I giorni erano passati veloci, scorrendo sul calendario e volando in scherzi, battute e divertimento di ogni genere - tra cui una partita di Quiddich, culminata con delle urla, un braccio rotto (di James) e l'ennesima discussione sul campionato scolastico per il medesimo sport - e per Rose, Hugo e Ron era arrivato il momento di passare gli ultimi cinque giorni di vacanza alla Tana.
Difatti, la famiglia si stava preparando per andare alla Casa di infanzia del padre, e fra urla e litigi di tutti e tipi Rose cercava di rifare il suo baule.
"Hugo, te lo dico per l'ultima volta, non ti azzardare a porta quel poster alla Tana-"
"É UN MIO POSTER, decido io dove portarlo!"
"Ohhh, non credo proprio"
"E perché?"
"Perché lo dico io!"
Uno sbuffo, e qualcosa di pesante cadde a terra.
"Intendevo perché non posso portarlo"
"É osceno"
"É la mia Casa"
"No questa é casa tua..."
"Sai cosa intendevo"
Rose alzò gli occhi al cielo, ripiegando con calma l'ultimo capo nel suo baule.
Era di nuovo in camera sua, le pareti rosa e scolorite la circondavano in uno smorzato abbraccio di addio e la leggera luce che filtrava dalla piccola finestra sopra il letto illuminava la stanza, tagliandola obliquamente e disegnando un cerchio di luce sulla porta bianca e logora.
Rose afferrò con le mani il coperchio del baule e, con una leggera spinta, lo spinse giù, facendolo cozzare nella perfetta serratura della valigia.
Il piccolo stunc che riempii l'aria per qualche secondo la informò che la serratura era scattata.
Rose sospirò di sollievo, gettandosi di schiena sul suo letto, le molle cigolanti che cantarono una sinfonia arruginita avvisando il suo arrivo.
Aveva tolto la coperta lilla che lo aveva coperto per tutto quel tempo, lasciando solo il materasso spoglio, per portarla a Hogwarts, in modo da avere qualcosa di caldo dove rifugiarsi nei freddi pomeriggi che avrebbe passato a leggere nella biblioteca di Hogwarts.
Aveva lasciato solo il cuscino che, nel suo bianco sporco, risaltava nudo e indifeso sul materasso, quasi come invocasse una certa compagnia.
Rose puntò gli occhi azzurri al soffitto, lasciando che le mani si chiudessero a pugno, per quanto possibile, contro il soffice materasso spoglio. Le molle lanciarono un cigolio di avvertimento e protesta, ma Rose non se ne curò.
Lasciò che il suo sguardo vagasse al soffitto, trapanando il cartongesso crepato e immergendosi nell'azzurro cielo privo di nuvole che brillava sopra di lei, avvolgendo con i lunghi raggi gialli di tranquillità e spensieratezza.
Ci fu uno schianto, preceduto da un sibilo violento, e qualcosa in vetro cozzò rumorosamente contro il terreno, andando in frantumi.
Rose sbuffò, un capello rosso le volò davanti al viso per poi riatterarle, leggero come una piuma, sulla guancia destra.
Spensieratezza finita.
Rose si alzò a sedere sul letto, lanciato i capelli dietro le spalle.
Tutto quel casino potevamo farlo solo suo padre e suo fratello.
La ragazza si alzò sul letto, posando graziatamente i piedi nudi sul legno scricchiolante, e si avviò alla porta, la luce del sole le picchiò gentile sul capo rosso, come a salutarla.
Rose uscii dalla sua camera, andando in corridoio verso la porta del fratello.
La rossa carta da parati cadeva rotta e sporca accanto a lei, arrivando a toccare il terreno dopo una grande onda della carta, incurvandosi verso il pavimento come alberi succubi del vento. La circondava come lingue di fuoco.
Rose camminò veloce, i capelli che saltellavano sulla sua schiena, troppo crespi per cadere ordinati lungo le spalle. Superò il bagno, le mattonelle azzurre fecero capolino nella sua visuale, riflettendo la tenue luce solare e illuminandola di una sfumatura blu molto simile ai suoi occhi per un breve secondo. Rose gli lanciò un occhiata sospetta, poi, con un colpo d'anca ben assestato, chiuse la porta, godendosi lo scatto della serratura.
Rose continuò ad avanzare, le voci irose di Ron e Hugo che si alzavano a ogni passo che l'avvicinava alla meta.
Alla fine, arrivò in prossimità della porta socchiusa, e, con un sospirò deciso, l'aprii, entrando senza bussare.
Se ne pentii un attimo dopo.
Sul pavimento, brillanti come stelle nella notte, erano cospersi un mare di piccolo vetri rotti che imitivano la luce solare riflettendo i suoi raggi suoi muri, e illuminando di cerchietti minuscoli i volto dei presenti.
Rose fece diversi passi indietro, temendo di tagliarsi.
"Ops" mormorò Hugo, fissando interdetto il vaso rotto, i piccoli frammenti di vetro che si riflettevano nelle iridi castane. Sembrava non aver ancora metabolizzato completamente il danno fatto.
Ron, i pugni stretti e rigidi lungo i fianchi, lo fulminò con lo sguardo, gli occhi azzurri che mandavano lampi e spiccavano notevolmente sul volto rosso.
"Hugo..." Ringhiò a denti stretti, una vena rossa sul collo che pulsava a intermittenza. Inclinò il busto teso verso il figlio, che si fece più piccolo, schiacciandosi contro la parete verde.
Oh no pensò Rose.
"É stato un incidente" disse Hugo, la schiena attaccata al muro e gli occhi fuori dalle orbite che fissavano allibiti il padre.
Un piccolo tic colse l'occhio di Ron, e la palpebra gli si abbassò a intervalli sregolari sull'iride, offuscando parzialmente l'azzurro cielo che le coloravano.
"Hugo..." Sibilò, il volto sempre più rosso.
"Non lo ho fatto apposta!" Esclamó velocemente lui.
Ci fu uno scatto nell'aria improvviso, e Ron fece scattare la mano verso il figlio.
In uno slancio di pura paura, Hugo balzò sul letto, rimbalzando sulle molle cigolanti, e atravesando con un salto la stanza. Volò nell'aria, schivando per poco i vetri rotti.
"Hugo!" Esclamò Rose in tono di avvertimento, aprendo di nuovo la porta e sbucando sull'uscio.
Il ragazzino non la ascoltò, cadendo pesantemente al suolo. Perse l'equilibro e, se non fosse stato per Rose che lo agguantò per un braccio, sarebbe caduto di schiena sui cocci di vetro.
"Hugo!" Gli ringhiò ancora Ron, avvicinandosi ai figli saltando con una lunga falcata il mare tagliente.
Hugo gli lanciò un occhiata intimorita poi, guardando brevemente Rose da sotto il ciuffo di capelli, sgusciò via dalla sua presa, liberandosi per la Casa.
"Hugo!" Urlò Rose, in simultanea con il padre.
Fece un passo avanti, cercando di bloccare Ron che si era lanciato all'inseguimento del figlio giù per le scale, e il suo piede fu trafitto da un dolore fulmineo.
"Ahi!" Rose saltò sul posto, affermando con le mani il piede offeso.
Ron si fermò sulle scale, girando la testa così velocemente verso di lei da farsi male al collo. Le lanciò uno sguardo preoccupato.
"'Miome tutto ok...Ahi!" La sua frase si trascinò in un esclamazione di sorpresa, probabilmente perché aveva calcolato male le distanze e, al posto di riuscire a scendere le scale continuando a tenere gli occhi sulla figlia, il suo corpo si era sbilanciato all'indietro, cadendo a salame lungo o gradini, e percorrendoli scivolando sulla schiena.
"Papà!"
Il rumore di Ron che cadeva al piano inferiore poteva benissimo essere scambiato per il trambusto di diversi scatoloni collassati a terra da quanto era forte.
Dopotutto, non c'era poi tanta differenza.
Rose, preoccupata, saltellò fino alle scale, la porta chiusa del bagno che si alzava imponente dietro di lei e diverse macchioline rosse che sporcavano il pavimento logoro al suo passaggio, andandosi a sommare con gli strati ultra centenari di polvere.
"Ahi!"
Qualcos'altro cadde a terra, in un frastuono molto simile a piatti rotti.
O no pensò Rose nel panico, appoggiandosi al corrimano delle scale e alzando il piede ferito vicino al sedere e se sono dei piatti rotti?
Rose sperò vivamente che non fosse così, sopprattutto per l'incolumità del fratello.
"Hermione"
Ron, un po' stordito dalla caduta, si stava rialzando, massaggiandosi la testa rossa con una smorfia di dolore in viso. La guardò attentamente, trafiggendola con gli occhi azzurri "ti sei tagliata?" Le chiese apprensivo, inclinando appena la testa di lato.
Rose nascose il piede dietro di lei.
Sorrise.
"Nahh" disse, agitando la mano non aggrappata alla ringhiera delle scale in un gesto liquidale "o solo urtato con-"
CRASH
Un altro rumore di cocci rotti la interruppe.
Ron spostò il suo sguardo, la sfumatura arrabbiata che prendeva spazio fra le irdidi azzurre, sgomitando per sostituire la preoccupazione che aveva adoperato con Rose poco prima.
"Hugo!" Sbraitò severo, camminando a lunghe falcate verso la cucina "si può sapere che diavolo stai combinando!?!"
Rose lo seguii saltellando, provando a mantenere il passo veloce del padre, e sperando che i continui schianti provenienti dalla cucina non fossero realmente responsabilità di Hugo.
Ron aprii la porta della cucina, le orecchie tanto scarlatte da confodersi con i capelli furvi, e vi scomparve all'interno.
Rose saltellò velocemnte lungo i gradini, la mano che si serrava di più sulla ringhiera e faceva pressione per consentirle di scendere con quella frequenza.
La sua espressione preoccupata si formava sempre di più sul suo volto, come se fosse disegnata in quel preciso istante.
Il silenzio che avvertiva nella cucina, dove sua Ron che Hugo si erano stanziati, non aiutava a placare la sua ansia.
Il piede le doleva, e riusciva a sentire il sangue caldo scorrere sulla sua pianta in un rivolo rosso e denso come un filo. Lo sentiva pulsare, e aveva paura a pensare che il vetro fosse entrato nel suo corpo.
Rose cercò di non pensarci, il silenzio tanto opprimente e ininterrotto che aleggiava nella casa la stava facendo diventare paranoica. Arrivò alla fine delle scale, poggiando una mano al muro e cadendo con le punte del piede ferito suo pavimento. Fece una smorfia per il dolore, mentre si avvicinava a passi scordinati verso la cucina.
Il rumore di schianti aveva riempito la casa fino a quel momento e ora sentire tutto quel silenzio, rispettato in modo così religioso e attento, quasi come se una cupola di cristallo fosse calata su di loro la inquetava, e non poco.
Rose, a passi scoordinati entrò nella cucina, e le si pararono immediatamente davanti le schiene rigide di suo padre e suo fratello.
Corrugò la fronte perplessa, costatando che nessuno dei due sembrava aver l'intenzione di uccidere l'altro. Se ne stavano semplicemente lí, le braccia rilassate stese lungo i fianchi e la testa che ondeggiava impercettibilmente avanti e indietro, forse seguendo qualcosa con lo sguardo.
Rose, sempre più confusa, si appoggiò al tavolo della cucina, stringendo le dita lungo il marmo freddo.
Il rumore di schianti si era interrotto da un po', anche se la ragazza non ne aveva compreso il motivo, né, tanto meno, la causa.
Rose, facendo pressione sul tavolo, superò con un balzo il padre, giusto per riuscire a guardare cosa fosse successo.
Sbiancò.
La credenza in vetro dei piatti era completamente aperta, e i piatti erano tutti sparsi sul pavimento, rotti, con i cocci che spuntavano come scogli sulle mattonelle bianche velate di sporco della cucina.
Rose sgranò la bocca, riconoscendo la causa della caduta.
Un gatto dal pelo furvo, le gambe storte il muso schiacciato e gli occhi gialli che fissavano curiosi e severi le tre persone davanti a lui, era appoggiato sulla finestra della cucina, il sole che si rifletteva nel suo pelo contornando la sua figura e rendendola di un rosso brillante che lo sporco e il tempo aveva lentamente sbiadito. Sembrava non curarsi del caos che aveva causato, ne, tanto meno, del casino successivo alla sua comparsa.
Grattastinchi continuò a fissarli in silenzio, la coda affusolata spolverava la finestra dalla quale era entrato, e gli occhi gialli che sembravano rimproverlarli.
Girò piano il muso da una parte all'altra, passando in rassegna i volto dei tre Weasley, il muso che si piegava in una specie di smorfia.
Rose rimase in silenzio, la bocca spalancata e le mani lungo i fianchi, in una perfetta imitazione di Ron e Hugo.
Alla fine, soffermando i suoi occhi gialli qualche secondo su Ron, Grattastinchi si alzò, voltando la testa con grazia ed eleganza e, un attimo dopo, scomparve dalla loro vista, balzando giù dalla finestra.
Ron, Rose e Hugo rimasero a fissare il punto dove era sparito per diverso tempo, prima che la voce dell'adulto li riportò alla realtà.
"Hugo"
"Si, papà?" Fece il ragazzino, un po' assente.
Ron lo fulminò con lo sguardo.
"Sei in punizione"
"Miseriaccia"
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La punizione di Hugo consistette maggiormente nel ripulire i vetri del vaso che aveva rotto e i piatti che Grattastinchi aveva fatto cadere in un eccesso di cattiveria.
Ron era andato a comprare un nuovo set di piatti, l'espressione immusolita e triste per via di ciò che aveva perso.
Da quello che ricordava Rose erano un regalo di nozze risalente a vent'anni prima, al matrimonio di Hermione e Ron.
Ron aveva perso un altro pezzo della moglie, e sentiva che presto gli altri gli sarebbero scivolati via dalle dita, facendo rimanere solo un sbiadito ricordo dettato dai suoi sentimenti di ciò che era stata Hermione Grenger in vita.
Rose, invece, si era occupata di finire la valigia del fratello, e di portare i bauli di sotto, vicino all'entrata, dove anche ora sedeva in attesa del ritorno del padre par raggiungere la Tana.
Era seduta sui gradini, i timidi raggi del sole che le solleticavano la pelle lattea, risaltando ancora di più le lentiggini. La sua mano giocava con un sasso, trovato in un anfratto nascosto nel giardino fra l'erba alta, e lo lanciava avanti e indietro, godendosi i piccoli tic che faceva cadendo al terreno.
Lei era pronta: la borsa di perline pendeva appesa alla sua spalla, la pallina rossa regalatole da George si agitava dentro di essa, sballontolando le perline di qua e di la, mentre la foto del taschino era riposta mestamente al suo posto, piegata con tanta cura che difficilmente le si avrebbero dati quattordici anni di usi personali.
I due bauli torreggiavano davanti a lei, proiettandosi in un onda sbiadita al terreno.
L'azzurro di entrambi brillava sotto il sole pomeridiano.
"Iuf"
Rose sobbalzò, lasciando cadere il sasso. Si voltò di scatto, trovandosi davanti un Hugo sfinito. Il ragazzino le si sedette accanto, lasciandosi andare in un altro sbuffo sollevato, mentre il ciuffo di capelli rossi gli ombreggiava tanto il viso da somigliare a un berretto.
Rose gli lanciò un altra occhiata poi, conscia che nessuno dei due aveva niente da dire all'altro - le occhiate assenti di Hugo erano molto esplicite sull'argomento - riprese il suo sasso, tornando a farlo colpire al terreno.
Dopo un quarto d'ora di loro silenzio, interrotto solamente dal gioco di Rose, Hugo si decise a parlare.
"Secondo te perché Grattastinchi é venuto?" Chiese, lo sguardo inchiodato davanti a sé.
Rose sobbalzò di nuovo, e il sasso le cadde di mano. Si schiantò con un piccolo tonfo al pavimento.
"Io" Rose gli rivolse uno sguardo sconcertato, spostandosi una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio "io...non lo so, Hugo. É un gatto: i gatti tornano sempre alla loro casa"
"In tutti questi anni non lo ha mai fatto" costatò Hugo, prendendo a sua volta un sasso e lanciandolo nell'aria, dentro l'erba altra "mi sembra strano che lo abbia fatto proprio adesso"
Rose si strinse nelle spalle, tornando a prendere il suo sasso bianco.
"Cosa intendi con adesso?" Gli chiese distratta, concentrata a fare ricadere il sasso nelle sue mani.
Fu Hugo a stringersi nelle spalle, stavolta. Prese un altro sasso e lo lanciò.
"Non so" rispose, poggiando le mani dietro la schiena e appoggiandosi su di esse "mi sembrava soltanto strano"
Rose gli lanciò un occhiata in sottecchi, riprendendo il sasso in mano.
"Definisci strano"
Hugo sbuffò, facendo roteare gli occhi. Prese un altro sasso, facendoli fare la fine degli altri due. A questo tentativo sentirono anche una risposta metallica alla sua caduta, come una specie di campanello cristallino, che a Rose ricordarono tanto le campanelle del negozio di Flint.
"Non lo so" rispose ancora, guardando il punto in cui aveva fatto sparire il suo sasso.
Rose si alzò dritta sulla schiena, osservandolo meglio. Poggiò il sasso bianco a terra, che rifletteva la luce solare come un brillantino.
Non disse niente, aspettando che fosse il fratello a parlare.
Hugo si morse il labbro, voltando la testa chinata in avanti verso di lei.
Rose riusciva a vedere appena gli occhi castani che la guardavano imbarazzati da sotto il ciuffo di capelli, come coperti da un leggero velo rosso.
"Ecco...Lei...lei come era?" Chiese Hugo, in un sussurro. L'espressione di Rose prese una nota confusa, e Hugo precisò "Sai, io non riesco a ricordarla"
Solo in quel momento Rose si rese conto che chiedeva di Hermione.
Girò lo sguardo davanti a sé, improvvisamente spiazzata.
Neanche lei la ricordava bene, ma aveva comunque qualche dettaglio in più che a Hugo mancava, e che il ragazzino poteva solo immaginare.
Lei almeno era un po' grande, Hugo era stato troppo piccolo pure per avere un fotogramma di lei.
"Rose"
Lei si voltò verso il fratello.
Hugo aveva alzato il viso, guardandola serio. I suoi occhi marroni erano incatenati a quelli azzurri della sorella.
"Lei.." Rose degluttii sotto il peso dello sguardo del fratello. Fuggii alle sue iridi, non riuscendo a mantenere il contatto. "Bella. Era molto bella"
Hugo fece una strana espressione, come di disappunto.
Sbuffò, mettendo su la tipica faccia da Serpeverde che si era incollato permanente al volto, e che si portava dietro dal giorno del suo smistamento.
Storse le labbra, alzandosi e camminando lungo il vialetto appena intravedibile sotto l'erba folta.
Rose riprese il sasso, guardandolo attenta.
Hugo si mise le mani dietro la testa, i raggi del sole che sottolineavano la sua figura, perdendosi fra i capelli rossi e scivolando sul ciuffo che gli oscurava il volto.
Alzò il viso al cielo, qualche pagliuzza piú chiara brillò per un secondo nei suoi occhi.
Mormorò solo due parole, così piano che Rose faticò a sentirle.
"Lo immagino" disse Hugo.
Rose lo fissò triste, rendendosi conto che aveva ragione. Ma non poteva farci niente.
Tirò ancora il sasso in aria. Il suo percorso fu tracciato dai raggi solari, che illuminarono il suo corpo.
Brillò nel silenzio immobile e rispettoso di risentimento che si era creato.
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In The Name/ Scorose.
FanfictionTutti concordano sul fatto che Rose Weasley é una delle persone più buone al mondo: sempre gentile e altruista con tutti ( e con tutti, ovviamente, comprendo anche gli animali, dai più piccoli e innocui ai più grandi e pericolosi) pensa prima alle n...