Capitolo 72

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Il mese di ottobre era scivolato via in una cortina di leggero vento, e ora, a novembre, il paesaggio intorno a Hogwarts si mostrava più spoglio di quanto già no fosse il clima inglese: le piccole giornate di sole avevano ceduto il passo a un cielo perennemente coperto da nuvoloni, e il vento che soffiava contro la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era tale da sbattere le finestre avanti e indietro, con una forza che aveva iniziato a fare spaventare i bambini del primo anno; erano anche arrivate le piogge, e spesso gli allenamenti di Quiddich dovevamo essere sospesi per il tempo pericoloso.
C'era stata la seconda partita del campionato di Quiddich: Grifondoro contro Corvonero e, per disgrazia di James Potter, erano stati questi ultimi a vincere, anche se di poco (i corvi non avevano segnato neanche un punto, mentre i Grifoni avevano segnato la bellezza di tredici volte - ovvero la bellezza di centotrenta punti - ma Louis Weasley aveva soffiato il Boccino da sotto il naso di James, colpito da un Bolide ben lanciato).
Rose Weasley (conosciuta da tutto il Castello - apparte delle pochissime eccezioni - come Hermione) era seduta sul davanzale della finestra del suo Dormitorio, le ginocchia al petto e lo sguardo perso oltre il vetro, con un libro mollemente abbandonato fra le mani. Stava studiando il suo volto.
Nonostante lo cercasse da almeno in decennio, non aveva ancora trovato ciò che cercava, e ciò che tutti vaneggiavano lei avesse. Rose sospirò, chiudendo il libro.
A differenza di quanto aveva creduto,
Roxanne non c'è l'aveva con lei. Né, tanto meno, era sul piede di guerra. Contrariamente a quanto Rose si era aspettata, la cugina non aveva visto nel suo ignorarla un motivo per odiarla, e, anzi, aveva aspettato pazientemente di poter tornare a parlare con lei, decidendo che Rose fosse pronta al suo cenno.
Avevano chiarito la faccenda due settimane prima, e Rose era rimasta tanto sbalordita che quando Roxanne le aveva detto "ci vediamo, Hermione" lei aveva impiegato tanto tempo per rendersi conto che con Hermione si riferisse a lei. Aveva sorriso e fatto un cenno alla cugina. Ora che sia Roxanne che Alice erano tornare a parlare con lei era un po' più tranquilla. Seguendo la dritta dell'infermiera (più per una questione di rispetto verso il suo ruolo che per altro) Rose aveva deciso di provare un incantesimo che misurava lo stress: i valori alti l'avevano lasciata interdetta, ma, dato che stava meglio rispetto alle settimane precedenti, si era detta che era migliorata. Le era comunque corso un leggero brivido, a pensare a quanto quei valori fossero saliti prima della sua riappacificazione con le amiche. Poi aveva scosso la testa e scacciato il pensiero. Ormai era passato. Andava tutto bene.
C'era solo una piccola, microscopica, insignificante pecca. Sebbene Roxanne e Alice avevano ripreso a parlare con lei, fra loro due si agitava ancora una c'era tensione. Rox non  aveva ancora perdonato Alice, e lei, stanca di aspettare, in quelle settimane non aveva fatto altro che stuzzicarla, giusto per il gusto di provare a fare del male e smetterla di subire passivamente.
Quasi inconsciamente, Rose si era ritrovata come all'inizio di quell'anno: stava facendo la spola fra la sua migliore amica e sua cugina. Che sfiga.
Ora la situazione era diventata tanto insostenibile che le due faticavano anche a stare nella stessa stanza contemporaneamente: più volte, durante il momento di andare a dormire, Rose si era ritrovata con Sam Wood e Padma Finnigan a dover sedare un duello di incantesimi.
Rose scosse piano la testa. Poi prese il libro e scese dal davanzale. Era inutile dire che aveva scambiato si e no due parole con Hugo, ma almeno era riuscita a costatare che lui non c'è l'aveva con lei. O almeno non lo dava a vedere. Però, sebbene Rose volesse avere la certezza di essere considerata buona da tutto il castello - più che altro perché il pensiero negativo che gli altri avrebbero potuto avere di lei la terrorizzava - non era certo per questo che si era preoccupata per Hugo: era sui fratello, miseriaccia! Se qualcosa non andava dovevano parlarne. Era così che faceva una sorella maggiore, no?
Però lo aveva visto più pallido. Con due profonde occhiaie sotto gli occhi.
Avrebbe voluto chiedergli se dormisse bene, ma si era trattenuta: non aveva idea di come Hugo avrebbe reagito a quella domanda, e di certo non voleva inimicarselo proprio ora che lui non la evitava più.
Oltre al riallacciamento dei rapporti con Hugo e Roxanne, Rose aveva anche iniziato il giro di ronde per il suo dovere da Prefetto. Per ora, il suo compagno Scorpius Malfoy, ancora non si era visto: aveva sempre trovato una scusa all'ultimo per lasciarla sola.
Rose, credendo che gli impegni del ragazzo fossero seri e importati, non aveva mai dato peso alla cosa, e non aveva mai fatto pressioni a Malfoy per presentarsi alle ronde e non lasciarla da sola a fare il loro dovere. Se lo avesse fatto, probabilmente lui avrebbe pensato che fosse saccente.
E Rose era certa che no, lei non era saccente. Lei semplicemente si preoccupava.
Quella sera sarebbe stata la prima in cui, almeno per come aveva dichiarato Scorpius, anche lui ci sarebbe stato. Rose lo sperava: solo in quelle quattro volte che aveva fatto la ronda da sola aveva incontrato la bellezza di cinque coppiette, avvinghiate l'una contro l'altra in atteggiamenti non troppo pudici, e senza vestiti addosso.
Rose gettò il suo libro sulle coperte scarlatte del suo letto, e poi vi si saltò sopra con un sospiro. Si voltò verso il suo comodino, frugò dentro e vi estrasse la borsa di perline. Si mise con le gambe incrociate sotto di sé sul materasso, e si appoggiò la borsa sulle ginocchia. L'aprii e, agilmente, quasi senza guardare, ficcò la mano nella tasca segreta della quale nessuno era a conoscenza, e ne estrasse la foto della madre. La guardò con un sorriso nostalgico, che, lentamente, svanii dal suo volto, come della neve che si scioglie sotto il sole. Passò una mano sulla carta, quasi come sperando di poter accarezzare il volto sorridente di Hermione e non la carta ormai sbiadita dal tempo della fotografia.
Speranza vana, ma sempre meglio di niente. Da quando Yahn l'aveva fatta parlare con lui di sua madre, Rose si era ritrovata stranamente bene. Più leggera, come se confidare i dettagli personali della morte di Hermione avesse permesso al peso che le gravava sul petto di scomparire, e Rose si era resa conto di averlo solo quando questo fu sparito, evaporato dal suo corpo quasi come uno stormo di uccelli che le aveva liberato il corpo uscendo dai pori della pelle.
Ovviamente, la sensazione di una spada conficcata nel cuore era rimasta, ma Rose quasi non avrebbe saputo come vivere senza quella dannata spina a inquinarle il petto, a ricordarle che gli altri avevano una madre e che lei era stata condannata a vivere senza.
"Hermione!" La porta del Dormitorio si aprii di scatto, e Rose portò allarmata gli occhi su di essa. Il tonfo che l'asse in legno aveva fatto contro l'uscio ecncheggiò nella stanza come unico rumore per diversi secondi.
Lily Potter, il caschetto rosso disordinato come se qualcuno si fosse divertito a rimescolare quei fili scarlatti infilandosi Cina mano dentro, teneva ancora una mano sulla maniglia, due chiazze rosse al posto delle guancie e gli occhi marroni spalancati e grandi.
Rose balzò in piedi, gettando distrattamente la foto dentro la borsa. Per un attimo ebbe l'impulso di afferrarla e controllare che fosse caduta esattamente dove lei voleva, ma Lily chiuse con violenza la porta dietro di lei che Rose scacciò immediatamente il pensiero. Sarebbe stata nel posto giusto, si convinse.
"Lily" Rose, preoccupata dal mutismo della cugina e dalla sua perfetta immobilità, porse le mani verso di lei "Lily...va tutto bene?"
La ragazzina era poggiata contro la porta, spalle al legno, e aveva i pugni chiusi lasciati rigidi lungo i fianchi. Aveva la testa bassa, e i disordinati capelli le ricadevano intorno come un sipario furvo.
Rose sentii come un colpo al cuore quando Lily non ripose. Che fosse successo qualcosa di tanto grave? Lei aveva la sensazione che sua cugina piangesse.
Lily alzò la testa e, sconvolgendo Rose, sorrise. Gli occhi scuri erano pieni di gioia. Si staccò dalla porta portandosi le mani al petto. "Lysander mi ha chiesto di uscire!" Trillò allegra, iniziando a saltellare per la stanza come un grillo.
Rose tirò un sospiro di sollievo, guardandola in modo quasi materno.
"Sono contenta" disse, poi aggiunse in modo secco "Albus e James lo sanno, vero?"
Tutta la felicità parve lasciare Lily, come se il fuoco che la animava fosse stato spento dalle gelide parole di Rose. La guardò con un sorriso teso.
"Potrebbero..."
"Lily!"
"Oh, e va bene!" Sbuffò lei, andando scocciata verso il letto di Rose. La maggiore aprii la bocca per dire qualcosa, ma Lily vi si era già gettata su ignorando la borsa di perline. Si stese con le gambe, urtandola. Rose si allungò, afferrandola al volto prima che cadesse. Drizzò la schiena, e lanciò un occhiataccia ostile a Lily - per quanto i suoi occhi buoni potessero apparire cattivi per quanto lei fosse effettivamente arrabbiata.
La cugina le fece un sorriso di scuse.
"Mi dispiace"
"Fa niente" Rose sospirò. Fissò un attimo la borsa, poi la poggiò sul suo comodino. Si sedette sul letto di Alice, guardando Lily con insistenza. "Allora?" Incalzò, quando la ragazzina non si decideva ancora a parlare.
Lily sbuffò. Poi girò la testa sul cuscino, verso la finestra dove si vedevano delle nuvole addenssarsi nel cielo tingendolo di grigio. Non guardava più Rose.
"Ascolta" disse infine, dopo un minuto buono di silenzio, riportando gli occhis scuri dentro quelli di Rose. "Non é colpa mia se hanno rimandato le gite a Hogsmede"
"Non te ne avevo fatto una colpa" Rose corrugò le sopracciglia, confusa.
Effettivamente, le gite al villaggio magico avrebbero dovuto iniziare più da un mese, ma, per motivi non ben identificati, erano state fatte solo a metà novembre. Ovvero fra dieci giorni.
Lily agitò una mano in aria con fare annoiato. "Non lo ho detto nemmeno a Hugo, e non ho intenzione di farlo. I miei fratelli sono iper-protettivi, e lo sai! James gli farebbe una partaccia che indurrebbe Lysander a annullare tutto"
"Penso sia questo il suo obbiettivo" commentò Rose tentando un sorriso.
Lily la guardò male. "E Albus insisterebbe tanto da portarmi alle esaurimento e poi acconsentire che lui ci guardi dall'alto della sua magnificenza" Rose trattenne una risata per il tono di Lily "e ci giudici, per poi darci il verdetto come: no, siete troppo diversi, non potete stare insieme"
"Stare insieme?" Rose la guardò perplessa "Lily, state già parlando di stare insieme?"
Le guancie di Lily si incendiarono più di quanto prima non fossero.
"No" ammise infine in un mezzo sussurro. Giocò distrattamente con la coperta di Rose "però sarebbe bello"
"Sarebbe bello perché...?"
Lily sbuffò "perché a me piacerebbe"
La maggiore rimase in silenzio per parecchio tempo, osservando Lily che evitava il suo sguardo e sembrava più che decisa a farlo per sempre, trovando incredibilmente interessanti le venature che componevano la coperta rossa del letto di Rose.
Alla fine, Rose alzò gli occhi al cielo.
"Lily, se ti metterai con una persona" Lily alzò lo sguardo su di lei, stralunata e curiosa al tempo stesso, e Rose le fece un cenno di lasciarla continuare "é perché a te piace quella persona, non perché ti piacerebbe il fatto di essere fidanzata. Non é di certo questo che si usa per prendere decisioni del genere!"
Lily lasciò cadere il pezzo di stoffa che stava torturando. Strinse gli occhi fissando Rose. "C'è differenza fra le due cose?"
"Ovvio" a Rose sfuggì un tono secco più di quando avrebbe voluto.
"Io non la vedo" ribatté Lily.
"Perché sei piccola" le spiegò Rose, di nuovo dolce.
"Ho quattordici anni!"
"Ma non sono certo abbastanza per capire cose del genere. Sono...le capirai quando sarai più grande."
Lily socchiuse ancora gli occhi. Si tirò su a sedere, fissando Rose con un misto di astio e incertezza, come se fosse indecisa se crederle o meno.
Alla fine abbassò le palpebre.
"Diamine!" Disse "é tutto così complicato!"
Rose sorrise. "Ah, cosa vuoi che ne sappia io, che di amore e cotte ho letto solo sui libri?"
Lily la guardò sorpresa. "Chi stai citando?"
"Nessuno" Rose si strinse nelle spalle. Si toccò una tempia con la mano "tutto merito di questa testa"
"Si certo" disse Lily scettica, facendo esclamare a Rose un "ehy!" Di protesta. Però Lily parve trovarlo esilarante, e scoppiò a ridere di gusto.
Dopo aver lottato per una decina di secondi contro il sorriso che le stava nascendo sulle labbra, anche Rose si lasciò andare a una risata.
Furono interrotte dalla porta che si apriva, di nuovo.
Rose, convinta fosse Alice tornata dal giro veloce per schiarirmi le idee (da cosa, Rose non lo aveva capito) alzò lo sguardo e stava per dirle qualcosa, quando la sua bocca rimase spalancata per la sorpresa, e gli occhi di sgranarono leggermente.
Lily, confusa dal suo improvviso silenzio, la guardò. Poi seguii il suo sguardo lungo la porta.
"Ah" disse una ragazza dagli occhi marroni e i capelli rossicci "siete voi" fece un sorriso imbarazzato "mi pareva di aver sentito delle risate"
"Laila?" Rose era troppo sorpresa perfino per sorriderle.
"Che ci fai qui?" Domandò invece Lily, inarcando un soppracciglio.
Laila roteò gli occhi, già preparandosi a lasciare la stanza. "Niente. Fuggo dalla Sala Comune"
"Come mai?"
"Quell'idiota di Marck. Sta facendo il deficente - cosa che é. E io non voglio ritrovarmi in mezzo all'ennesima delle sue bravate"
La sorella minore di Padma Finnigan rivolse loro due un sorriso, poi si voltò, sparendo oltre la porta chiusa.
Lily e Rose si scambiarono uno sguardo stranito.
Poi Lily fece un sorriso malizioso.
"Sai cosa significa questo, vero?"
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La lancetta fece il giro completo, e l'orologio suonò le ventuno.
Rose alzò lo sguardo sul quadrante dell'orologio, sorpresa. Poi si alzò dalla panca della Biblioteca dove si era rintanato quel giorno, prese i libri e li ficcò a casaccio nella borsa.
Se la tirò in spalla e, a passi pesanti, uscii dalla stanza.
Dopo che Lily se ne era andata dal suo Dormitorio, Rose si era ritrovata la giornata libera. Aveva privato a cercare Alice per passare del tempo con lei, ma non l'aveva trovata. Poi aveva cercato Roxanne, ma era al campo da Quiddich con James e Fred, accompagnati da una Sam Wood con gli occhi puntati sul fratello maggiore della mulatta, sotto gli sguardi assassini di questa, e Rose aveva che sarebbe stato meglio non intromettersi in certe discussioni private. Di certo, non voleva essere in mezzo quando sarebbero volati gli incantesimi. Le bastavano già i litigi fra Roxanne e Alice, da sedare.
Non me aveva bisogno di altri drammi.
Così era andata in Biblioteca. Aveva ripreso quel libro sulle doti magiche e rare che rendevano speciali gli apprendisti di medicina, e si era appuntata di chiedere alla MecGrannit di cosa si occupavano i desemparies. Era troppo curiosa su un potere del genere.
Rose svoltò in un corridoio. Sorvolò le porte della Sala Grande, da dove venivano attutite le voci dei ragazzi, e si diresse senza troppi preamboli alla Sala Di Ingresso, quella dove, il primo settembre, i bambini del primo anno attendevano di essere smistati.
Aveva già fatto cena. Adesso doveva solo aspettare Scorpius, che, visto non aveva annullato né niente del loro incontro, era più che sicura sarebbe venuto. Doveva venire. Anche se Rose non lo avrebbe mai detto al ragazzo, odiava non essere avvisata quando qualcuno mancava i suoi impegni.
Bisognava essere diligenti. E poi, ancora non si spiegava come mai il ragazzi era un Prefetto se l'anno prima non era stato scelto.
Doveva...
Rose, persa nei suoi pensieri, non si accorse della persona davanti a lei fin quando non le andò a sbattere contro. Con un piccolo strillo di sorpresa, la ragazza cadde a terra, cercando di non arrossire troppo sulle guancie.
Si guardò intorno, improvvisamente preoccupata che qualcuno avesse potuto vederla (cosa avrebbero pensato di lei, gli altri, se si fosse sparsa la voce della sua gaf clamorosa? Non voleva passare per imbranata agli occhi degli altri). Tirò un sospiro di sollievo, quando notò che non c'era nessuno apparte lei e lo sfortunato che l'aveva fatta cadere.
Era ancora in un corridoio deserto.
La Sala di Ingresso era a qualche passo da lei.
"Oh Merlino!" Esclamò una voce femminile, riportandola alla realtà "io...scusa. Non ti avevo proprio visto. Ti sei fatta male?"
Rose alzò lo sguardo sulla donna che, piegata sulle ginocchia, la osservava con un cipiglio apprensivo. Rose si fece un attimo indietro, sorpresa dalla vicinanza che non si era aspettata.
C'era qualcosa di troppo nello sguardo nero che lei gli stava rivolgendo, ma Rose cercò di non pensarci.
"Oh, certo che no" sorrise "anzi, scusi se le sono venuta addosso"
"Nah, non ti preoccupare"
La donna le porse una mano, e Rose tentennò. Alla fine fece finta di non averla vista, e si tirò su da sola. La donna non parve notare la sua esitazione.
"Come mai non sei alle cena come tutti gli altri?"  Chiese quest'ultima, vagamente sospetta.
Rose sentii le guancie andar a fuoco.
"Ho già cenato" disse. "Non serve che io ripeta ciò che ho già fatto." Le sorrise, tesa "dovevo incontrare un ragazzo per le Ronde, nella Sala di Ingresso, se vuole scusarmi..."
"Oh ma certo" anche la donna sorrise, ma c'era qualcosa di inquetante nel suo volto "le Ronde. Sei un Prefetto, giusto?"
"Si" Rose annuii. Riprese la borsa e, con un rapido sorriso alla donna, la schivò puntando verso la sua metà.
Non sapeva perché, ma aveva la sensazione che scappare fosse la cosa migliore da fare.
Si bloccò solo quando sentii le parole della donna.
"Proprio come tua madre"
Rose, in principio gelata sul posto, si voltò piano. La donna la fissava con un aria strana, quasi afflitta. Rose si chiese se fosse amica di sua madre si tempo di scuola.
"Scusi?" Chiese. Ora fissava la donna con interesse misto a sospetto. E, per la prima volta, le parve di vederla veramente. Registrò il suo volto, che prima aveva visto solo di sfuggita.
Un corpo slanciato, sorretto da dei alti tacchi neri che arrivavano fin sotto al ginocchio, un vestitino aderente dello stesso colore, attillato, che ricopriva le sue forme fasciandole con diligenza; un cappotto verde, e, sul letto scoperto, una macchia smeraldo spiccava sulla pelle candida, e Rose capii si trattasse di un reggiseno.
L'improvviso senso di famigliarità la sconvolse tanto da farle tremare le gambe. La riconobbe all'istante come la donna che aveva portato suo fratello in Infermeria.
"Pansy?" Chiese sconvolta.
Pansy, sorpresa quando lei, sgranò gli occhi. Non si era aspettata di essere chiamata, e forse non si era nemmeno resa conto della frase che era uscita come un ultimo sospiro dalle sue labbra. Rose pensava fosse così.
Sembrava tesa, distratta, distante.
Poi Pansy riprese il suo solito contegno. Si scostò una ciocca nera dal viso.
"Ti ricordi" costatò. Fugacemente, giro gli occhi dietro di lei. "Ah beh, é bello rivederti figlia di Ron."
"Mi chiamo Rose" ribatté la ragazza. Poi sentii una brivido lungo la spina dorsale. Perché non si era presentata come Hermione? Ormai faceva sempre così.
Pansy parve sorpresa. Ma era come una emozione sbiadita, non intensa, quasi un riflesso invilontario. Pensava a altro, e Rose lo capiva perfettamente.
"Ah beh, piacere di conoscerti, Rose. Tuo fratello come sta? Da dopo l'infermeria non lo ho più visto"
"Che ci fa lei qui?" Chiese Rose, socchiudendo gli occhi. Fece un timoroso passo avanti. "Lei non lavora ad Hogwarts, e ai genitori non é permesso venire qui a meno che non siano stati convocati dalla preside"
Il sorriso cordiale di Pansy le si congelò sul volto, fino a diventare solo una smorfia sbilenca. Gli occhi le si sgranarono, e Rose, se fossero stati più chiari, avrebbe visto la pupilla rimpicciolirsi.
"Ascolta, ragazzina" sibilò Pansy a bassa voce, così inaspettatamente che
Rose si ritrovò a fare dei passi indietro. Gli occhi neri della donna erano spiritati "ho cercato di fare la gentile e non ha funzionato. Adesso senti me: non indagare. D'accordo?" L'ultima parola uscii in un soffio dalle sue labbra, come le ali delicate di una farfalla "Potesti ritrovarti in guai molto seri"
Rose rimase parlalizzata sul posto, guardandola sconvolta. Poi girò sui tacchi, correndo spedita verso la Sala di Ingresso.
Arrivò un il fiatone, e si poggiò a una colonna respirando in modo affannoso. Sentiva il volto in fiamme, e non per l'imbarazzo. La sua borsa penzolava avanti e indietro, contro di lei, per l'inezia dalla spinta.
Si voltò indietro, ma Pansy non c'era più. Il corridoio dove un attimo prima c'era lei, ora era vuoto, con un leggero e inquetante alito di vento che aleggiava fra le mura come un respiro inespresso. A Rose si gelò il sangue nelle vene guardandolo.
"Weasley? Hai intenzione di continuare a tremare oppure iniziamo la nostra ronda?"
Rose urlò, voltandosi di scatto dietro di lei.
Scorpius Malfoy la osservava annoiato, due guanti neri a proteggerlo dal freddo di fuori, e le braccia incrociate al petto. Sulla divisa verde spiccava dorata la spilla di Prefetto, che rifletteva in migliaia di piccoli bagliori la luce delle candele intorno a loro.
Malfoy inarcò un soppracciglio.
"Allora? Vuoi continuare a fissarmi o iniziamo? Che poi dovremmo sbrigarci, magari finiamo prima"
Rose annuii, quasi convulsamente. Poi gli di affiancò, con tanta velocità che lui le lanciò un occhiata interdetta.
Nella testa aveva ancora l'immagine della faccia di Pansy, rossa e furiosa.
"Bene" mormorò Scorpius. La sua voce era priva di inflessione.
Rose e Scorpius si avviarono per i corridoi, iniziano il loro primo giro di ronda insieme.
Rose lanciò un occhiata in sottecchi al suo compagno. Aveva ancora il volto di Pansy stampato a fuoco sulle retine.
Distrattamente, si chiese se fosse il caso di intervenire sul suo pensiero su di lei per cambiarlo in positivo. Poteva offrirgli il suo aiuto, no?
Magari questo l'avrebbe reso più propenso nei suoi confronti a non odiarla.
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Frank Longbottom aveva un problema.
Si, lo ammetteva. Si dice che il primo passo per superare un problema sia proprio accettarlo come tale. Bene, e adesso? C'era una specie di piano che lo avrebbe guidato, una linea fra le stelle che avrebbe illuminato il suo viaggio per risolverlo?
Che altro doveva fare? Ma, più che altro, perché diavolo nessuno dava mai informazioni sul dopo a questa prima fare? Cosa é, si aspettano che lui ci arrivi da solo?
O forse, semplicemente, danno per scontato che nessuno superi mai il passo cruciale, e che quindi dire i successivi é solo uno spreco di fiato.
Però Frank c'era riuscito. Perché doveva sempre essere l'alternativo?
Lo strano, e robe del genere? Non poteva seguire la massa e basta?
No...perché lui doveva essere diverso dagli altri, ed era una cosa positiva e bla bla bla. Sua madre lo diceva sempre.
Cazzate, pensava Frank. Ma non lo aveva mai detto ad Hannah.
Frank sbuffò alzandosi di scatto dal letto. Si passò una mano fra i capelli sospirando.
Pensare alla sua sfiga non lo avrebbe certo aiutato.
Doveva concentrarsi. Chiuse gli occhi, poggiando la testa contro il suo letto.
Ripensò un attimo agli eventi di quella giornata, a ciò che era successo qualche attimo prima, a tutto quello che aveva fatto, aveva privato...
Ecco. Questa ultima cosa lo spaventava di più. I suoi sentimenti.
Le emozioni, ciò che detta il cuore, come le vogliate chiamare, c'era un problema a quel livello. Alle sensazioni profondamente sbagliate che lui sentiva. Doveva correggerei. E subito.
Ecco perché Alice era sempre stata la preferita del loro padre. Non perché faceva valere le sue idea ed era Grifondoro (ovvio, queste qualità contribuivano, ma non erano le sole)  No, perché lei non aveva dei dannatissimi pensieri contorti su una persona che Frank non avrebbe dovuto desiderare neanche da lontano.
Nessuno che apparteneva al genere maschile doveva interessargli. Non in quel senso, almeno.
Frank sospirò. Ripensò ai suoi occhi azzurri, così belli, incastonati ai suoi in uno sguardo come magnetico, dal quale Frank si sentiva attratto come se delle catene lo tirassero da quella parte. Verso di lui, verso Lorcan.
Frank scosse la testa con forza, fino a quasi tagliarsi la fronte. Non poteva permetterselo.
E poi era sicuro di una cosa: Lorcan non era gay. Quindi anche se il problema della attrazione che sentiva per lui non fosse stato tale, Frank sapeva che avrebbe dovuto lasciare perdere. Anche se fosse come temeva (cosa che, ovviamente, non corrisponde al vero) doveva lasciare perdere. In tutti i casi, non c'era speranza.
Che vita di merda. Frank pensò con ironia che queste parole (o anche il solo pensiero) avrebbero trovato mentre più accogliente di certo in quella di Hugo Weasley, un ragazzino volgare fino al midollo.
O anche in quello di sua sorella. Anche lei era molto sconcia. Ma Roxanne non la batteva nessuno. Che fosse stata proprio l'influenza degli Wealsey a rendere Alice uno scaricatore di porto? No, non era possibile: sua sorella non era mai sembrata una signorina, nemmeno quando era in fasce. Anche senza vivere perennemente con gli Weasley Alice si sarebbe dimostrata all'altezza di un ragazzo con il pensiero fisso del sesso.
Frank sbuffò, gettandosi sul suo letto giallo. Doveva trovare un modo per farlo smettere. Non sentire più ciò che sentiva.
Era facile, no?
Dopotutto, aveva già catalogato l'idea di essere gay come un problema.
E il primo passo per risolverlo, é proprio accettare di averlo.
Giusto?

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