"hai visto?"
"Cosa?"
"Non ci credo!"
"Mi sono perso una delle tue crisi isteriche oppure c'è un qualche motivo logico per tale furia?"
Albus lanciò un occhiataccia al suo migliore amico, mentre si sedeva scompostamente su uno dei divani smeraldo che ornavano la Sala Comune. Buttò la borsa stracolma di libri per terra.
"Hugo" sospirò, spostandosi dei ciuffi corvini dal volto, e cercando di dare un verso a quella massa scompigliata di capelli - ovviamente, non ci riuscii -"prima, é passato, e mi ha completamente schivato"
"E allora?"
"Penso che mi stia evitando"
"Che acume" Scorpius alzò brevemente gli occhi al cielo, la testa ancora chinata su una pergamena di Antiche Rune "se una persona ti schifa-"
"Schiva" corresse Albus.
"Vuol dire che non vuole stare con te, no?"
Albus gli lanciò un altra occhiataccia, sistemandosi meglio sulla poltrona.
"Non penso sia normale voler evitare il proprio cugino, non trovi?"
Scorpius alzò brevemente gli occhi dalla carta, sfiorandolo con un leggero sguardo grigio. Si strinse nelle spalle.
"Penso che tutti abbiamo la libertà di schifare-"
"Schivare" sibilò Albus.
"Chi ci pare. Non dobbiamo andare a genio a tutti"
"Ma é mio cugino!"
"Allora fatti due domande"
Albus lo colpii con un libro.
"Per favore, fa il serio" disse a denti stretti, mentre Scorpius si massaggiava sorpreso e irritato il gomito colpito, fulminandolo con lo sguardo "sai che Hugo é particolare..."
"Oh no, non vorrai entrare in modalità fratello protettivo" gemette Scorpius, con gli occhi allucinati; si allontanò di un paio di centimetri da lui "non penso di poter reggere qualsiasi dimostrazione di affetto che superi il normale abbraccio del mattino"
"Abbraccio del mattino" ripeté Albus, perplesso, rivolgendogli un alzata di soppracciglio "da dove senti queste espressioni, amico?"
Scorpius sbuffò.
"Lo diciamo nella mia famiglia. Sempre. Perennemente. Davo per scontato lo facessero anche nella tua"
"Che cavolo vuol dire 'abbraccio del-'"
"Sono tradizioni" lo interruppe Scorpius, irritato, riportando gli occhi al suo compito.
Le soppracciglia di Albus schizzarono all'attaccatura dei capelli, incredibilmente attinico.
Scorpius strinse le palpebre, mormorando qualche parola non troppo lusinghiera.
"Che c'è?"
"Neanche la famiglia più antica a questa tradizioni...che poi che razza di tradizione é, scusa?"
"Oh Merlino. Albus, queste cose non potrai mai capirle"
Albus lo guardò offeso.
"Perché?"
"Per il tuo cognome Potter"
Scorpius gli riservò solo uno spicchio di iride grigia, giusto il tempo di scoccargli uno sguardo ambiguo, e poi riportò gli occhi su quella serie di linee e simboli di cui Albus, anche se avesse voluto, non avrebbe mai capito niente.
Albus sbuffò, abbandonandosi allo schienale del divano. Si passò una mano sulla fronte.
Era stufo di dover stare a spiegare al suo migliore amico che il nome non c'entrava niente con la persone, e che dire il contrario equivaleva a scartare una banana solo perché la sua buccia era nera.
Sul paragone poteva ancora migliorare, come gli aveva detto Dominique - dopo che lui, un giorno particolarmente stressante riguardo quella questione, in un eccesso di irritazione, le aveva confessato i suoi pensieri - ma, per ora, gli andava più che bene. Era meglio di niente.
Rimaneva comunque il fatto che non c'è la faceva più a spiegare alle persone che non dovevano giudicare chi stesse loro accanto solo dalla cravatta che portava, o dallo stemma della Casa di cui faceva parte; né dei vari distintivi che ornavano alcuni dei loro compagni. Precludersi esperienze solo perché avevano un etichetta che non ispirava troppa simpatia, o che non godeva di buona reputazione era - per parte di Albus - una azione, oltre che stupida, terribilmente infantile.
Avevano sedici anni ormai. Era ora di crescere. E, inoltre, erano tutte cose che, per altro, avrebbero anche dovuto sapere già da soli. Bastava applicare quelle microscopiche doti intellettive di cui Merlino aveva dotato tutti i maghi.
Anche se, con le conoscenze che stava facendo Albus, il ragazzo iniziava a dubitare sempre di più che l'ultima affermazione corrispondesse al vero.
Guardò Scorpius, accanto a lui, che sembrava già essersi dimenticato della sua presenza - probabilmente la dava per scontato, come Albus faceva con la sua - ed era tornato ad osservare assorto la carta davanti a lui, un sillabario di carta e abbastanza malaticcio poggiato distrattamente a un bracciolo del divano e retro solo parzialmente da una mano - con le dita stranamente di un rosso acceso, che stonava con la carnagione pallida del resto della pelle - pigra e bianca del ragazzo.
Albus sospirò, sprofondando fra i cuscini.
"Sono preoccupato" ammise sotto voce, chiudendo gli occhi.
Scorpius non alzò gli occhi dalla sua carta.
"Guarda che puoi stare tranquillo" disse calmo, tracciando una linea precisa e curva sul foglio, che lo tagliava quasi a metà come uno squarcio nero "non tutte le famiglie magiche hanno le stesse tradizioni; ci sono quelle più banali e comuni a quelle più particolari e rare, ma ciò non dice assolutamente-"
"Mi riferivo a mio cugino"
Scorpius alzò gli occhi dal foglio, ora una nota sorpresa a rendere un po' più accessi le iridi così tetre; la sua mano aveva ancora stretta nelle dita la piuma bianca, che rimaneva sospesa nell'immobilità della fermezza e della confusione sopra la pergamena. Inarcò un soppracciglio.
"Ah."
"Già." Albus gli si avvicinò, socchiudendo appena gli occhi; lo scrutò da sotto le soppracciglia corrucciate "davvero credevi che..."
"Taci" Scorpius gli lanciò un occhiata di fuoco.
Albus sorrise.
"No, sul serio, come facevi a credere-"
"Non vogliamo parlare di tuo cugino che si comporta in modo strano?" Chiese Scorpius, ostentando una certa indifferenza. Ghignò quando vide l'espressione di Albus spegnere il sorriso.
Albus tornò serio in men che non di dica. Si spinse indietro, alla sua seduta iniziale, sospirando.
"Sí. Si sta comportando in modo alquanto strano ultimamente..."
"Dici questo perché non ti ha salutato?"
"Sta zitto." Albus fece il gesto di colpirlo di nuovo con il libro, e Scorpius alzò le mani in segno di resa, tacendo "sono serio. Mi sta davvero facendo preoccupare. E non solo perché non mi saluta"
"Ma davvero?" Scorpius si tirò su, stendendosi sullo schienale del divano; incrociò le braccia dietro la testa, allungando le gambe e lanciando un veloce sguardo disinteressato ad Albus. Sbadigliò "beh, allora deve essere grave"
"Non hai notato le sue occhiaie?" Domandò Albus, lievemente irritato dal menefreghismo di Scorpius, e desiderando che gli desse più appoggio: se avessero fatto questa conversazione l'anno prima, Albus era sicuro che Scorpius si sarebbe degnato di fingere almeno un po' di interesse. E lo avrebbe avuto davvero.
Lo avrebbe aiutato. Perché diavolo ora faceva finta di niente?
Scorpius gli lanciò un altra occhiata.
"Onestamente? No. Penso sia normale."
"Normale?" Albus dovette trattenersi dal colpirlo con il libro "come puoi dire che le occhiaie sono normali?"
"Si, Al, normale." Scorpius buttò le braccia lungo i fianchi "che razza di brutta parola ho detto, eh? Può capitare a tutti..."
"Che vorresti dire?"
Scorpius sbuffò, portandosi una mano a massaggiarsi la fronte. Sembrava stanco e irritato, e le piccole scaglie rosse sulle sue dita spiccavano con più intensità alla tenue luce verde del mattino.
"Intendo dire" sussurrò a denti stretti, dando a Albus l'impressione di star trattenendosi dal dire qualcosa di troppo "che ha appena iniziato il quadro anno. Sono vicini i G. U. F.O. e lo staranno caricando di compiti. Non é abituato a una mole tanto grossa e non riesce ad organizzarsi, ERGO rimane sveglio la notte per riuscire a finire tutto"
Albus sbatté le palpebre. Più che essere sorpreso per la precisione del suo migliore amico - quella era una delle poche cose che era rimasta uguale agli anni trascorsi - lo era per in nervosismo che aleggiava nelle sue parole, e l'aria incredibilmente scocciata che imperversava nell'aria intorno a lui. Normalmente, non si era mai comportato così. Non con lui.
Con nessuno, in realtà.
Dire quanto Albus fosse sbigottito era un impresa quasi impossibile, ma basti sapere che si stava interrogando sul fatto di trovarsi davanti una altra persona da quella che aveva lasciato l'anno prima, quasi come se qualcuno lo avesse sostituito.
Non era possibile un cambiamento così radicale. Non nel giro di tre mesi.
Scorpius gli lanciò un occhiata in tralice, ora più tranquillo, come se avesse riaquistato il solito contegno da un momento all'altro. Abbassò la mano lungo il fianco.
"Cosa c'è?"
Albus fu colto alla sprovvista; disse la prima cosa che gli venne in mente.
"Andiamo a fare colazione?"
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Dopo un iniziale, più che comprensibile, attimo di stupire, Scorpius aveva annuito, guardandolo quasi sorpreso, come se non riuscisse a credere completamente alle parole dell'amico. Ridestato da quella serie di secondi di trance, si era alzato - Albus immediatamente dietro di lui - e entrambi erano usciti dalla Sala Comune, e si stavano dirigendo nella Sala Grande. I corridoi erano semi-vuoti, con solo qualche sporadico studente che strappava, con la sua corsa sconnessa e rumorosa, il silenzio quasi religioso che avvolgeva i due ragazzi.
Scorpius se ne stava per fatti suoi, quasi immerso nei suoi pensieri, e non degnava Albus di uno sguardo; rispondeva anche a modosillabi ai suoi vani tentativi di fare uno straccio di conversazione, e gli aveva così tanto maltrattato le speranze che alla fine Albus si era arreso a quella distesa tombale che era diventanto il suo migliore amico.
La situazione non migliorò durante la colazione, che si svolse in quel religioso silenzio che stava dando alla testa ad Albus. Per distrarsi dal pensiero del suo amico, fece girare lo sguardo al resto della Sala, che chiacchierava allegra godendosi il giorno di riposo e spiccava felicità - e vita - da ogni poro. Vide sua sorella al tavolo dei Corvonero, accanto a Louis e Lysander Scamander, che chiacchierava con questo ultimo; suo fratello che scherzava con Fred e altre due ragazze - una la riconobbe, Sam Wood, Battitrice della squadra dei Grifoni, ma non aveva la più pallida idea di chi fosse l'altra; Dominique e Lucy che parlavano, le solite divise sostituire da abiti Babbani, tranquillamente al tavolo dei Tassofrasso, con Frank Longbottom accanto a loro, che mangiava mogio la sua colazione - quasi più spento di Scorpius; Molly II, tesa e preoccupa, in un angolo della Sala vicina alle porte, che scambiava qualche parola concitata con Rose, che aveva uno sguardo serio e indecifrabile, e Alice, che osservava il tutto con una sfumatura apprensiva negli occhi azzurri socchiusi.
Lo stomaco di Albus ebbe un sobbalzo quando la vide. Quella ragazza, la coda castana rigorosamente ordinata e alta, era bellissima, oltre che Fantastica. Si, con la effe maiuscola.
"Albus?" Scorpius si alzò in piedi, la colazione spolverata velocemente; lo guardava con una strana nota negli occhi, qualcosa simile allo scherno e alla giocosa prese in giro "andiamo in Sala Comune o vuoi rimanere imbabolato a guardarla?"
Albus sbatté le palpebre, mentre la saliva gli andava di traverso. Tossí più volte, attirando l'attenzione un po' indiscreta di un ragazzino del quarto anno. Solo quando alzò di nuovo lo sguardo di nuovo riuscii a riprendere a respirare. Si rese conto di aver un sorriso ebete sul volto solo quando Scorpius Ielo fece notare.
Si costrinse a tornare serio.
"Sí" disse alzandosi "sí, ho finito, andiamo"
"Sicuro? Se vuoi possiamo..."
"Ho detto che ho finito di mangiare" sibilò Albus.
Scorpius ghignò.
"Beh, non sembrerebbe-"
"Sta zitto"
"Oggi é la tua parola preferita, come mai?"
Albus gli lanciò un occhiataccia mentre si allontanava dal tavolo verso la porta della Sala. Con uno sbuffo divertito, Scorpius lo seguii a ruota.
Erano nel corridoio quando lo videro.
Quando successe, più che altro.
Erano quasi arrivati in prossimità della loro Sala Comune, in rigoroso silenzio e, in quel momento, protetto dalle tenebre di una armatura attaccata al muro sbucò una figura azzurra.
Albus si immobilizzò più per la sorpresa che per un buon riflesso. Dietro di lui, Scorpius per poco non gli venne addosso. Si bloccò sfoderando la bacchetta, pronto all'attacco.
Eppure non servii. Il Corvonero, grande come un armadio, non puntava verso di loro. Marciò dritto, quasi come se non li avesse visti - e probabilmente era proprio così - e si inoltrò in un corridoio laterale, una espressione più che furiosa sul volto.
Albus lo sentii chiaramente prendersela con un altro ragazzo. Avvertii anche una specie di rumore metallico, ripetuto a intervelli semi regolari e spesso interrotto da delle parole confuse...
In un momento si rese conto che si trattava di incantesimi. Era un duello di magia, incorso oltre una parete da loro.
Albus spalancò la bocca.
"Andiamo!" Disse, brandendo la bacchetta e avviandosi verso dove era scomparso il Corvonero.
Aveva fatti appena due passi quando si fermò. E non per sua volontà.
"A fare cosa? A farci prendere a pugni?" Sibilò Scorpius reggendolo per un braccio; lo guardava con gli occhi assottigliati, quasi cagneschi "io non ci tengo, e penso nemmeno tu"
Albus sgranò gli occhi, sbigottito.
Cercò di defilare il suo braccio dalla presa ferrea dell'amico.
"E cosa vuoi fare? Rimanere qui, ignorando tutto?"
"Non sarebbe male" mormorò lui.
Con uno scatto schockato, Albus si voltò completamente verso l'amico, il braccio ancora tenuto da quest'ultimo.
"Cos...stai scherzando spero"
Scorpius sbuffò. "Certo che no. Andiamo nella nostra Sala Comune e facciamo finta di nulla."
Ad Albus quasi cadde la bacchetta per lo stupore. Smise perfino di tentare di liberarsi da Scorpius. Temporaneamente.
"Come puoi anche solo dire..."
"É del settimo anno! Che farà a fettine!"
"E, oh, indovina?" Fece Albus, arrabbiato "lo starà già facendo con un altro ragazzo, qui vicino, e i prossimi potremmo anche essere noi"
"Appunto!" Scorpius scosse il suo braccio con foga "immagina cosa ci farà se ci intromettiamo! Ci tormenterà fino alla fine dell'anno!"
"Non possiamo semplicemente ignorare. Non possiamo fare finta di nulla" disse Albus, serio.
Scorpius storse la bocca in una smorfia. Sbuffò, lasciando andare il braccio di Albus, che cadde, inerme, lungo il fianco del suo proprietario.
Albus fissò l'amico severo.
Questo era quasi un tradimento. Non se lo era mai aspettato. Fra tutto, il fatto che Scorpius volesse farsi gli affari propri e non intervenire a ciò che stava succedendo... non gli era mai passata per la testa come azione anche solo plausibile.
Aveva sempre dato per scontato che quel lato del suo carattere sarebbe rimasto invariato, nonostante ora sembrasse una persona completamenta nuova.
"Il vecchio Scorpius" disse, quasi senza accorgersene, "non sarebbe stato fermo, avrebbe cercato di aiutare in tutti i modi"
Scorpius lo guardò sorpreso. Poi sospirò, abbassando lo sguardo.
"Sta zitto..."
"il vecchio Scorpius" continuò Albus alzando la voce, e avanzando di un paio di passi "Sarebbe intervenuto a tutti i costi, pur di evitare che qualcuno altro subisse ciò che aveva già subito lui..."
"Al..." Il tono di Scorpius sembrava un avvertimento. I suoi occhi si socchiusero.
"Il vecchio Scorpius, sarebbe già partito in quarta per difendere i più deboli! Sarebbe già la, ad aiutare quel poveretto, non qui a litigare con me-"
"Potter" Scorpius si voltò verso di lui come una furia.
Albus alzò ancora di più la voce.
"Il vecchio Scorpius non si comporterebbe da fifone, perché vorrebbe dimostrare che, nonostante il suo essere Malfoy Serpeverde non é un fifon-"
"Il vecchio Scorpius non esiste più!" Urlò Scorpius, rosso in viso "é andato, polverizzato, esaurito, scoppiato. Puf!sparito!" continuò ringhiando le parole, e avvicinandosi di qualche passo verso Albus "il vecchio Scorpius..." Si bloccò un secondo, l'espressione irosa che si scomponeva, quasi come se fosse stata smontata, in una confusa; voltò la testa dietro di lui, seguendo qualcosa con lo sguardo.
Albus, sempre più perplesso, puntò gli occhi nella sua stessa direzione, ma non vide niente di che: solo un ragazzo biondo di Tassofrasso, che camminava lungo il corridoio a testa bassa, frettolosamente.
Scorpius tornò a fissare Albus con uno sguardo vuoto, spento.
Scarico. Sembrava esausto.
E, sopprattutto, rassegnato.
Quando parlò, Albus ebbe la sensazione che usasse lo stesso tono di un professore che si rivolge a uno studente particolarmente stolto e lento.
Scorpius mise le mani avanti, l'espressione di nuovo calma.
"Quello Scorpius non tornerà più" disse, come se fosse un dato oggettivo "é morto, se ne andato, sepolto in questo estate. Questo sono io, ora, e non c'è modo di farmi cambiare, di farmi tornare indietro. Se non ti sta bene, allora..."
"Perché sei cambiato?" Chiese Albus, ignorandolo. Incastrò i suoi occhi in quelli del suo migliore amico.
La persona che credeva di conoscere quasi meglio di sé stesso, che reputava molto più vicina a un fratello di quanto fosse mai stato James, che lo aveva accompagnato in migliaia di avventure in tutti e cinque quegli anni, e che Albus si aspettava avrebbe fatto anche per il sesto...
E che, ora, sembrava un altra persona. Come se fosse stato ribaltato, capovolto, svuotato dei suoi buoni principi e ingombrato con qualche schifezza stupida. Ma Albus voleva il suo vecchio migliore amico. E avrebbe lottato per riaverlo, se avesse dovuto.
Scorpius rimase in silenzio, reggendo il suo sguardo con una freddezza certa di superiorità mai vista prima.
"Perché tu vuoi starmi ancora al fianco?" Chiese in fine.
Albus non rispose.
Scorpius lo guardò per un altro secondo poi, con una smorfia, si voltò, allontanandosi dal lato opposto del corridoio. Albus lo seguii con lo sguardo fin quando poté, più Scorpius girò un angolo e scomparve alla sua vista.
Albus rimase in piedi, non troppo certo di cosa fare. Sospirò, girando sui tacchi e dirigendosi nella Sala Comune, dall'altro lato della direzione di Scorpius. Rinfoderò la bacchetta: orami non sentiva più niente, qualsiasi intervento sarebbe stato inutile. Tutto era finito.
Era troppo tardi.
Albus scosse la testa, entrando nella sua Sala Comune. Era più piena di studenti rispetto a poco piena, e riconobbe tra questi Medelain Heartquache, con accanto una cerchia di amiche della quale però lei sembrava non interessata. Il suo sguardo verde puntava altro, affilato, e si scontrava con una furia trattenuta in uno dei divanetti della Sala Comune. Era tanto furiosa da ricordare un killer prima di una aggressione.
Albus seguii il suo sguardo, perplesso, e vide che teneva nelle iridi la figura piccola di Hugo, addormentando fra la stoffa smeraldo che stonava con il rosso fuoco dei suoi capelli, quasi come se in un campo rigoglioso fosse scoppiato un incendio, con un libro sotto la testa a fargli da cuscino.
Albus sospirò. Si diresse verso il cugino preoccupato per provare a evitare qualsiasi azione di Medelain, che non sembrava troppo in se.
Non appena sedette sulla stoffa verde, Hugo si svegliò di sopprassalto, scattando a sedere come una molla, i sensi all'erta e i nervi a fuori di pelle. Ora, alla luce, Albus vide più chiaramente le sue occhiaie e la pelle pallida. Si chiese perché tutti cambiassero così all'improvviso.
"Albus" Hugo si toccò la testa, sorpreso, la voce impastata dal sonno;lo guardò inclinando la testa "che c'è?"
"Non hai dormito"
"Perché mi sembra una costatazione e non una domanda?" Borbottò Hugo, abbandonando la schiena al divano.
"Perché lo é" Albus lo guardò severo. Era già irritato per via di Scorpius, non voleva mettersi a litigare con un quattordicenne. Però sentiva una specie di responsabilità, un istinto protettivo nei confronti di quel ragazzino. Era a entrambi toccata la stessa sorte: finire in Serpeverde da un famiglia di Grifoni.
Lo sentiva come una specie di fratello minore.
Albus sapeva come si sentiva Hugo.
Ci era passato lui per primo. Ed era orribile.
Però lui aveva trovato Scorpius, che gli aveva fatto capire - inconsciamente, visto che anche il suo migliore amico aveva problemi con la Casa di appartenenza - che uno stemma su una divisa non diceva chi fossi. E Albus gli era sempre stato grato per questo.
Ecco, Hugo non aveva avuto la stessa fortuna. Non aveva mai incontrato qualcuno che gli dicesse che non contava in quale Casa fosse finito a Hogwarts, per gli altri. Non aveva mai capito le qualità positive della Casa di Salazar.
Credeva di essere in Serpeverde perché cattivo.
"Non ho dormito bene" disse Hugo, annoiato "recupero questa notte"
"Ti conviene" minacciò Albus.
Hugo lo guardò con una vaga aria sorpresa.
"La partita contro Corvonero" disse stancamente Albus, e vide gli occhi di Hugo illuminarsi di conoscenza "é il primo ottobre, e non voglio che cadi dalla scopa per del sonno mancato"
"Non succederà"
"Bene. Perché se succede sei fuori"
Hugo lo guardò stralunato.
"Non voglio perdere una partita perché non ti decidi a andare a letto presto, Hugo" disse Albus, più brusco e duro di quando avesse voluto "se non c'è la fai a gestire lo studio e gli allenamenti senza logorarti ti allegerisco il peso. E guarda che lo faccio davvero. Non puoi rovinarti così"
"Non puoi cacciarmi" disse Hugo "sono il migliore"
"Ma non sai quanta gente agogna a entrare nella squadra" replicò Albus, calmo "e se non avere più questo impegno ti farà avere una faccia migliore, allora puoi giurarci che puoi dire addio al tuo ruolo di portiere."
"Ma..."
"Non é una punizione. É un avvertimento" Hugo lo guardò male, ma rimase zitto; Albus si concesse un leggero sorriso "comunque...hai scritto a zio Ron? Viene a vederti?"
"No"
"No?"
"No, non gli ho scritto" specificò Hugo, distogliendo lo sguardo; Albus fece per parlare ma lui lo interruppe "sarebbe inutile. Non viene a fare il tifo per Serpeverde, me lo ha detto chiaro e tondo da quando sono entrato nella squadra. Lui non fraternizza con il nemico" Hugo fece una smorfia, e Albus seppe che stava citando le parole di suo padre pari pari "viene solo a vedere Rose, e i Grifondoro" il suo viso si rattristí "noi Serpi non gli piacciamo. E anche giustamente. Non mi piaccio neanche io"
Albus si limitò a fissarlo dolce.
Non sapeva come rispondere.
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In The Name/ Scorose.
FanfictionTutti concordano sul fatto che Rose Weasley é una delle persone più buone al mondo: sempre gentile e altruista con tutti ( e con tutti, ovviamente, comprendo anche gli animali, dai più piccoli e innocui ai più grandi e pericolosi) pensa prima alle n...