Ron era di nuovo alla tomba di Hermione. Seduto fra la fresca erba lievemente smossa dal vento e circondato da decine di salici piangenti, mentre il sentiero era ricoperto di minuscoli sassolini che avevano accompagnato il suo passo depresso con una sinfonia fastidiosa, se ne stava a gambe incrociate, le mani poggiare sulle ginocchia e lo sguardo perso, concentrato. Un fresco alito di vento, debole anche per la sua altezza attuale, gli scompigliava lievemente i capelli, come se non se la sentisse di spingersi oltre con lui, e gli portava all'olfatto l'odore di fuori - rose, per la precisione - piantante a qualche km da lì.
Ron si soffermò un attimo sul loro profumo, inalando piano. Si chiese se chi le avesse piantare sapesse che, poco distante, ci fosse un piccolo cimiterio. Si domandò se avesse ignorato la questione o ne fosse solamente ingnaro. No, perché venire a piangere qualcuno e sentire quell'odore così persistente, pieno di vita, e delizioso che simboleggiava che non tutto si era fermato insieme al cuore di Hermione sembrava un po' una presa per il culo.
Un po' tanto.
Ron sperò vivamente che il proprietario di quelle rose non sapesse della presenza di cadaveri e onori funebri a poca distanza dalla sua piantagione. Se no sarebbe stato peggio per lui. Molto peggio.
"Hai finito di prendertela con degli sconosciuti per dei semplici fuori?" Chiese una voce velata di divertimento.
Ron non sobbalzò. Rimase tranquillo, senza spaventarsi, e si limitò a spostare gli occhi verso la persone che aveva parlato. Dopotutto, come avrebbe potuto essere colto alla sprovvista se quella voce era dettata dal suo cervello che non accettava la perdita?
"Non ha importanza, Hermione" ribatté Ron, mogio.
Sua moglie - o meglio, la sua foto - gli rivolse un sorriso comprensivo.
"Quando vieni qui potresti non pensare a altro? Soprattutto se questo equivale a dare la colpa a persone che nemmeno conosci"
"Non ho nessuno con cui prendermela, Hermione" Ron si strinse nelle spalle "perciò é toccato a questo sfortunato"
"Che non ha fatto nulla" obbiettò lei pacata.
Ron annuii. "Che non ha fatto nulla. Ma esiste, e é felice. E io no.
Questo già di per sé é una colpa"
"Non puoi sapere se sia felice o no, Ronald." Replicò Hermione, paziente "non puoi sapere della vita altrui"
"Sempre meglio della mia é"
"Tu hai due magnifici figli" ribatté Hermione, con una calma che in vita le era mancata - e Ron alle volte su sorprendeva di immaginare la moglie come una specie di angelo dall'infinita pazienza e clemenza -"hai una famiglia che ti vuole bene, Harry che farebbe tutto per te..."
"Ma ho perso la cosa più importante della mia vita" Ron scosse la testa "l'unica che mi faceva andare avanti, l'unica che mi faceva sentire appagato, realizzato, felice e...libero."
Ron fissò gli occhi dentro quelli della moglie, fissandola con un intensità che aveva dato una sfumatura tormentata alle iridi azzurre "l'unica che io abbia mai amato"
"Tu ami Rose e Hugo, Ron. Non ci sono solo io dentro al tuo cuore"
"Loro sono sangue del mio sangue" disse Ron, piccato "é diverso...é una specie di codice morale mischiato all'istinto Paterno che mi impone di prendermi cura di loro e di preoccuparmi per loro, ma con te..." Ron chiuse gli occhi, scuotendo la testa. Non li riaprii mentre riprendeva a parlare "con te era diverso, eri speciale. L'unica persona non collegata a me alla quale io mi sia affezionato davvero, alla quale abbia dato anima e corpo di mia spontanea volontà. L'unica che mi sia entrata nel cuore senza avere per chiave un legame di parentela" Ron alzò le palpebre, rivelando ancora quelle iridi azzurro-mare che stonavano tanto con il colore dei capelli. Puntò gli occhi nel marrone-terra della moglie, e lasciò che i loro elementi si mischiassero dello sguardo della sabbia "tu mi sei entrata nel cuore per come eri, non per come ti vedevo"
Hermione rimase zitta per tanto tempo, probabilmente cercando di mandare giù le sue parole. Aveva un aria stranamente commossa. Poi sorrise.
"Magari é meglio della sua" commentò.
"Magari, per una volta, possiamo pensare a me e non agli altri" ribatté Ron.
Hermione inclinò appena la testa di lato, la lunga coda castana che cadeva accanto a lei come una fune spessa. Somigliava tanto a quella di sua figlia, solo che era marrone e non rossa.
"Magari pensare agli altri può aiutarti"
Ron sospirò, spostando gli occhi altrove, sopra la lapide, verso il bosco di salici che si estendeva intorno a lui come un cerchio indefinito. Quella era solo la sua immaginazione, ma avrebbe dato qualsiasi cosa pur di riavere Hermione con lui, risentire ancora, e non con la mente, le parole che lei gli riservava. Erano puro oro.
"Ron" Hermione parlò piano, come se pensasse di rivolgersi a un bambino piccolo - e a ragione ragionò Ron, in una frazione di riflessione "non ti angosciare. Non rimuginare. Non provare a bloccare il tempo per fermare i ricordi ormai andati.
Ti farai solo male, e vivrai nel passato"
"Quale é il problema di vivere nel passato?" Sbottò Ron, ora irritato. Non voleva che Hermione gli dicesse quelle cose. Voleva che parlassero come facevano prima, come facevano quando lei era ancora in vita "quale é la stupida problematica di voler rimanere a dei ricordi, se questi mi rendono felice?"
"Che ti dimentichi di vivere il presente" mormorò Hermione gentile, facendo sbuffare Ron "e non é vero che ti fanno bene, ti fanno felice.
Ti stai lesionando, e io lo vedo. Ti stai tagliando con le tue stesse mani"
"Il bruciore mi fa bene" replicò Ron, lo sguardo basso.
"É un illusione" disse Hermione, spiegando con un espressione tranquilla "é solo un illusione. Il momento in cui lo fai ti sempre di star facendo la cosa giusta, ti dà la giusta carica e credi che sia tutto risolto, ma già nel giro di qualche ora..."
"Mi fa solo sentire meglio"
É solo la tua immaginazione che te lo fa credere. É solo frutto della tua test-"
"Anche tu fai parte della mia immaginazione" obbiettò Ron.
Hermione stirò un sorriso.
"Se vuoi lasciarmi andare puoi farlo tranquillamente, io sono pronta. Me ne sono andata anni fa, che tu lo voglia o no, e sforzarti di farmi rimanere qui non cambierà le cose: sono morta, Ron. Ed é tempo che tu lo accetti."
Ron rimase in silenzio, bloccato dalle parole di sua moglie. Non voleva lasciarla andare. Non ne era pronto.
Non era mai stato pronto a dire addio a Hermione, e dubitava ci sarebbe mai riuscito. Specialmente se lei era morta ad appena ventotto anni.
"No" disse infatti. "Non lo farò"
Hermione sospirò, alzando le mani "come vuoi tu. É una tua libera scelta. Devi solo sentirti di farcela"
"Non c'è la farò mai, Hermione! Non c'è la posso fare!"
Lei riprese un espressione gentile, sorridendo come se capisse e comprendesse - e condividesse - le sensazioni di Ron. Come se anche lei volesse rimanere lí con lui, per sempre. Esattamente come succedeva in tutti i sogni di Ron. Quelli dove gli incubi della morte non lo tormentavano.
"Allora un aiuto potrebbe farti comodo, tu che dici?"
Ron sbatté le palpebre perplesso, non riuscendo ad afferrare il senso delle parole della moglie - nonostante lei fosse morta da tempo, lui la considerava ancora tale, ovviamente (ed era anche nel giusto).
Solo quando Hermione aprii il suo sorriso in modo incredibile e alzò una mano verso di lui, Ron, in un folgorante momento di intelligenza, collegò le parole ai gesti.
"No" disse schietto, vicino a un attacco di panico "no, no e no, io amo solo te e nessun altra..."
"Ronald" Hermione parlò paino, rendendosi conto di averlo sconvolto "tranquillo, va tutto bene, é solo la vita che va avanti-"
"Io non ti dimenticherò!" Dichiarò Ron.
"Non si tratta di dimenticarmi" il viso di Hermione si addolcii "si tratta di andare avanti, voltare pagina e crescere..."
"Sono cresciuto" mormorò Ron, poco convinto. Si guardò le mani "come puoi vedere, non ho più ventotto anni"
Hermione sorrise dolce. "Intendo in un altro senso"
"Lo avevo capito" Ron spostò lo sguardo altrove, spostandolo verso il cielo. Il vento gli scompigliò i capelli con una forza nuova "e ho capito tempo fa che non voglio crescere in quel senso"
"Non pensi ti farebbe piacere? Avere una distrazione fatta di carne e ossa, che anche altri possano vedere, anziché startene qui vicino a ciò che non hai più?" Chiese Hermione. Non c'era dolore nella sua voce, né rammarico: forse solo una lieve tristezza che velava le sue parole rendendole acide all'udito.
Ron la guardò di nuovo, e gli parve di cogliere un espressione sospetta, fugace, rimasta bloccata fra le pieghe di passato e presente catturate dalla piccola fotografia. Incagliata in un baratro che non la faceva appartenere a nessuno, eppure a tutti.
Prima che potesse accertarsi che ci fosse, era già sparita. Forse se la era immaginata. Non era tanto strano, dopotutto: visto cosa aveva partorito la sua mente poteva benissimo essersi giocato un brutti scherzi da solo.
"Ti ho portato un regalo" disse, mentre le mani correvano a frugarsi nella tasca dei jeans "sai, é il tuo compleanno e ho pensato..."
"Che volessi avere qualcosa che non posso toccare?" Chiese Hermione, ma sorrideva.
Ron sentii le orecchie andare a fuoco.
"Sì, cioè, no. Ma..." Strinse un pacchetto fra le dita "pensavo potesse farti piacere"
"É utile? Sai che mi hanno piacere solo le cose utili"
"É un libro"
Hermione sgranò gli occhi sorpresa. Era tanto schockata quando Ron si mise a scartare il pacchetto che non riuscii nemmeno a proferire una parola. Rimase zitta, troppo colta alla sprovvista per dire qualsiasi cosa.
"Ecco" Ron gettò la carta da regalo a terra, che rimase a contorcersi seguendo la guida del vento scottato dal leggero sole. Mise la copertina davanti alla lapide della moglie, in modo che lei lo vedesse. Il libro era tanto grande che Ron era costretto a reggerlo con due mani.
Hermione si sporse avanti, quasi toccando la cornice con la fronte, curiosa. I suoi occhi marroni bramavano di desiderio nel scoprire cosa Ron le avesse portato. Sembrava avesse agognato un momento del genere da quando era morta. Ron si appuntò mentalmente di ricordarsi di rigalarle libri più spesso.
Hermione scrutò la copertina con sguardo critico, soffermandosi sul titolo con le soppracciglia aggrottate.
Ron fu colto da un attimo di ansia, e le sue orecchie si tinsero di nuovo di rosso. Che non le piacesse?
"Allora?" Chiese, un lieve tremore nella voce "che ne pensi?"
"Wow" dalle labbra di Hermione uscii un unico verso stupefatto e, a giudicare dall'espressione colpita che aveva in volto, il regalo doveva esserle piaciuto. Ron sentii un moto di orgoglio nel petto. "Victor Hugo?" Chiese Hermione, gli occhi che brillavano "davvero? Ron é fantastico! Come-"
"Mi ricordavo che ti piacesse" si giustificò lui, le orecchie ancora rosse.
Per la prima volta, Hermione spostò gli occhi dal libro per cercare quelli di Ron. Sorrise, ma una vaga tristezza le incupiva gli occhi "vorrei tanto potessimo ancora avere questi momenti. Mi mancano"
"Anche a me" sussurrò Ron. Aveva avvertito la sua voce incrinarsi, esattamente come aveva fatto quella della moglie poco prima.
"Ma non li avremo mai più"
Ron avvertí come un colpo al petto. La conclusione di Hermione era tragica e il suo tono di definitiva sentenza gli aveva fatto balzare il cuore in gola.
Si rese conto che non voleva finire così. Che non voleva che quella fosse la parola finale della sua storia.
Non lo aveva mai voluto.
"Posso leggerlo io" mormorò Ron, scacciando quei pensieri. Scosse appena la testa, sotto lo sguardo triste di Hermione "non mi cambia tanto. E poi sono venuto qui per fare qualcosa per te. Passare del tempo insieme"
"Passare del tempo con la tua fantasia?"
Ron ignorò il commento della moglie."che ne dici?" Le chiese, aprendo il libro sulle gambe "ti va di ascoltarmi? Ti interessa?"
Hermione lo guardò duramente, come se avesse voluto riprendere il discorso di prima. Poi vide gli occhi di Ron, incirciò le sue iridi scure con quelle chiare del marito. Ron vide un pensiero maturare nel volto della moglie.
Hermione sospirò. Forse si era resa conto di aver insistito troppo, di aver fatto troppa pressione al marito per qualcosa che lui non era ancora - e mai sarebbe stato - pronto a fare.
Gli sorrise, senza ombra di cupezza nel testo del volto.
"Va bene. Ma voglio le intonazioni giuste! Come quelle che facevi quanto ero incinta!"
"Ma certo" Ron scosse piano la testa, un lieve sorriso sul volto "sarai accontentata"
"E le vocine" aggiunse Hermione "sai che amo le vocine"
"Sai che non ne sono capace" borbottò Ron, ma prese a leggere comunque. A un tratto, quando ebbe superato la terza pagina, si fermò il vento come unico sottofondo si suoi pensieri. Portò gli occhi sulla foto di Hermione. Lei lo fissava ancora. "Non sono troppo bravo" mormorò contrariato, abbassando lo sguardo, colpevole "dovevi esercitando di più, credevo di riuscirci. Mi dispiace. Ti meriti di meglio, e io non riesco a dartelo nemmeno ora che sei morta. Scus-"
"Va benissimo così" ribatté Hermione. Sorpreso, Ron alzò gli occhi su di lei "é perfetto così"
E Ron riprese a leggere.
Si interruppe solo quando, dopo aver alzato lo sguardo dal libro per osservare la moglie, si accorse che la foto non era più animata: era immobile, col volto di Hermione che sorrideva a scatti a comando dell'incantesimo.
Ron sospirò, alzandosi. Non era poi andata così male. La sua immaginazione gli aveva fatto meno scherzi del solito. Chiuse il libro e se lo mise sotto braccio, incamminandosi a ritroso lungo il sentiero dei sassi per trovare un punto dove tornare a casa. In realtà avrebbe dovuto andare da Bill, ma visto che il sole stava calando il suo velo delle tenebre sul 19 settembre, Ron aveva passato la soglia limite per la quale suo fratello voleva tenerlo sott'occhio. Ora lo reputava fuori pericolo, come se con quel giorno fosse passata anche la sua voglia di farla finita. Illuso. Ron dubitava che il desiderio della morte sarebbe mai passato.
Ron continuò a camminare fin quando un ombra, una chiazza nera che si stagliava nel cielo che si andava a sfumare in colori sempre più bui, attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo verso il tramonto, dove il sole gettava gli ultimi raggi morenti della giornata e si inabissava oltre l'orizzonte per fare spazio alle tenebre e alla luna. Ron affilò gli occhi, aguzzando lo sguardo.
Un gufo. Un maestoso, regale e possente gufo che volava attraverso il cielo spento, e puntava dritto verso di lui sbattendo le ali con ferocia.
Ron sgranò gli occhi, quando lo riconobbe.
Il libro di Victor Hugo gli sfuggì di mano, cadendo in uno schianto di sassi e carta.
Ron non se ne curò. Segui apprensivo la traiettoria dell'uccello, che disegnava un arco perfetto fra i colori del tramonto quasi come volesse rendere un cerchio la scia di ansia e angoscia che si portava dietro.
Quando planò su di lui e l'ultimo raggio del sole lo illuminò in una scintillante cascata di fili dorati, Ron ebbe la conferma delle sua pessime congetture. Sbiancò.
Il gufo era da Hogwarts.
Era successo qualcosa ai suoi figli?

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In The Name/ Scorose.
FanfictionTutti concordano sul fatto che Rose Weasley é una delle persone più buone al mondo: sempre gentile e altruista con tutti ( e con tutti, ovviamente, comprendo anche gli animali, dai più piccoli e innocui ai più grandi e pericolosi) pensa prima alle n...