi capelli corvini legati in una coda che le sfiorava il fondo schiena stava in piedi, tranquilla, la scopa appoggiata al terreno come se non la riguardasse. Cristian Bott riconobbe Albus.
Accanto a lei, il suo compagno Cacciatore, Lysander Scamander, guardava sugli spalti, forse cercando qualcuno. I due Battitori sembravano tutto cervello, forse per mirare meglio.
Louis era il Cercatore, esattamente come Albus.
"Buona fortuna" disse Louis, e Albus fu felice di notare che stringesse i denti, come se gli costasse un certo fastidio dirlo.
Albus sorrise "a te cugino" disse, sottraendo la mano.
Louis non parve sorpreso. "Che la partita abbia inizio"
"Al mio tre!" Esclamò Flint, mentre Albus e Louis tornavano indietro, dalle rispettive squadre "le squadre devono essere in volo.
Uno. Due. Tre!"
Albus spinse i piedi per terra, e si alzò in volo in un boato da parte del pubblico. Guardò nella zona riservata ai Grifondoro, e sorrise notando gli occhi di Alice. La ragazza gli metteva una strana voglia di vincere.
Si alzò in cielo, sfidando il vento e cercando di confondersi nel colore plumbeo che li sovrastava.
Vide distrattamente Louis fare altrettanto. Albus si stava giusto guardando in torno, quando un boato dallo stadio lo fece sobbalzare.
Lo guardò. La parte argento-blu stava esultando. Albus guardò in basso.
Lysander aveva appena segnato. Hugo sembrava non essersene nemmeno accorto.
"Ma che cavolo..."
Alzò gli occhi, e incontrò il sorriso fiero di Louis, dall'altro lato del campo. Suo cugino sventolò una mano in segno di saluto.
Albus fece una smorfia. Partii in alto, svettando sopra la partita come una bandiera.
Doveva trovare il Boccino.
Mezzo secondo dopo, sentii di nuovo gli spalti esultare. Guardò nello stadio, sperando di incontrare i colori verde-argento felici, ma li vide solo con faccie affrante. Strinse la prese sulla scopa. Corvonero aveva segnato ancora.
Albus vagò nel cielo a lungo, girando lo sguardo in tutte le direzioni. Ma niente: del luccichio d'oro nessuna traccia. Sembrava che la pallina si fosse volatilizzata nel cielo.
Non lo guardò, ma seppe che anche Louis aveva i suoi stessi problemi: se si sforzava poteva sentire le sue imprecazioni.
Sbuffando, Albus salii più in alto nel cielo. Erano passati quindici minuti, ma il punteggio era disatrsoso per Serpeverde.
120-10 per i Corvonero. Albus avrebbe voluto sotterrarsi. Era lui il capitano, il responsabile della disastrosa performance che stavano dando i suoi compagni. A differenza di suo fratello, lui non aveva preso la sicurezza in se stesso, e di certo non avrebbe retto i commenti degli altri, se avesse perso la partita.
Doveva sbrigarsi a prendere il Boccino.
Gli spalti esultarono di nuovo. Albus aveva il cuore in gola quando si voltò.
"E Serpeverde segna!" Disse il telecronista senza particolare enfasi "beh, questa volta lo dobbiamo a Scorpius Malfoy, che é stato taciturno per tutto il gioco. Ma ricordiamoci che solo lui e Medelain Heartquache hanno segnato. Terza Cacciatrice, cosa stai qua per bellezza?"
Albus sospirò di sollievo. Un punto era per loro.
Ma ciò non toglieva il suo problema fondamentale.
Corvonero stava segnando troppo, e troppo in fretta. Se andavano avanti così non avrebbero mai vinto, nemmeno se Albus avesse preso il Boccino.
Ma non era tanto quello a preoccuparlo: era Hugo. Più mancava con le parate, più si demoralizzava, e più si abbassavano le probabilità che, la volta dopo, avrebbe fatto meglio.
Albus non capiva. Hugo era sempre stato bravo. Perché diamine, proprio alle porte della partita, il ragazzino sembrava essere alle prime armi con una scopa? Albus poteva solo immaginare cosa avrebbero detto di Hugo, se avessero ricordato tutta questa partita fallimentare. E non voleva nemmeno andare oltre.
Hugo, se Albus lo conosceva bene, avrebbe voluto sotterrarsi.
Per questo doveva prendere il Boccino al più presto. Così nessuno si sarebbe ricordato dei punti facili che Hugo stava lasciando passare.
Ma avrebbe chiaccherato con lui. Poco ma sicuro.
Di nuovo gli spalti esultarono. Corvonero aveva segnato ancora.
130-20. Albus sentii una fitta d'ansia.
Altri tre punti e non avrebbero vinto nemmeno con la sua presa del Boccino.
Albus si concentrò, tirandosi più su nel cielo. Sentii il vento colprigli la faccia con forza, ma non se ne importò. Doveva andare più in alto.
Non si preoccupò nemmeno quando raggiunse un altezza tale da far entrare in stallo la scopa.
Doveva.Trovare.Quel dannatissimo Boccino.
O non avrebbero mai vinto!
"Bott ha la palla!" Esclamò il telecronista, eccitato "schiva Heartquache, Malfoy le da addosso ma lei lo evita e, signori, si dirige verso il Portiere Weasley - che, per oggi, non ha mai parato un tiro"
Albus maledisse quel ragazzo. Se infieriva così, Hugo non avrebbe retto l'imbarazzo. Albus fece per voltarsi e seguire l'azioni della ragazza con gli occhi, ma, proprio mentre cambiava direzione della testa, i suoi occhi lo videro.
Un momento. Un minimo luccichio.
Il Boccino d'Oro.
Albus si dimenticò di Bott e si appiattì sulla scopa, inseguendo la pallina.
Era dritta davanti a lui, nella linea orizzontale. Dieci metri di distanza.
"Potter ha visto il Boccino!" Urlò il telecronista preoccupato "e sembra anche abbastanza vicino. Louis, veloce prendilo!"
Albus sentii la presenza di Louis dietro di lui, ma non volle darci peso. Fissò gli occhi sul Boccino, seguendo il suo tratto.
La palla si alzò, e Albus con lei; poi si abbassò, e Albus la seguii come una scia; zizzagò, e Albus lo fece con lei.
Louis, per quanto veloce, non riusciva a stargli dietro.
Poi, il Boccino si tirò su in alto. In una frazione di secondo, Albus decise cosa fare. Vide la scia d'oro disegnare una piccola montagna nel cielo, e sentii Louis che lo sorvolava per prenderla.
Albus sperò di scegliere giusto.
Poi, come aveva capito, la pallina, come un vagone che arriva all'apice della giostra, cadde giù, precipitando nel vuoto. Scomparve per un secondo alla sua vista, poi si lanciò all'inseguimento.
Sentii l'imprecazione di Louis che lo raggiungeva come un vento leggero; vide il pubblico trattenere unanime il respiro, preoccupato per la sua audacia - e sorpresi, perché credevano che un Serpeverde non potesse essere coraggioso. Sentii l'adrenalina aumentare, scorrere nel sangue e impedirgli di avere paura, mentre si chinava verso il suolo e vedeva la terra avvicinarsi a lui come se fosse sollevata.
Ma Albus non la calcolava. Sfrecciò in basso, tendendo una mano, il cuore che batteva a mille nel petto. Il sangue pompava nelle orecchie scandandolo.
Il Boccino d'Oro era a meno di cinque centimetri dalle sue dita tese, e il suolo a meno di tre metri.
Albus vedeva il cerchio d'oro come un piccolo buco nella distesa verde, che si avvicinava a lui sempre di più, ingrandendosi...
Albus si appiattì di più sulla scopa, il suolo a un metro da lui. Si spinse in avanti, tentando un ultima prova prima di lasciare che fosse tutto perduto.
Bott segnò un altro punto.
Si allungò in un ultimo slancio di speranza, e...
Albus strinse il freddo metallo d'oro fra le dita. Con un grido di vittoria e paura rimise la scopa dritta, e volò sul suolo a due centimetri di distanza. Esultò, mentre il resto della sua Casa faceva lo stesso. Alzò il pugno chiuso, da cui si vedevano ancora le due ali dibattersi inerme. Era felice: non solo avevano vinto, ma ora, con la perdita di Corvonero, nessuno avrebbe più ricordato la performance disastrosa di Hugo; nessuno l'avrebbe fatta pesare al ragazzino. Guardò negli spalti, e i suoi occhi incontrarono quelli azzurri di Alice, che si confondevano nel cielo circondante come due pagluzze chiare, cerchi del firmamento strappate a esso e incastonate dentro il suo volto.
Albus sorrise vedendola. C'è l'aveva fatta.

In The Name/ Scorose.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora