Capitolo 61

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Rose entrò nella Infermeria spalancando la porta bruscamente. La stanza bianca e pulita, che quando c'era andata la prima volta le era sembrata come se brillasse di luce propria, ora, sotto solo l'illuminazione delle candele e degli ultimi raggi del sole che combattevano una battaglia persa con le tenebre, sembrava solo cava e buia, vuota, priva di quell'aura sacra e incontaminata che aveva colpito Rose la prima volta.
La ragazza sbatté un attimo gli occhi nel buio, troppo sorpresa per lo scenario discordante da quello che si era immaginata, e tentò di abituarsi alla nuova illuminazione. Poi Rose ricordò perché fosse là.
"Hugo?" Rose chiamò il fratello nel buio, sotto voce, temendo di non essere esattamente la benvenuta in quel luogo. Non ricevette alcuna risposta.
Rose chiuse la porta dietro di lei con una mano, e la sentii distrattamente sbattere contro l'uscio con un suono più violento di quello che lei gli avesse voluto impartire. Scrollò le spalle e si avvicinò all'interno della stanza.
Le candele poste al muro gettavano bagliori rossastri, creando una scia luminosa di palle gialle che si rifletteva negli occhi della ragazza; sul pavimento, al centro della stanza, un rettangolo perfetto di luce rossa disegnava gli ultimi raggi di luce della giornata, e creava uno squarcio nel terreno come una ferita aperta.
Hugo era su un lettino vicino alla finestra, la testa rossa su cui si riflettevano i raggi solari e dove il fuoco delle candele si impigliava per la somiglianza. Sul volto pallido si agitavano le ombre della sera, e dietro le palpebre chiuse niente sembrava tranquillo.
Rose si bloccò un secondo, osservando il fratello con sguardo preoccupato, poi fece un passo avanti. Voleva almeno chiedergli come stesse.
Un esplosione luminosa la prese in pieno, e una cascata dorata si riversò su di lei con preavviso nullo. Rose si immobilizzò cacciando un piccolo urlo.
"Silenzio!" Sbottò una voce severa dietro di lei "Non vedi che siamo in Infermeria?"
Rose si voltò piano, stringendo gli occhi contro il rettangolo luminoso che le si parlava davanti. La sagoma scura dell'infermiera si stagliava alta e minacciosa sopra la la porta del suo ufficio, le mani sui fianchi e la postura rigida, come se fosse inqueta per qualcosa, con lo schignon scuro che sommortava la sua testa come una palla indesiderabile. Troppo in un controluce, Rose non riusciva a vedere il suo volto.
"Oh" disse a un tratto lei, cambiando completamente tono, ora mortificata "sei tu"
Sei tu pensò Rose con una punta di comicità ci conosciamo da così tanto che si può permettere di allargarsi così tanto? Dopotutto, Rose era stata poche volte in Infermeria, e l'ultima risaliva a una settimana prima, e non c'era nemmeno stata troppo. Dubitava che la sua permanenza lí avesse lasciato chissà quale segno nella mente della donna.
E poi, era giusto dare tutta questa confidenza?
"Io...mia cugina mi ha detto che Hugo-"
"Si si" l'infermiera agitò una mano con fare impaziente, superandola. Rose la fissò confusa, mentre la seguiva uscendo dal rettangolo di luce che tagliava a metà la stanza. Attraverso le tenebre della sala, Rose riusciva a distinguere indistintamente la sagoma alta della donna, che si muoveva a tratti, scatti irregolari.
Rose si chiese se la sua presenza lí l'avesse in qualche modo turbata. Forse si era dimostrata troppo sfrontata e sprezzante delle regole presentandosi lí? A giudicare da come la donna sembrava nervosa per il linguaggio del corpo, era come se Rose le avesse messo ansia.
Non essere stupida si rimproverò aumentando il passo tu non c'entri con il suo umore.
Eppure non riusciva a crederci completamente.
Rose stava giusto per aprire la bocca e dire qualcosa, scusarsi, ad esempio; oppure giustificare il suo arrivo improvviso, ma l'infermiera si voltò verso di lei, ora il volto più tranquillo, e le sorrise da sopra una spalla.
Rose si chiese se fosse schizzofrenica.
Poi l'infermiera alzò la sua bacchetta contro di lei.
Rose ebbe appena il tempo di spalancate la bocca che la donna aveva già agitato la sua arma, scagliando un raggio che la ragazza non poteva vedere. Rose si sentii qualcosa che atterrava su di lei, qualcosa di caldo, che penetrava la sua pelle come minuscoli spilli; avvertí qualcosa avvolgerla, chiuderla in un tessuto invisibile, una sensazione di calore che la ricopriva per intero scandandola, come sondandola...
Rose buttò fuori l'aria, barcollando. Si poggiò al muro accanto a lei, una mano sul petto, mentre cercava di ispirare il più possibile.
"Ti avevo detto" disse l'infermiera a denti stretti, come trattenendosi dall'urlare "che non dovevi stressarti. Si poú sapere perché non ascolti?"
Rose alzò lo sguardo su di lei, confusa. La fissò senza capire.
La donna sbuffò. "Incanto Relievo." Agitò una mano "studi Medimagia, giusto? É impossibile che tu non lo abbia mai sentito"
"Certo che lo ho sentito" ribatté Rose, piccata "si tratta di un incantesimo che si lancia sui malati appena entrati al San Mungo. Serve per analizzarli come farebbero delle lastre e vedere se hanno danni di una certa gravità" si raddrizzò, spazzolandosi la gonna con gesti irritati "il movimento é orario, ed é uno dei pochi incantesimi che si può fare solo in modo non verbale."
L'infermiera non sembrava colpita, ma nemmeno delusa. Rose ignorò la sua espressione neutra brevemente illuminata dalle candele. "E comunque" aggiunse, non senza una certa nota impettita nella voce "io non sono stata ricoverata ad alcun ospedale. Mi sembra ovvio che la mia reazione sia stata..."
"Così spaventata" concluse secca l'infermiera per lei.
Rose fece un espressione contrariata, ma non aggiunse altro. L'infermiera agitò di nuovo la bacchetta, e stavolta un colpo accecante di giallo, come di un flesh, costrinse Rose a chiudere gli occhi. Dietro le palpebre chiuse ondeggiavano dai puntini luminosi che si muovevano senza senso, come luci di natale su un abete.
Rose faticò a rieprire gli occhi. Ora la stanza era illuminata a giorno, e le pareti bianche ampliavano la lucentezza come se brillassero di luce propria. I barattoli dei vari medicinali, allineati sulle mensole davanti ai letti, riflettevano in tenui brilli, come di piccole lucciole, la luce delle candele, e scintillavano placide come se fossero stati ricoperti di brillantini. Rose non capii da dove venisse tutta quella nuova luce. A Hogwarts non c'erano impianti elettrici. Troppa magia, nell'aria. Niente funzionava con la tecnologia Babbana.
"Allora" mormorò l'infermiera, scrutando con sguardo critico i medicinali sulle mensole; Rose si ricordò all'improvviso che non era sola nella stanza "vediamo un po'. La pozione che ti ho dato la scorsa volta é finita, ma posso sempre prepararne un altra uguale. Sarà pronta per domani mattina, quindi se passi di qui per le sette..."
Rose la fissò perplessa. Non aveva ancora capito cosa volesse dire l'infermiera. Ci arrivò una frazione di secondo dopo.
"Ah. No!"
La donna si voltò verso di lei inarcando un soppracciglio, gli occhi di un marrone chiaro che avevano una sfumatura incomprese nelle iridi, e i due ciuffi neri che le incorniciavano il viso più minacciosi nel solito.
"Scusa?" Chiese, un po' irritata.
"Beh, no io...insomma, volevo solo-" la donna le lanciò un occhiataccia, e Rose sospirò "non sono venuta per me."
"Ma ti serve qualcosa" replicò calma l'altra, allungando una mano verso i barattoli allineati davanti a lei. "L'incanto Relievo non mente mai"
"Ma non sono venuta per chiederle qualcosa!" Esclamò Rose, alzando le mani avanti.
L'infermiera si voltò verso di lei, sbuffando.
"É allora perché sei qui a questa ora?"
Rose chiuse gli occhi, imponendosi la calma. Non era possibile "per quello che cercavo di spiegarle prima.
Mia cugina mi ha detto che mio fratello era svenuto durante Storia della Magia, ed ero venuta a vedere come stesse"
"Ah"
Rose non seppe dirlo con sicurezza, ma ebbe l'impressione di una nota di tensione della voce della donna. Il suo viso era diventanto più bianco e teso, come se qualcuno vi avesse gettato della polvere. Poi annuii con serietà, un lievissimo tremore nelle mani.
"Tu sei suo sorella" disse la donna, accennato con la testa al letto vicino alla finestra dove dormiva Hugo. Rose si chiese distrattamente come avesse fatto a non svegliarsi, dopo tutto quel casino. Ma non prestava troppa attenzione al fratello.
Stava fissando il volto dell'infermeria. Il suo sguardo preoccupato le aveva fatto balzare il cuore in gola. La donna aveva una aria triste, dispiaciuta, come se...
"Sta arrivando vostro padre, allora" disse la donna, avvicinandosi al letto di Hugo. Rose la seguii, impiegando diverso tempo per capire cosa intendesse. La sua preoccupazione salii alle stelle. "É stato avvisato dalla preside. Gli ha detto che era meglio se si fosse presentato alla scuola, in modo da parlare con lui. Dovrebbe essere qui fra una mezz'ora.
Tu" posò di nuovo il suo sguardo dentro quello di Rose, che quasi sobbalzò per l'intensità e la serietà delle iridi "puoi aspettarlo qui, accanto a tuo fratello. Puoi parlare liberamente, non si sveglierà."
"Ha il sonno pesante" assicurò Rose con un mezzo sorriso.
L'infermiera non lo ricambiò. "Ma io eviterei di fare troppo rumore. Non ci siete certo solo voi"
E pensa che non lo sappia?
L'infermiera le lanciò un altro sguardo, poi spostò gli occhi su Hugo e un ombra passò nelle sue iridi. Si voltò, ritornando nel suo ufficio e chiudendosi la porta alle spalle.
Rose rimase a fissare il rettangolo bianco che si apriva nella parete con sguardo assente. La tensione nella voce dell'infermiera le aveva addossato un ansia irrazionale e improvvisa, che comunque non riusciva a fare andare via.
La sentiva come un telo sulla pelle, ghiacciato. Si chiese se ne stesse facendo una tragedia per qualcosa che non era niente.
Forse. Ma aveva comunque la sensazione che quella donna le avesse nascosto qualcosa.
Spostò un attimo gli occhi su Hugo, osservando la figura piccola del fratello che spiccava in quel letto bianco. Quando lei era finita in Infermeria lui era andato a trovarla. Avevano anche parlato, un po'. Certo, non troppo civilmente e con sorrisi, ma comunque avevano parlato. Le aveva dato una compagnia che Rose non si sarebbe mai immaginata di avere. Sorrise al ricordo, e allungò una mano verso la testa scapigliata del fratello.
Percaso stava male? Svenire di punto in bianco in una lezione non era certo normale, ma bisogna comunque considerare la giornata.
Rose gli aveva detto di saltare le lezioni. Più volte. Ma lui non l'aveva ascoltata, aveva fatto di testa sua e adesso era in Infermeria.
Rose si domandò cosa avesse spunti Hugo a partecipare alle lezioni, quel giorno. Normalmente, come lei, anche lui aveva saltato le lezioni durante il diciannove settembre. Per tutti e tre gli anni precedenti.
Ma ora era diverso. Hugo ci era andato. E Rose non ne capiva il perché.
O era masochista, o sperava di sapere qualcosa.
Rose sospirò, chiudendo gli occhi.
Non capiva il morboso desiderio di Hugo di sapere qualcosa sulla madre. Avrebbe potuto accontentarsi, essere anche felice di non ricordare niente, eppure...sembrava che la mancanza di scene intime con lei lo distruggesse.
E Rose davvero non lo capiva. Lei sarebbe stata contentissima di non avere niente, non ricordare niente.
Di potersi togliere i momenti che la sua memoria aveva conservato con Hermione e lasciare solo il vuoto, permettendo all'immaginazione di colmare quella mancanza che disturbava tanto Hugo. Lei avrebbe preferito scagliarsi un Oblivion pur di rimuovere tutte quelle scene che costellavano, alle volte, i suoi incubi.
Tutte quelle scene in cui sua madre non faceva altro che soffrire, e Rose non poteva fare niente per aiutarla. Non poteva nemmeno capire il perché delle sofferenza di Hermione. Del suo dolore.
Rose chiuse gli occhi. Da un piccolo punto, da un nervo sepolto sotto strati del tempo, si scaraventò fuori una lancia, la spada inferta della memoria, che attraversò tutto di lei; saettò nella sua testa e rimbalzò sulle pareti; attraversò il silenzio con il fischio scuro e terribile di una freccia; piombò a metà nella sua mente e la spaccò in due; piegò il suo raggio tagliente e si pose in alto, bruciando ciò che toccava; si proiettò dietro le sue palpebre.
La stanza bianca esplose oltre la sua pelle, bloccata nel baratro dell'immaginazione e della realtà, incastonata in un momento parziale.
Il lettino era pieno di sangue. Il denso flusso rosso colava oltre il bordo, tingendo di scuro e paura il pavimento. Si allargava sulle mattonelle come una macchia d'olio.
Rose trasalí. Mamma.
Sbarrò gli occhi, e la scena si dissolse. Si scompose, esplodendo in una frammentaria nuvola di polvere e ansia che non lasciava niente dietro di lei. Rose puntò gli occhi nel buio oltre la finestra, ritraendo la mano dalla testa del fratello.
Si rese conto di respirare con affanno. Cercò di controllare il fiato.
Dopo le parole di Yahn, il ragazzo le era sembrato sul punto di dire altro, ma la porta della Biblioteca si era aperta all'improvviso, facendo morire sul nascere qualsiasi frase.
Rose aveva quasi ringraziato il fatto che qualcuno avesse calcolato la Biblioteca proprio in quell'attimo. Non voleva sentire altre condoglianze dal'ennesimo sconosciuto.
La sua gratitudine, però, aveva avuto vita breve. Lily, sulla soglia della porta, l'aveva fissata allarmata, un espressione mortificata in volto che aveva allertato Rose all'istante.
Si era alzata con un balzo, facendo quasi spaventare Yahn, e aveva raggiunto la cugina velocemente.
Lily aveva un aria trafelata. Le guancie erano arrossare, e il fiato corto. Le aveva detto una sfilza di parole di cui Rose aveva afferrato solo:"mi dispiace, Hugo... infermeria"
Non aveva ascoltato altro, e si era subito diretta verso la Sala indicata da Lily. All'inizio pensava che la cugina la seguisse, ma a un tratto non c'era più. Rose non aveva indagato oltre.
E poi era arrivata. L'infermiera le aveva dato motivo di preoccupazione e ora era seduta vicino al letto del fratello. Lo fissò ancora, quasi sperando che aprisse gli occhi e le rivolgesse uno sguardo. Non un sorriso: a Rose sarebbe bastato vedere gli occhi scuri di Hugo per essere più tranquilla.
Ma Hugo non lo fece, e Rose si sentii a un tratto svuotata.
Adesso era sola. Non aveva nessuno amico a cui rivolgersi, confidare le sue paure. Alice non le rivolgeva più la parola - e come biasimarla? Dopo ciò che lei le aveva detto perfino Rose stessa si vergognava di sé, s non si sarebbe più rivolta la parola. Roxanne invece non si era nemmeno degnata di guardarla in faccia quando le era passata davanti, come se Rose non meritasse nemmeno un suo sguardo.
Però pensò Rose con rammarico fuori due amiche in poco più di un giorno. Questo é un record.
Almeno aveva ancora Albus. Suo cugino le era rimasto amico, e non aveva nemmeno calcolato Malfoy per stare con lei!
Rose se ne sentii lusingata, poi terribilmente in colpa. Non voleva costringere suo cugino a scegliere fra lei e il suo migliore amico. Avrebbe dovuto amalgamare le cose, e a Rose andava anche bene passare del tempo con Scorpius - avrebbe sopportato, in somma - se solo il ragazzo fosse rimasto la stessa compagnia dei cinque anni precedenti.
Ma ora era diverso. Su questo non ci pioveva. Negli anni passati lui e Rose non avevano legato chissà come, ma avevano comunque conservato un rapporto civile.
Ora non era più così. Lui non perdeva occasione di offenderla. Quando c'era Alice era abbastanza sopportabile, ma così...
E poi le non aveva fatto niente!
E poi Rose ricordò. Alla mente le tornò ciò che era successo due giorni prima, dopo la litigata con Alice.
Lo aveva incontrato in corridoio, ed era stata brusca con lui.
"Merlino" sussurrò Rose, chiudendo gli occhi. Per quello non aveva scusanti: era stata lei a non essere civile.
Certo, Scorpius stava per offenderla, ma ciò non giustificava il suo scatto.
Forse avrebbe dovuto offrirgli di nuovo il suo aiuto. Lo aveva già fatto, sí, e lui l'aveva rifiutato. Rose aveva lasciato perdere perché comunque non era affar suo - l'offendere non era un trattamento riservato a lei - non aveva fatto niente, ma ora aveva dato solo un motivo in più a Scorpius per odiarla.
E questo, non andava bene. Lei doveva essere gentile, non alimentare all'odio.
Anche se quel ragazzo non se lo meritava. Per niente. Rose si passò una mano sugli occhi. Avrebbe dovuto davvero proporre di nuovo il suo aiuto a Sco...
"Oh Merlino!" Sbottò una voce, entrando all'improvviso nell'infermeria.
Rose si voltò di scatto, fulminea, chiedendosi se per caso i suoi pensieri non avessero invocato la persona sulla porta.
Scorpius Malfoy, la divisa da Serpeverde ligiamente ripiegata con cura e la cravatta che lanciava bagliori argenti-verdi intorno a loro, era sull'uscio, un espressione scocciata in volto. Quando la vide fece una smorfia.
"Weasley. Dovevo immaginare fossi qui. Il tuo tanfo da so-tutto-io si sentiva dal corridoio"
Rose sbatté le palpebre, senza rispondere. Non tanto per le parole del ragazzo, ma per la figura alta e scura che si stagliava dietro di lui.
Rose posò gli occhi sulla donna dietro Scorpius, e si chiese cosa facesse lí, ad Hogwarts. Non era una professoressa, né tanto meno un aiutante, altrimenti l'avrebbe riconosciuta, mentre il viso le suonava nuovo.
Non esattamente. C'era una sorta di sensazione di riconoscimento, come se la vista della donna le avesse sbloccato una valvola nel cervello e lasciato che un fiumare di immagini indistinte si riversasse come un sogno a occhi aperti. Era una specie di qualcosa a metà tra il nuovo e il vecchio.
Qualcosa che apparteneva al passato, ma che ci sarebbe stato in futuro.
"Allora?" Domandò la donna, facendo sobbalzare Scorpius - e Rose capii con un guizzo di perplessità che il ragazzo non sapeva di essere accompagnato "come sta il ragazzino?"
Rose la fissò senza rispondere. Scorpius fece diversi passi avanti, osservando la donna con gli occhi fuori dalle orbite. Aveva il viso arrossato, come se fosse arrossito.
"E tu che ci fai qui?" Chiese estrefatto, indicandola.
La donna gli lanciò un occhiata, entrò nell'infermeria e si chiuse la porta alle spalle. Fissò Scorpius incrociando le braccia al petto.
"Ti sembra il modo di salutare una donna come me? Dove sono finiti i buon e vecchi 'buoma sera?' e 'ciao, come stai?'"
"Dove hai detto tu" ribatté secco Scorpius "ai vecchi tempi"
Rose sussultò. Lei non si sarebbe mai rivolta a quel modo a una persona, né tanto meno a una più vecchia di lui.
La donna però parve non farci caso.
Gli rivolse una smorfia giocosa "proprio come tuo padre" disse quasi schifata.
Scorpius sorrise "non a caso abbiamo lo stesso cognome. Ci hai pensato?"
La donna fece un mezzo sorriso. Ora, sotto la luce delle candele e illuminata a giorno dall'infermeria Rose riusciva a vedere come fosse. Era vestita con un tubino nero, gli alti stivali del medesimo colore e una macchia verde che spiccava sulla sua spalla.
Rose ci mise più tempo del dovuto a capire che si trattasse di un reggiseno.
Spostò lo sguardo imbarazzata.
"Purtroppo, sí ci avevo pensato" disse la donna, mettendosi dritta sulla schiena "salutamelo, eh. E anche tua madre. É da un po' che non li vedo"
Scorpius socchiuse gli occhi.
"Ascolterai le sue parole?"
Lei lo fulminò con lo sguardo, perdendo il sorriso."Diciamo che tuo padre mi piace di più quando non da perle di saggezza"
"Fa sempre piacere sentirtelo dire, Pansy"
Rose riaquistò l'uso della parola. Quel nome fece scattare una campanella nel suo cervello, risvegliando qualcosa che non sapeva nemmeno di avere. Si voltò verso la donna.
"Lei...che ci fa lei qui?" Chiese, aggrottando le soppracciglia.
Pansy si voltò verso di lei con un sorriso. Sorriso che morii subito, non appena la guardò in faccia.
Rose si chiese cosa avesse. C'era forse un rimasuglio della cena?
"Ero venuta a vedere come sta Hugo"
"Come fa a sapere che non sta bene?" Domandò Rose, indagatrice.
Pansy la guardò sorpresa. "La ragazzina rossa non te lo ha detto? Sono stata io a portarlo qui"
"Hai portato uno Weasley in infermeria" domandò Scorpius sgranando gli occhi, scandalizzato, come se Pansy avesse fatto chissà quale peccato.
Pansy gli lanciò un occhiata superficiale.
"Mi pare ovvio, Scorpius"
"Ma non lo avresti mai fatto!"
"Non sapevo fosse uno Weasley" si giustificò lei. Rose rivolse ai due uno sguardo sorpreso.
Era stupefatta "vi conoscete?"
"Non sono affari tuoi" l'aggredí Scorpius, irrigidendosi.
"É una lunga storia" disse invece Pansy. Avanzò lungo la stanza "allora, come sta?"
Rose non capii subito. Poi la vide volgere lo sguardo dietro di lei, e comprese si riferisse al fratello.
"Ah" si strinse nelle spalle "io, emh...meglio, penso"
Non capiva come mai Pansy fosse così interessata, ma era comunque troppo sorpresa per prestarvi attenzione.
Forse si trattava solo di formale cortesia. Sí, probabilmente era così.
La porta dell'ufficio dell'infermeria si aprii di scatto, facendo sobbalzare tutti.
L'infermiera sbucò sull'uscio, osservando il trio con critica. Inarcò un soppracciglio.
"Non voglio sapere" disse. Si voltò verso Scorpius "signor Malfoy, con me"
Scorpius, per niente tramortito, la seguii dentro il suo ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.
Pansy lo fissò in modo appena più strano, poi si voltò verso Rose.
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma il rumore di una serratura la interruppe.
Per la seconda volta nel giro di pochi secondi, Rose voltò lo sguardo verso l'uscio, questa volta dell'entrata.
Suo padre entrò nella stanza a passo veloce, preoccupato. Avanzò fino al centro, una smorfia ansiosa a sfigurare il volto perennemente cupo. Poi si bloccò, gli occhi fissi su Pansy.
Lei incrociò le braccia la petto, ma Rose vide comunque una certa, seppur minima, sorpresa far capolino nelle iridi scure della donna.
"Che ci fai tu qui?" Sbottò Ron. Non era arrabbia, ma più sorpreso.
Come se non gli importasse realmente della risposta, ma volesse solo chiarire il perché.
Pansy sbuffò.
"Sono i tuoi figli?" Domandò, accennando con la testa a Rose e Hugo. Non aspettò una risposta "ho portato io tuo figlio in infermeria."
Ron accusò il colpo. Ora sembrava perplesso, incredulo.
"Non ti aspettare che ti ringrazi" disse burbero, riprendendosi "ha fatto solo il tuo lavoro"
"In realtà no" ribatté Pansy, irritata "potevo benissimo farmi i fatti miei, ma ho deciso di aiutare un professore fantasma che non si era nemmeno accorto che un suo studente si era sentito male"
"Secondo quale codice morale?"
"Quello del prima io, poi voi"
Ron fece una smorfia,"Non ti pagano per prenderti cura degli studenti?"
"In realtà, no. Non lavoro a scuola"
"Allora che ci fai qui?"chiese acido lui.
La porta che si apriva per l'ennesima volta evitò a Pansy di rispondere.
L'infermiera si affacciò di nuovo sull'uscio del suo ufficio, facendo uscire Scorpius. Il ragazzo rimase immobile fra Pansy e Ron.
"Questa" disse l'infermiera a denti stretti, gli occhi socchiusi fissi su Pansy "é un Infermeria. Non un luogo dove venire a giocare!"
"Ti sembra per caso che io stia giocando?" Chiese Pansy inarcando un soppracciglio.
L'altra non rispose. Si voltò verso Ron, pronta a dirgli qualcosa, ma le parole parvero soffocare nella sua stessa gola. Tutto il suo volto perse colore, mentre guardava Ron.
Anche lui le rivolse un occhiata confusa, come se si chiedesse qualcosa. La guardò da sotto le soppracciglia aggrottate.
"Ci conosciamo?"
"Oh Merlino." Disse Pansy, schifata "a dieci anni meno di te!"
"In realtà solo otto" ribatté l'infermiera, ripretosi.
Ron fissò Pansy con una rabbia cieca negli occhi. Storse la bocca.
"Non fare certe insinuazioni" sibilò, con una cattiveria che lasciò Rose sorpresa.
Rose si voltò indietro, verso il fratello, ignorando il resto del discorso. Poggiò una mano su quella di Hugo, forse sperando che così potesse dargli conforto per ciò che stavano sentendo.
La giornata più strana di tutte.
E poco c'entrava fosse il diacianove settembre.

In The Name/ Scorose.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora