Capitolo 115

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Alice, la testa poggiata alla spalla di Albus, chiuse gli occhi. Si stava godendo l'aria fresca di marzo che le sferzava il viso e le tirava indietro le ciocche di capelli sfuggite alla coda, e immaginava dovessero fare il solletico al ragazzo, visto che Albus di tanto in tanto sobbalzava e reprimeva qualche riso.
Erano nel cortile di Hogwarts, vicino al Lago Nero. Era stata un idea di Albus andare lì, portarla in quel posto per il loro primo appuntamento. Alice non ne aveva capito bene il motivo, ma sospettava centrasse l'influenza della vicinanza della Sala Comune del ragazzo. Non c'era stata troppe volte, ma perfino lei sapeva che le luci verdognole che si irradiavano fra quelle mura provenivano dall'acqua del Lago di Hogwarts. Era per questo che la Sala Comune di Serpeverde era l'unica senza finestre: se ci fosse stato il minimo spiffero la Sala sarebbe stata inondata d'acqua, e i suoi studenti anche.
Alice sorrise piano al pensiero. Sarebbe stato un bello scherzo da fare. Magari avrebbe potuto chiedere a Fred e James se potevamo creare un incantesimo di illusione...
"Ehy" Albus si mosse sotto la sua testa, e Alice aprii gli occhi. Alzò il capo, e incontrò le iridi verdi del suo ragazzo, vagamente curiose e divertite "cosa é quel sorriso?"
"Quale sorriso?" Chiese lei, innocentemente.
"Oh ti conosco." Albus liquidò la questione con un cenno della mano "A cosa stavo pensando?"
"Mm...niente di particolare"
"Alice" Albus le sorrise, solo un po' stanco. Si mise dritto sul prato, e costrinse di conseguenza Alice a fare lo stesso. "C'è qualcosa che-"
"Stavo pensando al fatto che siamo fidanzati da nemmeno due ore" confessò lei senza guardarlo. Puntò gli occhi su un filo d'erba insolitamente interessante, e sentii il peso dello sguardo di Albus sulla propria schiena. "E che mi sembra di esserlo da sempre" proseguii, agguantando il terreno. Strinse le labbra "ed é strano"
"Davvero? E perché mai dovrebbe?"
Alice staccò il filo d'erba. Lo guardò sorpresa, non aspettandosi di ritrovarselo così in mano. Esitò un secondo, poi si strinse nelle spalle e prese a passarselo fra le dita come un lungo filo verde.
"Non lo so" ammise. Era vero.
Non sapeva esattamente cosa provava.
Certo, era felice, dopotutto era riuscita a mettersi con lui come voleva, aveva bene o male risolto la questione con sui fratello, ma... Non riusciva a goderselo completamente. C'era qualcosa, un retrogusto amaro e dubbioso, che turbava la sua gioia.
Era una sensazione strana, quasi di irrealtà, che l'aveva accompagnata dal loro bacio fino a quel tratto di castello.
Una familiarità sconosciuta, e un abitudine a essere perfettamente coordinata con Albus come se si fossero messi d'accordo. Come se avessero sempre fatto ciò che stavano facendo, come se fossero sempre stati insieme.
E ciò era strano. Sembrava quasi che Alice si fosse ammalata delle proprie illusioni fino ad arrivare a predire come sarebbe stato esattamente il suo primo appuntamento con Albus.
Ci aveva pensato tanto che alla fine aveva azzeccato la giusta combinazione di esempi.
O forse é solo il desiderio pensò.
"Insomma, oggi ti vedo decisa" commentò lui, e a Alice scappò una mezza risata. Si tirò su, e diede uno schiaffo sul letto del ragazzo.
"Ehy!" Protestò "ricordi chi ti ha baciato due ore fa?"
Albus si strinse nelle spalle"Lo avrei fatto io, in caso tu non lo avessi fatto. Da tanto tempo.
Ma tu mi avevi detto di aspettare e io lo ho fatto." Incrociò le braccia dietro la testa, e si appoggiò con naturalezza al tronco d'albero dietro di loro. "Che c'è, sei sorpresa?" Chiese scoccandole uno sguardo divertito.
Alice si rese conto di avere la bocca aperta. La chiuse con un tonfo secco, e affilò lo sguardo verso il suo ragazzo.
"Ascolta, io..."
"Non mi devi ringraziare."la precedette lui "É quello che chiunque ti voglia bene avrebbe fatto, se voleva stare con te"
Alice rimase in silenzio, questa volta sul serio sorpresa. Il vento soffiava incontro a loro, e le faceva volare la coda dietro di lei; scompigliava i capelli di Albus rendendoli mille serpenti scuri che si muovevano contro la corteccia alla quale erano appoggiati, e gonfiava ai due i vestiti come se lo avessero riempiti di aria.
Il Lago Nero, proprio di fronte a loro, aveva delle leggere increspature, piccoli rialzamenti che lambivano la superficie; mentre la luce del sole della mattina - entrambi, si rese in quel momento conto Alice, avevano saldato le lezioni del mattino - carezzava quelle acque facendo prendere alla parte più alta un aura delicata, gialla come oro fuso.
"Ti ho lasciata senza parole, eh?" Fece Albus.
Alice si appoggiò con un sospiro contro la corteccia dell'albero. Sentiva vagamente che c'era una specie di incisione, una scritta che feriva il legno. L'aveva notata anche quando Albus l'aveva portata lí, ma non aveva avuto il tempo di leggerla.
Si appuntò mentalmente di farlo.
"Sì." Rispose "Sì, Albus, mi hai sorpresa"
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Rose si allontanò quasi correndo. Avrebbe voluto andare del Dormitorio e raccontare a Alice ciò che era successo, avvisarla che saltava le lezioni e magari farsi consolare da lei, ma sentiva di non avere più quasi il controllo sul suo corpo. Non sapeva quasi nemmeno dove stesse andando.
Girava a caso nei corridoi senza una meta, le parole di Scorpius che le ronzavano nella testa come insetti fastidiosi.
All'inizio aveva pensato che si sentisse male per il fatto che lui le avesse dato della stupida, per il fatto che avesse vanificato tutti i suoi sforzi per eccellere nella scuola, ma, ora, non le importava più di tanto.
Non mi piacerai mai, non mi piacerai mai, non mi piacerai mai...
Lui le aveva... nonostante lei si fosse esposta, nonostante lei gli avesse detto esplicitamente perché dosava ogni singolo comportamento, lui sembrava non averlo notato. Non ricordarsene, fregarsene. Anzi, forse lo aveva davvero scordato.
O forse voleva solo ferirla. Rose non era più certa di conoscere il ragazzo che aveva conosciuto per molto tempo come il migliore amico di Albus, e che ora...
Ora era diventato un po' di più.
Prima era sempre stata una figura, una presenza che lei sapeva ci fosse ma con la quale non interagiva tanto.
Era sempre stato una persona un 2D, senza che Rose ne scovasse le profondità.
Adesso non era così. Per la prima volta, Rose aveva capito che quel ragazzo non era solo una scatola di cartone vuota dentro. Era qualcuno in carne e ossa, con il quale aveva iniziato a socializzare per sì, cause di forza maggiore, ma era stata lei a volerlo.
Scorpius aveva un importanza, anche per Rose. E lei se ne era appena accorta.
Rose si bloccò. Un corridoio di Hogwarts, uno pieno di colori ma di cui non riusciva a distinguere quasi niente, la avvolse, un tunnel colorato contro il quale immergersi.
Non mi piacerai mai.
La sua voce.
Perché le importava tanto? Perché non riusciva a fregarsene?
Non era come le altre volte, no...lei aveva sempre voluto andare a genio a tutti e, ogni qualvolta aveva percepito una antipatia nei suoi confronti, aveva indagato a aveva trovato il modo di risolvere. Lei non era come Alice, che riusciva a fregarsi dell'opinione degli altri... lei doveva assicurarsi che quella che avessero su di lei fosse buona, positiva.
E per questo provava ad andare bene a tutti quelli a cui era antipatica. Provava a fare cambiare la loro opinione su di lei.
Ed era anche la cosa che aveva fatto con Scorpius. Aveva percepito la sua antipatia, e aveva cercato di indagare, di farsi perdonare per chissà quale torto gli avesse fatto...e solo ora capiva che non c'era alcun torto di cui scusarsi.
Con Scorpius si era spinta oltre, con Scorpius era andata più lontano, con Scorpius era andata più a fondo...
E aveva scoperchiato sentimenti che non avrebbe mai immaginato di avere.
Non mi piacerai mai.
Cosa l'aveva spinta a non mollare? Cosa l'aveva fatta continuare così a lungo con una persona che, era evidente, la odiava? Cosa? Rose ricordava quanto le parole di Scorpius le avessero fatto male, eppure...
Era sempre tornata da lui. Sempre.
Non aveva mollato, aveva continuato a provare ad aiutarlo perché le importava del futuro di Scorpius.
Voleva sul serio che lui passasse, che lui avesse un futuro dignitoso. Non lo aveva fatto solo perché aveva sentito la antipatia che lui provava per lei - beh, non che Scorpius si impegnasse a nasconderla, ovvio - ma perché nasceva da un reale interesse, che Rose non sapeva quando, come o perché fosse nato.
Ora c'era. Fine. E lei non sapeva come liberarsene.
Sei stupida. Come fanno a dire che sei intelligente? Stupida, stupida, stupida...
Rose strinse i pugni contro i fianchi, tremando. Un ondata di rabbia la travolse, come una ventata di aria incandescente, e sentii le sue guancie scottare.
Perché si era sforzata tanto? Perché, dopo l'ennesimo insulto, non lo aveva lasciato perdere?
Lui non lo meritava. Non meritava la gentilezza di nessuno.
Non visto come stava trattando gli altri.
E non meritava la sua pazienza.
Meritava di marcire nella tomba che si stava scavando, giorno per giorno, incatenato alla terra con le stesse catene che lui aveva forgiato.
Non meritava seconde chance, non meritava di essere perdonato, non meritava il futuro per cui Rose stava lottando...
Un improvviso dolore al patto la fece piegare in avanti. Rose gemette, più per la sorpresa che per il dolore, e poggiò le mani sulle ginocchia. Il colpo era stato tanto improvviso da lasciarla impreparata. La borsa di scuola le piovve davanti come una pietra scura, e Rose si rese vagamente conto di aver saltato tutte le lezioni della mattina.
E tutto questo perché sono andata dietro a Scorpius...pensò infastidita.
Scosse la testa, cercando di non pensare.
Respirò forte, mentre il bruciore al cuore si attenuava un po'. Le sembrava di aver appena ricevuto un pugno. Beh, non aveva mai ricevuto un pugno sul serio - non era una seduta alle risse - quindi non poteva esserne certa, ma era abbastanza sicura che quei dolore fosse più o meno vicino a quello di una ferita fisica.
Il dolore la svegliò un po'. Le diede un po' di lucidità, quel tanto che bastava dal strapparla via da quei pensieri. Piano, si tirò su, guardandosi intorno. Ora riconosceva il corridoio: era quello completamente tappezzato di quadri, dove a stento si riusciva a scorgere la pietra del muro sul quale erano appesi.
E, mentre faceva girare gli occhi sui diversi dipinti che la circondavano, il suo umore si incupii. Lo sguardo le si poggiò su un quadro, uno piccino, di quelli che si possono facilmente tralasciate e non notarlo, ma che invece Rose vide benissimo. Si avvicinò, sentendo a ogni passo che sprofondava sempre di più.
Arrivò davanti alla tela e rimase immobile, osservando il disegno della madre che lei non avrebbe mai avuto che teneva amorevolmente in braccio sua figlia.
Rose allungò una mano, quasi come potesse entrare dentro quel dipinto.
Il nome...é l'unica cosa che ho di lei, l'unica che me la fa sentire vicina. É un legame, l'unico che ho ...
Tu sei Rose, non Hermione.
Rose chiuse gli occhi. Il nome.
Il suo nome. Un nome che voleva credere ormai appartenesse a entrambe.
Ma sapeva bene che non era così, anche se voleva negarlo a tutti i costi.
Non era suo. Hermione era solo di sua madre e, sebbene lei si fosse sforzata all'infinito di somigliarle, non sarebbe mai riuscita a eguagliarla.
Facendo così stava solo macchiando il nome della Salvatrice del Mondo Magico.
Lei ha deciso di portare avanti la gravidanza, nonostante sapesse che sarebbe morta.
E non l'avrebbe sentita più vicino. Si sarebbe semplicemente sentita una merda un po' meno costantemente.
Perché non ha pensato anche a me?
Rose chiuse la mano a pugno, poi lo lanciò contro la parete.
L'urto le diede una scossa lungo il braccio, tanto forte da farle aprire gli occhi e farla ridestare. "Ahi" mormorò sorpresa, guardandosi con un certo disappunto le bocce scorticate. Guardò il muro senza capire, poi arretrò di quale passo. La madre e la figlia che giocavano se ne erano andate, lasciando solo una cornice vuota, un buco molto simile a ciò che aveva Rose in quel momento, pensando alla sua di madre.
Perché aveva pensato solo a Hugo? Si era forse stancata di lei? Aveva smesso di volerle bene? Voleva togliersela di mezzo, anche a costo di togliersi lei stessa dalla circolazione?
La odiava così tanto?
O forse...era tanto concentrata su Hugo da essersi dimenticata di Rose.
Sì, era probabile. Dopotutto, Rose stessa aveva sempre messo suo fratello al primo posto, primo persino a lei stessa - contrario di ciò che invece aveva sempre fatto Ron.
Eppure... LEI C'ERA.
Rose c'era, era presente, era una bambina in carne e ossa, viva, concreta, toccabile...che aveva bisogno dell'amore di sua madre, che avrebbe voluto essere cresciuta da lei...
Come aveva fatto sua madre a dimenticarsi di lei? Perché non aveva pensato a lei? Perché non le aveva lasciato niente nonostante sapesse che sarebbe morta?
Pip.
Come se fosse stato una specie di segno, un lieve rumore ruppe il silenzio nel quale Rose era avvolta. Rose si voltò, scattante, scervellandosi su cosa potesse aver fatto quel leggero suono, simile alla caduta di una piuma.
Era felice, dopotutto, di avere una scusa per non indagare su cosa fosse passato per la testa di sua madre durante gli ultimi mesi di vita - aveva lasciato un video per il suo testamento, perché non lo aveva fatto anche per chiarire i motivi del suo gesto?
Né aveva intenzione di indagare sul perché lei stessa avesse deciso di rimanere con Scorpius fino a quel punto. Di continuare a aiutarlo nonostante ciò che lui le faceva.
La verità faceva male.
Rose scosse la testa, poi fissò il corridoio dove era. Era ancora tutto silenzioso e deserto, eppure il suono era stato troppo debole perché potesse venire da un altro luogo e lei potesse sentirlo.
No, era certa venisse da dove si trovava lei. Anche se non sapeva con precisione in quale punto fosse.
Rose si avvicinò al centro del corridoio, guardandosi intorno. Gli altri studenti erano a lezione, e dubitava si trattasse di qualche scherzo - certo, non poteva essere sicura che nessun altro avesse deciso di fare ciò che lei stessa aveva fatto, ma il pensiero non le passò per la mente.
Rose si guardò in torno. Non c'era niente di strano, niente che fosse cambiato da prima a dopo. Eppure qualcosa doveva pur essere caduto, qualcosa doveva pur aver procurato quel rumore...
E gli occhi di Rose si poggiarono a terra. Lì, tranquilla e completamente fuori luogo, c'era una macchia nera.
Corrugando le soppracciglia perplessa, Rose si avvicinò. Da dove era caduta? Hogwarts non aveva perdite (erano maghi, riparavano tutto con un colpo di bacchetta) né, tanto meno, qualcosa che producesse nero...
Rose arrivò davanti alla macchia e dovette ricredersi.
Non era una macchia.
Si chinò, sempre più perplessa, e la prese in mano. Se la girò fra le dita, cercando di capire cosa fosse quell'oggetto scuro e freddo e da dove fosse cascato...
Quando capii in un folgorante momento di intelligenza cosa fosse, per poco non mollò la presa e lo fece cascare.
"No" scosse la testa "no, non può essere"
Se lo portò vicino al viso, guardandolo meglio. Trasalì. Ci aveva visto giusto.
Le sue soppracciglia si inarcarono  sorprese.
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Frank aveva le mani poggiate al suo letto. Tremava, e ciò non andava bene.
Ma era peggio ciò che era successo appena due ore prima.
Aveva osato dire i suoi dubbi a qualcuno. Non a qualcuno in generale, quello bene o male avrebbe potuto anche sopportarlo, no...
Lo aveva detto a sua sorella. Alice avrebbe benissimo potuto tradirlo e spifferarlo ai loro genitori. Frank sapeva che ne fosse capace.
I Grifondoro non avevano lo stesso senso di lealtà che invece avevano i Tassofrasso. O meglio, non lo percepivano allo stesso modo.
E sarebbe scoppiato un casino, avrebbe deluso suo padre ancora di più, avrebbe abbassato le aspettative più di quanto già non fossero...
Si sarebbe causato un polverone per niente.
Insomma, erano solo sospetti. Niente di fondato.
Qualche idea malata perché aveva visto le persone che lo facevano. Sì, era colpa di quello, di vedere due persone dello stesso sesso baciarsi che lo aveva indotto a credere di essere gay. Per questo era meglio se quelli facessero a casa propria le loro cose, senza andare a sporcare in luoghi pubblici. C'erano i bambini! Potevano pensare fosse una cosa normale, quando era evidente che così non fosse...
No, Frank non era gay. Di questo ne era sicuro. Va bene, era attratto da Lorcan, ma quella era un eccezione!
Doveva solo convincersi, continuare con il suo piano, provare a uscire con tutte le ragazze fin quando non avesse provato anche la più piccola e semplice attrazione verso una di loro.
Si sarebbe detto che era etero. Sì, doveva essere così.
Doveva solo trovare la ragazza giusta.
E ne era rimaste davvero poche alle quali chiedere.
Frank alzò lo sguardo. Aveva già una messa idea fu chi dovesse essere la prossima della sua lista.
Una alla quale non aveva ancora chiesto nulla, ma che era in debito con lui.
E lei, troppo gentile per ferire i suoi sentimenti, gli avrebbe detto di sì.
Forse sarebbe anche stata la volta buona, finalmente.
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"Secondo te dovremmo tornare alle lezioni?"
"E beccarci le domande sul perché siamo stati assenti? No grazie"
"Sì, ma se non andiamo ci becceremo la partaccia da Rose, che non é tanto meglio..."
"Ah.
Cazzo"
Albus sorrise scuotendo la testa. "Non avresti potuto esprimere meglio il mio punto di vista"
"Oh sta zitto" borbottò Alice, rifilandogli uno schiaffo sul braccio "ho sempre pensato che Rose fosse un po' troppo severa su certe cose" aggiunse. Alle volte la sua migliore amica esagerava, doveva riconoscerlo.
Però le voleva bene, eh!
"Anche io" rispose Albus prendendole la mano. Alice sorrise, mentre percorrevano i corridoi di Hogwarts.
Ne stavano attraversando uno pieno di armature. "Ma sai, farla demordere da qualsiasi cosa é molto difficile"
"Questo é un tratto caratteristico delle donne della tua famiglia"
"Concordo" Albus le lasciò andare la mano e si fermò, un espressione confusa in viso. Alice impiegò diverso tempo per capire che stava andando avanti da sola, poi tornò su i suoi passi e gli si rimise al fianco, perplessa.
"Al?" Chiese, e perfino a lei risultò evidente la nota preoccupata nella sua voce. Ma forse era solo perché sapeva di essere spaventata "Albus, che c'è?"
Una ruga si disegnò fra le soppracciglia del ragazzo. Alzò gli occhi al soffitto "hai sentito?"
"Sentito cosa?"
"Quel rumore" borbottò lui piano, poi scosse la testa. Sembrava ancora confuso "bah, forse me lo sono immaginato"
Alice lo trafisse con un occhiata. "Non sei convinto" decretò. Lo aveva capito subito: gli occhi del suo ragazzo avevano ancora quella sfumatura dello sguardo pensosa che Alice conosceva molto bene. L'aveva anche Rose, sopprattutto durante le verifiche.
"Affatto" le confermò lui. Lei sgranò gli occhi, sorpresa, non aspettandosi che lui le desse ragione alla prima.
Albus le scoccò un occhiata. "Che c'è?
Oggi continuo a lasciarti senza parole eh?"
"No, ti sbagli, quella sono io. Quando ti ho baciato.
La tua faccia era troppo sorpresa, avrei voluto fare una foto"
"Sapevo mi avresti baciato" ribatté lui, con una punta di orgoglio nella voce che non sfuggì a Alice.
Lei gli tirò uno schiaffo dietro la nuca, e ebbe la soddisfazione di sentire il verso di sorpresa e dolore emesso da lui.
"Ahi" borbottò Albus, massaggiandosi la parte lesa.
Alice alzò il naso "te lo sei ampiamente meritato"
"Beh, senti io..." Cominciò Albus, ma lei si era già allontanata. Aveva un bisogno da soddisfare.
"Sono vicina al bagno" lo informò senza preamboli, incurante delle proteste di lui "e devo urgentemente andarci"
"Emmm...ottimo?" Fece lui, incerto.
Alice si girò verso di lui con uno scatto "senti, non ci vuole un genio.
Abbiamo attributi diversi.
Io sono una ragazza e tu no." Albus arrossì a quelle parole, ma Alice se ne accorse appena "o ti fai scomparire quel tuo orgoglio maschile di cui tanti vanti, oppure mi aspetti qui senza muoverti o fare qualsiasi altra cosa.
Intesi?"
"Ehi, siamo al primo appuntamento è già vuoi fare ordini..."
"Oh, per favore. Noi flirtiamo dal primo anno, ma eravamo troppo piccoli per arcorgercene.
Queste regole sugli anni di relazione che sbloccano possibilità con me non valgono"
Albus alzò le mani "come vuoi"
"Bene" Alice gli sorrise e poi si girò, diretta al bagno.
"Ma" la voce di Albus la fece bloccare, e Alice alzò gli occhi al cielo, sbuffando "siamo al secondo piano"
"E allora?"
"Il bagno più vicino é quello di Mirtilla" disse lui con fare ovvio.
Lei inarcò un soppracciglio "E allora?"
Albus si passò una mano dietro la nuca, imbarazzato "Sicura di voler andare lì?"
"Non ho alcun problema"
"Ah, beh, se non lo hai tu"
Alice scosse la testa mentre si allontanava.
La voce di Albus la fermò di nuovo.
"Ehy, ma perché io cosa dovrei fare?"
Alice si girò a guardarlo, ormai lontana. Si mise le mani a coppa sulla bocca "Ti dico ciò che non devi fare: non cercare la fonte di quel rumore"
E si voltò prima che lui potesse replicare.
Fortunatamente, Mirtilla non aveva rotto troppo mentre Alice occupava il bagno. Anzi, a tratti era stata anche gentile - per quanto potesse essere gentile un fantasma che desidera e gode delle sventure altrui.
Però l'aveva lasciata in pace a pisciare. Almeno questo era un vantaggio.
Alice ora si stava lavando le mani. Le asciugò un po' al vento, scuotendole contro il lavandino. Non c'era alcun tipo di asciugamano, in quel bagno, ed era facilmente intuibile il perché.
Lanciò un occhiata al suo volto riflesso. Era sempre la stessa, capelli lisci e castani tenuti in una coda alta, e due occhi azzurro chiaro.
Solo due chiazze rosse all'altezza delle guance lasciavano intendere che qualcosa fosse cambiato. Erano la prova tangibile che la sensazione di diversità che lei provava non se la stava inventando.
Alice sorrise al proprio riflesso, poi si catapultò fuori dal bagno...
E per poco non cadde rovinosamente a terra.
Aveva sbattuto contro un muro spuntato da chissà dove, e le ci volle un secondo per rendersi conto che era una persona.
"Albus!" Sbuffò contrariata. Si massaggiò la testa e alzò gli occhi sul ragazzo. "ti avevo detto di..." Le parole le morirono in gola, come il fuoco che soccombe in mancanza d'aria.
Il sorriso di lui le aveva stroncate.
Lo sguardo di lui le aveva fatte appassire.
E il fatto che lui non fosse Albus aveva solo completato l'opera per farla rimanere in silenzio.
Smith, la cravatta di Tassofrasso annodata al collo che si intonava perfettamente ai capelli, le sorrise.
"Ma guarda un po' chi si rivede" disse.
"Smith" Alice fece un passo indietro.
Socchiuse gli occhi, affilando lo sguardo. Non intendeva scappare, aveva deciso di affrontarlo e lo aveva già fatto. Il suo scopo era proprio non aveva più remore con lui, stroncare anche il più piccolo legame che li teneva ancora uniti.
Aveva deciso che lui non l'avrebbe più influenzata, che non avrebbe più provato paura e imbarazzo quando lo vedeva.
E lo aveva sfidato davanti alla Biblioteca proprio per questo.
A cosa serviva se ora se ne fosse scappata con la coda fra le gambe?
"Ti sono mancato?" Chiese lui, incrociando le braccia al petto.
"Affatto" Alice lo guardò dritto negli occhi.
Il sorriso di lui si ammaccò. "Ho visto che mi hai già sostituito"
"Cosa?"
"Potter" Smith scosse la testa, il sorriso che si trasformava in una smorfia. "Ho visto che stai con Potter, ora. Cosa, vi siete fidanzati?"
Alice afferrò la propria bacchetta da sotto la veste. Socchiuse gli occhi.
"É una cosa recente." Disse. Era vero, e lei non avrebbe voluto la voce si spargesse troppo in fretta, anche se aveva già immaginato che stare con il figlio del Salvatore del Mondo Magico avrebbe portato su di sé diversi riflettori. "Come fai a saperlo?"
Smith cacciò una mezza risata.
Non c'era niente di allegro in quel suono "State insieme da nemmeno tre ore e già lo sa tutta la scuola. Mi hai mollato per lui, per il Potter?" Una nota arrabbiata gli spezzò la voce. Alice strinse più forte la sua bacchetta.
"Oh sì" Smith annuii alle sue parole "la fama fa tanto." La trafisse con un occhiata. "Io sono stato il primo a guardarti" sbottò, e davvero non riusciva a nascondere l'ira che provava. Alice arretrò "il primo a vederti non solo come la figlia del professore o come la migliore amica di Hermione Wealsey." Smith si avvicinò di un altro passo e, questa volta, Alice non arretrò. "Tutti vedono prima lei e poi te, vero?" Le domandò, la voce ridotta a un sussurro, vicino al suo viso "E questo ti scoccia, vero? Vorresti essere vista anche tu, vero? Vorresti-"
"Taci" gli intimò lei.
Smith sorrise "Lo ho capito da subito ... Dalla prima volta che ti ho vista.
E io sono stato il primo a vederti.
Era questo che ti piaceva di me, giusto? Sono stato l'unico che ti ha notato, nonostante la gente che ti porti dietro e che oscura la tua stella"
"Sì, mi piacevi perché avevi notato prima me che Rose." Rispose piano Alice. Vide un espressione di soddisfazione e vittoria rompergli il volto, e disse, il tono glaciale "Ma hai smesso di andarmi a genio quando mi hai tradito, raccontando a tutti ciò che era successo fra noi due"
Smith si fece rosso e arretrò, quasi come lei lo avesse schiaffeggiato.
"Beh, sappi che Albus ti guarda solo perché Hermione é sua cugina." Soffiò, crudele. "Se non fossero imparentati, sappi che anche lui preferirebbe andare da lei anziché con te.
Non ti avrebbe visto se lui non fosse un famigliare della tua cara migliore amica."
Poi si voltò, lasciando Alice perplessa dentro quel bagno.
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Come cavolo aveva fatto una video-cassetta ad arrivare a Hogwarts? Si usavano ancora? Rose non aveva mai studiato Babbanologia, ma sapeva abbastanza da capire che l'era tecnologica aveva spazzato via tante di quelle vecchie invenzioni.
Ma, sopprattutto, come aveva fatto una videocassette di quelle di sua madre a raggiungerla? Così, a caso.
Rose lo aveva capito subito. Anche quelle che aveva visto a casa di suo padre erano su video, ma dentro c'era ancora una mini videocassetta nera di cui lei non sapeva il nome. Non sapeva nemmeno se suo padre aveva modificato l'oggetto babbano per poter vedere su video anche se ci fossero ancora quelle piccole videocassette. Probabilmente sì, ma lei era una vera e propria frana in certe cose. Appena viste, non si era mai posta il problema, era impegnata a pensare ad altro.
Avrebbe dovuto chiedere a Alice.
Almeno la sua ostentazione di seguire quel corso si sarebbe rivelata utile.
Rose si allontanò nel giardino di Hogwarts. Era uscita immediatamente, conoscendo il fatto che gli oggetti babbani - tecnologia - non funzionassero dentro le mura del castello. Troppa magia nell'aria.
Ma lei doveva vederlo. Lei doveva conoscere. Non aveva la più pallida idea di come sarebbe riuscita a farlo, ma se suo padre era riuscito a modificare la videocamera per vedere in video, perché lei non sarebbe riuscita a estrarre il contenuto dentro una videocassetta? Era plausibile, no?
E sì, Rose doveva saperlo. Non solo perché non voleva interrogarsi su Scorpius Malfoy, ma perché quella era stata una circostanza troppo strana per poter essere ignorata.
C'era qualcosa...quella videocassetta...
E poi niente voleva dentro le mura del castello a caso. Men che meno un oggetto Babbano che veniva da casa sua.
Anche quando Rose la stringeva riusciva a percepire la magia che quell'oggetto aveva, quell'oggeto emanava. Ed era tutto troppo strano per potersi permettere di ignorarlo.
Doveva sapere.
Rose si fermò, orami arrivata al limitare della Foresta Proibita. Si voltò indietro, osservando il castello come una macchia scura in lontananza.
Non sapeva se la magia di Hogwarts si estendeva fino a qui, ma tentare di estrarre ora il messaggio non doveva trattarsi di una cattiva idea.
E poi non era una videocassetta normale. Emanava magia come un cuore pulsante.
Rose la strinse fra le dita, poi si addentrò fra il covo di rami che circodnava il castello.
Non fece troppo passi, non volendo allontanarsi troppo dalla via di casa.
Si destreggiò fra qualche ramo, fino ad arrivare a uno spazio di un paio di metri cubi abbastanza vuoto, circondato dalle folte fronde degli alberi che si agitavano al vento. Sperò di essere abbastanza vicino al castello da non incorrere in qualsiasi creatura magica e pericolosa che governava quella vegetazione.
Rose si sedette sgraziatamente nel piccolo spazio, illuminata solo a tratti dalle leggere gocce di luce che le piovevano addosso, riuscendo a spingersi oltre la cortina di foglie che occupava il cielo sopra la sua testa.
Si sistemò meglio, la gonna sotto il sedere e i capelli rossi che le volevano da parte a parte per via del vento.
Si appoggiò con la testa contro un albero, piegò le gambe e mise la cassetta sulle proprie gambe.
La picchiettò con due dita. Bene, ora cosa avrebbe fatto?
Non é che sapesse proprio come andavano certe cose.
Rose sbuffò, estraendo la bacchetta.
Non sapeva che incantesimo fare, ma sarebbe stato di certo meglio di prendere a caso le mani e agitarle sopra sperando in un miracolo.
Rimase diversi secondi impettita senza fare niente di speciale, solo muovendo la punta di legno sopra.
Alla fine toccò con la punta la piccola videocassetta, quasi distrattamente.
Quella si accese di un bagliore nero.
Rose urlò, scacciando via l'oggetto; la videocassetta volò nella foresta, una freccia nera contro il verde che li circondava, e cozzò violentemente contro un albero davanti a lei. L'urto non la ruppe, e quella cadde a terra, al centro del piccolo spazio vicina ai piedi di Rose, e continuò a brillare di intensa  luce nera.
Rose la fissò, perplessa. Sembrava una specie di gemma sotto un fascio di luce. Socchiuse gli occhi, avvicinandosi quel poco che bastava per guardare meglio, una mano ancorata all'albero dietro di lei.
Rimaneva immobile. Non stava facendo niente. Certo, solo se si esclude il brillare e il bagliore scuro che emanava. Bagliore che, d'un tratto, divampò con un suono secco, diventando una colonna di fumo nero davanti a lei.
Rose sobbalzò e balzò in piedi, un urlo sorpreso che le lasciava la gola. Registrò distrattamente di aver perso la bacchetta, e maledí la sua goffaggine.
La colonna di fumo nero si intensificò, una massa scura tanto compatta da sembrare concreta. Rose si schiacciò, terrorizzata, contro l'albero. Era diventata una vera e propria striscia bruna che occupava tutto lo spiazzio, salendo fino alle fronde degli alberi. Emanava il solito bagliore nero, ma era tanto inquetante che Rose sentiva il proprio cuore battere come un tamburo nel petto.
Sembrava una corrente. Striscie nere che viaggiavano dal basso verso l'alto come correnti marine, cattive come solo il mare, che lei stessa aveva negli occhi, sapeva fare.
Rose si schiacciò di più contro l'albero, vedendo che la colonna di fumo si ingrandiva, diventava più spessa. Pensò, per un secondo disperato, che l'avrebbe ingiottita nel suo vortice scuro, facendola scomparire per sempre.
Invece no. Piano, la colonna di fumo andò sfumando, diventando sempre più piccola, più debole e chiara.
Passò dal nero al biastro, al marrone chiaro fino ad arrivare a un tenue giallo, sotto gli occhi sempre più perplessi di Rose.
Alla fine scomparve, lasciando libera la vista su una figura, come un sipario che si apre per lasciar vedere lo spettacolo.
Ah pensò Rose sbigottita quindi il vero show deve ancora iniziare.
Si avvicinò, nel filo giallo che ancora rimaneva nell'aria. E la mascella le cadde, vedendo ciò che stava nello spiazzo di radura.
Per un secondo pensò fosse tridimensionale. Che qualche strana magia l'avesse portata indietro nel tempo, alla stanza che ricordava. Ci mise qualche attimo a capire che si trattasse solo di uno schermo piatto, qualcosa a due dimensioni che non aveva profondità.
Eppure era tutto lì. La stanza buia, il letto bianco e, sopra di esso, la figura di sua madre sotto le coperte che scriveva qualcosa.
Rose aveva solo pochi immagini di lei. Ma, in quel momento, Hermione le rappresentava in tutto. La massa di disordinati ricci castani le ricadevano sulle spalle in palloncini marroni; gli occhi, scuri quasi quanto il nero, erano fissi su qualcosa che Rose non poteva vedere. Si stava fissando il grembo e, quando la ragazza seguii il suo sguardo, notò fosse gonfio.
Rose ci mise un attimo a capire che non si trattasse di gonfio, ma di una gravidanza.
Sua madre era incinta al momento in cui aveva registrato la cassetta.
E Rose sapeva lo fosse di Hugo.
Hermione alzò gli occhi, e Rose credette la stesse fissando.
"Allora... perché sto registrando questo?" Fece retoricamente sua madre, e Rose sobbalzò.
Non fissa me, ma fissa l'obbiettivo della telecamera.
Ma, come ha fatto...? Che razza di magia ha usato? Rose fissò confusa davanti a lei.
Sua madre non si curava della foresta intorno a lei, e questo solo perché era un 'video' registrato. Vederla era come guardare dentro la telecamera che Rose aveva trovato a Natale, le immagini schiacciate che non si rendevano conto di ciò che accedeva loro intorno. Eppure, così, l'immagine spiccava come qualcosa di veramente strano dentro quella foresta - beh, anche perché le foreste non avranno letto, né, tanto meno, camere.
Era come trovare un oggetto di Luna Loovgood dentro la casa di suo zio Percy.
Completamente fuori luogo.
La piccola videocassetta era sotto l'immagine, e un fascio giallo partiva da essa e si apriva come un ventaglio per mostrare il video.
Rose rimase immobile, attendendo che sua madre continuasse a parlare.
"Beh" Hermione - la sua proiezione, almeno - tentò un lieve sorriso. Aveva gli occhi fissi nell'obbiettivo della telecamera, e il punto coincideva esattamente a dove si trovava Rose.
"Rose, questo video è per te." Disse sua madre. Si fissò la pancia gonfia, e se la carezzò con fare materno "adesso hai appena due anni, e dubito ti ricorderai di me. Non mi conoscerai mai a fondo, e posso immaginare cosa starai pensando quando scoprirai che sapevo di morire se avessi partorito, ma che ho continuato la gravidanza di tuo fratello nonostante tutto" Hermione fece una pausa, poi fissò di nuovo davanti a lei.
Rose sentii gli occhi pizzicare.
"Così voglio anticiparti. Dirti addio e darti delle risposte, lasciandoti qualcosa che il tempo non ha il potere di consumare"
"Non può comunque sostituirti" sussurrò Rose, ma sapeva che quelle parole le aveva date al vento.
Hermione passò una mano sulla propria pancia, senza staccare gli occhi dall'obbiettivo "Comprendi il mio gesto. Non ti lascio perché mi sono stufata di te, anzi. Vorrei vederti crescere, starti vicino, fare tutte quelle cose che una madre fa con una figlia. Credimi, lo vorrei tanto, anche se probabilmente penserai che scelgo di morire perché non ti voglio più intinto. Non é così, questa é l'unica cosa importante che voglio tu capisca Rosie" prese un respiro "vorrei davvero vederti crescere.
Ma il destino mi ha messo davanti a una scelta difficile, e io ho preso la mia decisione, anche se impiegherai tempo a capirla.
Ti voglio un sacco di bene. Non dimenticarlo"
Rose la fissò. Sentiva vagamente le guancie bagnate, e si rendeva appena conto di star piangendo, ma non le importava gran che. Allora si sbagliava, sua madre non se ne era andata perché non la voleva...ma l'aveva comunque lasciata in un ambiente difficile.
Come se le leggesse nel pensiero, sua madre continuò "Ti ho lasciata solo perché sapevo tu saresti riuscita a cavartela anche da sola. Mi dispiace di metterti questo peso sulle spalle, ma devo.
Sei mia figlia, confido che riuscirai a tenere in piedi la famiglia." Le lanciò un sorriso, e Rose dimenticò gli anni che la separavano da lei, lo schermo che le divideva. Per una volta, pensò che lo stesse indirizzando a lei direttamente, senza filtri.
Hermione aprii la bocca per continuare, ma non produsse alcun suono. Un rivolto scarlatto di sangue le tagliò a metà la pelle pallida e tirata, disegnando sotto la mascella una striscia rosso accesa.
Rose trattenne il fiato. Nella mente le si parò il suo ricordo, la stanza nera, la mano che pendeva dal letto come una lunga striscia bianca e interte, mentre un rivolo di sangue scendeva da esso e la portava ai suoi piedi...
É da qui che viene il mio ricordo.
L'Hermione della registrazione abbassò lo sguardo oltre il proprio letto, oltre lo spazio ripreso dalla telecamera.
Una vicina piccina e lontana esclamò "mamma!"
"Rosie" Hermione fissò oltre l'obbiettivo, la bocca piena di sangue. Si passò una mano sulle labbra "chiama tuo padre..."
La voce si perse in un mormorio, e l'immagine si scompose, disfacendosi come un castello di carte al vento. Lo schermo tremolò e si accese di giallo come una candela, poi si chiuse su se stesso e venne risucchiato dalla videocassetta sotto di esso. Dopo un attimo, quella tornò la semplice e innocua invenzione Babbana che era capitata lì per errore. Rimase immobile, senza alcun segno che indicasse la conferma di ciò che era accaduto un attimo prima.
Rose fissò il punto in cui si era proiettato il video. "mamma..."
Finalmente aveva tutte le risposte.
Rose si lasciò cadere lungo l'albero, sfinita dalla confusione e dalla sorpresa.
Come cavolo aveva fatto sua madre...?
Beh, Hermione Granger rimaneva comunque la strega più brillante della sua età, ragionò sorridendo.
Anche da morta.
Il sorriso di Rose divenne nostalgico.

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