Capitolo 89

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Scorpius aveva quasi perso il treno. Dannazione. E tutto per colpa delle solite paranoie di sua madre! Non era possibile...una volta tanto quella donna avrebbe dovuto capire che non c'era bisogno di ripetere trecento volte le stesse domande. Tanto la risposta era sempre la stessa. Per caso si aspettava cambiasse così, da un momento all'altro?
Però ciò non aveva di certo fatto desistere Astoria Malfoy dal chiedere sempre le stesse cose, fino all'esaurimento del figlio, arrivando quasi in ritardo alla stazione. Gli aveva chiesto se aveva preso tutto, se aveva contattato Scarlen Julep, se si erano messi d'accordo con i loro incontri eccettera eccetera...
Quando Scorpius si era reso conto mancassero solo cinque minuti alle undici, aveva lanciato uno strillo allertarndo suo padre, e alla fine aveva salutato la madre in fretta e furia, mentre Draco lo materiallizava alla stazione di King Kross.
Era riuscito a salire appena in tempo, ma non aveva avuto il modo di cercare Albus. All'inizio gli dispiaceva, poi aveva pensato fosse meglio così.
Aveva bisogno di stare un po' da solo. E poi chissà, magari il suo piano aveva finalmente funzionato e, in barba a ciò che Albus gli aveva detto prima delle vacanze si era stancato di lui e aveva deciso di abbandonarlo.
Il pensiero gli diede una certa tristezza. Scorpius scosse la testa, continuando a ripetersi che, vista la situazione, era meglio così.
E quindi, la frustrazione che provava di era tramutata in odio per Astoria.
Scorpius credeva che se sua madre gli avesse fatto perdere il treno, lui non le avrebbe rivolto la parola per tanto tempo. Al diavolo i pochi mesi...Scorpius se la sarebbe presa con sua madre.
Chissene se poi ci sarebbe rimasta male. Era la vita.
Viene e va. Pensò Scorpius meglio che viene, piuttosto che va.
Già. Non gli serviva uno stupido detto antico per capire che la morte era una brutta belva. Brutta brutta.
Scorpius scosse la testa.
Quando era salito sul treno non trovava Albus, e aveva deciso di smettere di cercarlo dopo pochi secondi.
Non era egoismo, no? Lo faceva per il bene di Albus. No..ovvio che non lo fosse.
Scorpius si incamminò lungo i corridoi del treno. Tutti gli scompartimenti erano pieni, e nessuno sembrava troppo disposto ad accoglierlo nella cerchia di amici. Anzi, a giudicare dalle occhiate che gli lanciavano, sembravano proprio chiedergli di andarsene via velocemente. Chi poteva biasimarli? Dopo il comportamento degli ultimi mesi Scorpius non era sorpreso che nessuno lo volesse accanto. Era ironico, se ci pensava. Nel giro di quattro mesi di era distrutto la reputazione di ragazzi affidabile che si era sudato per cinque anni.
Bella mossa. Aveva fatto praticamente tutto con le sue mani. Ma era necessario. Forse gli altri ancora non lo sapevano, ed era meglio così...
Ma avrebbero capito. Fra tanto tempo, ma avrebbero capito.
E allora sarebbe stato troppo tardi.
Scorpius sospirò. Si fermò davanti all'ennesimo scompartimento, sbirciando dalla piccola finestra della porta. Riconobbe una ragazza dai capelli rossi legati in una treccia di fuoco che le scendeva lungo la spalla.
Sgranò gli occhi, sorpreso, e il suo cuore fece una capriola di cui appena si accorse.
Poi guardò meglio. Aveva visto male.
La ragazza nello scompartimento al collo aveva una cravatta giallo canarino, non una rosso fuoco. Gli occhi erano verdi, non la distesa azzurro mare. Scorpius la riconobbe come una delle cugine di Albus, quella che stava in Tassofrasso: Lucy, si doveva chiamare, o qualcosa di simile.
Accanto a lei, una altra ragazza dai capelli rossi, identica, aveva un libro sulle gambe e stava ripassando, i capelli raccolti in una crocchia fatta perfettamente dietro la nuca e due occhiali quadrati sopra il naso. Doveva essere la gemella di Lucy, Molly. E la terza ragazza, bionda, doveva essere Dominique, il Caposcuola di Grifondoro.
Quelle tre stavano sempre insieme. Un trio abbastanza affiatato, il loro.
Scorpius fece una smorfia. Forse quelle ragazze non avrebbero avuto problemi a farlo sedere con loro, ma credeva davvero che non potesse cadere così in basso. Quelle erano tre secchione. Viaggiare con loro sarebbe stato noiosissimo, quasi più delle lezioni di Binnis.
No, ok, il prof fantasma non lo batteva nessuno in quanto a compagnia soporifera, ma ciò non voleva dire che quelle tre fossero da meno. Cioè, troppo meno.
Scorpius passò oltre. Dopo tutto quello che era successo, credeva ancora di avere una dignità tale da impedirsi di viaggiare con loro.
Passò davanti a altri scompartimenti. In uno c'era la squadra al completo di Corvonero, nei quali Scorpius riconobbe Louis Weasley e Cristian Bott, due prefetti del sesto anno.
In una altra c'era un ragazzo di Tassofrasso, il figlio del professore di Erbologia. Frank Longbottom.
Aveva lo sguardo assorto fuori dal finestrino quando Scorpius passò, e stava pensando tanto intensamente che anche se avesse voluto, Scorpius non sarebbe riuscito a leggergli cosa gli passava per la testa.
Le parole cozzavano l'una con l'altra in una perfetta confusione, come uno schermo che proietta i titoli di coda troppo velocemente a fine di un film.
Diventavano illeggibili. E poi Scorpius non aveva voglia di perdere del tempo con lui. Non si sforzò nemmeno di scavare nella sua testa.
Passò avanti senza fare niente.
Dopo Scorpius incontrò Lily Potter alle prese con Lysander Scamander, e Fred Weasley che parlava con una ragazza dai capelli biondi.
Nel giro di pochi minuti incontrò l'intero clan Weasley-Potter, dal quale si tenne a debita distanza.
Se qualcuno avesse detto a Albus che lui era andato a colpo sicuro senza aspettarlo... probabilmente il suo migliore amico si sarebbe incazzato tanto da dimenticarsi di vivere.
Alla fine, arrivò fino alla fine del treno. Sbuffò, lanciando il suo baule con poco garbo contro una porta chiusa. Ecco, arrivava tardi e non poteva nemmeno più mettersi a sedere.
Fantastico.
Si passò una mano sul volto, stanco.
"Che sfiga" borbottò a nessuno in particolare. Si appoggiò con la schiena contro il fondo del treno, aspettando...niente, sostanzialmente, ma la sola idea di star la e fare qualcosa - aspettare - gli dava un certo senso di conforto.
Lo faceva sentire meno perso.
Poi successe. Boom.
Scorpius si girò di scatto, il cuore a mille. Il suo baule era ancora immobile contro la parete, esattamente nel punto dove lo aveva scaraventanto prima, ma...
Sì, doveva essere successo. Non era ancora impazzito fino a quel punto.
Si staccò piano dalla parete dove si era appoggiato, circospetto.
Gli mancava solo un infortuneo prima di andare a Hogwarts. Quello sí che sarebbe stato il colmo.
Scorpius si avvicinò a una porta, quella su cui era certo si fosse appena abbattuto qualcosa di pesante. Molto, pesante. Facendo attenzione a non fare rumore, Scorpius si chinò sulla finestrella, per vedere cosa stesse succedendo.
C'era un panno abbassato sul vetro, di quelli che si mettono per la privacy - Scorpius stesso, con Albus, ne aveva messo più di uno - ma qualche spiraglio era ancora libero per riuscire a vedere. Lo scompartimento era vuoto, fatta eccezione per un ragazzino dai capelli rossi che fissava le proprie mani in modo quasi assente, gli occhi sbarrati come se vedesse qualcosa agli altri invisibile.
Scorpius corrugò le soppracciglia. Sbuffò.
Era l'ennesimo membro del clan Weasley-Potter. Fantastico. Se ci fosse stata una collezione lui la avrebbe già finita un paio di volte.
In quel momento il ragazzino si alzò, entrando centrato nella porzione di scompartimento visibile a Scorpius.
Lui ci mise un attimo a riconoscerlo. La cravatta verde-argento che portava al collo era difficile da confondere. E poi lo caratterizzava.
Hugo Wealsey. Fantastico. Il fratello della ragazza di cui sua madre era madrina.
Scorpius chiuse gli occhi. Da quando in qua lui faceva certi ragionamenti a cerchio? Allora davvero doveva essere più fuso di quanto credeva.
Questo giustificava le ansie di sua madre.
Scorpius lanciò un ultimo sguardo dentro lo scompartimento, poi sbuffò.
Si voltò per andarsene. Non se la sentiva proprio di passare il resto del viaggio con uno con più problemi di lui. Meglio solo che stare ad ascoltare i pensieri di un ragazzino del quarto anno.
Poi esitò. Si bloccò, le gambe tese e in tensione, mentre le orecchie gli si elevavano per raggiungere una finezza che era solito coglierlo in quelle occasioni. Rimase in ascolto, pensando.
Quella poteva essere un ottima occasione per leggergli un po' nel pensiero. Frugargli nella mente e soddisfare quella curiosità morbosa che lo aveva colto.
Scoprire la verità dietro la morte di Hermione Granger, insomma.
Fece retrofront, guardando dentro lo scompartimento. Hugo si era rimesso a sedere. Ora aveva qualcosa in mano, un libro, e lo leggeva con occhi attenti. Sempre sbarrati, tesi come avrebbe potuto essere una corda di violino, cercando di assimilare tutto delle parole stampate.
Eppure Scorpius sapeva fosse solo una finta. Una copertura, un pretesto che non avrebbe fatto sospettare di lui. E la copertina gli tremava fra le dita.
Scorpius corrugò le sopracciglia. Evidentemente, il ragazzino era immerso i ragionamenti ben più profondi di quello che avrebbe potuto immaginare. Si chiese se avrebbe potuto leggergli indisturbato nel pensiero, oppure se il ragazzino se ne sarebbe accorto. O forse ciò a cui stava pensando avrebbe formato una specie di muro fra ciò che Scorpius stava cercando.
A meno che non pensasse a quello che Scorpius stava cercando. Se Hugo si fosse concentrato su quel pensiero...
Sarebbe stato incredibilmente facile trovare la soluzione al dilemma.
Scorpius sbirciò di nuovo dentro. Era solo, il che facilitava per leggergli nel pensiero. Continuava a guardare il libro, ma gli occhi erano fermi. Aveva rinunciato perfino a fingere di star leggendo.
Scorpius si guardò intorno un attimo. Quell'incontro poteva concludersi anche bene per lui. Magari avrebbe risposto alle sue domande e avrebbe smesso di interessarsi ai due fratelli Weasley. Sì, quella prospettiva era molto invitante.
Quella era una chance che non andava sprecata.
Scorpius si schiarii la voce, e aprii la porta dello scompartimento.
Hugo Wealsey sobbalzò, evidentemente sorpreso che qualcuno fosse andato fino alle fine del treno. Forse aveva scelto quel posto apposta per non essere disturbato, essere lasciato in pace senza scocciature...
Oh beh, a Scorpius non importava.
Non era scritto da nessuna parte che ci si potesse prendere uno scompartimento solo per sé. Bisognava per forza condividerlo con qualcuno.
E Scorpius aveva il diritto di stare lì. Fece un sorriso al ragazzino, che gli rifilò solo un occhiata diffidente.
"Il resto del treno è occupato" si difese Scorpius. Uscii dalla porta e recuperò il suo baule. Quando rientrò, gli occhi scuri del ragazzino continuavano a guardarlo in cagnesco.
Scorpius lo ignorò. "Starò zitto." Assicurò con un cenno del capo anche perché ho bisogno di concentrazione per leggere a fondo nella testa delle persone "A patto che tu faccia lo stesso"
Lui non disse niente. Fece solo un minuscolo cenno con la testa, che poteva essere un diniego come un assenso. Scorpius decidette di credere fosse il secondo.
Mise il suo baule in alto, e si sedette sul sedile. Ebbe appena il tempo di mettersi comodo, quando incontrò gli occhi scuri del ragazzino.
Per poco sobbalzò. Dannazione. Se lo metteva così in soggezione non sarebbe mai riuscito a leggere bene i meandri più profondi della sua testa.
E poi...avevano un intero viaggio da condividere insieme. Se iniziavano con il piede tanto sbagliato, allora, sarebbe stato un inferno.
Hugo inarcò un sopracciglio. "Come mai sei qui?" Chiese, con la solita faccia scazzata che aveva perennemente in volto.
"Perché devo passare un viaggio? E questo é l'unico posto libero" inclinò appena la testa "vuoi che te lo rispieghi in modo più semplice?"
"No" Hugo soffiò irritato, e Scorpius sorrise, soddisfatto "intendevo perché non sei con Albus. Non siete tipo pappa e ciccia, voi due?"
"Mi sembra che avessimo deciso di non fare domande" Scorpius accennò un sorriso infastidito. Voleva leggergli nella mente, cercare quello che voleva trovare.
Ma se continuavano quella stupida conversazione non ci sarebbe mai riuscito.
"Tu hai deciso" ribatté Hugo. Le sue mani tremavano e, sebbene la mente di Scorpius fosse concentrata alle sue parole, capiva che il ragazzino stesse pensando a altro.
Sentiva che la testa di Hugo era altrove, che stesse pensando a altro mentre parlavano. E non solo per il suo tono a tratti distratto o le sue risposte a scoppio ritardato: percepiva i pensieri spaccati a metà: una parte le sue risposte, l'altra concentrata su qualcosa di profondo e doloroso, che sembrava starlo provando dritto nel cuore.
Era perso in altri ricordi.
E non era piacevole.
Ricordi in cui era immerso da tanto...Scorpius percepiva come un senso di muffa, qualcosa di marcio che impregnava le parole scoordinate e prive di senso, che gli arrivavano solo a tratti oltre la protezione del confine personale.
Scorpius corrugò la fronte. Si chiese se quel ragazzino, per caso, non fosse masochista: perché continuare a rimuginare su qualcosa che lo feriva? Non poteva semplicemente ignorarlo?
Una lampadina si accese nel suo cervello.
Forse era per quello che non stava zitto. Forse era per quello che ignorava ciò che lui aveva detto appena un attimo prima.
Forse usava quella conversazione per distrarsi. Avere una scusa per non perderei dentro quelle cose che lo derivano. Si...Scorpius era abbastanza certo del fatto che non rispettasse il loro patto per quello.
O forse voleva mandarlo via rivelandosi il ragazzino pieno di problemi che era. Poteva essere anche questo.
Nella sua testa c'era una confusione atroce.
Scorpius, però, era determinato nei suoi obbiettivi. "Vorresti sul serio scambiare delle parole con me?" Chiese inarcando un soppracciglio. Si adagiò meglio sullo schienale, una posizione scorretta, e lanciò al ragazzino uno sguardo eloquente.
Hugo si strinse nelle spalle. "Non mi ha mai dato fastidio il tuo essere uno stronzo"
"Attento alle parole" Scorpius lo guardò accigliato.
"Con tutto il castello" proseguii il ragazzino come se lui non avesse parlato. "Anzi...dici quello che pensi.
Lo trovo molto più naturale e meno ipocrita. E ammettilo: qua sono quasi tutti ipocriti"
Scorpius si mise sull'attenti. Un pensiero fugace aveva sfiorato il suo campo d'azione. Fissò Hugo intensamente. "Ti stai riferendo a qualcuno in particolare?" Domandò con lo sguardo affilato.
Hugo sgranò gli occhi; lo guardò allucinato per un secondo; aprii la bocca per dire qualcosa ma non ne uscii alcun suono. Poi, l'attimo dopo, tornò perfettamente immobile, calmo come se quel momento di panico non fosse mai successo.
Ma Scorpius aveva sentito l'orda dei suoi pensieri che si erano agitati come una mandria di gazzelle all'arrivo dei leoni.  E sapeva quanto fosse turbato.
Sorrise internamente vittorioso.
Aveva fatto centro.
"Sai che c'è?" Chiese Hugo, gli occhi scuri quasi neri "ora che mi ci fai pensare é meglio stare in silenzio.
Io per fatti miei, tu per fatti tuoi.
Abbiamo ancora un lungo viaggio da affrontare, e vorrei arrivare a Hogwarts con i nervi ancora saldi" gli sorrise, completamente privo di felicità, con uno sguardo glaciale "ammesso che tu voglia"
"Fidati. Voglio eccome"
Ecco. Ora che Scorpius ci era andato vicino, il ragazzino non aveva voglia di parlare.
Tipico. Faceva lo spaccone fin quando non di rendeva conto di essere più esposto di di quanto credesse.
"Bene" Hugo gli lanciò un ultimo sorriso sbienco, poi si abbandonò allo schienale della seduta. Il sorriso gli sparii dal volto come se qualcuno vi avesse passato un panno sopra, e lo sguardo si fece stranamente vago, spento...come sentendo gli occhi attenti di Scorpius su di sé il ragazzino si riscosse. Si allungò sul sedile e agguantò il libro che aveva poggiato prima. Cime Tempestose lesse il titolo Scorpius.
Ah pensò ironico, vagamente sorpreso é un colmo bello e buono.
Scorpius finse di guardare fuori dal finestrino, le campagne inglesi che scorrevano velocemente davanti a lui. Vedeva ancora il ragazzino riflesso nel vetro. Scorpius ghignò vedendolo impegnato nella lettura.
Era un bravo attore, doveva rendergliene atto. Chiunque fosse passato di lì e lo avesse visto avrebbe pensato che fosse assorto nella lettura. Aveva il viso concentrato, gli occhi si spostavano velocemente ma non troppo sulla pagina stampata, e a intervalli costanti e normali girava pagina.
Ma Scorpius era un Legilimets. Leggeva nella sua testa che solo parte del cervello era concentrato nella lettura. L'altra era immerso in fatti propri, e considerava le parole del libro come un tenue sottofondo.
Stava pensando a un ricordo. Lo riviveva nella mente costantemente.
Ed era come se tutto il resto fosse esiliato.
Scorpius dovette concentrarsi per capire cosa riguardasse. Gli sembrò di sbattere diverse volte contro un muro, picchiando la testa tanto forte da avere un attimo un giramento.
Alla fine, riuscii a fare un buco nel caos dell'indefinito, e piombò dentro i ricordi di Hugo Wealsey.
La casa aveva i tratti sfumati. I contorni sembravano avvolti in una nebbiolina biancastra. Scorpius sapeva cosa voleva dire: quei dettagli non erano importati.
Riuscii a capire che si trovava dentro una casa, un salotto visto il divano anche abbastanza logoro che torreggiava al centro della stanza. Scorpius ci mise qualche secondo a capire che fosse più rovinata di quanto potesse sembrare a una prima occhiata. All'inizio pensò di trattasse di una casa abbandonata, ma i suoi nervi vibrarono tanto violentemente da fargli male. Strinse le labbra, e il vetro gli restituì la sua espressione concentrata.
Si era sbagliato. Quella era la casa degli Wealsey.
Scorpius scosse la testa, poggiandosi contro lo schienale. Chiuse gli occhi.
La testa gli pulsava. Leggere nel pensiero era comunque una attività faticosa e, sebbene non ci fosse il minimo sforzo fisico, gli costava tante energie. E adesso erano quasi tutte prosciugate.
Si concentrò, sforzandosi di estendere il suo campo visivo a un livello più alto, a farlo elevare sopra i rumori comuni. Gli parve di riuscire a sentire una carezza sulla pelle, prima di rendersi conto fosse lo spostamento di un pensiero.
Si mise sull'attenti, sperando con un angolo della mente che non destasse sospetti al ragazzino davanti a lui.
La voce gli arrivò piano, come un sussurro, ma Scorpius sapeva che non era stata così. Che nella realtà era stato una specie di urlo, una sgridata ben più forte di quanto il suo compagno di Casa ricordasse.
Era di un uomo, Scorpius immaginò si trattasse del signor Weasley.
Lui non era certo un uomo famoso per la sua tranquillità. Cioè no, ad essere tranquillo lo era, il fatto era che...
Non sembrava più provare emozioni. Niente. Un uomo morto dentro. Gli si poteva dire di tutto, e lui si sarebbe limitato a guardare, senza dire niente, forse solo alzando la bacchetta per mettere a tacere il disturbatore.
Sì, Scorpius non aveva mai provato a dare fastidio a quell'uomo (anche perché, quando aveva undici anni, gli aveva messo addosso uno strano terrore, una soggezione difficile da scacciare anche con l'età che cresceva) ma era abbastanza certo che sarebbe andato proprio così.
Il signor Weasley diceva qualcosa, sembrava raccontare una specie di storia. Scorpius ne colse il succo generale: che la morte di Hermione Granger fosse colpa dei figli.
Con uno sforzo incredibile, Scorpius uscii dalla testa del ragazzino. Il dolore alle tempie gli strappò un gemito, e per errore scivolò dal sedile, dritto sul pavimento in metallo dello scompartimento.
Lo scontro con il duro di ferro si tradusse in un botto non indifferente, e Scorpius si sentii come trafitto da una centinaio di spilli sulla parte colpita.
Hugo alzò lo sguardo su di lui, perplesso. Evidentemente, pensò Scorpius mentre gli lanciava un occhiata dal pavimento, l'impatto era stato tanto violento da riportarlo alla realtà.
Hugo si sorprese un secondo, poi ghignò. Il perfetto ghigno di una Serpe.
Scorpius balzò in piedi. "Non dire niente" sibilò al ragazzino, che sogghignava, e si risedette al suo posto.
Hugo gli lanciò un ultima occhiata di scherno, poi tornò al suo libro. Scorpius non ne era sicuro, ma gli parve che persino il divertimento di prenderlo in giro svanisse dal suo volto, e il ghigno che aveva fatto gli morisse sul viso, abbassandosi fino a scomparire nel resto della faccia incolore.
Scorpius lo fissò. Non era riuscito a trovare ciò che cercava, e quello che gli aveva letto dentro lo aveva lasciato con l'amaro in bocca.
Adesso, provava una specie di...magro dispiacere per il ragazzino, una comprensione di rammarico.
Non doveva essere bello sentirsi dire dal proprio padre che avrebbe preferito un aborto.
Quasi avrebbe voluto dirgli lui che quello che il padre aveva detto non lo pensava veramente, che era stato un momento di rabbia e che...
Scorpius scosse la testa. Non doveva concentrarsi su queste frivollezze. Non doveva stare ad ascoltare i sentimenti, o sarebbe stata la fine, vista la sua situazione.
Doveva mantenere i nervi saldi e pensare al suo obbiettivo.
Capire quel ricordo che gli aveva letto prima della partita di Quiddich.
Come mai Hugo conservava un ricordo della madre morta, se lei era deceduta dandolo alla luce?
Il resto del viaggio passò in religioso silenzio. Scorpius non si mosse dalla sua postazione, mentre Hugo aveva quasi finito di leggere il suo libro.
Nessuno bussò al loro scompartimento. Neanche un anima.
Nelle ore finali del viaggio, Scorpius aveva provato a leggere ancora nella testa del ragazzino, provando a scavare per riuscire a inserire quel ricordo- quello della famiglia felice che giocava nel giardino, ovviamente - in un contesto. Ma niente.
Era come se si fosse volatilizzato nella sua mente.
L'unica cosa che Scorpius riuscii a capire era che Hugo pensò qualcosa a proposito della sorella, forse delle scuse, ma Scorpius non capii né il perché, né quell'aria triste che punteggiava le parole.
Ci fece appena caso, però. Non aveva trovato quello che cercava e, il resto, ora non gli importava più di tanto.
Quando arrivarono a Hogwarts, Hugo e Scorpius si separarono, per poi ritrovarsi fianco a fianco mentre camminavano per i sotterranei di Hogwarts. Il ragazzino non lo calcolava, e Scorpius nemmeno, ma gli era comunque impossibile non leggergli nella mente.
Hugo continuava a pensare a sua sorella, con una insistenza tale che era difficile ignorarla.
Da come la vedeva Hugo, Rose Wealsey sembrava una delle ragazze più dolci e gentili del mondo. E, per quanto aveva potuto vedere anche Scorpius, lo era. Insomma, era narcisista, ma non poteva dire che il ragazzino si sbagliasse. Cioè, grosso modo era giusto, ma nei dettagli Scorpius ci avrebbe voluto mettere un po' una mano. Così, giusto per rendergli più perfetti.
Scorpius continuò a leggergli nel pensiero anche nella Sala Comune. Quando Albus lo raggiunse, Scorpius teneva sempre un orecchio per ascoltare il migliore amico e l'altro per sentire i pensieri del ragazzino.
Si sorprese per il fatto di sorprenderlo ancora a pensare a Rose. Quanto era passato? Un ora? Due?
Molto tempo. Per Scorpius, che in quei mesi si era abituato a non prestare attenzione su una stessa cosa per troppo tempo di fila, era un vero record. E lo lasciava perplesso.
Alla fine, quando andarono a dormire, il pensiero costante di Rose Wealsey nella testa del ragazzo era stato tanto pressante e stressante che Scorpius si era ritrovato a rimuginare su di lei anche la notte.
Era rimasto a fissare il tetto del suo Baldacchino, chiedendosi se Hugo avesse tutta quella ragione. Forse no, ma poteva anche essere di sì.
Quando finalmente si addormentò, la faccia sorridente della Grifondoro era rimasta tanto tempo impresa nella sua mente che Scorpius si ritrovò anche a conservarla per tutta la notte.
I suoi sogni, suo malgrado, furono tormentati da una ragazza dai capelli rossi e gli occhi azzurri.

In The Name/ Scorose.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora