Capitolo 97

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"Ronda?"
"Albus" Scorpius sospirò, passandosi una mano sulla fronte "sì, ma non é assolutamente il momento. Non sono in vena di favoritismi"
Albus lasciò cadere la sua divisa, oltraggiato. "Non volevo chiederti un favore!"
"Come no" sbuffò scettico Scorpius.
"Sai?" Sbottò Albus "é offensivo da parte tua credere che quando ti parlo dei tuoi doveri da Prefetto sia solo e esclusivamente a scopo personale.
Magari potrei anche interessarmi alla tua vita"
"Sei...ciclita per caso?"
Una scarpa volò nell'aria, disegnando una traiettoria grigia sulle pareti verdi del Dormitorio. Scorpius la vide appena in tempo, ma non riuscii comunque a spostarsi.
La scarpa lo colpii in testa con un suono sordo.
"No" disse Albus, riprendendo a piegare la sua divisa "solo... ipersuscettibile"
Scorpius si tirò su i gomiti, osservandolo in sottecchi. "Sì.
Sei ciclato" sentenziò.
Albus alzò gli occhi al cielo. "Credi quello che ti pare"
"Oh non mi devi dare il permesso." Scorpius ghignò "libero arbitrio"
Albus si girò a guardarlo "sbaglio o oggi sei più cattivo e irritante del solito?"
"Nah. Sono sempre così. Solo che tu non te ne sei ancora accorto. Hai aperto gli occhi su di me e hai intenzione di andartene?"
Albus gli tirò una camicia. "Abbastanza soddisfacente come risposta?" Domandò, mentre l'amico lottava per liberarsi dalle grinfie della stoffa bianca.
La testa bionda di Scorpius sbucò da sotto l'indumento. Aveva una espressione scazzata. "Sì" disse secco.
"Comunque" riprese Albus dopo diversi attimi di silenzio, mentre con la bacchetta radunava le cose che aveva lanciato; sentii indistintamente Scorpius sbuffare. "Quindi...oggi sei con mia cugina"
"Quale?"
"Roos-" Albus si interruppe, chiedendosi come Rose si fosse presentata a Scorpius (ammesso che lo avesse fatto). Albus cercò di riportare la memoria a ormai cinque anni prima, ma non fu sicuro se Rose si fosse fatta chiamare con il vero nome o con quello della madre. Poi gli venne in mente che si chiamavano per cognome "Rose. Quella del nostro anno dai capelli rossi"
"Ah" disse Scorpius "beh, sì, le ronde le faccio con lei. Ma da tanto tempo, ormai"
Albus esitò. Voleva chiedere una cosa, ma credeva di essere invadente. E non sapeva come il suo migliore amico avrebbe reagito. Poi si mise se-
-duto sul letto, lo sguardo fuori dalla finestra che dava dentro il Lago Nero.
Optò per usare un tono casuale e distaccato. "Così...insomma, lei ti dà ripetizioni?"
Scorpius lo guardò accigliato. "Albus, ci sei? Eri anche tu a lezione.
Sì, mi dà ripetizioni"
Albus lo fulminò con lo sguardo. Essere preso in giro, proprio quel giorno, non gli andava.
"Mi chiedevo" disse cauto Albus, fissando sempre intensamente le acque sporche del lago di Hogwarts "se..."
"Se?" Lo incitò Scorpius annoiato.
Albus prese coraggio."Vi eravate messi d'accordo?" Sputò velocemente.
Scorpius scattò a sedere, orripilato.
"Cosa?" Chiese, con la voce evidentemente schifata.
Albus gli lanciò un occhiata dal vetro della finestra. Quel dubbio, che sua cugina e il suo migliore amico si fossero messi d'accordo per passare del tempo insieme lo aveva assillato con una ossessione che lasciava interdetto perfino lui.
Però c'erano troppe coincidenze che gli saltavano all'occhio. E che lui non poteva evitare di notare, non poteva far finta di non farci caso.
Prima le ronde insieme, poi le riunioni dei Prefetti, anche se Scorpius al quinto anno non era stato nominato tale, e Albus lo ricordava bene.
E ora questo. Queste lezioni.
Avrebbero passato talmente tanto tempo insieme che...poteva succedere di tutto.
Anche cose negative. E il sangue si gelava nelle sue vene ogni volta che ci pensava.
Ma poi cercava di tranquillizzarsi. Di dirsi che, anche se Scorpius era molto cambiato nell'estate, non avrebbe fatto passi falsi con Rose. E poi Rose era abbastanza forte da sopportare...
Ma se lui avesse continuato a offendere come aveva fatto per tutto quell'anno...Albus sapeva quanto sua cugina fosse incerta e dubbiosa: ne sarebbe uscita con mille domande credendo sempre di sbagliare.
Non capiva perché avessero dovuto farlo, però. Insomma, perché ora, di punto in bianco, avrebbero dovuto mettersi a fare quella caciara? Rose era intelligente, sapeva stare lontana da ciò che poteva farle male.
Nascondevano qualcosa?
No...Albus scacciò immediatamente il pensiero.
Non c'era mai stato niente fra di loro, se non reciproca indifferenza. Era impossibile che ora, con Scorpius diventato più cattivo e burbero di prima, nascesse qualsiasi cosa, amicizia compresa.
Certo, Rose era di una gentilezza sconfinata, ma solo con le persone che lo meritavano. Gusto? Si, ovvio. Stupido dubbio.
Ma Scorpius merita la gentilezza. Pensò Albus. Scosse appena la testa, portando a scacciare il pensiero.
Non era possibile che entrassero in confidenza. Cioè, un tempo, Albus sarebbe stato anche felice se fra i suoi migliori amici fosse sbocciata una amicizia intima, ma, appunto, era tempo fa: prima che Scorpius diventasse un altra persona per qualche motivo che non voleva dire a Albus.
Adesso, stare insieme anche solo per ripassare era pericoloso. Rose era fragile e Scorpius non se ne rendeva conto.
Avrebbe potuto distruggierla senza accorgersene.
Per questo qualsiasi cosa ci fosse tra i due lui doveva fermarla. O almeno assicurarsi che Rose non me uscisse male. Aveva paura per sua cugina.
Rose era una ragazza fragile. E il comportamento di Scorpius da inizio anno non suggeriva in alcun modo che potesse prendersi cura di lei, o semplicemente passare del tempo con lei, senza offenderla.
Gli lanciò un altra occhiataccia in sottecchi. Le persone non cambiano in tre mesi.
Ma sospettava ci fosse qualcosa sotto.
Anzi, ne era certo.
Scorpius, invece, lo guardava ancora palesemente allibito.
"Metterci d'accordo?" Ripeté, come se volesse sincerarsi di aver capito bene la domanda "ma sei scemo? Perché avremmo dovuto?"
"Ho solo chiesto" si difese Albus alzando le mani. Si girò a guardarlo, senza avere più il vetro come filtro.
Studiò la sua faccia, sperando che lui non gli leggesse la mente.
"Quando sono?"
"Cosa?"
"Scorpius ma ci sei?" Lo canzonò lui, divertito. L'altro alzò gli occhi al cielo "quello di cui abbiamo parlato fino a ora. Le lezioni"
Scorpius si immobilizzò. Era sbiancato. Lanciò un occhiata a Albus, che si insospettí.
"Non lo so ancora. Forse ne parliamo oggi"
"Sei in imbarazzo?" Chiese Albus inclinando la testa di lato.
"Io? no" Scorpius si alzò. "Io vado." Dichiarò all'improvviso, puntando verso la porta.
"Ma sono appena le otto e mezza!" Protestò Albus guardando l'orologio.
"Appunto. Meglio prima che tardi. E poi" Scorpius gli lanciò un occhiata da sopra la spalla, la mano già serrata alla maniglia "questa conversazione mi ha stancato"
"Delicato" mormorò Albus mentre la porta si chiudeva.
Si stese sul letto, le braccia dietro la testa.
Un ora dopo, era ancora così. Senza niente da fare e rendeva avere la più pallida idea di cosa fare.
Non poteva aspettare Scorpius, che nel migliore dei casi si sarebbe ritirato solo all'una di notte, e Albus sperava già di essere crollato nel sonno per allora; non c'erano gli altri suoi compagni e aveva già finito tutti i compiti.
Sbuffò. Anticiparsi alle volte gli svuotava le giornate.
Albus si alzò, facendo vagare pigramente lo sguardo nella stanza.
Avrebbe potuto fare un salto in Sala Comune, ma non gli andava di vedere gli altri Serpeverde. E poi il Dormitorio era molto accogliente...
Avrebbe potuto andare nelle cucine.
Effettivamente aveva un certo languorino, e non gli andava di fare la cena.
Si alzò. Da quando era tornato a Hogwarts non aveva più parlato con Alice, e credeva che il resto non avesse troppa importanza. Avrebbe voluto chiarire con lei, ma rispettava il fatto che Alice non volesse vederlo.
Se lei lo evitava, Albus non sarebbe certo andato a cercarla. Non conoscendo la storia tra lei e Smith.
Avrebbe aspettato che Alice fosse abbastanza pronta.
Però...i ricordi di quel bacio lo coglievano ancora all'improvviso. Ful-
-mini, arrivavano come un fuoco di artificio e gli esplodevano dietro le palpebre, costellando di infiniti colori e sensazioni il nero di queste come le stelle in un cielo stellato. Il calore della sua pelle, gli occhi azzurro-cielo rapiti dalle stesse sensazioni che provava lui, come se il bacio li avesse messi in contatto, trascinato l'uno in ciò che provava l'altro. Le labbra gonfie di lei - e probabilmente anche le sue - di quando si erano staccati, le guancie rosse di Alice e...
Boom.
"Ahy!" Esclamò Albus, più per sorpresa che per dolore. Perse l'equilibrio e, per cercare di recuperarlo, mulinò le braccia nell'aria.
Non funzionò.
Albus inciampò e cadde lungo disteso sul pavimento, con un tonfo che lasciava ben pochi dubbi sul dolore che aveva provato.
"Porca puttana" imprecò Albus. Si morse il labbro, mentre, confuso, si girava pancia su.
Fissò la stanza sempre più perplesso.
Come accidenti aveva fatto a cadere?
Più che altro, su cosa era inciampato?
Si mise a sedere. Era vicino al letto di Scorpius (come aveva fatto a arrivarci?) E si era incastrato fra questo e il muro. Il comodino verde si ergeva, ancora tranquillo e innocente, fra le sue gambe come uno scoglio sul mare.
Albus lo fissò accigliato.
Come aveva fatto a arrivare lì?
Evidentemente il pensiero di Alice lo aveva distratto più del dovuto. Scosse la testa, dandosi dello stupido da solo.
Si mise in piedi, e il suo braccio urtò qualcosa di ruvido. Con le soppracciglia corrugate per la confusione, Albus abbassò lo sguardo sul comodino.
Si era sbagliato. Il mobile non era rimasto indenne dall'urto.
Un cassetto si era semi aperto, e lasciava intravedere ciò che c'era all'interno, insieme a una grossa scheggia che fece sperare a Albus che il suo migliore amico non fosse dotato di buona vista.
Albus sospirò, afferrò il cassetto con una mano e fece per spingerlo dentro.
Poi si fermò. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione.
Qualcosa di bianco brillava sul fondo del cassetto, rischiarato della luce verde che entrava dalla finestra.
Albus, sentendo un vago senso di inquetudine, vi sbirciò dentro. Aprii piano il cassetto, sentendolo cigolare come non mai.
Fogli. Ecco cosa c'era.
Fogli bianchi, stampati a caratteri piccoli e neri, numeri nelle tabelle che Albus faticava a comprendere. Lui vedeva solo confusione in quelle pagine. Non riusciva nemmeno a leggere il titolo.
Eppure sentiva un vago senso di familiarità, qualcosa che come un campanello era squillato riconoscendo una cosa già vista. Già conosciuta, seppure di sfuggita.
Un brivido gli corse lungo la schiena.
Aveva un pessimo presentimento. Al si affacciò più dentro il cassetto, un vago fischio nelle orecchie che gli faceva attorcigliare lo stomaco per l'ansia.
Vide qualcosa, un rosso, e seppe di istinto che fosse sbagliato. Qualcosa di terribilmente sbagliato.
Albus chiuse il cassetto con uno scatto. Prese un respiro, sentendo come se fosse stato sotto l'acqua per tutto quel tempo.
Si alzò. Quei fogli avevano qualcosa che non andava, e appartenevano al suo miglior amico.
Era terrorizzante.
Albus scosse la testa, si voltò, desiderando solo di mettere quanta più distanza possibile fra lui e quei fogli che parlavano di cose orribili.
Scese di corsa le scale del Dormitorio, attraversò come un lampo la Sala Comune (per la prima volta decise di non guardare le targhette che riportavano i nomi dei valorosi Serpeverde che avevano dato la vita per avere un mondo migliore, segno che non tutti quelli della loro casa erano cattivi e Mangiamorte. Ma tanto li sapeva a memoria - i più importanti e valorosi, almeno: Saverius Piton, Regulus Black, Blaise Zabini e molti altri) poi uscii dalla porta, riversandosi nel corridoio dei sotterranei come una furia.
Sì. Aveva decisamente bisogno di fare un giro nelle cucine.
Albus si incamminò tranquillo, cercando di eliminare i ricordi degli ultimi minuti. Di certo non sarebbe stato opportuno se Scorpius lo avesse sorpreso a pensare al fatto che si era impicciato nella sua vita privata, aveva guardato cose che non lo riguardava.
Conosceva bene il suo migliore amico, e, sappur non era più la stessa persona di prima, sapeva si sarebbe arrabbiato se gli avesse letto nel pensiero.
Perciò era necessario eliminare le prove dalla sua mente.
Una cosa da niente, no? Poteva benissimo riuscirci.
Albus sospirò. Non credeva così tanto in se stesso.
Poco dopo, arrivò davanti alla Sala Comune di Tassofrasso. Più distante, dietro a un quadro, c'era un passaggio segreto che portava alle cucine. Si prese un attimo per sorprendersi.
Ci aveva messo meno del previsto. O forse i suoi pensieri erano stati tanto totalizzanti che non si era reso conto del tempo che passava. Anche questo era probabile.
Albus sospirò. Stava giusto per andare verso il passaggio segreto, che si bloccò.
Con la coda dell'occhio vide una coda castana.
Il suo cuore accelerò i battiti.
Alice.
Albus si voltò, ed ebbe la conferma di ciò che cercava. Davanti all'entrata della Sala Comune di Tassofrasso, c'era Alice. In piedi, tesa - Albus lo vedeva dalla rigidità del suo corpo, parecchio in contrasto con la scioltezza di sempre - le mani in grembo e l'espressione incerta.
Un incertezza che Alice non lasciava mai vedere. Da nessuno.
E, proprio in quel momento, lei si voltò verso di lui e lo vide.
Per un attimo tutto parve fermarsi.
Albus sentiva a stento il suo cuore galoppare veloce nel petto. Non esisteva più niente: solo Alice.
In un folgorante momento, gli passò davanti tutta la sua figura. L'immagine di lei, da bambina, che giocava nel giardino della Tana sotto lo sguardo severo e preoccupato di Hannah, si sovvrappose alla Alice sedicenne, creando un netto salto di statura, avvolta da una nebbiolina azzurra che richiamava i suoi occhi.
Sapeva che anche lei sentiva quelle cose. Lo vedeva da come lo guardava.
Albus sbatté le palpebre e tutto svanii. L'Alice di tre anni se ne era andata, portata via dalla luce azzurra, lasciando solo quella adolescente a guardarlo.
Alice sgranò gli occhi, sbiancando di colpo. La pupilla quasi scomparve dentro l'iride azzurra, come un Boccino che si perde nel cielo azzurro.
Indietreggiò, fissandolo come si guarderebbe qualcosa che fa una paura terribile. La faccia era una smorfia, una maschera bianca di orrore e terrore.
"Alice" Albus fece un passo verso di lei. Non era la mossa giusta, doveva lasciarle i suoi spazi, eppure non riusciva a controllarsi. Le gambe si erano mosse istintivamente verso di lei, come richiamate da una forza estranea.
Alice indietreggiò ancora. Sbatté la schiena contro il muro, lo sguardo sempre allucinato.
"Albus..." Sussurrò.
Albus si fermò. Lei sembrava distrutta, come se la vista di lui le recasse un dolore inimmaginabile.
Sentendo un tuffo al cuore, Albus indietreggiò.
Allora, lei non lo voleva. Bastava dirlo, senza trattarlo come se lui le avesse fatto male. Non lo aveva fatto.
"Beh" disse Albus. Cercò di non far sentire il tono amareggiato, ma con scarsi risultati "ciao, Alice"
Non era un saluto di incontro. Albus lo sapeva bene come Alice.
La guardò un altro secondo, beandosi ancora della bellezza della ragazza, poi vide le sue speranze morire davanti ai suoi occhi, appassire come un fiore a cui non é stata data l'acqua, e si voltò.
Fra loro era finita. Non c'era speranza per niente altro.
Aveva già fatto diversi passi in avanti, quando...
"Albus!" Lo richiamò Alice e, sentendo il proprio nome uscire da quelle labbra, il cuore di Albus gli saltò in gola.
Controllati si impose vuole solo dirti che non gli piaci.
Albus si schiarii la voce. "Si?"
"Io...dobbiamo parlare"
Albus si girò a guardarla, accigliato. "Sì, già da un po'. E io sono pronto da un pezzo. Se tu..."
"Io no"
"Cosa?"
"Io non sono ancora pronta a par-         -lare"affermò Alice, senza la più piccola traccia di imbarazzo. Alzò lo sguardo, fiera e forte, proprio come era sempre stata. Brillando di luce propria, la cosa che aveva sempre reso Alice qualcuno da ammirare, agli occhi di Albus. "Devo...ho tante cose per la testa" disse la ragazza. Incrociò le braccia al petto, guardando Albus dritto negli occhi. "Devo fare un paio di...due cose" disse "rimediare a due cose."
"E...?" Albus non capiva il senso del discorso.
"E" disse Alice "solo dopo sarò pronta a parlarti. A parlare del..." Arrossì, senza continuare la frase.
Ma Albus aveva capito. Un fuoco di speranza si accese in lui. Solo due cose e...
"Posso aiutarti" affermò. Prima Alice avesse risolto quelle cose, prima avrebbero potuto spiegarsi, magari anche stare insieme...
"No. Devo farlo da sola"
Albus avrebbe voluto chiederle cosa fosse, ma decise fosse meglio rispettare il suo silenzio. E poi aveva già qualche idea.
Nascose un sorriso "quanto ci metterai?"
"Non lo so. Sono solo due cose, Albus...puoi aspettarmi per farmi fare queste due cose?" Gli chiese.
Albus la guardò. Sembrava implorare quella pazienza che lui temeva non avere, non poterle darle."Ho aspettato tutto questo tempo." Disse, e vide gli occhi di Alice sgranarsi, sorpreso e felici. Albus sorrise
"Posso aspettare ancora un po'"
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"Weasley" Sibilò Scorpius "respiri in modo pesante"
La Weasley gli rivolse uno sguardo perplesso.
La ragazza fece una faccia confusa, gli occhi le erano diventati di una tonalità tanto spiazzata da sembrare come un buco nell'oceano. "Scusa" mormorò, scivolando via da lui.
Scorpius alzò io mento. "Grazie" disse burbero.
Poi tornò a fissare davanti a lui. Erano già passate la mezzanotte, da un pezzo, e loro due erano accucciati nel corridoio del settimo piano.
In un angolo, Scorpius era inginocchiato a terra, il freddo del pa-
-vimento di pietra che penetrava attraverso la stoffa del jeans e gli arrivava fino alle ossa, costringendolo a combattere contro la voglia di alzarsi e mandare tutto a puttane. La ragazza si sporgeva nel muro sopra di lui, decisa più che mai a non toccare il terreno - Scorpius aveva letto nel suo pensiero che sperava di non risultare irritante (solo narcisista aveva pensato Scorpius, infastidito) - e Scorpius riusciva a sentire il calore del suo corpo, vedeva le mani ancorate al muro di pietra per non perdere l'equilibrio. Sentiva anche il suo respiro, ma forse era solo una ripercussione del fatto che le stesse leggendo nel pensiero in modo continuato. Sua madre - era da lei che Scorpius aveva ereditato l'essere Legilimets - gli aveva detto che spesso, quando si legge perennemente dentro la testa della stessa persona, si tende ad avere gli altri sensi amplificati. Quindi forse la Weasley non aveva il respiro pensante, ma a Scorpius dava comunque fastidio. Sentiva anche il fiato sulla pelle!
Ma non è questo il punto. La ronda era andata bene, l'avevano passata in silenzio senza alcun inconveniente, la Weasley che gli lanciava delle occhiate credendo lui non se ne accorgesse e Scorpius aveva provato a scavare nella sua testa - ancora senza risultato. Non aveva trovato ciò che cercava: la testa della ragazza era occupata da pensieri futili (qualcosa a proposito della migliore amica che le sembrava distante e che nascondesse qualcosa; e sulla cugina nera, che sembrava perennemente mortificata) che schermavano i sentimenti profondi che Scorpius stava cercando così ardentemente - giusto per morbosa curiosità, e anche perché non sopportava le incoerenze.
Ma, a quanto pareva, questo nuovo piano non andava a gonfie vele. Avre-
-be dovuto passare più tempo con lei: in quelle ronde riusciva a scalfire solo una strato superficiale dei suoi pensieri (quella ragazza pensava decisamente troppo) ma, proprio quando credeva di poter entrare più dentro, riuscire a trovare una crepa per sbloccare ricordi intimi che potessero spiegare ciò che aveva visto nella testa di Hugo Wealsey (di cui, per inciso, non si sforzava più di leggere i pensieri: erano occupati solo da frasi sulla sorella, frasi positive e menzogne che Scorpius non riscontrava), insomma, quando riusciva a trovare la porta per quella sezione personale e privata del cervello la ronda finiva, e la volta dopo Scorpius si ritrovava a riiniziare da capo, ancora e ancora, senza riuscire ad avere punti risultati.
Doveva passare più tempo con lei, se voleva scavare a fondo nella sua testa.
E l'occasione si era presentata giusto qualche giorno prima, quando lei si era offerta per fargli delle ripetizioni, ed era inconsciamente caduta nella rete di Scorpius - si fa per dire, ovviamente.
Era l'unico motivo per cui aveva accettato, e che lo avrebbe fatto presentare a quelle lezioni totalmente inutili. A lui non servivano.
Non avrebbe usato la Trasfigurazione, da grande.
Effettivamente, dovevano ancora fissare i giorni. Scorpius se ne era quasi dimenticato.
Sì, ma magari non pensarci quando c'è qualcosa di strano accanto a te.
Il perché si fossero fermati proprio là, e che stavano osservando concentrati la porta di un armadio, era perché da dietro si sentivano strani rumori, come un... respirare pesante per riprendere fiato dopo una corsa.
E la cosa era sospetta. Ormai tutti dovevano essere nei loro Dormitori.
Senza eccezioni.
Beh, noi Prefetti a parte. Ci mise un attimo a capire che il pensiero fosse sbagliata. I prefetti si corresse.
"Secondo te dovremmo andare?" La voce della Weasley lo fece sobbalzare. Scorpius le rivolse un occhiata. "Tu che dici?" Fece retorico, e la vide abbassare lo sguardo "siamo Prefetti. Dobbiamo farlo"
Lei sospirò piano. Nella testa si stava chiedendo se avesse sbagliato qualcosa, ma Scorpius la ignorava. Si alzò un piedi - pace alle sue ginocchia martoriate - e si diresse verso lo stanzino. Dietro di lui sentiva i passi della Weasley, e i pensieri che macinavano per tirare delle ipotesi.
Scorpius qualcuna l'aveva, ma preferiva non dirla ad alta voce.
Si mise davanti alla porta. Sfoderò la bacchetta e, con un leggero colpo di polso, la spalancò sentendo la ragazza trasalire.
Si costrinse a non voltarsi verso di lei.
Quando la serratura scattò, ci furono due voci che strillarono, sorprese. Scorpius ci mise un po' a riconoscerle, ma due nomi vennero urlati nella sua testa con una nota evidentemente sorpresa e perplessa nella voce.
Laila Finnigan e Marck Tomas che si baciano? Pensò la Weasley.
Ah sì. Scorpius riconobbe la chioma rossiccia di lei e la pelle scura del ragazzo che gli aveva detto di andare a farsi fottere (a lui).
I due ragazzi, ancora avvinghiati, si staccarono in imbarazzo.
"Io..." Iniziò lei, incentra, guardando la rossa accanto a Scorpius.
Scorpius sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
"Venti punti in meno a Grifondoro" sentenziò sbrigativo e spiccio. "E ora" aggiunse, e sia lei e che lui abbassarono lo sguardo, colpevoli, "tornate nella Sala Comune di Grifondoro e aspettateci li."
O due, all'unisono, si mossero. Senza guardare nessuno li sorpassarono, dirigendosi oltre.
Scorpius si voltò verso la Weasley.
Aveva uno sguardo sconvolto.
"Ma" balbettò, guardando i due allotnanarsi "loro due si odiavano"
"Appunto" disse Scorpius. "Si odiavano. Passato"
Lei gli rivolse un occhiataccia.
"Cosa?"
La ragazza scosse la testa. "Niente." Lo guardò, e Scorpius sentii il pensiero di lei seattera nella sua mente come un sasso lanciato da una fionda. Seppe la risposta da darle un attimo prima che lei pronunciasse la domanda. "Per quelle lezioni..." Disse cauta lei "ti-"
"Mi va bene ogni lunedì" disse velocemente lui.
Lei gli lanciò uno sguardo sorpreso.
"Cosa?" Scorpius scosse le spalle "ormai ci siamo messi in questa tortura...tanto vale che la facciamo finire in fretta"
Tanto vale che mi dici come mai tutti pensano che Hermione sia morta di parto quando tuo fratello la ricorda ai suoi sei anni.

In The Name/ Scorose.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora