Rose si stava preparando per lasciare l'infermeria. La febbre le era scesa per l'ora di cena, e reputava abbastanza inutile e egocentrico occupare un letto per del semplice stress. E poi, si sentiva meglio. Quella pozione le aveva fatto bene, dandole un riposo che non si era resa conto le fosse stato rubato. Inoltre, doveva tonare a scuola il prima possibile.
Aveva già perso due giorni!
Rose sospirò, mentre chiudeva la sua borsa di libri al tenue chiarore rosso del tramonto. La cena doveva essere appena iniziata, o lo sarebbe stata a breve, e l'infermeria era debolmente illuminata dalle candele e dalla leggera luce ormai morente che filtrava dalla finestra; i muri puliti, tanto bianchi che sembravano brillare di luce propria, ora era parzialmente coperti dall'oscurità, ombrati da una leggera coltre di nero, e velati da delle tenebre che né le candele, né gli ultimi raggi del sole, riuscivano a vincere, che ingannava l'osservatore facendolo cadere nell'errore di valutare quelle mattonelle in modo più spento di quanto in realtà fossero.
Più che altro, il centro era illuminato dal bagliore rosso-arancio del sole in procinto di tramontare, mentre agli angoli dipartivano, sempre più fitte e scure, delle ombre che nascondevano gli angoli della parete. Il disegno era quello di un cerchio giallo tagliatl dentro un foglio nero.
Rose scosse la testa, credendo che ormai si stesse perdendo troppo nei suoi pensieri. Doveva imparare a distinguere il sogno dalla realtà.
Controllò un ultima volta la borsa, gli appunti che Alice le aveva passato poco prima erano sistemanti ordinati sulla superficie, quasi come se Rose si sentisse più sicura a d'averli sotto vista e a portata di mano che in un angolo nascosto affondo del tessuto scuro, mentre qualche libro spiccava in basso, stagliandosi con la sua copertina colorata contro lo sfondo quasi invisibile della borsa.
Rose la chiuse con uno scatto e, con un movimento fluido del braccio, se la portò sulla spalla, ignorando le raccomandazioni che l'infermiera con lo shignon le aveva dato sul fatto di fare fatiche non strettamente necessarie. La dondolò un po', più che altro per assicurarsi di poter reggere quel peso, poi, velocemente, tagliò a lunghi passi l'infermeria, scavalcando qualche residuo di pozione caduto sul pavimento e non pulito.
"Ti avevo detto che non potevi portare pesi per le prossime due settimane, se non sbaglio" fece l'infermiera, sbucando a tradimento fuori dal suo ufficio, e affacciandosi alla porta con un cipiglio contrariato ma rassegnato.
Rose arrossì, voltandosi verso di lei con un sorriso di scuse.
Si toccò il collo imbarazzata.
"Mi dispiace. Ma non voglio chiamare qualcuno che mi aiuti"
"E io non voglio rivederti qui fra due settimane perché non mi hai ascoltato e i dolori ti fanno rimanere sveglia la notte" ribatté quella, avanzando e lasciando che la porta sbattesse flebile contro il suo uscio. Guardò Rose severa, incrociando le braccia al petto e scrutandola da sotto i due ciuffi scuri che sfuggivano all'acconciatura perfetta.
"Non penso io sia così debole" Replicò Rose "non c'è bisogno di tutta questa attenzione"
"Appunto. Lo credi tu. Ma, fino a prova contraria sono io quella laureata in Medimedicina"
Rose inarcò un soppracciglio.
"Grazie, ma conosco il mio corpo"
L'infermiera sbuffò, portandosi un ciuffo nero dietro l'orecchio; quello le rivolò davanti al volto velocemente, riprendendo la sua posizione iniziale, come se la donna non lo avesse toccato.
"Ti tengo preparato un letto, allora" disse la donna, voltandole le spalle con un sospiro di arresa e aprendo la porta del suo ufficio.
"Non ce n'è é alcun bisogno" esclamò Rose, forse un po' più forte del dovuto -ma poteva controllarsi se una le diceva che conosceva più lei il suo corpo che Rose stessa?- "sto bene"
L'infermiera si voltò verso di lei con aria scettica, le soppracciglia tanto alte da sfiorare l'attaccatura dei capelli.
Borbottò qualcosa con gli occhi marroni che si abbassavano come se rinunciasse a spiegare le sue ragioni e, senza lanciare il ben che minimo sguardo a Rose, si girò di nuovo, scomparendo dietro la porta del suo ufficio.
Rose rimase a fissarla in modo appena un po' più strano, trovandosi quasi come in una specie di trance. Poi, fuori, del giardino di Hogwarts, sentii una civetta gracchiare il suo verso, e la sua figura esile stagliò un ombra scura dentro il cerchio di luce del muro.
Rose si ridestò, sobbalzando lievemente, e si voltò indietro, aprendo la porta dell'infermeria.
"Forse dovresti chiamare qualcuno ad aiutarti."
La voce dell'infermiera la fece sobbalzare. Rose si voltò di scatto, osservando con un cipiglio contrariato la testa mora della donna che sbucava, come un bruco dal terreno, fra lo spiraglio della porta e del muro. La fissava con una sorta di ilare serietà divertita che la sconcertavano non poco.
Rose le sorrise comunque.
"Come ho già detto prima, sto bene.
Non ho bisogno di chiedere aiuto a nessuno"
L'infermiera fece un espressione per niente convinta, stringendo le labbra come se si sforzasse di non proferire altro.
La trafisse con gli occhi marroni.
"Non gli scoccierà a nessuno" le disse con una sicurezza nella voce che lasciò Rose spiazzata, "e, di certo, non penseranno che te ne stai approffittando." Accennò con le labbra a un sorriso "Fidati"
Prima che Rose potesse replicare, la donna era già sparita dietro la porta - di nuovo - seduta alla scrivania con il naso immerso nelle scartoffie mediche di qualche studente.
Era stata più veloce di uno sbuffo di vento in una giornata secca: tanto rapido e aspettato, che sembrava solo frutto di un profondo desiderio.
Rose fissò la porta un attimo confusa, poi si strinse nelle spalle, voltandosi e chiudendosi la porta dell'infermeria dietro la schiena.
I corridoi di Hogwarts erano deserti, e un leggero trambusto, forte quando un lieve mormorio che accompagnava lo studio degli uccelli in una sinfonia graziosa e armonica per l'udito, marcava la solitudine di quel posto sottolineando la presenza di gran parte degli studenti oltre le porte in quercia della Sala Grande, chiuse su la cena che doveva essere appena iniziata.
Rose sentiva solo i suoi passi rinnovare contro le pareti, e si perse un po' nei suoi pensieri, mentre, lentamente, si dirigeva verso la Sala Grande.
Continuava a domandarsi cosa avesse fatto a Scorpius per essere trattata in quel modo. Si chiedeva initerrottamente se avesse detto o avuto un modo di porsi che aveva irritato il ragazzo. Avrebbe voluto correggersi, magari
Poco importava cosa avesse detto Alice, poco importava che Scorpius non riservasse solo a lei quelle cattiverie ma le rivolgesse a chiunque fosse fuori dal nome Albus, poco importava che, per quanto scavasse nella sua mente, non riusciva a trovare un solo momento, un solo pretesto che poteva giustificare i comportamenti di Scorpius nei suoi confronti. Poco importava se stava lentamente uscendo pazza dalla situazione; poco importava se la sua testa aveva riniziato a dolere e la sua fronte di era scaldata.
Rose non faceva altro che darsi la colpa. Doveva sapere cosa aveva sbagliato con Scorpius.
Di certo nessuno si svegliava la mattina con la voglia di rendersi antipatico a tutti gli studenti di Hogwarts, ripercorrendo le orme di un padre che, ancora ora, veniva preso in giro e burlato per la sua codardaggine; di certo nessuno, da un giorno all'altro, decideva di buttare via la sua media da Prefetto e tutori Caposcuola per un capriccio infantile; di certo nessuno rischiava di inimicarsi le poche persone che erano diventate sue amici nonostante il suo cognome, che erano riusciti ad andare oltre la storia della sua famiglia, e che lo avevano accettato per quello che era, per il semplice gusto di provare cosa fosse essere solo.
No, nessuno era tanto stupido da rinunciante di punto in bianco a i suoi legami con degli altri compagni senza un motivo apparente; e nessuno trattava nello stesso modo in cui Scorpius stava trattando Rose - e il resto del castello, ma questo era un particolare che sfoggiava alla mente acuta della ragazza - senza avere una qualche movente eclatante contro di lei. Quindi si, lei doveva aver fatto qualcosa per farlo irritare.
Allo stesso tempo, però, non riusciva a capire cosa. continuava a ripercorrere mentalmente gli anni passati in compagnia del ragazzo, scervellandosi in quale occasione lei li avesse mai mancato di rispetto, o si fosse posta in modo da risultare tanto antipatico da scatenare la furia in Scorpius. Si, perché sicuramente, pensava di essere stata lei. Vista la cattiveria e l'impegno con cui Scorpius impregnava l'insulti che le rivolgeva, doveva essere lei il movente di tanti odio.
Era abbastanza certa di ciò.
Il fatto che potesse sbagliarsi non le passò nella testa, se non per un breve attimo, che la portò a un ragionamento intriso di sottotrame più complesso del precedente.
Forse Scorpius si era semplicemente arrabbiato con il mondo per qualcos'altro. Qualcosa in cui le non doveva mettere bocca.
Forse Scorpius stava tanto male da non calcolare più le sue azioni e non dosare i suoi pensieri.
Forse, semplicemente, ora se ne frega della vita intorno a lui.
Ma Rose voleva sapere il perché.
Anche Medelain Heartquache la odiava senza che lei sapesse la storia dietro, ma con la ragazza il desiderio di conoscere la verità e farsela amica non era così morboso ossessivo per il semplice fatto che Rose aveva la certezza sicura - diverse dalle ipotesi che stava facendo - che non era con lei che Medelain era arrabbiata, ma che la trattasse male per una specie di riflesso di qualcosa che le aveva fatto Hugo, che Rose aveva sempre voluto sapere, ma non aveva mai osato chiedere troppo al fratello.
Con Scorpius, invece, non era nemmeno sicura di non aver sbagliato, di non averlo trattato male, e il dubbio di non aver svolto tutto correttamente si era insinuato in lei fino a diventare una triste dichiarazione di verità.
Ma, una vana speranza, le faceva ancora credere che, forse lei non c'entrava - anche se la convinzione del contrario aumentava a ogni suo passo.
Avrebbe potuto aiutarlo, magari cambiando il suo atteggiamento. Nessuno meritava di stare male, non con lei che sapeva esattamente cosa si provasse a non essere in pace con sé stessi.
Ma poteva essere che lei non centrasse? A Rose sembrava impossibile.
E poi, anche se così fosse stato - ma ne dubitava molto - non sarebbe stato nel suo obbligo morale di aiutarlo? Di rendergli la vita un fardello un po' più leggero da sopportare? Poteva benissimo prendersene una parte, come già faceva con quelli di suo padre e suo fratello...
Un pezzo in più non poteva certo variarle molto.
Lei sapeva come ci si sentiva. Non voleva che qualcuno altro sentisse ciò che le provava ogni giorno.
Doveva fare qualcosa per aiutarlo, anche perché, ormai, si era autoconvinta che la colpa fosse sua.
Chi altro poteva essere stato? Erano tutti gentili e andavano d'accordo con Scorpius, non lo avevano mai ignorato come invece era solita fare lei.
Che Scorpius se la fosse presa per la poca considerazione che Rose gli dava era un ipotesi più che possibile.
Anche lei se la sarebbe presa con sé stessa.
Già, Rose era riuscita a fare gettare al vento tutto il duro lavoro di cinque anni di Scorpius per distinguersi dal padre con qualche sua poca sensibilità alla situazione. Non gli aveva rivolto la parola come lui desiderava e ora, per colpa sua, Scorpius si trovava incavolato con il mondo e con la maggior parte degli studenti di Hogwarts che lo odiavano.
E, tutto questo, per una stupida svista di Rose.
In tal caso, Rose gli aveva rovinato la carriera scolastica e le amicizie con una semplice mossa.
Fantastico. Pensò, triste cosa diranno ora gli altri di me? La ragazza che se la tira per chi erano i suoi genitori si diverte a rovinare la vita dei suoi compagni con comportamenti stupidi e immaturi da evitare.
Rose fece una smorfia, mentre le porte della Sala Grande si avvicinavano tanto da costringerla a rallentare.
Beh, se era davvero colpa sua, e quindi le sue ipotesi erano corrette, avrebbe dovuto migliorare la situazione di Scorpius, innanzitutto con delle scuse e poi porgendogli la mano per aiutarlo a rialzarlo - anche se l'ultima volta che ci aveva provato non era finito come aveva pianificato.
In caso contrario, nella piccola margine di probabilità che lei non c'entrasse niente con il repentino cambio di umore di Scorpius e la caduta dei suoi voti e che tutto fosse dovuto a un avvenimento estraneo del quale era meglio non sapere, beh...
Rose lo voleva aiutare comunque - e lo avrebbe fatto. Scorpius fino al quinto anno era stato un bravo ragazzo, gentile, intelligente e diplomatico, con uno splendido futuro davanti. Non meritava di soffrire, per nessuno.
In realtà nessuno meritava di soffrire, non c'era certo una regola che imponeva che solo le persone cattive dovevano avere i rimorsi e le incertezze e pesi gravosi sulla coscienza - anche perché, guarda caso, erano solo le persone più buone e gentili a soffrire (e Rose ne aveva sempre visto la conferma con suo padre) - e di certo, nessun diciassette enne avrebbe mai dovuto sentirsi tanto oppresso da rinunciare così, senza remore o timori, a ciò che era di bello la vita.
Quindi si, in entrambi i casi, Rose avrebbe aiutato Scorpius Malfoy ad uscire da qualsiasi momento di sofferenza che stesse attraversando.
Due braccia in cui rifuguarsi nei momenti bui erano meglio di nessuna; una mente a coprirlo e a raddrizzarlo non avrebbe certo fatto male; una spalla su cui appoggiarsi e prendere sostegno poteva solo migliorare la situazione.
E poi, anche una vaga curiosità stava nascendo in lei, benché Rose non fosse totalmente cosciente di questa.
Voleva sapere quale fosse stato lo shock tanto grave da fare dettagliate il treno sempre ligio di Scorpius dai binari dell'educazione e della cordialità.
Anche perché il timore di esserne la responsabile la stava mangiando dentro.
E doveva essere certa che lei non c'entrasse niente. Se no si sarebbe colpevolizzata all'infinito, rimanendo con la paura di aver fatto qualcosa di sbagliato e non essersene accorta o corretta.
Aveva il terrore di risultare antipatica con i suoi modi alle persone, e ciò non includeva solo Scorpius.
Troppo persa nei suoi pensieri, Rose non si accorse delle altre due ragazze che le si stavano avvicinando, perciò, quando se le ritrovò davanti così a sorpresa come se si fossero materializzare, sobbalzò di botto, cacciando uno strillo e balzando violentemente all'indietro, tanto che, quando atterrò, mise male il piede e perse l'equilibrio, cadendo di sedere sul freddo pavimento in pietra.
Si ritrovò lunga distesa sulle mattonelle di marmo, con due paia di occhi scuri preoccupati che la guardavano apprensivi.
"Oh mio Merlino" disse Padma Finnigan, chinandosi velocemente e assicurandosi che Rose non si fosse fatta troppo male; le porse una mano, sorridendo "tutto ok"
"Si" Rose impose al suo cuore di rallentare.
Le due erano sbucare da un corridoio laterale, non cadute dal cielo.
Sorrise alla ragazza, e prese la sua mano.
"Si, si, sto bene" Padma la tirò su "grazie."
"Scusaci" disse invece Padma, apprensiva "non ti avevamo proprio visto: non pensavamo potesti spaventarti così tanto"
"Siamo pari allora. Neanche io vi avevo visto"
"Non potevi verderci, infatti" osservò l'altra ragazza.
Rose si sentii arrossire, e si toccò imbarazzata il collo, passando il suo sguardo azzurro sulla compagna di Padma.
Laila Finnigan la guardava con la testa reclinata di lato, gli occhi castani assottigliati e un lieve sorriso stampato sul volto. Sembrava vagamente divertita dalla situazione, e il tutto era confermato dalla luce ilare nei suoi occhi.
Rose cercò di sorridere.
"Si beh...avrei dovuto comunque accorgermene...colpa mia" più che parlare farfugliava, e la sua frase terminò in un mormorio che si perse con quello della Sala Grande vicino a loro.
Si maledi mentalmente. Aveva detto diverse cose stupide in una singola frase.
Un vero record!
Laila fece per dire qualcosa, ma Padma le lanciò un occhiataccia, sorridendo invece a Rose.
"Non ti preoccupare. Siamo noi ad avere un talento per arrivare di soppiato" e scoccò un occhiata alla sorella, che arrossì abbassando lo sguardo.
Rose cacciò quella che doveva essere una risata, guardando le due ragazze davanti a lei.
Non aveva mai visto le sorelle Finnigan così vicine, e non era mai riuscita a farne un confronto, e solo ora capii perché non aveva mai associato l'una all'altra:
Erano completamente diverse.
Padma aveva la pelle ambrata, gli occhi un po' allungati e dei lineamenti non comuni agli inglesi, con dei lisci capelli neri che partivano dalla sua testa e si fermavano poco sotto le spalle, tagliando a metà la schiena.
Laila, invece, aveva ereditato i capelli rossicci del padre, che le scendevano a in un unica ciocca grossa e poco curata su una spalla, e i suoi lineamenti, insieme a due occhi scuri che stonavano con la pelle chiare e le lentiggini. Sulla sua divisa di Grifondoro spiccava la spilla di Prefetto, e Rose si ricordò di lei durante la riunione dei Corvonero.
"Beh" disse Padma, sorridendo "allora noi andiamo"
"Penso che anche lei deve andare in Sala Grande, Padma" osservò Laila calma, ma con una certa aria divertita.
Padma le scoccò un altra occhiataccia, mentre Rose rideva. "Guarda che lo so, microbo"
"Non si direbbe"
Rose affiancò Padma prima che questa potesse replicare altro, anche perché era seriamente preoccupata per l'incolumità di Laila, a cui nessuno avrebbe tolto uno scapellotto, a giudicare dallo sguardo assassino della sorella.
"Allora" disse Rose, aprendo le porte della Sala Grande e cercando di cambiare argomento per salvare la quindicenne; entrò nel vociare e nel trambusto del luogo della cena "di che parlavate?"
Contrariamente a quanto si era aspettata, Padma divenne dello stesso colore dei suoi capelli, e boccheggiò per qualche secondo.
Rose imprecò contro se stessa: era riuscita a mettere a disagio la sua compagna di Casa. Fantastico.
"Parlavano di tuo cugin-"
"Dobbiamo andare!" Padma interruppe la sorella, che stava cercando di dare delle spiegazioni a Rose con un luccichio malevolo negli occhi, le scoccò l'ennesima occhiataccia e la prese per un braccio, trascinandola lontana da Rose e portandola vicino alla Tavola dei Grifondoro, in un lato opposto a quello dove c'erano Alice, Lily e Roxanne. Rose le guardò andare via con una certa nota confusa e perplessa negli occhi, mentre puntava il lato opposto della tavolata vicino alle sue amiche e cugine.
Vide le due sorelle sedersi vicino a Sam Wood, che le guardò confusa, accanto a un Fred Weasley che sembrava intento in una interessante conversazione con la ragazza.
Rose sospirò, dirigendosi verso Alice, che la stava salutando con un sorriso a trentadue denti, mentre muoveva una mano nella sua direzione collezzionando più occhi di quanti Rose ne volesse. Arrossì lievemente, pregando che l'amica la smettesse di essere sempre così esuberante.
Rose le si mise accanto, sussurrandole di smetterla di salutare.
Alice abbassò la mano con un sospiro.
"Ti ha già lasciata andare quella dell'infermeria?" Chiese, servendosi il pollo nel piatto.
"Si" Rose posò la borsa "ma non era troppo contenta di farlo. Mi ha detto che mi conserva il letto"
"Addirittura? Ma che gentile!"
Rose alzò lo sguardo, incontrando gli occhi divertiti di Alice. Dietro di lei, vide Roxanne lanciarle un occhiataccia: per un attimo fu presa dal timore di averle fatto qualcosa e temette che la cugina fosse arrabbiata con lei, poi capii che in realtà stava indirizzando gli occhi fulminanti a Alice, e sospirò di sollievo, anche se credeva che, se qualla storia del loro litigio non fosse finita, si sarebbe davvero ritrovata in infermeria più velocemente del dovuto.
Rose stava per mettersi seduta, quando i suoi occhi catturarono una chioma bionda in movimento non indifferente.
Scorpius stava mangiando al tavolo sei Serpeverde, la testa chinata sul piatto senza interagire con il gruppetto di amici che gli stava intorno. Sembrava non prestasse attenzione a niente, troppo perso nei suoi pensieri.
Rose si ricordò quello che lui le aveva detto dall'inizio dell'anno fino a ora, filtrando le parole in un turbine di offese circolare simile a un tunnel.
Le venne la nausea.
"Non ci pensare. Non hai fatto niente di male. Non é colpa tua"
Alice, senza alzare lo sguardo dal suo piatto, aveva capito cosa la turbasse.
Le lanciò un occhiata severa, come rimproverandola di aver creduto anche solo per un momento, che il dolore di Scorpius fosse una sua responsabilità.
Rose ripensò ai suoi ragionamenti, tornando a guardare la chioma biondo platino - stranamente in disordine - di Scorpius, ancora china sui piatto e senza la brillantezza pulita che l'aveva caratterizzata fino al quinto anno.
"Non ci pensare nemmeno" Alice la ammonnii con un altro avvertimento, che Rose quasi non sentii.
Si sforzò di distogliere lo sguardo dal ragazzo, concentrandosi al suo tavolo rosso-oro. Riuscii a vedere chiaramente solo Alice, anche perché i suoi ragionamenti le tagliavano la visuale esonerando tutto ciò che c'era di inutile per lasciare la mente libera di pensare a ciò che reputava più importante.
Rose si sedette accanto a Alice, osservando distrattamente Roxanne che scagliava le sue briciole di pane su Lily, ancora arrabbiata per la sua mignatura misteriosamente scomparsa.
Sospirò.
"Dovrei parlagli" disse, più a sé stessa che all'amica.
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In The Name/ Scorose.
FanfictionTutti concordano sul fatto che Rose Weasley é una delle persone più buone al mondo: sempre gentile e altruista con tutti ( e con tutti, ovviamente, comprendo anche gli animali, dai più piccoli e innocui ai più grandi e pericolosi) pensa prima alle n...